La nomina di Vincenzo Paglia a presidente della “Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana”, decisa dal ministro della sanità Roberto Speranza, è un obbrobrio.
Il comunicato
governativo parla di “monsignor” Vincenzo Paglia, per ignoranza
o per furbo minimalismo. Il titolo che spetta a Vincenzo Paglia è infatti
quello di S.E.R., cioè Sua Eccellenza Reverendissima, in quanto Vincenzo Paglia
è Arcivescovo. Bastava compulsare l’annuario pontificio. S.E.R. Vincenzo Paglia
non è solo il Gran cancelliere del Pontificio Istituto Teologico per le Scienze
del Matrimonio e della Famiglia, è soprattutto il Presidente della Pontificia
Accademia per la vita. Gli incarichi che ha avuto e ha ne fanno, in termini
secolari, uno dei più importanti ministri del governo del Papa.
Per
quale motivo il ministro della salute di un governo democratico, per il quale
perciò la laicità è una precondizione irrinunciabile, ha l’impudenza di
nominare un “ministro” del Papa alla testa di una commissione particolarmente
importante, visto che dovrà dar vita alla riforma dell’assistenza alla
vecchiaia, di cui il Covid ha mostrato le carenze spaventose e per la quale,
ovviamente, uno Stato democratico dovrebbe puntare sul servizio pubblico, di
alto livello ed eguale per tutti?
Nel mondo della medicina, della sociologica, del welfare, dell’assistenza agli
anziani, in tutto l’apparato scientifico e amministrativo dello Stato italiano,
c’è davvero tale indigenza di personalità preparate, che non resta altro che
ricorrere non già alla “Réserve de la République”, come si dice in Francia, ma
alla “Réserve du Pape”?
Come
cofondatore della Comunità di Sant’Egidio, Paglia ha accumulato certamente
grandi e meritevoli capacità nell’aiuto agli strati emarginati della
popolazione (quelli di cui in un paese civile si dovrebbe occupare il welfare,
che vergognosamente manca per ferocia liberista, dunque tanto di cappello alla
carità di fede, che surroga), come componente della commissione avrebbe avuto
la possibilità di offrirla alla riflessione di tutti. Ma il presidente della
commissione è colui che indica l’orientamento generale, sintetizza la pluralità
degli apporti, ha una funzione cruciale nel renderli operativi. Possibile che
il ministro Speranza non si renda conto del macigno di conflitto di interessi
(fossero anche solo spirituali), tra un importante incarico governativo e il ruolo
ancor più eminentemente governativo di Vincenzo Paglia nella compagine di Papa
Francesco?
Di
sicuro S.E.R. Vincenzo Paglia si adopererà perché nessun anziano possa mai
decidere liberamente, una volta avute le condizioni di assistenza materiali e
morali migliori possibili, di porre fine a un’esistenza che non viva più come
vita ma come tortura. Paglia è infatti un intollerante fautore dell’obbligo di
vivere anche in condizioni di fine vita che risultino, a chi vi è immerso, tra
sofferenza fisiche e psicologiche inaudite, insopportabili. Con che diritto,
sul fine vita di un anziano che, ripeto, malgrado tutte le cure e l’assistenza
migliore, fisica e affettiva, non voglia più restare al mondo perché considera
questa una condizione di tortura, Paglia potrebbe imporre che “l’amaro calice”
vada bevuto fino all’estremo della feccia? Perché questo, ovviamente indorato
dei più bei sermoni, costituisce il cuore del suo libro contro l’eutanasia,
“Sorella morte”.
Nel
frattempo, a poche ore di distanza, è uscito un ponderoso documento della
Congregazione vaticana per la dottrina della fede, il benemerito ex
Sant’Uffizio, insomma, che definire intimidatorio è poco. Non si occupa affatto
della fede, cioè di peccati e vita eterna. Non di peccati (il termine mi sembra
ricorra una sola volta nell’ampio stralcio pubblicato dal “Foglio”), che sarebbe sua competenza, ma di crimini, la cui
definizione è competenza della legge, cioè, in democrazia, dei cittadini
attraverso i propri rappresentanti (e nel rispetto dei diritti civili che
nessuna maggioranza può limitare o conculcare: tra cui il diritto a porre fine
alla propria vita, ho dimostrato nel mio libro “Questione
di vita e di morte”, Einaudi 2019).
I
fulmini del Sant’Uffizio vengono esplicitamente scagliati anche contro le legislazioni
che si limitino a considerare accanimento terapeutico l’idratazione e la
nutrizione artificiale rifiutate dal paziente (tramite eventuale testamento
biologico). E naturalmente bollano di crimine contro l’umanità, di omicidio,
anche le limitatissime fattispecie di suicidio assistito che in Italia una
sentenza della Corte Costituzionale, e sulla scia alcuni tribunali ordinari,
hanno depenalizzato e rese lecite.
Lascia
anche sgomenti che nel mondo politico, dei famosi “rappresentanti” (di una
popolazione le cui scelte secolarizzate sono largamente maggioritarie, come
testimoniato da ogni indagine sociologica, e da una frequenza alla Messa e ai
Sacramenti sempre più minoritaria e residuale), non si sia levato un coro di
voci, indignato e deciso a mettere fine a queste continue prevaricazioni
clericali. Ma metto già in conto che queste mie ovvie considerazione saranno
bollate di “laicismo”, mentre la vera laicità è … e bla e bla e bla.
Sia
chiaro, Vincenzo Paglia è persona degnissima. E sul piano personale è anche un
amico, da decenni. Ma “amicus Plato, sed magis amica veritas”, e in questo
caso, stimato ministro Speranza, Ella la più elementare e doverosa laicità se
la è messa sotto le suole delle scarpe, nominando a presidente della
commissione un arcivescovo e “ministro” del Papa.
(*) ripreso da Micromega
Nessun commento:
Posta un commento