Al tempo in cui il Covid costringe l’intero sistema universitario italiano
a impartire la didattica a distanza e molti futuri studenti s’interrogano con i
loro genitori sulle scelte da compiere per intraprendere il prossimo anno
accademico, Milena Gabanelli (con Adele Grossi) ha riacceso i riflettori sul
mondo delle Università telematiche italiane, tema che Roars ha seguito fin dai suoi primi anni di
attività. Sulla Data Room, ospitata
sul sito del Corriere della Sera il 28 luglio scorso, è disponibile un
intervento ampiamente documentato.
Cosa emerge dall’analisi della ex conduttrice di Report? Questi i dati
salienti del mondo universitario voluto dal Governo Berlusconi durante il
dicastero di Letizia Moratti nel 2003.
Le Università telematiche accreditate in Italia sono 11.
Esse contano (nel 2019) 110.000 immatricolati a fronte dei 1.690.000 e
rotti delle Università tradizionali (nel 2018).
Per legge, esse possono impartire corsi di laurea in tutte le discipline,
eccetto Medicina e chirurgia, Veterinaria, Odontoiatria. Il tentativo dell’ex
ministro Fioramonti di estendere tale preclusione anche a Scienze
dell’Educazione e della Formazione, Psicologia, Servizio Sociale, Scienze
Pedagogiche è approdato a un buco nell’acqua, perché la Corte dei Conti ha
riscontrato nel decreto alcune irregolarità formali, e il decreto
(evidentemente poco gradito da qualcuno) non è stato reiterato.
Dopo le problematiche evidenziate nel rapporto di
studio del dismesso CNSVU del 2010, le Telematiche sono state
oggetto di analisi da parte di una commissione di studio istituita dalla
Ministra Carrozza nel 2013. Gli esiti di quella indagine portavano
ad evidenziare le seguenti criticità:
·
assenza di criteri determinati e chiari per la valutazione qualitativa
dell’offerta formativa (specie con riferimento agli sbocchi professionali) e
mancata previsione dell’espressione del parere da parte del Comitato regionale
al fine dell’accreditamento di nuovi corsi;
·
assenza di regolamentazione rigida in merito all’attivazione dei corsi di
laurea;
·
assenza di regolamentazione in materia di istituzione di Scuole di
Dottorato e di modalità di svolgimento dell’attività di ricerca da parte dei
docenti incardinati;
·
mancanza assoluta di definizione di parametri per la valutazione
dell’attività di ricerca;
·
assenza di vincoli previsti per il reclutamento di docenti e ricercatori
universitari, in particolare in merito all’assunzione per chiamata diretta (e
relativo eventuale passaggio nelle Università statali);
·
assenza di programmazioni di attività che le Università telematiche possono
realizzare consorziandosi con altre Università non telematiche, statali e non
statali;
·
la previsione dell’obbligo per le Università statali e non statali che
intendano istituire un corso di studi a distanza di sottoporre il progetto
all’esame della competente Commissione regionale prima di procedere alla
richiesta di parere al Consiglio Universitario Nazionale, a fronte
dell’assoluta assenza di questo vincolo per le Università Telematiche;
·
la possibilità per le Università Telematiche di iniziare l’anno accademico
in ogni periodo dell’anno, a fronte di vincoli temporali ben definiti ai quali
sono soggette le Università che erogano corsi “in presenza”.
Anche nei successivi rapporti ANVUR di accreditamento periodico le telematiche paiono non aver brillato. In una scala così congegnata:
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