Il 29 luglio del 2020 quattro
delle cinque maggiori società tecnologiche del pianeta, Google, Amazon,
Facebook e Apple (GAFA), hanno dovuto presentarsi a un’audizione pubblica
davanti al Congresso degli Stati Uniti, accusate di pratiche monopolistiche nei
confronti di concorrenti più piccoli, consumatori e utenti. Si tratta di
un aspetto chiave degli impatti negativi di queste gigantesche piattaforme
digitali, ma è solo uno di quelli che caratterizzano il loro potere economico,
politico e sociale senza precedenti.
Il mercato complessivo di queste quattro società
ammonta attualmente a più di 5.000 miliardi di dollari. Insieme a Microsoft
(GAFAM), sono tra le prime 10 società che detengono il maggior valore di
capitalizzazione del mercato nel mondo e nella storia del capitalismo. Apple, Alphabet, Microsoft e Amazon, insieme
alle compagnie petrolifere Petrochina e Saudi Aramco, sono le uniche sei
società che hanno superato i 1.000 miliardi di dollari di valore di mercato (Trillion
dollar companies, in inglese). Facebook segue con un valore di 633 miliardi
di dollari, simile a quello delle piattaforme digitali cinesi Alibaba e
Tencent.
Nel corso dell’audizione, che è durata più di
cinque ore, ai rappresentanti di Google, Amazon, Facebook e Apple è stata
presentata una lunga lista di domande, raccolte dalla commissione antitrust,
coordinata da David Cicilline, dopo un anno di indagini e più di un milione di
documenti. Jeff Bezos, fondatore di Amazon; Marc Zuckerberg, fondatore di Facebook
(entrambi tra gli otto uomini più ricchi del pianeta); gli amministratori
delegati di Apple (Tim Cook), e di Alphabet, società proprietaria di Google
(Sundar Pichair), hanno difeso le
loro imprese di fronte a un mucchio di prove che difficilmente hanno potuto
contestare.
I casi presentati erano noti, ma non per questo
meno gravi. Ad esempio, è stato dimostrato sulla base di e-mail che Facebook ha
acquistato i suoi concorrenti Instagram e WhatsApp perché li percepiva come una
minaccia al proprio controllo degli utenti, una motivazione analoga a quella
che indotto Alphabet (Google) ad acquistare YouTube. È emerso che Google ruba
dati a società più piccole, ad esempio le recensioni di Yelp sui ristoranti, e
di fronte alle rimostranze di quest’ultima ha minacciato di escluderla dal
motore di ricerca. Google controlla il 90 per cento delle ricerche online. Le
accuse contro Apple ruotavano intorno all’impossibilità per i suoi clienti di
utilizzare applicazioni di altri sviluppatori.
Amazon dal 2019 supera nelle vendite al dettaglio
Walmart, il più grande supermercato del pianeta. Con la pandemia i suoi
profitti sono cresciuti in maniera esponenziale, facendo di Bezos l’uomo più
ricco del mondo, con un patrimonio personale di 181 miliardi di dollari [sembra
che ora abbia superato i 200 miliardi – ndt]. Il controllo di Amazon sui suoi
fornitori è brutale, con il potere di far fallire chi non può o non vuole
attenersi alle sue condizioni. È inoltre risultato chiaro che copia, produce
con il proprio marchio e vende a prezzi più bassi (inizialmente) i prodotti più
redditizi di altre aziende, facendole morire.
Si è parlato inoltre della manipolazione dei dati
e dell’informazione con i suoi impatti politici e discriminatori, ma rimanendo
ben al di sotto della vera dimensione del fenomeno. Un aspetto particolare di
questa audizione è stato l’alto livello di preparazione della commissione
antitrust, che ha fatto vacillare i dirigenti. Due anni fa, Zuckerberg ha dovuto
presentarsi a rispondere al Congresso della fuga (o vendita) di dati di oltre
80 milioni di utenti di Facebook alla società Cambridge Analytica, il che ha
permesso alla società e ai suoi dirigenti di influire in maniera decisiva, con
modalità sia aperte che subliminali, sull’elezione di Trump e di altri
personaggi, come Bolsonaro in Brasile. In quell’occasione, Zuckerberg ha
mantenuto il controllo del dibattito di fronte a membri del Congresso che a
malapena capivano la questione, e l’ha fatta franca con una multa di 5 miliardi
di dollari, che non è una cifra da poco, ma che è stata molto inferiore ai
profitti realizzati e al rialzo immediato del valore delle sue azioni non
appena la sentenza è stata emessa.
Colpisce il fatto che non abbiano citato
Microsoft e il suo fondatore Bill Gates, che insieme a GAFA controlla più della
metà del mercato globale delle piattaforme digitali. Il motivo è
probabilmente che 22 anni fa Microsoft è stata convocata a un’audizione analoga
per rispondere del suo monopolio nel mercato del software, un
processo che ha influito sulla struttura della compagnia e ha cambiato alcuni
piani, come lo sviluppo della telefonia. Nonostante questo, Microsoft e il suo attuale potere nel campo
dei cloud, dell’intelligenza artificiale e della gestione di volumi
massici di dati (Big Data) svolgono un ruolo fondamentale nel controllo
delle scelte economiche e politiche, insieme agli altri quattro mostri della
digitalizzazione.
Il tema del controllo monopolistico dei mercati è
determinante, ma è soltanto uno degli aspetti cruciali di queste nuove forme di
accumulazione capitalistica a partire dai dati sulla vita di tutte e di tutti,
che stanno alla base del cosiddetto capitalismo della sorveglianza, una questione che dobbiamo comprendere e che
dobbiamo affrontare organizzandoci collettivamente. Non si tratta soltanto di
tecnologie digitali, ma del fatto che la digitalizzazione è entrata in tutti
gli ambiti della vita produttiva e sociale. Un contributo
interessante a questo dibattito ci viene offerto dalla rivista Internet Ciudadana.
Fonte: “Gigantes digitales, al
banquillo”, in La Jornada, 01/08/2020
Traduzione a cura di Camminardomandando
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