martedì 22 settembre 2020

Regionali, non mi importa chi vincerà ma cosa accadrà alla medicina del territorio - Domenico De Felice

 

Io non so chi vincerà le prossime elezioni regionali, in questo caso influenzate dalla concomitanza con l’espressione più democratica che hanno i cittadini, il referendum, e devo dire che mi interessa relativamente poco in questi anni in cui le scelte dei cittadini vengono spesso ribaltate dai giochi di potere e di palazzo.

Ma mi interessa molto ciò che i referenti della salute regionale faranno, anche se contesto a viva voce il titolo V della Costituzione che demanda alle Regioni la spesa pubblica che dovrebbe essere utilizzata a livello nazionale, ad esempio per poter risparmiare negli ordinativi di attrezzature sanitarie e farmacologiche.

Peraltro questa tornata per la sanità è ancora più importante, perché i presidenti di regione eletti e i loro assessori alla sanità potranno contare sui tanti soldi che arriveranno – ricordiamoci bene, solo in prestito – dall’Europa. Infatti iniziano in anticipo i giochi per chiedere non solo le poltrone locali, ma eventuali rimpasto di governo sempre con lo stesso obiettivo: comandare nei punti dove ci saranno più soldi da spendere.

Gli assessori alla sanità potranno ad esempio decidere quanti medici di base necessitano per la regione o quanti ospedali pubblici o privati accreditati siano indispensabili. E allora io continuo a consigliare e proporre che proprio la medicina del territorio, che in questi mesi ha scoperto i punti deboli, invece che ampliata dovrebbe essere ricollocata più a disposizione del cittadino.

Medici del territorio riuniti in gruppi locali in riferimento ai presidi ospedalieri che filtrino le patologie di Pronto Soccorso. Non solo medici che stanno nei loro studi ma “sul campo” negli ospedali in modo turnistico 24 ore su 24, 7 giorni su 7, a contatto diretto della medicina vera e specialistica per confrontarsi e arricchirsi come solo una struttura ospedaliera può fare. Dovrebbero essere felici. Anzi questa proposta dovrebbe essere appoggiata dall’Ordine dei Medici che invece resta, come i medici del territorio, sempre più chiuso nei suoi uffici dorati.

Molto più importante che i nuovi assessori attuino una politica di controllo e di distribuzione equa sul territorio delle strutture pubbliche e private accreditate. Senza vantaggi per i secondi, come ho dimostrato più volte dalle pagine di questo mio spazio. Non ho nulla contro i privati, anzi ritengo che una valida concorrenza non possa che fare bene al cittadino-paziente, a patto che sia ben equilibrata.

Ora secondo il mio parere il privato viaggia a cento mentre il pubblico è fermo al palo. Deve ripartire non con nuove spese ma prima facendo spendere ai privati per adeguarsi agli ospedali pubblici. Molto interessante la lettura del libro del direttore di The LancetRichard Horton, sulla pandemia che ha scoperto i punti deboli in tutti i Paesi del mondo i cui governanti si sono trovati impreparati e hanno spesso influenzato gli scienziati nelle scelte.

Lui parla prevalentemente del suo Paese, l’Inghilterra, ma non mancando di criticare tutti, nessuno escluso, e spiegando che la pandemia è una crisi politica non solo sanitaria: “Tutti dovranno collaborare perché tutte le nazioni facciano significativi progressi verso la copertura sanitaria universale, perché la sicurezza della salute individuale è indispensabile per la sicurezza della salute globale. Dovrà essere rafforzato il ruolo dello Stato nell’organizzazione sanitaria, come nell’economia, per garantire la lotta alle diseguaglianze”.

Solo difendendo il nostro Sistema Sanitario Nazionale, facendo spendere prima quei privati che negli ultimi decenni ne hanno solo tratto grande vantaggio, potremo trovare maggior sicurezza di salute per tutti e non solo per alcuni. Queste parole dovrebbero essere urlate da chi in politica vuole gestire la sanità. Altrimenti la prossima pandemia ci troverà nuovamente impreparati, senza scampo. Parole chiare e semplici, da Grillo Parlante.

da qui

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