Tutti i
sistemi artificiali, ovvero prodotti dall’uomo, se basati su un’unica variabile
(per esempio il denaro per quello economico) o su un uso spinto delle
tecnologie, possiedono scarsa ridondanza e flessibilità.
La
ridondanza e la flessibilità assicurano che se una parte del sistema va sotto
stress (per
es. il fegato nel caso del sistema-uomo) altre parti del sistema collaborano
per attenuare lo stato di stress del sottosistema. I sistemi viventi sono
infatti sistemi ridondanti e con notevoli caratteristiche di flessibilità.
È recente il
caso di un bambino nato solo con l’emisfero sinistro del cervello, eppure in
grado di svolgere agevolmente funzioni normali. Stessa cosa accade in natura
dove la ridondanza delle specie animali e vegetali assicura la sopravvivenza
della biosfera qualora intervengano cambiamenti disastrosi (glaciazione o
surriscaldamento).
Che cosa
significa flessibilità ce lo spiega un semplice esempio: se uno zelante
ingegnere dovesse progettare con efficienza meccanica un cuore «perfetto»
farebbe in modo che esso abbia un numero fisso di battiti. Ma basterebbe allora
una leggera corsa – che fa consumare una maggiore quantità di ossigeno a un
cuore non in grado di accelerare i propri battiti – per far collassare il
sistema.
Dunque la
flessibilità è una risorsa preziosa e indispensabile perché il sistema possa
adattarsi a cambiamenti imprevisti. Un acrobata sulla corda, per esempio, deve essere
libero, per non cadere, libero di oscillare con un bilanciere da una posizione
all’altra; se le sue braccia fossero bloccate egli cadrebbe immediatamente.
Dunque la
flessibilità è il contrario della specializzazione. Tanto più un sistema è
specializzato, ovvero basato su un’unica variabile o sull’uso spinto di una
tecnologia, tanto più sarà fragile e non capace di resistere a cambiamenti
imprevisti.
Questo è
evidente nel caso dell’Alta Velocità dove uno scambio mal progettato ha
praticamente messo in ginocchio tutto il sistema dei trasporti ferroviari,
oppure nel caso del Mose il cui funzionamento è basato esclusivamente nel
sollevamento di paratie mobili immerse nell’acqua per difendere Venezia. Se
questa unica variabile si inceppa il sistema non ha possibilità di
compensazioni e collassa. Tutte le grandi opere sono sistemi rigidi e pertanto
fragili.
Questi
pensieri vengono alla mente a proposito dell’epidemia del cosiddetto
coronavirus, un virus globalizzato, che altro non è che qualcosa di più di una
banale influenza che ogni anno in questo periodo fa molte vittime in soggetti
deboli e compromessi.
C’è allora
da riflettere su come le nostre città siano sistemi dotati di scarsa
flessibilità che quando si verifica il collasso di uno dei sottosistemi (la sanità, ad esempio), l’intero
sistema entra in uno stato altamente critico. A Milano, città ritenuta da tutti
eccellente per tanti e diversi settori, è stato chiuso il Duomo, chiusa Brera,
chiuse le scuole e le università e poi stessa cosa a Verona, Vicenza, Treviso e
tutto il sistema produttivo del Nord fino a lambire la pianura padana.
Mai dal
dopoguerra erano state prese misure così restrittive. Fa venire i brividi vedere in
tv paesi deserti, scaffali dei supermercati vuoti, file di persone per fare
acquisti e famiglie chiuse in casa per il timore di un contagio: la guerra in
tempo di pace sembra l’espressione più adeguata a questo stato di cose.
Questa volta
il contagio non viene dagli emigranti, ma dal mondo globalizzato, nasce nel
cuore del paese a più elevata crescita economica: la Cina e non c’è confine che tenga con
buona pace dei sovranisti nostrani e non. A Ischia un maldestro provvedimento,
per fortuna subito ritirato, negava l’accesso all’isola di piemontesi, lombardi
e veneti, segnale isolato ma pur inquietante della ricerca a buon mercato di un
Nemico.
E
l’economia? È presto per fare i conti dei danni economici prodotti, ma si può
immaginare che siano molto rilevanti in un mondo globalizzato e interconnesso. Basta
un piccolo virus sconosciuto per far crollare le borse, ridurre il Pil e
mettere a repentaglio la santa Crescita.
La perdita
della flessibilità del sistema si accompagna alla perdita di flessibilità delle
idee. Così
che non mettiamo mai in discussione le nostre abitudini che tendono a diventare
premesse indiscusse, da cui discendono altre idee che ne ereditano la rigidità;
un esempio per tutti: la colpa è dei migranti e basterebbe chiudere in confini;
ma almeno questa volta la propaganda è smentita dai fatti.
(articolo
pubblicato anche su il manifesto)
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