“C’è un’emergenza immigrazione a Lampedusa, ma non c’è un’emergenza immigrazione in Italia”. Il sindaco della piccola isola siciliana, Salvatore Martello, è seduto alla sua scrivania al secondo piano del municipio, il sigaro acceso e il telefono che squilla di continuo. Al termine di una lunga giornata che lo ha visto protagonista di un ennesimo braccio di ferro tra i suoi concittadini e il governo, cerca di cavarsela con una manovra retorica per rispondere a chi gli contesta di aver abusato della parola “emergenza” per definire la situazione degli arrivi di migranti a Lampedusa. Aveva proclamato uno sciopero di tutte le attività produttive, “una serrata”, per il 1 settembre ma, dopo aver ricevuto una convocazione a palazzo Chigi per il 2 settembre, ha sospeso la contestazione.
Da settimane, inoltre, Martello chiede che il governo dichiari lo stato di
emergenza per l’aumento del numero degli arrivi e il sovraffollamento del
centro di accoglienza (hotspot) di contrada Imbriacola, che è arrivato a ospitare
più di mille persone. Da giugno sono arrivate sull’isola via mare con sbarchi
autonomi cinquemila persone. “In un momento di epidemia, un centro di
accoglienza che può accogliere duecento persone ed è arrivato a ospitarne 1.500
è un’emergenza, le decine di barche abbandonate nel porto senza essere rimosse
sono un’emergenza”, continua il sindaco, che allo stesso tempo ci tiene a
chiarire che l’immigrazione è un fenomeno storico e strutturale e che quello
che sta succedendo sull’isola siciliana è il frutto del fallimento delle
politiche dell’immigrazione degli ultimi decenni.
I lampedusani non hanno dimenticato che nel 2011 l’isola si era trasformata
in un carcere a cielo aperto, dopo che il governo centrale aveva sospeso i
trasferimenti verso la terraferma. Tornare alle condizioni del 2011 è l’incubo
ricorrente nei discorsi degli abitanti. Per il sindaco, l’aggravante questa
volta sono le numerose notizie false fabbricate dai sovranisti che nel corso
dell’estate hanno contribuito a creare un clima di odio verso i migranti e
hanno diviso ancora di più la comunità locale, che teme forti perdite
economiche nella stagione turistica.
“Siamo stati costretti a smentire la notizia di migranti che diffondevano
il covid-19 e che era stata prodotta addirittura dal sindacato di polizia,
oppure la notizia ancora più assurda dei migranti che mangiavano i cani”,
spiega il sindaco. “L’immigrazione a Lampedusa è sempre stata la normalità, ma
c’è stata tutta una campagna mirata a far crescere l’odio e a dividere le
persone che ora si scontrano e si minacciano anche fisicamente, prima non era
così. Quanto al turismo, chi viene a Lampedusa con tutte le notizie false che
girano è un eroe”, conclude.
Propaganda e covid-19
In Italia i contagi di covid-19 tra i migranti sono stati il 5 per cento del
totale nel mese di agosto, eppure per tutta l’estate la propaganda si è
concentrata sull’idea che i migranti diffondano l’epidemia e siano un
pericolo. Questo tema è stato sollevato sia dalle destre sovraniste sia da
attori più istituzionali. Secondo le Nazioni Unite, la pandemia sta acuendo il
clima di odio e l’ostilità verso migranti e richiedenti asilo, accusati di
essere “untori”, nonostante i dati non confermino questa teoria e anzi la
smentiscano.
Il 23 agosto il governatore della Sicilia, Nello Musumeci, ha firmato
un’ordinanza per sgomberare tutti gli hotspot dell’isola e trasferire i migranti
in altre regioni, ma la decisione è stata subito impugnata dal governo e
dichiarata illegittima dal tribunale amministrativo regionale (Tar), perché
l’immigrazione non è di competenza regionale. Musumeci è stato convocato
insieme al sindaco di Lampedusa Martello dal presidente del consiglio Giuseppe
Conte a Roma il 2 settembre per discutere di eventuali misure straordinarie per
far fronte alla situazione.
Ma per molti analisti è proprio l’approccio emergenziale e la mancanza di
una visione di lungo periodo sull’immigrazione ad aver creato problemi.
All’inizio dell’epidemia di covid-19 il governo ha dichiarato l’Italia “paese
non sicuro”, vietando alle navi umanitarie che prestano soccorso nel Mediterraneo
di attraccare sulle coste italiane. Quindi ha disposto l’uso di navi da quarantena per
i migranti e ha inviato l’esercito a sorvegliare gli hotspot e i centri di
accoglienza per evitare che i richiedenti asilo lasciassero i centri.
Molti sindaci e governatori regionali si sono rifiutati di accogliere i
migranti e i richiedenti asilo trasferiti dalla Sicilia, nonostante il governo
abbia assicurato di aver sottoposto a tampone tutti quelli arrivati via mare e
di aver aspettato l’esito negativo del tampone, prima del trasferimento. Questa
situazione ha finito per appesantire la pressione su Lampedusa, che dal 2013
fino alla fine del 2017 aveva smesso di essere la porta di ingresso in Europa
per migliaia di persone.
Fino a quel momento infatti erano attivi i soccorsi nel Mediterraneo
centrale, i naufraghi erano soccorsi al largo da navi governative e non
governative e poi fatti sbarcare nei diversi porti italiani, sotto il
coordinamento della guardia costiera. “Il nostro paese dal 2014 al 2016 ha
visto numeri come 140mila arrivi, 160mila arrivi, quindi con 17mila persone che
sono sbarcate nel 2020, non si può dire che quelli degli ultimi giorni siano
stati sbarchi da invasione”, ha detto l’ex sindaco Giusi Nicolini in un’intervista con
l’Huffington Post.
Per Nicolini quella di Lampedusa e dell’Italia in generale non è una
situazione di emergenza, soprattutto se paragonata a quella degli anni
precedenti, mentre il problema è l’assenza di pianificazione: “Il governo non
ha una politica. Io per anni sono stata convinta che l’emergenza e questo clima
giovassero solo alle destre e a chi vive di malaffare, come si fa con i
terremoti e le ricostruzioni. Invece giova a tutti, anche a questo centro
malandato che in questo momento non ha una visione e non ha idee. Con la scusa
delle emergenze pensano di farsi perdonare altro?”.
I decreti sicurezza e le falle dell’accoglienza
La situazione sull’isola siciliana era già tesa da settimane, ma la goccia che
ha fatto traboccare il vaso è stato lo sbarco sull’isola, il 30 agosto, di
un’imbarcazione di legno con 367 persone a bordo, partite da Zuara, in Libia,
diversi giorni prima. L’arrivo ha suscitato proteste da parte dei militanti
della Lega locale, ma soprattutto ha riportato alla mente il naufragio del 3
ottobre 2013, in cui morirono 368 persone a poche miglia dall’isola dei conigli di
Lampedusa. All’epoca i lampedusani parteciparono con le loro imbarcazioni ai
soccorsi, furono così accoglienti da essere nominati per il premio Nobel per la
pace nel 2014. Ma nel corso degli ultimi anni, tra propaganda e proteste, il
clima sembra essere completamente cambiato.
“Per ore i manifestanti non ci hanno fatto uscire dal molo commerciale”,
racconta Claudia Vitali, operatrice di Mediterranean Hope, presente allo sbarco
del 30 agosto. “Le persone erano veramente provate, dopo giorni di
navigazione”. Vitali, che vive a Lampedusa tutto l’anno, sottolinea che un
barcone così grande è stata una “novità” e ha portato indietro le lancette
dell’orologio di anni: “Non si vedevano barche così grandi arrivare sul molo
dalla Libia da molto tempo”. Un’altra costante dell’estate 2020 per Vitali è
stato l’hotspot dell’isola costantemente sovraffollato. “Ci vorrebbero
trasferimenti quotidiani di migranti verso la terraferma, per non creare quella
situazione. Servono trasferimenti più veloci”.
Dopo le proteste, il governo ha promesso l’invio di altre tre navi da
quarantena. Al momento ne sono attive due: la nave Aurelia con circa 300
persone a bordo e la nave Azzurra con circa 700 persone a bordo. Ma la prima
nave che sarebbe dovuta arrivare, la Allegra, in realtà è stata dirottata verso
Palermo dove il 2 settembre sono stati trasbordati i naufraghi soccorsi dalle
navi umanitarie SeaWatch 4 e dalla Louise Michel al largo delle coste libiche.
Tra il 30 e il 31 agosto sono state usate motovedette della guardia
costiera per spostare circa trecento persone sulla terraferma, ma in ogni caso
ne sono rimaste più di mille sull’isola: circa 800 nell’hotspot e 300 alla Casa
della carità gestita dalla parrocchia. Nel centro di contrada Imbriacola,
ancora parzialmente funzionante e in ristrutturazione, l’esercito presidia ogni
angolo, impedendo ai migranti di uscire. Le persone dormono in molti casi su
materassi stesi a terra, in mezzo all’immondizia.
Nonostante i centri di accoglienza italiani siano in molti casi semivuoti a
causa della diminuzione degli arrivi a partire dal 2017, non è stata
considerata la possibilità di fare la quarantena a terra, trasferendo le
persone su tutto il territorio nazionale. L’hotspot di Lampedusa dal gennaio
del 2019 è amministrato dalla Nova Facility di Treviso, la stessa società
finita sotto inchiesta per la gestione della caserma Serena di Dosson, il più
grande Cas (centro di accoglienza straordinaria) della provincia di Treviso,
diventata un focolaio di covid-19 durante l’estate. La Nova Facility, che per
l’accoglienza dei migranti a Lampedusa incassa 35 euro al giorno a persona, ha
cambiato completamente giro di affari negli ultimi. anni, passando
dall’istallazione di tubature per il gas e pannelli fotovoltaici,
all’accoglienza per i richiedenti asilo e diventando uno dei colossi
dell’accoglienza nel nordest.
Al momento la società gestisce tre centri di accoglienza in Veneto, uno in
Friuli Venezia Giulia e l’hotspot di Lampedusa, per un totale di seicento posti
al nord e duecento nell’hotspot siciliano, che però ha finito per ospitare
molte più persone della sua effettiva capienza. “L’assetto dell’accoglienza,
determinato dal decreto sicurezza – ancora in vigore senza alcuna modifica –
favorisce indiscutibilmente le grandi concentrazioni di persone in grandi
centri nelle mani di grandi gestori. È nei grandi centri infatti che si possono
realizzare utili che diventano significativi se sono ospitate molte persone”,
commenta Fabrizio Coresi, tra gli autori del rapporto di
Openpolis e Action Aid sull’impatto del decreto.
“Fondamentale è anche l’abbassamento della qualità dei servizi: mentre
molte realtà del terzo settore si sono autoescluse dalle gare per
un’accoglienza straordinaria, l’assenza di competenza specifica e vocazione
sociale dell’ente gestore for profit fa sì che non ci si preoccupi di fornire
un servizio pessimo e si punti ad abbassare al massimo i costi per massimizzare
l’utile, sempre grazie ai grandi numeri”, continua Coresi. Questo approccio ha
contribuito ad acuire i disagi nella gestione dell’emergenza sanitaria di
covid-19 all’interno degli hotspot e dei centri di accoglienza. Anche se aveva
promesso di cambiare i decreti sicurezza, il 31 agosto il governo ha annunciato
che le modifiche su cui si era trovato
un accordo slitteranno a dopo le elezioni regionali.
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