Referendum, cento nomi per il No
Chiara Saraceno (sociologa e filosofa)
«Mi sembra una soluzione confusa, non particolarmente efficiente. L’equilibrio
tra Camera e Senato non è risolto, la riforma è inutile e rischiosa, e i
partiti la stanno utilizzando in maniera non propria».
Maurizio De Giovanni (scrittore e sceneggiatore)
«Il taglio sarebbe un gravissimo problema per la nostra democrazia: siamo un
Paese estremamente diversificato, e diminuire la rappresentanza - mantenendo
questa legge elettorale - è un rischio soprattutto per il Meridione».
Franco Barbagallo (storico e accademico)
«È una proposta populistica che lede l’ordito complesso della Costituzione
italiana. È una misura demagogica».
Cecilia Strada (ex-presidente di Emergency)
«Il mio è un No convinto perché se il problema è la qualità del Parlamento
bisogna votare meglio, non votare meno».
Franco Arminio (poeta, scrittore e regista)
«Non è questo il modo di risolvere i problemi del Parlamento, anzi: così le
zone periferiche del nostro Paese - che io amo - perderanno ulteriore
rappresentanza. Piuttosto, aumenterei la loro, di rappresentanza, con ulteriori
parlamentari».
Max Casacci (chitarrista, produttore e
fondatore dei Subsonica)
«Dobbiamo evitare che si riducano gli spazi di rappresentanza di tanti mondi
che danno sfaccettature e senso alla politica. Se riduciamo tutto a pochi
capibastone, mutiliamo la democrazia stessa. E, in un mondo nel quale sempre
più frequentemente le Democrazie, di semplificazione in semplificazione,
tendono a trasformarsi in “Democrature”, credo di sapere da che parte stare».
Alberto Guidetti – Bebo (artista musicale e fondatore de
Lo Stato Sociale)
«Il dato di rappresentanza e delega democratica è da salvaguardare e non è
pensabile usare strumentalmente un taglio con la scusa di un “risparmio” senza
passare attraverso un processo di modifiche della legge elettorale».
Claudio Coccoluto (dj)
«Se fosse stata una riforma ben definita e strutturata probabilmente ci avrei
pensato, ma così - con solamente promesse di “correttivi” all’orizzonte, non mi
fido. Il rischio è di fare una riforma a metà puramente demagogica».
Giorgio Battistelli (compositore)
«Nel Paese c’è bisogno di pluralità, che con il taglio passerebbe in secondo
piano. Non è questo il modo né il momento di tagliare i parlamentari».
Massimo Ghini (attore)
«Il taglio è mostruoso: più potere in mano a pochi. Non sono stato d’accordo
sin dall’inizio sul taglio dei parlamentari: sono cresciuto in una democrazia
parlamentare e ritengo che il Parlamento sia il bene supremo. Quando i
costituenti decisero il numero dei seggi, non lo fecero a casaccio. Si usciva
dal totalitarismo e si volevano costruire una Camera dei deputati e un Senato
con più voci. La nostra Costituzione è una delle migliori che siano state scritte,
sono figlio di un partigiano e voglio ricordare la sofferenza che è costata».
Giuseppe Catozzella (scrittore)
«Ci sono riforme da fare nella legge elettorale: il taglio dei parlamentari non
è un’urgenza. Per me è una misura demagogica che diminuisce la rappresentanza
del popolo in Parlamento».
Letizia Battaglia (fotografa)
«Mi hanno rotto il cazzo con tutto questo moralismo di merda, riceviamo un
sacco di soldi dall’Europa e li spendiamo male. Questa è solo una campagna
elettorale: che i piccoli paesi e le cittadine minori abbiano una
rappresentanza mi sembra più che importante».
Luca Ribuoli (regista)
«Più c’è la possibilità di essere rappresentati, meglio è. Con tutti i problemi
che abbiamo serve più gente, non meno. Non sono neanche d’accordo con la
riduzione dello stipendio ai parlamentari: la politica troverebbe comunque il
modo di assumere».
Otto Gabos (fumettista)
«Prima serve una legge elettorale decente, poi si può pensare ai tagli. Così
invece si rischia solo di esautorare ancora di più la funzione del Parlamento,
resa già risibile negli ultimi anni. Secondo me anche la questione degli
sprechi è marginale».
Sandro Veronesi (scrittore)
«Dietro a questa proposta non c’è un criterio, non c’è una riforma. Il rischio
è che si riduca solo la rappresentanza senza però ridurre i costi».
Sandro
Veronesi
Silvia Ballestra (scrittrice e traduttrice)
«Diminuirebbe la rappresentanza dei piccoli partiti e dei piccoli centri, che
prima invece potevano esprimersi. Perché con meno parlamentari si diversifica
meno il Parlamento».
Roberto Andò (regista, sceneggiatore e
scrittore)
«Mai come in questo momento non servono scorciatoie, totalmente pubblicitarie,
che hanno uno scopo unicamente di propaganda. Rischiare di rompere il
meccanismo lasciandolo sbilanciato è pericoloso».
Stefano Massini (scrittore)
«Mi sbaglierò ma le riforme, quelle vere, dubito si facciano in fretta e furia
abbassando con una sforbiciata i numeri della casta. Questa proposta mi pare
redditizia sul piano della propaganda (“Li mandiamo a casa, meno pacchia, meno
soldi, meno posti, meno tutto”), ma assai meno sul piano pratico. Insomma,
qualcosa mi parla di una furbata, molto gradevole al palato ma meno al
raziocinio».
Teresa Ciabatti (scrittrice e sceneggiatrice)
«La riduzione dei parlamentari non mi sembra un’urgenza: credo che siano altre
le priorità vere».
Vincenzo Trione (storico e critico d’arte)
«Una riforma del genere non ha senso senza un ripensamento generale del
sistema, che andrebbe di conseguenza riequilibrato. Con dei collegi ampi si rischia
invece di perdere la specificità dei Comuni».
Elena Stancanelli (scrittrice)
«È una riforma scellerata e non si fanno le riforme tagliando a caso deputati
che sono già stati eletti».
Emanuele Macaluso (politico, sindacalista e
giornalista)
«Bisogna contrapporsi all’anti-politica, perché i fautori del Sì e i 5 stelle
hanno questo carattere. Il No è una rivalutazione della politica contro
l’antipolitica».
Sabina Guzzanti (comica, attrice e regista)
«Penso che il referendum non sia lo strumento adatto a riformare la
Costituzione, che è un sistema complesso e ogni intervento ne implica altri
affinché si mantengano gli equilibri istituzionali».
Francesca Chiavacci (attivista, politica italiana e
Presidente nazionale dell’Arci)
«Non credo
nell’idea demagogica che questa riforma ci propone. Si tratta solo di una
pericolosa contrazione della rappresentanza. La debolezza della nostra
democrazia ha ragioni ben più profonde: i leaderismi, il populismi, pratiche
oligarchiche nella selezione dei gruppi dirigenti. Ed è da lì che la politica
dovrebbe ripartire per curarla e ricostruirla davvero».
Francesco Bruni (sceneggiatore e regista)
«È una riforma demagogica: il risparmio è irrisorio e basterebbe ridurre lo
stipendio dei parlamentari per ottenere lo stesso risultato. E non sono affatto
convinto che resterebbero i migliori, ma solo i più garantiti».
Fabio Picchi (chef e scrittore)
«La politica, come gli altri lavori - infermieri, vigili urbani -, deve essere
pagata molto per mostrare la sua efficienza. “Ridurre” è una logica populista,
che non tutela tutte le differenze che ci sono in Italia. Il numero dei
Parlamentari non mi ha mai scandalizzato, semmai mi può scandalizzare la loro
qualità».
Gene Gnocchi (comico, conduttore televisivo e
scrittore)
«Voto No per difendere il posto di lavoro dei miei colleghi comici che siedono
in Parlamento».
Don Luigi Ciotti (attivista e fondatore del
Gruppo Abele e dell’Associazione Libera)
«Voto fermamente No perché sono altre le riforme istituzionali importanti e
necessarie. I provvedimenti di questo tipo indeboliscono la nostra
rappresentanza».
Melissa Panarello (scrittrice)
«Se i tanti parlamentari che ci sono adesso lasciano molto a desiderare, mi
chiedo di cosa possano essere capaci in pochi. È una questione di statistica, capisci?
Se sono in tanti almeno aumentano le possibilità che qualche intelligenza
spunti come un fiore nel deserto. Inoltre, le oligarchie non mi sono mai
piaciute».
Dacia Maraini (scrittrice)
«Non si tratta di quantità, ma di qualità: bisognerebbe insistere su di essa e
far lavorare i Parlamentari di più e meglio».
Ivan Cotroneo (scrittore, sceneggiatore,
regista e autore televisivo)
«In assenza di una legge elettorale più ampia questo taglio lineare rappresenta
solo un grave rischio per la democrazia».
Furio Colombo (giornalista e scrittore)
«Il Parlamento non si “taglia” con una sforbiciata: il Parlamento si pensa, si
ricostruisce; e ci si chiede il “perché” del troppo, il “come” del ridurre
valutando il rapporto con la rappresentanza e con i cittadini. Solo che i
cittadini non c’entrano nulla con questa cosa. Il minimo risparmio non produce
nulla. Essendo stato deputato e senatore posso affermare che non è vero che in
meno si lavora meglio e in più si lavora peggio. Credo che il problema non sia
non attuare la riduzione dei parlamentari: la riduzione si può fare, ma non con
un’improvvisata come in questo caso».
Marco Onado (economista)
«Gli svantaggi del taglio dei parlamentari non associati a una riforma
complessiva sono molti inferiori ai vantaggi».
Marcello Fois (scrittore e sceneggiatore)
«I sentimenti di questa triste nazione cambiano spesso in rapporto ai
Masanielli di turno. La nostra Costituzione deve restare un baluardo contro gli
arbitri e i populismi vari. Persino coloro che hanno proposto la riforma del
numero dei parlamentari oggi sembrano più opachi nella loro certezza».
Simona Marchini (attrice e conduttrice)
«Resta
sacrosanto rispettare i patti fatti in precedenza. Inoltre, votare sì è un modo
per cedere ai ricatti di questo governo - che comunque io difendo e ritengo
necessario, ma in questo caso vale la pena “forzare la mano”. E, in ogni caso,
mantenendo questa legge elettorale bisogna dire no al taglio».
Marco Cappato (politico e attivista)
«La casta italiana è sterminata: tagliando gli unici che sono eletti da
qualcuno, si favorisce l’irresponsabilità del potere».
Dijana Pavlovic (attrice e attivista)
«Il Parlamento è importante per rappresentare tutti i pensieri diffusi, mentre
tagliare il numero dei parlamentari è anti-politica, è una scelta populista. Ma
in questo momento, piuttosto, c’è bisogno di recuperare fiducia nella politica
e che la politica si prenda poi le proprie responsabilità. Insomma: il numero
dei parlamentari non è un problema, semmai lo è la loro qualità».
Franco Bolelli (scrittore e saggista)
«Rifiutare il taglio significa dare un segnale di opposizione a questo governo,
che mi sembra stia raccogliendo troppi consensi rispetto agli errori che compie
e alla mancanza di strategie che mette in campo».
Giulio Marcon (scrittore e saggista)
«Questa è una riforma sbagliata per vari motivi: primo colpisce il sistema
della rappresentanza territoriale e ci saranno varie province come quella di
Lecco che non avranno rappresentanti in Parlamento. Questo è grave, gravissimo,
perché accentua la distanza in questi anni evidente tra eletti ed elettori.
Secondo, il problema non è la quantità ma la qualità: con questa riduzione si
accentuerà il potere delle forze politiche e dei partiti di selezionare gli
eletti dall’alto. Terzo, senza la riforma dei regolamenti e la riforma
elettorale questa riduzione dei deputati e dei senatori rischia di essere una
sorta di frankenstein e provocare effetti gravissimi».
Diego De Silva (scrittore, giornalista e
sceneggiatore)
«Non credo che la tanto ventilata riduzione dei parlamentari sia la strada
giusta. Anzi: mi sembra una proposta sempliciotta per annunciare la soluzione
di un problema che non si risolverà in quel modo».
Angelo Guglielmi (Critico letterario, giornalista
e dirigente televisivo)
«Il taglio dei parlamentari non garantisce nessun miglioramento, in quanto non
è accompagnato dall’impegno di modificare - prima del referendum - la legge
elettorale proporzionale. Quindi mi pare assolutamente senza alcun senso, e se
passasse il Sì potrebbe accadere di tutto».
Maria Chiara Prodi (consigliera CGIE - Consiglio Generale
Italiani all’Estero)
«Il numero dei rappresentanti per gli italiani all’estero era già contingentato
dieci anni fa, quando eravamo quasi la metà».
Michela Murgia (scrittrice)
«Pensare di risparmiare riducendo la rappresentanza fa passare l’idea che la
democrazia sia un costo. Secondo questo ragionamento, allora, il sistema più
economico sarebbe la dittatura: ne paghi solo uno».
Gianni Vattimo (filosofo e accademico)
«Senza una riforma del quadro generale della legge elettorale, il taglio sfocia
solo in una riduzione del numero dei parlamentari che di per sé rischia di
limitare la rappresentanza e diritti costituzionalmente garantiti».
Benedetta Tobagi (giornalista, scrittrice e conduttrice radiofonica)
«No, per non mutilare la rappresentanza degli italiani all’estero; perché
tagliare senza cambiare il modo in cui sono eletti i parlamentari non serve; e
perché anziché “tagliare” dovremmo diventare tutti più responsabili e seguire il
lavoro degli eletti, attraverso OpenPolis e gli altri strumenti disponibili».
Corrado Augias (giornalista, scrittore e conduttore televisivo)
«Questo è un referendum dannoso, fondato su una infantile motivazione
demagogica».
Cristina Comencini (regista, sceneggiatrice e scrittrice)
«Non penso che “tagliare” possa migliorare l’efficienza del Parlamento: questo
è un questo modo superficiale e propagandistico di intervenire sulla nostra
Costituzione».
Edoardo Nesi (scrittore)
«Il problema di questo taglio dei parlamentari è che - fatto in questo modo,
senza riequilibrare il resto del sistema - non ha senso ed è il simbolo del
grillismo».
Miguel Gotor (storico e politico)
«Politicamente è sbagliato legare le modifiche costituzionali alle maggioranze
di governo, così come fare un uso plebiscitario ed elettoralistico dello
strumento referendario: si stanno ripetendo gli errori compiuti da Renzi. Il
problema dal 2006 a oggi non è costituito dal numero dei parlamentari, ma dal
modo con cui sono eletti, ossia per cooptazione. Inoltre, gli ipotetici
vantaggi in termini di funzionalità e di risparmio del taglio non valgono gli
squilibri di rappresentanza che si andranno a creare. Questo referendum mi
sembra l’esito esemplare e simbolico della cosiddetta “repubblica dell’antipolitica”,
in cui viviamo dal 1994. Ma non desidero che la sua celebrazione avvenga con il
mio personale consenso».
Roberto Esposito (filosofo)
«Il taglio senza contrappesi istituzionali produrrà guasti e scompensi
sull’intero sistema. Parti d’Italia - come i collegi più piccoli - non avranno
più rappresentanza. La Costituzione non può essere “picconata” in un punto solo
senza intervenire sul resto».
Roberto Vecchioni (cantautore e scrittore)
«Voto no perché non è questo il problema».
Carlo Cottarelli (economista)
«Il taglio, oltre a essere controproducente sotto il profilo della funzionalità
delle Camere, è pure inutile. Manomettere la Costituzione per una cosa davvero
poco rilevante, specie in un momento in cui il Paese avrebbe bisogno di riforme
importanti per ripartire, costituisce un precedente molto rischioso. Significa
che domani chiunque abbia una maggioranza in Parlamento si può svegliare una
mattina e cambiare la nostra Carta fondamentale senza un motivo serio, quasi
per capriccio. Questo referendum è dannoso proprio dal punto di vista di
principio».
Francesca Archibugi (regista e sceneggiatrice)
«Sono stanca di una politica demagogica che insegue le pulsioni più immature
dell’elettorato. Siamo scontenti dei parlamentari? Scegliamoli meglio».
Luciana Castellina (giornalista e scrittrice)
«In ballo non c’è una piccola, innocua riforma. Quell’immagine delle poltrone
vuote mostrate con baldanza davanti a Montecitorio comunicano un altro
messaggio: che il Parlamento non serve a niente. E questo messaggio non sarebbe
neanche così grave, come invece è, se non fosse indirizzato a un elettorato che
già la pensa più o meno così e con qualche ragione: se non c’è partecipazione -
e non c’è ne è perché non ci sono più sedi di riflessione e di presa di coscienza
della complessità dei problemi, di costruzione di canali di comunicazione fra
la società e le istituzioni - il Parlamento serve realmente a poco. Tanto
varrebbe scegliere i deputati tirando li a sorte. Un No di fronte a questa
crisi del sistema democratico serve a poco, ma almeno a rendere atto del
pericolo che, se non ricostruiamo strumenti di partecipazione, rischiamo
davvero un regime autoritario».
Edoardo Ferrario (comico)
«Non è questo il modo per risolvere il problema della rappresentazione dell’elettorato
in Parlamento: abbiamo problemi di qualità e non di quantità. Il referendum non
prende in considerazione la serietà del tema, ha una spinta populista».
Jukka Reverberi (cantante e chitarrista dei Giardini di Mirò)
«Così, senza una vera riflessione e una riforma del sistema parlamentare, è una
mera questione di bilancio. Credo, sì, che i sistemi possano e debbano essere
rivisti nel tempo, perché tutto cambia e muta, ma il tema della rappresentanza
politica dei cittadini è più importante di un pulcioso taglio dei costi della
politica».
Oliviero Toscani (fotografo e politico)
«Chi vota Sì sa di compiere uno sbaglio: all’epoca in cui era stato proposto il
taglio le prerogative e il progetto stesso di riduzione erano diversi. Voto No
proprio perché non ho mai cambiato idea in merito. Chi vota Sì, al contrario,
dà una prova di imbecillità».
Pierpaolo Capovilla (cantautore e musicista)
«Il No è una forma di rispetto dei confronti della Costituzione, che è la più
bella che ci sia in Europa e forse nel mondo intero. Non va cambiata in base
alle convenienze del momento, né per fini populistici. E la rappresentanza,
poi, è importantissima. Perché, piuttosto, non tagliamo lo stipendio ai
parlamentari?».
Luciano Canfora (filologo e storico)
«La riforma - voluta da Di Maio - va respinta perché mira a conservare ai parlamentari, anche se ridotti di numero, tutti gli assurdi privilegi che con
questa finta riforma restano intatti (stipendio esorbitante e “portaborsa”
anch’esso ben pagato, ecc.!). Se l’obiettivo è - come sostengono - di fare
“economie”, le “economie” si fanno riducendo i privilegi, non il numero».
Marino Bartoletti (giornalista sportivo e conduttore
televisivo)
«Mi sento maggiormente rappresentato da un numero più alto di parlamentari che da
un numero minore. Il problema semmai è la loro qualità, che deve essere
garantita, ma non è certo “tagliandoli” che aumenterà. Anzi: nella storia
essere rappresentati da un numero ristretto di persone non ha mai portato a
nulla di buono».
Tullio Avoledo (scrittore)
«Credo nella statistica: meno parlamentari non significa più qualità. Abbiamo
dei cretini in Parlamento, ma se per il futuro vogliamo avere la speranza di
mandarci anche qualcuno di intelligente, allora la strada da percorrere non è
certo questa del taglio».
Maurizio Bettini (filologo, latinista e antropologo)
«Il risparmio è una motivazione risibile e indegna: non si può lesinare su
quella che è la vita stessa della democrazia. Per risparmiare basterebbe
ridurre le spese, non solo gli stipendi ma anche tutte quelle che girano
intorno a Camera e Senato. Poi si tratta di una proposta non dettata da una
ragionata riforma costituzionale, ma dall’odio e dall’ostilità populistica
verso la classe politica. E non si riforma la Costituzione in questo modo.
Vedere risolvere i problemi con metafore come “il Parlamento sarà più snello”
mi indigna: stiamo parlando di riforme, di politica, cosa c’entra lo snello?
Sembra la réclame dei cereali».
Anna Bonaiuto (attrice)
«Votare Sì è un rischio per la democrazia. Quello che conta è la qualità dei
parlamentari, non certo la quantità. Se passasse il taglio, si restringerebbe
la rappresentanza, e sarebbe più facile che chi andrà in Parlamento non sia
scelto direttamente i cittadini».
Franco Cardini (storico)
«La questione degli sprechi va affrontata con meno demagogia, il problema del
Sì è un problema di rappresentanza. Tagliare in questo modo il numero dei
parlamentari è un falso problema: il punto è la loro qualità, della quale
ritengo responsabili i partiti, che scelgono chi candidare in base al possibile
consenso e non alla competenza».
Francesca Rigotti (filosofa)
«La riduzione del numero dei parlamentari è una misura populista di scarsa
efficacia (meglio sarebbe limitarne i privilegi), che indebolisce la
democrazia rappresentativa. Inoltre, sarebbe un passo sbagliato verso la
democrazia diretta attraverso il digitale in un momento in cui la democrazia è
già abbastanza in pericolo per le decisioni autoritarie (vedi DPC) poco
rispettose della volontà popolare rousseauiana (nel senso di
Jean-Jacques)».
Donatella Di Cesar (filosofa)
«C’è un alto valore simbolico, secondo me sottovalutato, dietro il Sì: se
dovesse vincere, passerebbe il messaggio di fondo dell’antipolitica, che è
un’idea spregiativa del dibattito con una visione della democrazia ridotta a
mera funzione amministrativa».
Felice Besostri (giurista)
«È un caso rarissimo di riforma costituzionale incostituzionale. Se passasse il
Sì, diminuirebbe il ruolo del Parlamento e ci ritroveremmo con una norma che ne
mina l’efficienza».
Christian Raimo (giornalista e scrittore)
«Dal 2008 i partiti e i movimenti invece di pensare a costruire cultura
politica hanno pensato a cambiare le regole di un gioco senza avere più idee
del senso stesso di quel gioco che è la politica. Sarebbe in corpo ai partiti
scegliere una classe dirigente, non pensare che facendo una selezione e dando
ancora più potere alle segreterie queste siano in grado di scegliere una classe
dirigente adeguata. In questo momento il problema è la mancanza di cultura
politica, non la governance».
Fiammetta Borsellino (attivista antimafia)
«Dietro questa riforma c’è un “finto risparmio”, e in cambio del taglio noi
cediamo la possibilità di una rappresentanza congrua. Per risparmiare ha più
senso ridurre l’ammontare dei singoli stipendi, non il numero dei
parlamentari».
Chiara Gamberale (scrittrice)
«Le riforme costituzionali sono operazioni serie e complesse e non ci si può
accontentare di parodie destinate a un uso di semplice e rozza propaganda».
Paolo Condò (giornalista)
«Il taglio riguarderebbe inevitabilmente gli spiriti più liberi e innovativi,
cassati a favore dei candidati più omogenei alle segreterie. E poi, molto
semplicemente, io non sono un populista».
Carlo Pastore (conduttore radiofonico e deejay)
«Votare No a questo referendum non significa escludere a priori l’idea di
ridurre i parlamentari, ma chiedere una riforma pensata e scritta meglio.
Pretendere, insomma, più politica e meno populismo. Non si efficienta il
Parlamento offrendo teste tagliate al pubblico assetato di sangue».
Luca Molinari (architetto e critico di architettura)
«Non si può risparmiare sulla democrazia, mentre bisogna fare una vera
battaglia politica e culturale per avere una reale rappresentatività in
Parlamento con una diversa legge elettorale».
Salvatore Lupo (storico)
«Ogni qualvolta non sia necessario la Costituzione non va manomessa. E questa
volta non è necessario».
Makkox (fumettista)
«Voto No perché mi hanno convinto quelli che votano sì».
Marco Bentivogli (sindacalista e saggista)
«Questo è un momento in cui il Paese ha bisogno di riforme vere e non di
inseguire l’antipolitica e l’attacco alla democrazia rappresentativa, la quale
invece dovrebbe venir rafforzata».
Giovanni Fiandaca (giurista)
«Tagliando il numero dei parlamentari si assecondano le pulsioni anti-politiche
e anti-partitiche della gente e ciò rappresenta la patologia forse più grave
della politica attuale».
Armando Spataro (ex magistrato)
«Sostengo il “fronte del No” contro una pessima riforma fondata su tre falsità:
il risparmio per le finanze pubbliche (del tutto irrilevante), l’adeguamento
del numero dei nostri parlamentari a quelli degli Stati europei (mentre saremmo
gli ultimi nel rapporto tra elettori ed eletti) e la maggiore efficienza del
Parlamento (che vedrebbe invece crescere il livello della propria sudditanza
rispetto alla maggioranza di turno). “No”, dunque, ad una pseudo riforma,
populista, che stravolgerebbe il nostro assetto costituzionale, umiliando
il ruolo del Parlamento ed il suo dovere di rappresentanza vera dei cittadini».
Alberto Asor Rosa (storico della letteratura)
«Con il referendum sul taglio dei parlamentari si gioca una partita importante,
forse decisiva, per le sorti della nostra democrazia rappresentativa (appunto).
Forse i giorni residui andrebbero utilizzati meglio, ossia più decisamente, di
quanto finora non sia accaduto, per sostenere le ragioni a favore del No. Il
mio No al referendum è un Sì alla democrazia».
Max Collini (performer ed ex cantante degli Offlaga Disco Pax)
«Ridurre il numero dei parlamentari al solo scopo di poter far gridare alla
vittoria una nuova classe dirigente che in pochi anni si è dimostrata inetta
quando la precedente mi sembra una operazione di respiro cortissimo e lo dico
anche a quelli di sinistra un po’/molto addormentati all’ombra della
contingenza. È il Paese dove nulla è più definitivo del provvisorio e in
generale voterò No perché spero sempre che nel segreto dell’urna si scopra,
come è accaduto qualche volta in passato, che la società reale è più matura di
chi la dovrebbe rappresentare. Sono un inguaribile ottimista, lo so, infatti
penso che il governo non cadrebbe ugualmente».
Alessandra Sciurba (portavoce Ong Mediterranea Saving Humans)
«Questa proposta, non accompagnata da alcuna visione politica di riforma
sistemica, ma rappresentativa solo di un approccio populista, rischia di
restringere ancora di più gli spazi di discussione, di pluralismo e di
confronto che sono a fondamento di una democrazia costituzionale già gravemente
delegittimata. Non serve affatto ad innalzare la qualità della nostra classe
politica, né l’efficienza del suo lavoro, ma svilisce il concetto stesso di
rappresentanza senza affrontarne in alcun modo le complesse problematicità. Una
riforma seria e non meramente demagogica dovrebbe elaborare modalità più
inclusive delle differenze invece che escludenti, e interrogarsi su come
restituire dignità alla politica istituzionale invece che avanzare banali e
pericolose proposte di tagli lineari che non nascono da alcun ragionamento
volto al progresso sociale e culturale di questo Paese».
Giulia Blasi (scrittrice)
«Non abbiamo bisogno di meno rappresentanti, ma di rappresentanti migliori».
Sabrina Ferilli (attrice)
«Preferisco che la politica faccia quello che deve fare e che - se c’è da
intervenire - si intervenga magari sul tipo di vita che fanno questi
parlamentari: su quanti soldi prendono, sui benefit, sulle cose in più hanno
che invece non dovrebbero avere. Preferisco che si metta mano a quello
piuttosto che alla possibilità di non avere dei rappresentanti con questa legge
elettorale».
Mario Tronti (filosofo)
«Votare No al referendum sul taglio dei parlamentari è una obbligazione
politica. Non c’è alcun serio motivo per adottare una così rilevante modifica
costituzionale, proprio adesso e al di fuori di qualsiasi disegno di riforme
istituzionali».
Riccardo Cucchi (giornalista)
«Credo che questa riforma privi i cittadini di una adeguata rappresentanza.
Inoltre, così si rischia di rendere troppo vincolante il rapporto fra eletti e
segreterie dei partiti. La nostra Costituzione molto ben congegnata:
riflettiamoci a lungo, prima di modificarla; qui ci vedo solo fretta
populista».
Emma Dante (attrice e regista teatrale)
«La democrazia ha bisogno di una larga e competente rappresentanza: non è
delimitandola che la si aumenta».
Nadia Terranova (scrittrice)
«Non sento la necessità di un taglio dei parlamentari, che è una richiesta
fortemente demagogica e fintamente risolutiva. Mi pongo invece tutti i giorni
il problema della qualità della rappresentanza: vorrei politici migliori, non
meno politici».
Vittorio Bo (editore)
«Questo voto, senza una vera riforma dietro, è solo figlio di un patto di
partiti, e non di cittadini».
Anna Paola Concia (ex politica e attivista)
«Non si taglia con l’accetta la democrazia per darla in pasto al populismo. I
cittadini devono chiedere più qualità e competenza, non meno rappresentanza».
Michela Marzano (filosofa)
«Il Parlamento va riformato ma non con tagli lineari come questo, che potrebbe
mettere in crisi la rappresentanza democratica con sempre meno rappresentanti
tra le realtà locali. L’altro rischio, ancora più grande, è che ci si ritrovi
con delle Camere composte di fedelissimi dei capi, perdendone in spirito
critico. La prima riforma da fare sarebbe abolire il bicameralismo perfetto. Il
taglio lineare non solo non porta nessun vantaggio, ma rischia di compromettere
una parte di dibattito democratico».
Helena Janeczek (scrittrice)
«Credo nella democrazia parlamentare: se ci sono problemi nella macchina
politica non si risolvono coi tagli, ma con una maggiore trasparenza del
personale politico. Bisogna ricucire la distanza tra società civile e
rispettivi rappresentanti in Parlamento».
Raffaele Simone (linguista e saggista)
«Quel che aspetto è una riforma reale del Parlamento: una prova preliminare di
conoscenza della Costituzione e della storia d’Italia dal dopoguerra; un titolo
di studio minimo obbligatorio; la soppressione della facoltà di cambiare
partito; un limite di età (65 anni) per parlamentari e capo dello Stato;
l’aggancio degli stipendi a quelli della magistratura; la cancellazione dei
senatori a vita; la limitazione dei decreti-legge; la soppressione del gruppo
misto; l’obbligo di produrre un numero minimo di proposte di legge».
Nadia Urbinati (politologa)
«La battaglia per il taglio dei parlamentari voluta dal M5S è ben poco amica
della democrazia, perché produce una potatura drastica della rappresentanza,
con il risultato di depotenziare la nostra voce e incrementare il potere degli
eletti e delle maggioranze. Con partiti solo nelle istituzioni, un Parlamento
così potato sarà di e dei notabili. Senza un sistema elettorale proporzionale,
farà essenzialmente da grancassa a chi governa, mentre le sue funzioni classiche,
quella della rappresentanza della maggior parte delle istanze e delle idee che
vivono nel Paese e quella del controllo del governo saranno ridotte. I forti
nella società avranno più forza in Parlamento».
Mattia Santori (fondatore del Movimento delle Sardine)
«Esistono una politica propagandistica, che si riempie la bocca di promesse; e
una politica complessa, che convince con i risultati. E c’è, poi, una politica
“discount”, che svende risultati, che rincoglionisce gli elettori, facendo loro
credere che si possa arrivare alla vetta della montagna senza fare fatica e
senza spendere soldi. Ma io non ho mai creduto alla politica low cost, non mi
fido degli accordi a scatola chiusa e gli argomenti di chi ha proposto la
riforma puzzano di ipocrisia. Non è di certo autopunendosi che la Politica
riacquista credibilità».
Massimo Teodori (storico, politico e giornalista)
«Con il taglio dei parlamentari tutto il potere va ai capi: e la partitocrazia
fa festa. Questo referendum è ispirato dall’ignoranza della storia politica e
costituzionale italiana e dalla oscena identificazione tra le poltrone della
casta e la rappresentanza democratica della nazione. Ed esaspera gli antichi
vizi aggiungendone di nuovi».
Gavino Ledda (scrittore e poeta)
«Il taglio ci costa quanto un caffè: non è questione di risparmio, ma di
diminuzione della democrazia. E viva la democrazia, piuttosto».
Gaia Manzini (scrittrice)
«Il timore maggiore è che le minoranze non siano rappresentate adeguatamente. E
la percezione, in questo momento storico, è che a una riduzione dei
parlamentari corrisponda una riduzione della democrazia: magari con altre
premesse la sensazione sarebbe diversa, ma non lo è in occasione di questo
referendum».
Carla Federica Nespolo (presidente Anpi)
«La proposta di votare a favore del taglio fa leva su di una indubbia crisi di
rapporti tra opinione pubblica e istituzioni. Ma, anziché cercare di correggere
comportamenti e prospettive, alcuni partiti hanno scelto la strada della
delegittimazione del Parlamento. Alla fatica del dialogo tra diversi, si
preferisce l’idea “dell’uomo solo al comando”, che è al fondo di un taglio così
drastico e che lascerà intere zone d’Italia senza rappresentanza. È il vero
tradimento dello spirito costituzionale. Ma c’è ancora una speranza: votare No
convintamente».
Jasmine Cristallo (attivista del Movimento delle Sardine)
«Cosa accadrà, poi, dopo il taglio dei parlamentari? La nostra democrazia
parlamentare verrà sfigurata. Sono già in fase di approvazione due proposte di
revisione costituzionale: una concernente il referendum propositivo, che sposta
il fulcro della decisione dal Parlamento alle masse (così come da visione della
Casaleggio Associati); e l’altra che ridurrà la rappresentanza politica a un
mandato di tipo privatistico, rendendo il parlamentare un portavoce delle
segreterie di Partito, sostituendo un’oligarchia alla nostra democrazia.
Dobbiamo dare più centralità al Parlamento senza svilire la Costituzione, che
sono i due stabili presidi delle nostre libertà. Votare No significa dire Sì
alla democrazia».
Rosa Matteucci(attrice)
«Una costituzione si rispetta, specie se è scritta bene come la nostra. Oppure,
si riscrive direttamente per intero. Di certo, non si rammenda inseguendo le
farfalle portate dall’aria che tira».
Carla Peirolero (attrice e regista)
«Va migliorata la qualità della rappresentanza e del lavoro parlamentare,
certo, ma non credo nel taglio come soluzione. Se n’è fatta una questione di
risparmio, che poi sarà relativo; ma servirebbe una riforma più strutturata».
Antonio Moresco(scrittore)
«L’essere venuti meno a un patto di lealtà politica e il non aver cominciato a
mettere mano a una nuova legge elettorale è stata, per me, la goccia che ha
fatto traboccare il vaso per il No».
Massimiliano Fuksas (architetto)
«Voterò No al referendum perché preferirei che venisse eliminata la Camera Alta
poiché complica il processo di approvazione delle leggi. La riduzione dei
parlamentari diminuirebbe la rappresentanza dei cittadini sul territorio».
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