Siamo i migranti e le migranti che vivono nelle strutture dell’accoglienza
della città di Bologna. Da molti giorni scuole, università, cinema sono chiusi.
Tutti gli eventi pubblici sono stati annullati; manifestazioni e scioperi sono
vietati. Per ridurre le probabilità di contagio dal corona virus, il governo ha
stabilito che le persone non devono incontrarsi in massa. Chi di noi aveva un
appuntamento all’ufficio immigrazione per il permesso di soggiorno ha dovuto
aspettare fuori all’aperto e siamo stati fatti entrare in gruppi di tre. Tutte
queste misure sanitarie non valgono però quando lavoriamo e dormiamo – insieme
ad altri migranti e italiani – in condizioni di affollamento.
Molti di noi lavorano uno accanto all’altro notte e giorno all’Interporto,
dove in alcuni magazzini il lavoro è raddoppiato per star dietro alla grande
richiesta di merci causata dal panico dell’epidemia. Quando dobbiamo riposare
ritorniamo all’affollamento dei centri di accoglienza. In via Mattei viviamo in
più di 200 e dormiamo in camerate che ospitano 5 o più persone, spesso anche
10, con letti vicini, uno sopra l’altro. Molte di queste stanze non hanno
nemmeno le finestre per cambiare l’aria. Alcuni dormono in container, anch’essi
sovraffollati, anch’essi senza finestre. La situazione non è molto diversa in
altri centri della città, come lo Zaccarelli e Villa Aldini. Sappiamo che al
Centro di via Mattei hanno riservato un container per isolare gli eventuali
ammalati, ma prevedere l’isolamento in un container in caso di contagio è
sicuro per le cure del contagiato e la salute degli altri? A molti di noi la legge
Salvini impedisce perfino di avere una tessera sanitaria e un medico di base,
ci costringe a pagare i farmaci a prezzo intero e spesso ci mancano i soldi per
curarci. Noi ci teniamo alla nostra salute perché pensiamo anche alla salute
della città dove viviamo. Anche la sicurezza sanitaria delle donne e degli
uomini migranti è importante e il corona virus, almeno lui, non discrimina tra
bianchi e neri. E allora perché le scuole chiudono ma la preoccupazione delle
istituzioni per la salute dei nostri figli finisce sulle porte dei centri dove
siamo costretti a vivere? Perché Prefettura, Questura, Regione e Comune non
considerano l’affollamento dei centri di accoglienza un rischio per il
contagio? Perché se ne fregano delle condizioni igienico-sanitarie del centro
di Via Mattei, dove le perdite dei tubi degli scarichi ristagnano a cielo
aperto mettendo a rischio la nostra salute e quella di tutti?
Per conquistare la nostra libertà abbiamo attraversato situazioni molto più
rischiose di questa. Sappiamo far fronte alle emergenze sanitarie e anche
questa volta ci organizziamo per evitare il rischio del contagio, per pulire e
igienizzare l’ambiente dove viviamo, per richiedere agli operatori e alle
cooperative che ci sia fornito tutto il necessario per farlo. Ma non accettiamo
che la nostra vita sia messa in pericolo dal silenzio razzista delle
istituzioni. Sono loro i responsabili dell’affollamento. Sono loro che
dovrebbero intervenire immediatamente aumentando i posti letto in strutture e
stanze adeguate. Prefettura e Questura, Regione e Comune che cosa intendono
fare?
(*) ripreso da
coordinamentomigranti.org
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