Arrestato
nel suo ufficio a San Pietroburgo il 13 luglio 2017, Krzysztof Pomorski,
cittadino polacco del 1958 e laureato al Politecnico di Lodz, era ricercato in
patria da oltre un decennio, con l’username Piotr, per avere descritto su
internet stupri di bambine e caricato migliaia di orribili immagini. Il caso
era stato però archiviato, per l’inefficacia delle indagini nel rintracciarlo.
Fu catturato solo grazie alla giornalista Ewa Zarska che, dopo mesi
di ricerche e con l’aiuto di un informatore anonimo degli ambienti
pedopornografici, riuscì a leggere una chat in cui Piotr messaggiava con vanto
la violenza su una bambina di 6 anni, stordita, abusata, torturata e soffocata,
per poi smembrarla e bruciarla.
«Fantasie estremamente malate o crimini reali?» si chiese Ewa e in due
settimane lo scovò, parlandoci anche al telefono: viveva da tempo indisturbato
in Russia con una nuova famiglia e un lavoro da direttore tecnico nell’azienda
di costruzioni KB VIPS, per la quale progettò il secondo palco dello storico
teatro Mariinsky, ed appariva in Tv o nei congressi quale esperto ingegnere. Adesso
è ai domiciliari e c’è una richiesta di estradizione in Polonia con un’indagine
in corso.
Meticolose analisi su milioni di video e foto, nelle piattaforme on-line
anonime, documentano che, nella maggior parte dei reati sessuali su minori, le
vittime sono irriconoscibili, in età prepuberale, compresi neonati, di genere
femminile, mentre i pedofili sono maschi, e l’etnia è per tutti bianca, con
l’accrescere della gravità delle sevizie se gli abusati sono più giovani
(report Interpol-Ecpat).
I server sono localizzati soprattutto in Europa e America, al servizio del
cyber-pedofilo che scarica file, per soddisfare virtualmente i propri impulsi,
nelle diverse attitudini di geloso collezionista, selezionatore di particolari
categorie e condivisore gratuito o commerciale (report Meter Onlus);
allontanandosi dalla realtà e nel contempo erodendo le inibizioni, pronto a
commettere fisici abusi e mutare in vero pedofilo, che di solito è classificato
in seduttore con affettuose abilità manipolatorie, introverso con modalità
esibizionistiche, sadico con atti aggressivi fino all’assassinio.
Il pedocrimine è organizzato come rete complessa, gerarchica e globale, che
spesso include personaggi facoltosi e potenti, ricevendo talvolta protezioni.
Dal covo Dutroux in Belgio degli anni Novanta all’orfanotrofio Casa Pia di
Lisbona in Portogallo agli inizi del Duemila e al recente campeggio di Lugde in
Germania: sono alcuni casi di anomalie, collusioni e negligenze giudiziarie.
Con l’inchiesta su Krzysztof Pomorski, Ewa Zarska vinse il premio MediaTory,
votato dagli studenti universitari di giornalismo, per elevati standard di
professionalità. “La piccola
supplicava di non ucciderla” venne trasmessa sul canale televisivo
Polsat News, dove Ewa iniziò a lavorare da reporter circa dieci anni fa con
precedenti esperienze, dopo la laurea in filologia, nel magazine Fakt, Radio
Lodz, Telewizja Piotrkow, TVN24, TV Biznes.
Scrisse un libro con
reportage in stile Capote, fra narrazione dettagliata e testimonianze dirette,
sull’insegnante e pedokiller seriale Mariusz Trynkiewicz che nell’estate del
1988 attirò con l’inganno, uccise a coltellate e bruciò quattro dodicenni,
figli di operai, a Piotrkow (città natia di Ewa). Rinvenne a Lodz, mentre la
polizia brancolava nel buio, l’esanime ventenne incinta Kaja, già madre di un
bimbo, strangolata a morte dal compagno e nascosta dentro il divano di casa.
Rese noto il meccanismo del furto e uso dei dati personali. Scoprì una
discarica illegale a Szolajdy con sostanze tossiche per suolo ed aria. Diede
notizie sul focolaio Covid in un sanatorio di Drzewica.
Il 16 aprile 2020 alle 22, nell’abitazione di Lodz, Ewa è stata trovata morta impiccata a 45 anni.
Gli inquirenti, dai primi riscontri, escludono la partecipazione di terzi e presumono il suicidio.
Lo
stesso giorno, sui social,
al mattino condivise la voglia di andare al mare, in vacanza al sole, per poi
caricare nel tardo pomeriggio la copertina del suo libro. Ne stava inoltre
scrivendo un altro, sempre sulla pedofilia, ma di persone influenti e
conniventi nella tratta ed affido dei minori.
Amici e colleghi la ricordano briosa, disponibile, coraggiosa, perspicace e
ricercatrice di verità.
Ewa sapeva. E a Lodz, nella lunga pedonale via Piotrkowska, da un messaggio di
una bambina appeso su un vecchio scuro portone, l’avvertimento che il Serpente
è uscito dal serraglio.
(*) NOTA
DELL’AUTORE: questa frase del serpente non l’ha messa lei nel blog o social.
Nel 2018 io ero a Lodz, città di Ewa, e nella via centrale appeso a un portone
c’era il messaggio di una bambina – firmato, scritto e colorato – che
avvertiva della fuga di un serpente e di fare attenzione. L’ho quindi
agganciato io alla storia di Ewa.
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