martedì 10 marzo 2020

Siriani, palestinesi e iraniani hanno accolto e protetto 40000 europei, e gli europei brava gente si ricordano e ricambiano


Dimenticata - Giovanni De Mauro

C’erano una volta decine di migliaia di persone che scappavano da una guerra. Erano soprattutto donne e bambini. Il viaggio attraverso il Mediterraneo era pericoloso, ma non avevano scelta: se fossero restate sarebbero quasi certamente morte. Furono accolte nei campi allestiti dalle organizzazioni umanitarie internazionali. Gli fu dato un tetto, del cibo, cure mediche, scuole per i figli.
Qualche anno fa, la Public radio international (Pri), con l’università del Minnesota, ha raccontato una storia dimenticata. Nel 1942, durante la seconda guerra mondiale, un programma promosso dal Regno Unito e chiamato Middle East relief and refugee administration aiutò quarantamila persone che venivano da tutta l’Europa e in particolare da Bulgaria, Croazia, Grecia, Turchia e Jugoslavia a trovare rifugio in Egitto, in Palestina, a Gaza e in Siria, ad Aleppo. Centinaia di migliaia di polacchi furono invece accolti in Iran in campi allestiti con l’aiuto della Croce rossa americana. Fuggivano tutti dall’occupazione nazista. I greci scappavano anche dall’occupazione italiana.
Sulla copertina del quindicinale palestinese Huna al Quds dell’11 gennaio 1942 c’è la foto di una donna siriana che distribuisce cibo e vestiti a un gruppo di bambini greci. Krystyna Skwarko, un’insegnante polacca arrivata con i suoi due figli nella città iraniana di Isfahan, racconta: “Tanti persiani amichevoli si sono affollati intorno ai pullman urlando quelle che dovevano essere parole di benvenuto e passandoci attraverso i finestrini datteri, noci, piselli tostati con uvetta e succosi melograni”.
Nei materiali d’archivio studiati da Evan Taparata e Kuang Keng Kuek Ser si descrivono gli sforzi compiuti per accogliere nel miglior modo possibile i profughi europei, per esempio assecondando le loro abitudini religiose e culturali. E alla fine della guerra? La maggior parte dei rifugiati europei tornò a casa.



Il fascismo degli “antifascisti” - Giansandro Merli

Nella guerra contro i profughi sul confine greco-turco le democratiche e umanitarie istituzioni europee si sono spinte più in là di quanto i sovranisti di ogni risma avessero provato a fare. Guidate dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
Dispiace dirlo, ma su una cosa Salvini ha ragione. Quando si lamenta di essere accusato di fascismo per azioni che, se intraprese da altri politici, non producono alcuna reazione, purtroppo, ha ragione. Ciò che abbiamo visto in questi giorni lungo il confine tra Grecia e Turchia è probabilmente il livello più basso raggiunto dallo stato di diritto europeo. In confronto il caso Gregoretti o quello di Sea Watch impallidiscono.
C’è un paese membro che ha schierato l’esercito lungo il confine terrestre contro migliaia di civili. Nella zona di Evros ci sono unità d’assalto speciali e gruppi di nazionalisti armati che con la copertura e il sostegno delle istituzioni attaccano i rifugiati, li picchiano, li derubano e li respingono. Sotto gli occhi delle telecamere di tutto il mondo agenti di polizia e soldati sparano proiettili e lacrimogeni contro i civili accalcati al di là della rete. Per adesso ne hanno ucciso sicuramente uno, si chiamava Muhammad al-Arab (qui il video che smentisce le autorità greche che negano la loro responsabilità).
Il governo di Nea Dimokratia guidato da Kyriakos Mitsotakis ha sospeso la Convenzione di Ginevra e il sistema d’asilo. Nei pressi dell’isola di Kos la guardia costiera greca ha attaccato un gommone con delle persone a bordo, tra cui minori, colpendone alcune con un bastone e sparandogli vicino. Nelle acque dell’isola di Kastellorizo, invece, ha aperto il fuoco contro due imbarcazioni ferendo alcune persone. Davanti all’isola di Lesbo la marina ha indetto proprio in questi giorni esercitazioni navali, mentre nella zona di Evros lo ha fatto il IV Corpo militare, utilizzando artiglieria e carri armati nelle aree in cui stanno provando a transitare i profughi di guerra.
Martedì 3 marzo i rappresentanti delle istituzioni europee sono volati in Grecia. Insieme a Mitsotakis hanno parlato il presidente del parlamento europeo David Sassoli (Partito democratico), il premier croato Andrej Plenkovic, presidente di turno del Consiglio Ue, e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Sassoli ha fatto cenno alla necessità di una politica dell’immigrazione europea e Mitsotakis all’esigenza di difendere la sovranità greca contro l’eterno nemico turco. Ma è stata von der Leyen la vera protagonista della conferenza stampa, quella che ha dettato la linea dell’Unione Europea.
«Grazie alla Grecia per essere il nostro scudo – ha detto l’esponente politico del partito cristiano democratico tedesco (Cdu) – Le autorità greche stanno svolgendo un compito molto difficile per contenere la situazione e voglio ringraziare le guardie di frontiera, la guardia costiera, la polizia e i civili per i loro instancabili sforzi».
E ancora: «La nostra priorità è assicurare il mantenimento dell’ordine alla frontiera greca, che è anche una frontiera europea. Sono più che disponibile a mobilitare tutto il supporto necessario per le operazioni alle autorità greche. Dietro richiesta della Grecia, Frontex si sta preparando a mettere in campo una squadra di controllo del confine. Frontex ha messo a disposizione una nave off-shore, sei navi di pattuglia lungo le coste, due elicotteri, un aeromobile, tre veicoli di termovisione, 100 guardie di frontiera».
Ursula von der Leyen con il linguaggio marziale e l’atteggiamento di una generale dell’esercito ha espresso la solidarietà dell’Unione alle pratiche illegali e criminali che il governo greco sta attuando in queste ore lungo il suo confine di mare e di terra e ha detto chiaro e tondo di voler usare i militari per combattere il nemico invasore, cioè i profughi in fuga dalla guerra. «Mandate i militari», aveva detto poche ore prima Matteo Salvini. Prontamente scavalcato a destra proprio da quella figura istituzionale intorno alla cui votazione si sono uniti a Bruxelles il Partito Popolare (di cui fa parte Forza Italia), Renew Europe (cui fa riferimento Più Europa), Socialisti e Democratici (cui aderisce il Partito Democratico) e il Movimento 5 Stelle (che è nel Gruppo misto).
Il fascismo di quelli che nei mesi scorsi avevano indossato i panni dell’antifascismo porta con sé un altro paradosso: l’umanitarismo dei dittatori. Così in questo presente disgraziato abbiamo dovuto provare persino l’umiliazione di leggere le parole pronunciate dall’uomo che massacra i civili curdi in patria e all’estero, sostiene le milizie jihadiste in Siria, incarcera decine di migliaia di oppositori in Turchia e usa le vite di tre milioni di rifugiati come arma di ricatto. «Tutti i Paesi europei che oggi chiudono le porte ai migranti, li picchiano e colpiscono con bastoni e cercano in tutti i modi di mandarli indietro, calpestano i diritti umani stabiliti dalle convenzioni internazionali – ha detto il presidente turco Erdogan – I greci per non prendere i migranti nel proprio Paese li fanno affogare, sparano persino contro i gommoni: non si dimentichino che un giorno potrebbe capitare a loro di essere in queste condizioni».
Le parole della generale Ursula e gli effetti che sortiranno, la fine delle convenzioni internazionali che proteggono i diritti dei rifugiati, l’utilizzo dei militari contro i civili sono cesure enormi nella costruzione europea. Persino nella sua retorica ufficiale di spazio dei diritti e delle libertà. Anche perché simili azioni criminali contro i profughi di guerra sono rivendicate pubblicamente. È un passo a destra molto netto, che sposta le istituzioni dall’estremismo di centro – cioè quei dogmi neoliberali di austerità che hanno affamato l’Europa mediterranea e creato i presupposti sociali ed economici per la guerra tra poveri, il razzismo e l’imbarbarimento – verso una concezione dell’uso della forza autoritario ed esterno al sistema di vincoli e limiti imposto dal diritto comunitario e internazionale.
Il fascismo, del resto, ha sempre avuto bisogno di qualcuno che aprisse la porta.
(*) Tratto da Dinamopress.




Questo virus è una prova generale d’indifferenza - Ginevra Bompiani

Mentre ci misuriamo a distanza e ci adattiamo a ‘cenare senza come Dio’ (E. Dickinson), mentre ci abituiamo a vedere spegnersi, un lume per volta, la cultura (la cultura sì, nessuna Mostra, nemmeno la più discreta, nessuna scuola, nemmeno la più piccola, resta aperta; teatri, cinema e librerie sono vuoti – ma le palestre, dove mani appiccicose stringono strumenti sudati, quelle continuano ad assembrare), mentre un metro di circonferenza virtuale ci isola dal mondo come un cane da guardia, vicino a noi, a pochi altri metri, avviene forse l’evento di più asettica ferocia avvenuto sulla terra: centinaia di migliaia di persone vengono spinte e guidate sul mare e per terra verso le frontiere di un paese che li aspetta con bastoni e fucili e distrugge il cibo che li terrebbe in vita, e quando cercano di tornare indietro alle loro prigioni, quelli stessi che li hanno spinti fuori li fermano tenendoli a forza nella non-terra di mezzo che hanno creato per loro.
Una congiunzione efferata, che ha un prezzo: 3 miliardi di euro, il prezzo che la Turchia reclama e l’Europa continua a dare.
Questo prezzo non è un valore. Non è il valore della vita delle persone strette fra due morse, ma è il prezzo del ricatto cui l’Europa docilmente cede, da quando ha cominciato a pagare la Turchia e la Libia perché fermassero, a modo loro, i migranti.
È il prezzo di una merce umana che nessuno vuole.
Io dico, sapendo che improperi mi tirerò addosso, che la Shoah è stata battuta: nemmeno i nazisti hanno usato gli umani con tale sprezzo, cinismo e iniquità. O meglio, i nazisti odiavano e disprezzavano le loro vittime. Ma nessuno odia o disprezza i Siriani e i Curdi che fuggono la guerra. Eppure li lasciamo friggere nell’olio bollente senza che nessun giudizio abbia comminato questo Inferno.
Li abbiamo disumanizzati. O addirittura disanimalizzati. E noi con loro. La Presidente del Parlamento Europeo dice: «La Grecia è il nostro scudo!», senza una parola per la carne inerme e smarrita che si trova davanti a questo scudo.
Sembrava che la Shoah fosse il male assoluto, ma non esiste il male assoluto. Il male è una potenza senza limiti e senza confini. Il solo limite è quel che ‘puoi’ o ‘non puoi’ fare. Il mondo li sta scavalcando tutti. Il nostro mondo.
Si alza qualche flebile voce, ma siamo troppo occupati dal nostro metro vuoto. Diceva giorni fa sul Manifesto Roberta De Monticelli, che il peggio non è il male, ma l’indifferenza fra il bene e il male. Questo virus è una prova generale d’indifferenza. Prove di disumanità andate a buon fine.

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