Storia del primo focolaio di Covid-19 in Campania - Angelo Mastrandrea
Il 28 febbraio 2020, mentre le cronache registravano 888 casi di Covid-19
in Italia, il 37 per cento in più rispetto al giorno precedente, e alcuni
comuni del lodigiano erano chiusi già da una settimana, un migliaio di
chilometri più a sud succedeva qualcosa di insolito. Venti cattolici
neocatecumenali e tre preti s’incontravano al Kristall palace hotel, un albergo
costruito negli anni ottanta su una collina affacciata sull’autostrada
Salerno-Reggio Calabria, all’altezza dell’incrocio tra lo svincolo di Atena
Lucana e l’imbocco della statale Fondo Valle d’Agri.
Lì il gruppo ha fatto vita comunitaria per tre giorni, seguendo i princìpi
del movimento, che tra le altre cose prevedono la celebrazione delle messe al
di fuori delle chiese, la distribuzione del pane azimo ai fedeli, la
condivisione del calice. Secondo le prime ricostruzioni, durante il “rito
mistico” – come lo ha definito il presidente della regione Campania Vincenzo De
Luca – i partecipanti avrebbero bevuto del vino collettivamente, condividendo
il percorso religioso e anche il virus Sars-Cov-2, fino a quel momento
sconosciuto a sud di Eboli. La notizia della condivisione del calice è stata
poi smentita dai neocatecumenali e dal vescovo della diocesi di
Teggiano-Policastro, Antonio De Luca, che per precauzione ha chiuso le 81
chiese del territorio.
“Il sacerdote che ha celebrato la messa mi ha garantito che sono state
categoricamente rispettate tutte le norme di prevenzione da me impartite, come
l’eliminazione del segno di pace, la distribuzione della comunione sulla mano e
la distanza prescritta”, ha detto De Luca. Uno dei partecipanti, che ha
preferito rimanere anonimo, sostiene che il contagio potrebbe essere dovuto
alla condivisione del pane, spezzato e distribuito ai fedeli. Il diacono che
l’ha fatto si chiamava Raffaele Citro, aveva 76 anni ed era di Bellizzi, un
comune della piana del Sele. La sua storia avrà un epilogo tragico.
Il secondo incontro e la quarantena
Il 4 marzo, mentre in Italia il numero delle persone contagiate saliva a 3.089 e il consiglio dei ministri si riuniva per dichiarare lo stato d’emergenza e vietare manifestazioni ed eventi di qualsiasi genere, lo stesso gruppo di neocatecumenali – più cinque fedeli che non erano presenti al primo incontro – si è ridato appuntamento alle 18.30 nella chiesa di San Rocco a Sala Consilina. Prima avevano bussato alle porte di un’altra struttura religiosa. Dice il parroco della chiesa della Santissima Trinità di Sala Consilina, don Gabriele Petroccelli: “Mi avevano chiesto di fare un incontro durante la settimana delle ceneri, ma ho detto loro che alla luce delle indicazioni date dal governo non lo avrei autorizzato”.
Il 4 marzo, mentre in Italia il numero delle persone contagiate saliva a 3.089 e il consiglio dei ministri si riuniva per dichiarare lo stato d’emergenza e vietare manifestazioni ed eventi di qualsiasi genere, lo stesso gruppo di neocatecumenali – più cinque fedeli che non erano presenti al primo incontro – si è ridato appuntamento alle 18.30 nella chiesa di San Rocco a Sala Consilina. Prima avevano bussato alle porte di un’altra struttura religiosa. Dice il parroco della chiesa della Santissima Trinità di Sala Consilina, don Gabriele Petroccelli: “Mi avevano chiesto di fare un incontro durante la settimana delle ceneri, ma ho detto loro che alla luce delle indicazioni date dal governo non lo avrei autorizzato”.
Al nuovo appuntamento Citro non c’era. C’era solo sua moglie, ma nessuno
dei presenti si è chiesto perché. Uno dei partecipanti ha raccontato al quotidiano La Città di
Salerno: “Nei giorni del primo raduno nessuno ha avuto il minimo sospetto,
sappiamo solo che si era sentito male quando è tornato a Bellizzi”. Il 10 marzo
Raffaele Citro è stato ricoverato per gravi problemi respiratori all’ospedale
di Battipaglia, dov’è morto poche ore dopo. Sottoposto al tampone faringeo, è
risultato positivo al Covid-19.
Il 13 marzo un altro dei partecipanti all’incontro di Atena Lucana, un uomo
di Sala Consilina impiegato al tribunale di Lagonegro, è stato portato
d’urgenza all’ospedale Cotugno di Napoli con gli stessi sintomi. Sottoposto al
test, è stato trovato positivo. Tutte le persone che avevano preso parte al
ritiro sono state rintracciate e messe in quarantena. Anche loro sono state
sottoposte a tampone, e in sedici sono state trovate positive: undici sono di
Sala Consilina, gli altri dei vicini comuni di Atena Lucana, Caggiano e Polla.
Nei giorni successivi il numero dei contagiati è salito a 48. Tra loro c’era
anche uno dei tre preti presenti all’incontro al Kristall palace hotel,
Alessandro Brignone, di 46 anni. Brignone è morto di polmonite nella notte tra
il 18 e il 19 marzo.
In quarantena sono finiti i “contatti stretti” delle persone che avevano
preso parte ai due appuntamenti religiosi: 45 a Sala Consilina, venti a
Caggiano, dieci a Polla e otto ad Atena Lucana. Altre cinque persone sono state
trovate positive a Bellizzi. Tra queste c’è la moglie del diacono Citro. È così
che è esploso il primo focolaio del nuovo coronavirus in Campania.
Clima di sospetti
Fino a questa vicenda, nel sud della regione l’epidemia era stata vissuta come una vicenda lontana. Da qui avevano fatto il giro del mondo, con tredici milioni di clic in poche ore, le prescrizioni semiserie di nonna Rosetta, la protagonista della serie Casa Surace: “Mi mettono in quarantena quattordici giorni? E io faccio pippiare il sugo per quattordici giorni, così arriva a Pasqua che è una crema”.
Fino a questa vicenda, nel sud della regione l’epidemia era stata vissuta come una vicenda lontana. Da qui avevano fatto il giro del mondo, con tredici milioni di clic in poche ore, le prescrizioni semiserie di nonna Rosetta, la protagonista della serie Casa Surace: “Mi mettono in quarantena quattordici giorni? E io faccio pippiare il sugo per quattordici giorni, così arriva a Pasqua che è una crema”.
All’indomani del decreto che il 9 marzo ha imposto misure
restrittive in tutto il paese, a spaventare i cittadini era stato il ritorno a
casa degli studenti iscritti nelle università dell’Italia del nord, oltre a
quello dei lavoratori emigrati. A Sala Consilina i treni sono sospesi da 33 anni per lavori di ammodernamento
della linea ferroviaria mai conclusi, e il rientro era avvenuto principalmente
attraverso gli autobus di compagnie private locali o di Flixbus, che collegano
il paese con mezza Europa.
Le autorità si erano fatte consegnare dagli autisti gli elenchi delle
persone arrivate e le avevano segnalate all’azienda sanitaria locale, mentre il
sindaco Francesco Cavallone, che è iscritto al Partito democratico e guida una
giunta civica di centrosinistra, aveva firmato un’ordinanza nella quale
imponeva l’isolamento a chiunque provenisse dalle zone a rischio e vietava
matrimoni e funerali. Un bar che è uno dei principali luoghi di ritrovo dei
ragazzi in paese aveva invitato i giovani fuori sede tornati a casa a non entrare
neppure per un caffè. “Quando tutto sarà finito festeggeremo insieme”, si
leggeva su un cartello all’ingresso.
Nonostante le precauzioni, però, c’era già stato un incidente. Una donna su
un bus partito dalla Calabria e diretto verso il nord del paese aveva accusato
un malore proprio al terminal di Sala Consilina. Trasportata in ambulanza al
vicino ospedale di Polla, le era stato fatto il tampone ed era stata dimessa.
Il giorno dopo era arrivato il responso: positiva al virus. In 23 tra medici,
infermieri e personale sociosanitario erano così finiti in quarantena.
Racconta Umberto Sessa, sociologo che a Sala Consilina ha fondato una
cooperativa sociale che assiste anziani e immigrati, e fa parte del network
antimafia Libera: “Nonostante le avvisaglie, tutti hanno continuato a vivere
normalmente anche dopo che il governo ha chiuso tutte le attività non
necessarie”. La mattina in cui è entrato in vigore il decreto di chiusura, tre
anziani sono stati denunciati perché sorpresi a giocare a carte ai tavolini di
un bar chiuso, com’erano soliti fare ogni giorno. “Poi, improvvisamente, nel
giro di poche ore, appena si è sparsa la voce che il virus era arrivato pure
qui, l’atmosfera è cambiata e il clima è diventato di sospetto, da caccia
all’untore”, prosegue Sessa.
I nomi dei partecipanti ai raduni neocatecumenali hanno cominciato a
circolare. L’albergo di Atena Lucana ha precisato che i locali sono stati
“sanificati” dopo l’incontro, il vescovo De Luca è dovuto intervenire per
giustificare la concessione della chiesa di San Rocco e il movimento si è
difeso sostenendo che la sera in cui 23 fedeli si incontravano al Kristall
palace hotel, allo stadio San Paolo di Napoli c’erano 55mila persone a vedere
la partita di campionato con il Torino. Dunque, loro non avevano violato alcun
divieto.
Pugno duro
Tuttavia, il 15 marzo il presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, ha disposto la quarantena fino al 31 marzo per i 23mila abitanti dei quattro comuni di provenienza dei partecipanti al rito. Analoga sorte è stata riservata a chi vive ad Ariano Irpino, dove 21 persone il 23 febbraio avevano partecipato a una festa di carnevale in un locale al chiuso e sono risultate positive al virus. Il provvedimento prevede la chiusura degli uffici pubblici e privati – tranne quelli essenziali – e il divieto assoluto di spostamento tra e all’interno dei comuni, fatta eccezione per gli operatori sociosanitari e per chi va a fare la spesa.
Tuttavia, il 15 marzo il presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, ha disposto la quarantena fino al 31 marzo per i 23mila abitanti dei quattro comuni di provenienza dei partecipanti al rito. Analoga sorte è stata riservata a chi vive ad Ariano Irpino, dove 21 persone il 23 febbraio avevano partecipato a una festa di carnevale in un locale al chiuso e sono risultate positive al virus. Il provvedimento prevede la chiusura degli uffici pubblici e privati – tranne quelli essenziali – e il divieto assoluto di spostamento tra e all’interno dei comuni, fatta eccezione per gli operatori sociosanitari e per chi va a fare la spesa.
A Caggiano, un piccolo comune di tremila abitanti, il sindaco ha disposto
la serrata totale, chiudendo anche farmacie e negozi di generi alimentari, che
ora fanno solo consegne a domicilio. Il governatore campano, che da giorni
invocava misure più severe per frenare la diffusione del virus, ha chiesto e
ottenuto l’intervento dell’esercito in sostegno alle forze dell’ordine. Ha inoltre
accusato i neocatecumenali di “irresponsabilità”.
A far andare su tutte le furie De Luca sarebbero state due notizie. Una
riguarda una partecipante all’incontro di Atena Lucana. La donna aspettava
l’esito del tampone – che risulterà positivo – ma ha organizzato lo stesso un incontro per
la vendita di pentole a casa sua. Un’altra riguarda un altro dei partecipanti
al rito. L’uomo, un allevatore di 70 anni trovato positivo al virus ma
asintomatico, è stato fermato per strada. Ai carabinieri che lo hanno fermato
ha detto che stava andando a dar da mangiare alle galline. Non è bastato. È stato denunciato per diffusione
volontaria di epidemia.
Spiega il comandante della compagnia dei carabinieri di Sala Consilina
Davide Acquaviva, impegnato nei controlli insieme alla polizia e alla guardia
di finanza: “Stiamo applicando il modello Codogno, abbiamo bloccato tutte le
vie d’accesso al comune e pattugliamo le strade fermando chi troviamo in giro”.
A suo parere, da quando il paese è in quarantena i cittadini hanno aderito alle
prescrizioni. Le vie di Sala Consilina, di solito intasate dal traffico,
appaiono spettrali.
“Per ora siamo tappati in casa e non pensiamo a cosa ci aspetterà quando
sarà finita, temiamo ripercussioni molto forti su un’economia già in
difficoltà”, dice una commerciante. Il rischio è che, se l’emergenza dovesse
durare a lungo, molte attività non riapriranno più. Inoltre alcuni sindaci dei
comuni vicini hanno disposto l’isolamento per chi nei giorni scorsi è stato a
Sala Consilina, mentre diverse aziende hanno chiesto ai lavoratori provenienti
dalla cittadina di rimanere a casa e il sindaco di Piaggine, Guglielmo Vairo,
ha ordinato ai commercianti di non acquistare prodotti alimentari provenienti
da lì.
Per quanto riguarda la situazione sanitaria, una fotografia la scatta il
direttore dell’ospedale di Polla, Luigi Madia: “Abbiamo un solo posto in
terapia intensiva per i malati di Covid-19, ci stiamo attrezzando per ricavarne
altri in una tenda e un container. Inoltre stiamo riorganizzando i reparti per recuperare
posti da usare in caso di isolamento”. In buona sostanza, la cardiologia sarà
riconvertita in un’area di degenza per pazienti affetti da coronavirus.
Negli ultimi dieci anni, i due ospedali del Vallo di Diano sono stati
falcidiati dai tagli alla sanità. L’unico reparto di malattie infettive, con
appena quindici posti, è a Vallo della Lucania, a due ore di auto dai comuni
più colpiti in questi giorni. Nel 2016 il comitato Curo, nato per contrastare
la dismissione delle strutture sanitarie, in una lettera a De Luca denunciava
“la fuga di pazienti e malati verso gli ospedali della vicina Basilicata”, una
sorta di “controesodo” dopo che per anni era accaduto il contrario. Le
richieste dei cittadini sono però rimaste lettera morta.
Il 12 marzo, alla vigilia della quarantena imposta dal governatore, un
gruppo di cittadini ha lanciato una petizione per chiedere il
potenziamento urgente dell’ospedale di Polla, “con nuovi posti in terapia
intensiva, l’assunzione di ulteriore personale medico, infermieristico e
operatori sanitari e con l’installazione di nuove macchine per la ventilazione
polmonare in numero sufficiente alla popolazione”. Il 17 marzo Donato Pica,
sindaco di Sant’Arsenio, ha proposto la riapertura dei reparti di pneumologia e
malattie infettive dell’ospedale del comune, chiusi dal 2011, perché “già
dotati di impianti per l’attacco dell’ossigeno e facilmente adattabili ai
ventilatori”. Dopo anni di tagli ci si affanna a proporre rimedi e soluzioni,
ma la realtà è che se i numeri dei contagiati gravi dovesse aumentare anche di
poco, i malati andrebbero trasferiti a Salerno o a Napoli. L’epidemia mette a
nudo le carenze della sanità a sud di Eboli.
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