Io non so chi vincerà le prossime elezioni regionali, in questo caso influenzate dalla concomitanza con l’espressione più democratica che hanno i cittadini, il referendum, e devo dire che mi interessa relativamente poco in questi anni in cui le scelte dei cittadini vengono spesso ribaltate dai giochi di potere e di palazzo.
Ma mi interessa
molto ciò che i referenti della salute regionale faranno, anche se contesto a viva voce il titolo V della Costituzione
che demanda alle Regioni la spesa pubblica che dovrebbe essere utilizzata a
livello nazionale, ad esempio per poter risparmiare negli ordinativi di
attrezzature sanitarie e farmacologiche.
Peraltro questa
tornata per la sanità è ancora più importante, perché i presidenti di regione
eletti e i loro assessori alla sanità potranno contare sui tanti soldi che
arriveranno – ricordiamoci bene, solo in prestito – dall’Europa. Infatti iniziano in anticipo i giochi per chiedere non solo le poltrone locali, ma eventuali rimpasto di
governo sempre con lo stesso obiettivo: comandare nei punti dove ci saranno più
soldi da spendere.
Gli assessori
alla sanità potranno ad esempio decidere quanti medici di base necessitano per
la regione o quanti ospedali pubblici o privati accreditati siano
indispensabili. E allora io continuo a consigliare e proporre che proprio
la medicina del territorio, che in questi mesi ha scoperto i punti deboli, invece che ampliata
dovrebbe essere ricollocata più a disposizione del cittadino.
Medici del territorio
riuniti in gruppi locali in riferimento ai presidi
ospedalieri che filtrino le patologie di Pronto Soccorso.
Non solo medici che stanno nei loro studi ma “sul campo” negli ospedali in modo
turnistico 24 ore su 24, 7 giorni su 7, a contatto diretto della medicina vera
e specialistica per confrontarsi e arricchirsi come solo una struttura
ospedaliera può fare. Dovrebbero essere felici. Anzi questa proposta dovrebbe essere appoggiata dall’Ordine dei Medici
che invece resta, come i medici del territorio, sempre più chiuso nei suoi
uffici dorati.
Molto più
importante che i nuovi assessori attuino una politica di controllo e di
distribuzione equa sul territorio delle strutture pubbliche e private
accreditate. Senza vantaggi per i secondi, come ho dimostrato più volte dalle
pagine di questo mio spazio. Non ho nulla contro i privati, anzi ritengo che
una valida concorrenza non possa
che fare bene al cittadino-paziente, a patto che sia ben equilibrata.
Ora secondo il
mio parere il privato viaggia a cento mentre il pubblico è fermo al palo. Deve
ripartire non con nuove spese ma prima facendo spendere ai privati per
adeguarsi agli ospedali pubblici. Molto interessante la lettura del libro del
direttore di The Lancet, Richard Horton, sulla
pandemia che ha scoperto i punti deboli in tutti i Paesi del mondo i cui governanti si sono trovati
impreparati e hanno spesso influenzato gli scienziati nelle scelte.
Lui parla prevalentemente
del suo Paese, l’Inghilterra, ma non mancando di criticare tutti, nessuno
escluso, e spiegando che la pandemia è una crisi
politica non solo sanitaria: “Tutti dovranno collaborare
perché tutte le nazioni facciano significativi progressi verso la copertura
sanitaria universale, perché la sicurezza della salute individuale è
indispensabile per la sicurezza della salute globale. Dovrà essere rafforzato il ruolo dello Stato
nell’organizzazione sanitaria, come nell’economia, per garantire la lotta alle
diseguaglianze”.
Solo difendendo
il nostro Sistema Sanitario Nazionale, facendo spendere prima quei privati che negli ultimi decenni ne hanno
solo tratto grande vantaggio, potremo trovare maggior sicurezza di salute per
tutti e non solo per alcuni. Queste parole dovrebbero essere urlate da chi in
politica vuole gestire la sanità. Altrimenti la prossima pandemia ci troverà
nuovamente impreparati, senza scampo. Parole chiare e semplici, da Grillo
Parlante.
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