Quella del 9 settembre è un’altra udienza storica, a Milano. Il governo della Nigeria, parte civile nel procedimento per corruzione internazionale in merito alla presunta tangente da 1,092 miliardi di dollari pagata da Eni e Shell per ottenere la licenza petrolifera Opl 245, ha formulato la sua richiesta di danni di fronte al Tribunale di Milano.
A quanto
chiesto dai pm, ai quali la parte civile si associa, aggiunge il pagamento di
una provvisionale – una sorta di risarcimento anticipato,
immediatamente esecutivo – pari al prezzo della presunta tangente, più un
ulteriore ammontare da calcolare in sede civile.
Lucio Lucia, l’avvocato che nel processo di
Milano rappresenta il governo della Nigeria come parte lesa nella presunta
vendita corrotta del blocco petrolifero, ha incentrato il suo intervento sul
fatto che i ministri della Nigeria che hanno partecipato alla
trattativa, più che al bene del Paese, hanno pensato al proprio
tornaconto personale.
Opl 245: quanto vale la licenza al centro del processo
per corruzione
Ne è la
dimostrazione lo stesso prezzo pagato da Eni e Shell per il giacimento, dice
l’avvocato Lucia: 1,3 miliardi di dollari. L’esperto ingaggiato
dalla parte civile ha riscontrato che il valore “di mercato” di
Opl 245 sarebbe superiore ai 3 miliardi di dollari. Non è la
prima volta che in aula si fa riferimento a questa cifra, ricorda l’avvocato.
Durante
l’udienza del 26 giugno 2019 l’imputato Ednan Agaev, ex diplomatico
russo vicino ai servizi segreti che la Procura ritiene intermediario di
Shell per la trattativa con il governo nigeriano, aveva dato la stessa
stima per il valore del 100% del blocco. Aveva aggiunto che Peter
Robinson, ex vice presidente dell’area dell’Africa sub-sahariana in Shell,
ne era al corrente.
Tra valore e prezzo pagato «non può esistere una differenza così enorme» è
l’argomento di Lucia, che aggiunge come segnale allarmante che l’assegnazione è
avvenuta senza una gara.
Il prezzo che le due compagnie
petrolifere erano disposte a pagare era già stato per altro prestabilito
nel corso del 2010, altro segnale che secondo l’avvocato di parte civile
indicherebbe un negoziato poco trasparente tra il governo e gli acquirenti.
Avevano entrambi accesso, tramite una fitta rete di intermediari – e, in Eni,
anche ai contatti personali dell’attuale amministratore delegato di Eni,
anche lui indagato, Claudio Descalzi – fino all’ufficio del presidente
Jonathan, sottolinea l’avvocato.
Eni Nigeria: signature bonus «a
prezzo di favore»
Degli 1,3
miliardi di dollari pagati da Shell ed Eni, 207 milioni circa sono
erogati come signature bonus, ossia un forfait pagato dalle
aziende petrolifere al governo o a società veicolo a esso collegate al momento della
firma della concessione di un giacimento petrolifero. È la prima forma
di incasso per la cessione della propria risorsa naturale.
Secondo la
cronologia di Lucio Lucia, il valore della signature bonus per Opl 245 è di 20
milioni di dollari fino al 2001, anno nel quale subisce un rimbalzo
fino a oltre 200 milioni di dollari. Da allora resta costante,
nonostante – dice la parte civile – ulteriori esplorazioni abbiano aumentato le
stime della possibile produzione di barili del giacimento.
Nell’interpretazione
della parte civile anche questo sarebbe un prezzo di favore per Eni e
Shell, come confermano la licenza concessa a Chevron nel 2015 dal governo
nigeriano e quella pagata 900 milioni di dollari nel 2006 al governo
dell’Angola per un altro blocco. La cifra, secondo quanto disposto da Eni e
Shell, è corrisposta al governo nigeriano dalla società petrolifera
anglo-olandese.
La versione di Eni sull’affare Opl 245 in Nigeria
I riscontri
della parte civile sono in netto contrasto con quanto scrive Eni nel suo sito dedicato alla vicenda Opl 245.
Secondo la società petrolifera italiana il bonus da 210 milioni di dollari
«rappresenta ancora oggi il bonus di firma più alto mai incassato dallo
Stato nigeriano per una licenza petrolifera».
In merito al
prezzo della licenza, la società precisa quanto «l’offerta economica sia in
realtà congrua e ragionevole, se si considera il valore del campo
esplorativo 245 e degli investimenti necessari per poterlo mettere in
produzione».
Il motivo è
spiegato da Openeconomics, consulente di Eni. Secondo i calcoli
dell’agenzia, il prezzo minimo accettabile per il governo nigeriano è di 1,241
miliardi di dollari.
Il prezzo
corrisposto da Eni
e Shell, tuttavia, secondo Openeconomics è superiore ai 1,3 miliardi di
dollari pagati “cash” dalle aziende. Infatti va aggiunta l’opzione
“back-in” riservata al governo nigeriano all’interno dell’accordo finale che ha
sancito la cessione del giacimento: si tratta della possibilità di rientrare in
un investimento a seguito di un evento che ne muta il valore, come può essere
la scoperta di nuove riserve petrolifere all’interno di un giacimento.
Utilizzando
sei parametri – sottostante, prezzo di esercizio, durata, tasso di interesse,
dividendo, volatilità – i consulenti stimano in 402 milioni di dollari
il suo valore, da considerarsi come parte del prezzo pagato.
In sostanza,
quindi, il prezzo pagato da Eni e Shell è di 1,702 miliardi di dollari,
perché ai soldi effettivamente pagati va aggiunto il valore dell’opzione back-in.
I consulenti
di Eni, sulla base dell’accordo siglato tra i concessionari e il governo
nigeriano, stimano poi un «valore attuale netto più probabile», cioè
quanto può valere Opl 245 una volta operativo. I loro calcoli assegnano il 76%
del valore al governo nigeriano, mentre il 24% ai concessionari.
Eni Nigeria: le ong fanno i conti in modo diverso
Alla
consulenza di Eni ha risposto Resources Development Consulting, agenzia
che ha svolto uno studio per conto delle ong che hanno presentato l’esposto del
2013 da cui è partita l’inchiesta (la nigeriana Heda, Re:Common, Global
Witness e Corner House). Il risultato è totalmente
diverso: l’agenzia non calcola l’opzione di back-in come un valore in
più dell’accordo che ha sancito la cessione a Eni e Shell, ma solo come un
costo da pagare per il governo nigeriano, che comunque per
usare l’opzione dovrebbe versare 870 milioni di dollari, il 50% del valore
della licenza.
Anche nel
caso in cui il governo nigeriano dovesse decidere di attivare il back-in,
con gli accordi attuali, si approprierebbe di un flusso di cassa
inferiore a situazioni contrattuali precedenti. Per quanto tecnico, questo
elemento è chiave per capire l’entità dell’eventuale danno alle casse pubbliche
della Nigeria.
Processo Eni Nigeria: i destinatari delle presunte
tangenti
Nelle
conclusioni della parte civile un passaggio importante è riservato a Mohammed Adoke Bello, all’epoca dei fatti ministro della
Giustizia, Alison Diezani-Madueke, allora ministro del Petrolio, e
al loro presidente Jonathan Goodluck. Sono loro tre i personaggi
che si sono arricchiti alle spalle dell’erario nigeriano,
secondo la parte civile.
Il loro
coinvolgimento nella trattativa è certificato, secondo l’avvocato Lucia, da diverse comunicazioni
via email, a partire dal 2009. Queste comunicazioni dimostrano in primis la
vicinanza a Dan Etete, il proprietario della licenza Opl 245 nel
momento in cui è stata ceduta a Eni e Shell.
I loro
interventi aiutano, ricorda
l’avvocato Lucia, a far proseguire la trattativa per la
cessione di Opl 245, dopo una fase di stallo. Ignorano tutti e tre gli
avvertimenti della società petrolifera nigeriana e del Dipartimento delle
risorse petrolifere, interno allo stesso ministero del Petrolio, che vengono
tenuti al di fuori del negoziato.
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