martedì 22 settembre 2020

Ewa e il serpente - Saverio Pipitone

 

Arrestato nel suo ufficio a San Pietroburgo il 13 luglio 2017, Krzysztof Pomorski, cittadino polacco del 1958 e laureato al Politecnico di Lodz, era ricercato in patria da oltre un decennio, con l’username Piotr, per avere descritto su internet stupri di bambine e caricato migliaia di orribili immagini. Il caso era stato però archiviato, per l’inefficacia delle indagini nel rintracciarlo.
Fu catturato solo grazie alla giornalista Ewa Zarska che, dopo mesi di ricerche e con l’aiuto di un informatore anonimo degli ambienti pedopornografici, riuscì a leggere una chat in cui Piotr messaggiava con vanto la violenza su una bambina di 6 anni, stordita, abusata, torturata e soffocata, per poi smembrarla e bruciarla.
«Fantasie estremamente malate o crimini reali?» si chiese Ewa e in due settimane lo scovò, parlandoci anche al telefono: viveva da tempo indisturbato in Russia con una nuova famiglia e un lavoro da direttore tecnico nell’azienda di costruzioni KB VIPS, per la quale progettò il secondo palco dello storico teatro Mariinsky, ed appariva in Tv o nei congressi quale esperto ingegnere. Adesso è ai domiciliari e c’è una richiesta di estradizione in Polonia con un’indagine in corso.
Meticolose analisi su milioni di video e foto, nelle piattaforme on-line anonime, documentano che, nella maggior parte dei reati sessuali su minori, le vittime sono irriconoscibili, in età prepuberale, compresi neonati, di genere femminile, mentre i pedofili sono maschi, e l’etnia è per tutti bianca, con l’accrescere della gravità delle sevizie se gli abusati sono più giovani (report Interpol-Ecpat).
I server sono localizzati soprattutto in Europa e America, al servizio del cyber-pedofilo che scarica file, per soddisfare virtualmente i propri impulsi, nelle diverse attitudini di geloso collezionista, selezionatore di particolari categorie e condivisore gratuito o commerciale (report Meter Onlus); allontanandosi dalla realtà e nel contempo erodendo le inibizioni, pronto a commettere fisici abusi e mutare in vero pedofilo, che di solito è classificato in seduttore con affettuose abilità manipolatorie, introverso con modalità esibizionistiche, sadico con atti aggressivi fino all’assassinio.
Il pedocrimine è organizzato come rete complessa, gerarchica e globale, che spesso include personaggi facoltosi e potenti, ricevendo talvolta protezioni. Dal covo Dutroux in Belgio degli anni Novanta all’orfanotrofio Casa Pia di Lisbona in Portogallo agli inizi del Duemila e al recente campeggio di Lugde in Germania: sono alcuni casi di anomalie, collusioni e negligenze giudiziarie.
Con l’inchiesta su Krzysztof Pomorski, Ewa Zarska vinse il premio MediaTory, votato dagli studenti universitari di giornalismo, per elevati standard di professionalità. “La piccola supplicava di non ucciderla” venne trasmessa sul canale televisivo Polsat News, dove Ewa iniziò a lavorare da reporter circa dieci anni fa con precedenti esperienze, dopo la laurea in filologia, nel magazine Fakt, Radio Lodz, Telewizja Piotrkow, TVN24, TV Biznes.
Scrisse un libro con reportage in stile Capote, fra narrazione dettagliata e testimonianze dirette, sull’insegnante e pedokiller seriale Mariusz Trynkiewicz che nell’estate del 1988 attirò con l’inganno, uccise a coltellate e bruciò quattro dodicenni, figli di operai, a Piotrkow (città natia di Ewa). Rinvenne a Lodz, mentre la polizia brancolava nel buio, l’esanime ventenne incinta Kaja, già madre di un bimbo, strangolata a morte dal compagno e nascosta dentro il divano di casa. Rese noto il meccanismo del furto e uso dei dati personali. Scoprì una discarica illegale a Szolajdy con sostanze tossiche per suolo ed aria. Diede notizie sul focolaio Covid in un sanatorio di Drzewica.

Il 16 aprile 2020 alle 22, nell’abitazione di Lodz, Ewa è stata trovata morta impiccata a 45 anni.

Gli inquirenti, dai primi riscontri, escludono la partecipazione di terzi e presumono il suicidio. 

Lo stesso giorno, sui social, al mattino condivise la voglia di andare al mare, in vacanza al sole, per poi caricare nel tardo pomeriggio la copertina del suo libro. Ne stava inoltre scrivendo un altro, sempre sulla pedofilia, ma di persone influenti e conniventi nella tratta ed affido dei minori.
Amici e colleghi la ricordano briosa, disponibile, coraggiosa, perspicace e ricercatrice di verità.
Ewa sapeva. E a Lodz, nella lunga pedonale via Piotrkowska, da un messaggio di una bambina appeso su un vecchio scuro portone, l’avvertimento che il Serpente è uscito dal serraglio
.

(*) NOTA DELL’AUTORE: questa frase del serpente non l’ha messa lei nel blog o social. Nel 2018 io ero a Lodz, città di Ewa, e nella via centrale appeso a un portone c’era il messaggio di una bambina – firmato, scritto e colorato – che avvertiva della fuga di un serpente e di fare attenzione. L’ho quindi agganciato io alla storia di Ewa.

da qui

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