Illegale lo spionaggio di massa americano della National Security Agency - Alessandro Marescotti
Importante
riconoscimento di una corte d’appello Usa. “Non avrei mai immaginato che sarei
vissuto per vedere i nostri tribunali condannare le attività della Nsa come
illegali e nella stessa sentenza vedermi attribuito il merito per averle
rivelate”, ha commentato dello stesso Edward Snowden.
Nel 2013 Edward Snowden denunciò al mondo intero che la
National Security Agency americana spiava milioni di telefoni e computer,
svolgendo un controllo globale sulle comunicazioni.
Nel 2013 il
cattivo era lui.
Aveva rivelato dei
segreti. Ma rivelando quei segreti aveva rivelato una terribile e
inconfessabile verità. Snowden agiva in nome della legalità, ma veniva accusato
di essere un criminale, perché aveva rivelato dei segreti.
Snowden si vide
rifiutare una ventina di richieste di asilo da parte di vari paesi democratici.
Italia compresa.
«Non ci sono le
condizioni giuridiche affinché l’Italia possa accogliere la richiesta di asilo»
a Snowden, dichiarò l’allora ministro degli
esteri Emma Bonino il 4 luglio 2013.
E Snowden si
dovette nascondere i Russia, cosa paradossale.
Oggi sappiamo che
le cose rivelate da Snowden non solo erano vere ma erano illegali. Lo dice un
tribunale americano. Snowden aveva rivelato un sistema di spionaggio illegale
ai danni di milioni di cittadini, non solo americani.
E così oggi una
corte americana dà ragione ad Edward Snowden, riconoscendogli il merito di
essere stata la fonte grazie alla quale la giustizia ha potuto mettersi in
moto. Snowden ha violato la legalità in nome della legalità.
Secondo la corte –
leggiamo su Rainews – i
vertici dell’intelligence non dissero la verita’, nascondendo “attivita’
incostituzionali”. Trump prende di mira la Corte Penale Internazionale
Le illegalità
perseguite dai presidenti americani proseguono. Ne è un esempio la recente e
abnorme decisione di Trump di imporre sanzioni nei confronti della procuratrice
della Corte Penale Internazionale che sta indagando sui crimini
di gerra americani in Afghanistan.
Snowden ha scritto
su Twitter: “Sette anni fa, quando ero accusato di essere un criminale per aver
detto la verità, non avrei mai immaginato che sarei vissuto abbastanza da
vedere i nostri tribunali condannare le attività della NSA come illegali e
nella stessa sentenza mi accreditano per averle smascherate”.
Snowden, esperto
informatico, era entrato nel santuario dello spionaggio digitale e aveva
scoperto che era stato realizzato un accordo fra i colossi di Internet e il
governo americano, dando vita a un sistema di sorveglianza di massa invasivo
come mai era avvenuto. Chi ha letto il libro Sotto controllo, scritto da Glenn
Grenwald, avrà notato come Snowden aveva fiducia in Obama e sperava che con
Obama questi abusi sarebbero finiti. E invece no. Snowden scelse allora
rivelare al mondo interno il sistema di sorveglianza di massa, scendendo nei
dettagli tecnici e documentando in modo inoppugnabile come Internet, un tempo
terreno dei libertari, si fosse trasformata in una rete nella quale i cittadini
di tutto il mondo venivano spiati dal governo americano attraverso un “buco
della serratura” che stava nei cellulari, nei computer e i tutti i device connessi
alla rete.
Questa vicenda è
illuminante non solo per la storia di Internet.
E’ una
vicenda che riguarda la storia della nonviolenza.
E che riguarda noi
tutti, come cittadini che aspirano alla libertà attraverso la verità.
La satyagraha (che
letteralmente significa «insistenza per la verità») era
il metodo di lotta nonviolenta propugnato da Gandhi ed era fondato sulla
capacità di disobbedire alla legge in nome della verità e della
giustizia.
Snowden ha fatto
questo.
La satyagraha è
stata praticata da Gandhi, da Martin Luther King, da Nelson Mandela, e ha avuto
alla base la prassi della disobbedienza civile, della violazione della legge
quando la legge era immorale.
La violazione
della legge americana, compiuta da Snowden, oggi si ribalta in una sentenza che
gli dà ragione. E, come spesso accade nella storia della nonviolenza, la
funzione di violare la legge per farne emergere l’intriseca illegalità
(l’espressione può apparire paradossale) è proprio stato uno dei filoni
dello sviluppo civile lì dove gli strumenti convenzionali non
hanno funzionato e non hanno rappresentato i cittadini.
Quando la legge è
ingiusta va cambiata secondo le modalità previste. Ma quando ciò – per una
serie di ragioni – non è possibile, allora spetta alle persone dotate di
coraggio e senso etico il compito di violarla, non allo scopo di promuovere
l’illegalità, ma al contrario allo scopo di promuovere una nuova legalità. Come
ha fatto Snowden, cittadino digitale globale. Che, ricordiamolo, vive ancora
nascosto.
Corte d'Appello USA da ragione a
Snowden: ''L'NSA ha violato la Costituzione spiando milioni di cittadini'' - Karim El Sadi
Se Giulietto Chiesa fosse ancora tra noi, ieri
avrebbe sicuramente festeggiato due volte. Una per il suo compleanno (avrebbe
compiuto 80 anni) e l'altra per una notizia decisamente inattesa giunta agli
organi di stampa internazionali in mattinata: la corte d'appello Usa ha dato
ragione ad Edward Snowden, l'ex agente informatico e analista della National
Security Agency (NSA) che nel 2013 aveva denunciato il programma Top Secret con
cui l'intelligence americana controllava i cittadini, stabilendo che quel
sistema di sorveglianza di massa era illegale. Giulietto
Chiesa, e pochi altri giornalisti indipendenti, avevano difeso dal
primo momento la posizione di Snowden, costretto alla fuga in Russia dove
ottenne asilo sette anni fa. Il giovane whistleblower del North Carolina era
stato minacciato di morte, delegittimato e perseguitato dalla legge americana.
Oggi, però, chi lo additava come traditore della patria, talpa dei russi, o
inflitrato dovrà quanto meno soffermarsi un secondo in più prima di aprire
bocca perché la sentenza dei giudici non lascia spazi a possibili
interpretazioni. Stando al verdetto della corte, non solo le rivelazioni
coperte da segreto di Stato di Snowden erano legittime ma i vertici dei servizi
di intelligence americani e i vari rappresentanti delle istituzioni che
negavano l'esistenza del programma sono ora accusati di aver mentito e "nascosto alla popolazione attività incostituzionali". Ma
cosa aveva scoperto e disvelato esattamente l'ex analista CIA e come si è
arrivati a questa sentenza storica? A maggio 2013 Snowden volò per Hong Kong
lasciando le Hawaii dove aveva sede l'azienda informatica consulente della CIA
per la quale lavorava, la Booz Allen Hamilton.
A Hong Kong Snowden, dopo aver ripetutamente tentato, ma invano, di riportare
tramite canali istituzionali ciò che di sconvolgente era venuto a conoscenza
nell'azienda, decise di raccontare tutto ai giornalisti Glenn Greenwald, Laura
Poitras, e Ewen MacAskill. Si
parla di dati riservati su milioni di cittadini, americani e non, trattati come
sospettti terroristi e spiati senza riguardo della legge. Intercettazioni delle
conversazioni di Capi di Stato, rappresentanti politici e potenti uomini
d'affari. Accordi segreti per l’accesso alle banche dati dei giganti della
rete, obbligati a sottostare alle richieste di Washington senza poterne
rivelare l’esatta estensione, o direttamente a loro insaputa. Così come il
deliberato indebolimento degli standard crittografici che rendono possibile
mantenere sicure le transazioni finanziarie online così come le comunicazioni
in chat, i contenuti pubblicati sui social e gli scambi mail. Tutto da quel
momento pubblico e tutto accessibile alla popolazione. Immediata l'ira di
Washington, e in particolare del Dipartimento di Stato, che tentò di nascondere
e giustificare, più o meno goffamente, l'enorme mole di informazioni
classificate disvelate dal giovane analista, accusato di aver violato
l'Espionage Act del 1917 e di furto di proprietà del governo. Da quell'anno
Snowden si trova in località segreta in Russia, l'unico Paese che gli aprì le
porte dopo che gli Stati Uniti gli invalidarono il passaporto. E ora finalmente
la sentenza della corte Penale USA, arrivata a seguito di un procedimento di
appello contro tre indagati accusati di terrorismo. Anche se la loro
colpevolezza risulta confermata, la Corte ha stabilito che i dati raccolti su
di loro dall'allora programma dell'NSA sono illegali, oltre a non essere utili
ai fini delle indagini e all'attribuzione della loro colpevolezza. Con sorpresa
e soddisfazione ha accolto la notizia il diretto interessato. "Non avrei mai immaginato che avrei vissuto abbastanza da
vedere i nostri tribunali condannare le attività della Nsa definendoli
illegali. - ha commentato da Mosca Snowden - Eppure quel giorno è arrivato". Ora la
speranza è che presto possa finalmente fare ritorno in patria ma per questo
serve che la Corte suprema si pronunci sul caso avallando il verdetto della
corte d'Appello. Nel frattempo si può affermare con forza che la sentenza andrà
a supporto di tutti quei whistleblower come Julian Assange, Chelsea Manning e tanti altri oggi in attesa che
il principio di verità e giustizia prevalga sull'avidità delle organizzazioni
di potere, delle multinazionali e degli apparati di sicurezza.
Sorveglianza
illegale: l’importanza e il coraggio dei whistleblower - Simone
Pieranni
Chi lo aveva definito traditore, talpa, spia, infiltrato, quando non direttamente amico di sistemi autoritari come la Russia che l’ha ospitato, deve ricredersi, o quanto meno fare una pausa di riflessione. A sostenere che le rivelazioni di Snowden sull’attività di spionaggio di massa da parte della Nsa sono state fondamentali per capirne la natura illegale, aprendo così uno squarcio nella giungla della raccolta dei dati, è stata una corte d’appello americana, e non «pericolosi» personaggi come Assange o Manning.
La sentenza della
corte d’appello americana, infatti, ha rafforzato e riabilitato il ruolo di
Snowden: secondo i giudici, con le sue rivelazioni l’ex analista «ha provocato
un dibattito pubblico significativo sull’opportunità della sorveglianza di massa
da parte del governo americano».
LA
SENTENZA ARRIVA a seguito di un procedimento di appello contro
tre persone accusate di terrorismo: la loro colpevolezza è confermata ma la
Corte ha stabilito che in questo caso, così come in tanti altri, le informazioni
raccolte dall’allora programma della Nsa sono illegali e per di più non
sarebbero utili alle indagini e alla stesura di un giudizio di colpevolezza o
meno. Si tratta di 59 pagine che in gran
parte ricalcano quanto già deciso da una corte americana nel 2015: da allora il
programma di raccolta di dati è ufficialmente sospeso, dopo l’approvazione
dello Usa Freedom Act. Il programma della National Security
Agency era infatti figlio del Patriot Act, approvato post 11 settembre 2001,
che permise alle agenzie di intelligence americane di prendersi ben più di una
licenza.
La sentenza però
pone alcuni punti fermi di tutta questa vicenda iniziata nel 2013. Presidente
era Barack Obama e le rivelazioni di Snowden misero in forte imbarazzo l’allora
staff della Casa bianca.
Innanzitutto
il testo della sentenza riabilita il ruolo di Snowden e sarebbe bene
ricordarlo. Edward Snowden, analista della Nsa, venuto a conoscenza del piano
di sorveglianza di massa da parte dell’agenzia tentò di denunciarne l’esistenza
attraverso canali istituzionali. Ignorato e senza ottenere alcun riscontro,
decise di passare all’azione solitaria, con l’aiuto del giornalista Glenn
Greenwald, di alcuni media che pubblicarono via via parte del materiale e di
WikiLeaks, senza la quale probabilmente Snowden oggi non sarebbe al sicuro, per
quanto esiliato, in Russia.
Anche a questo
proposito è bene ricordare che Snowden accettò la proposta russa – in mezzo ci
fu una fuga a Hong Kong – dopo aver visto stracciato il proprio passaporto
americano, dopo accuse di tradimento da parte di mezzo mondo politico americano
e dopo il silenzio dei paesi europei che non offrirono alcun sostegno al
whistleblower, tacciato anzi di essere una talpa, una spia, quando non un
«amico di Putin» e come tale intenzionato a complicare la vita agli Stati
uniti.
La verità è che
Snowden ha compiuto un gesto coraggioso e che la sentenza della Corte
riabilita, condannando invece i tanti funzionari americani che nel corso del
tempo non solo avevano attaccato Snowden, ma più di tutto avevano affermato
l’inesistenza di un piano di sorveglianza di massa.
COME HA
SOTTOLINEATO la Reuters, prima insieme al Guardian
a diffondere la notizia della sentenza, «la prova che la Nsa stava segretamente
costruendo un vasto database di tabulati telefonici statunitensi è stata la
prima e probabilmente la più esplosiva delle rivelazioni di Snowden pubblicate
dal Guardian nel 2013». Fino a quel momento, «i massimi funzionari
dell’intelligence avevano pubblicamente insistito che la Nsa non avesse mai
raccolto consapevolmente informazioni sugli americani».
POI DOPO
L’ESPLOSIONE dello scandalo, alcuni avevano cambiato versione,
sottolineando l’importanza di questi dati nella lotta all’estremismo islamista
sul territorio americano: la sentenza della corte americana demolisce anche
questo assunto. Oltre a concludere che la «raccolta di massa» della Nsa ha
violato il Foreign Intelligence Surveillance Act. Il passo successivo dovrebbe
essere una sentenza della Corte suprema, unica possibilità, forse, perché
Snowden possa tornare negli Stati uniti senza dover rischiare condanne per
tradimento.
Per ora da Mosca
Snowden si gode questa ennesima conferma circa la giustezza delle sue azioni:
«Non
avrei mai immaginato che sarei vissuto per vedere i nostri tribunali condannare
le attività della Nsa come illegali e nella stessa sentenza vedermi attribuito
il merito per averle rivelate»
In agosto Trump
aveva balenato la possibilità di concedergli la grazia, in una delle sue tante
uscite estemporanee e ieri alcuni repubblicani hanno chiesto di andare avanti,
alla luce della sentenza. Anche Snowden può diventare uno strumento
nell’infuocato rush finale delle presidenziali.
Ma al di là delle
battaglie politiche per la Casa bianca, la sentenza ribadisce una verità che da
tempo chiediamo, ovvero la necessità da un lato di tutelare legalmente i futuri
Snowden, i futuri whistleblower che ci aiuteranno a capire il perverso
controllo garantito a Stati e aziende dalla nostra produzioni di dati,
dall’altro quella di portare avanti una battaglia forte perché i Big Data siano
un bene pubblico, gestiti in modo trasparente affinché siano utili, anziché
dannosi, al procedere della nostra vita sociale.
qui il film Snowden completo, in italiano
qui il film Citizenfour completo, in italiano
Nessun commento:
Posta un commento