I castelli francesi sulla Loira si valutavano dal numero di finestre: “È un castello da 50 finestre”. Per i boiardi russi le proprietà erano pesate in anime, irrilevante se vive o morte, come racconta Gogol. Invece le grandi corporations di case di riposo si misurano in letti: i quattro più grandi operatori di case di riposo della Gran Bretagna sono infatti HC-One Ltd (dove HC sta per Health Care), con 22.000 letti (e, curiosamente, lo stesso numero di dipendenti), Four Seasons Health Care (20.000 letti), Barchester Healthcare e British United Provident Association con 12.000 letti ciascuna. Ogni letto corrisponde a un anziano. Perciò i letti (gli anziani) vengono comprati e venduti, o depositati come garanzie di prestiti. Noi immaginiamo la grande finanza internazionale come una girandola vorticosa di derivati, di futures, swaps, options. Ci fa strano raffigurarcela come un turbinio di letti, cioè di anziani debilitati. Ma così è; e i dati sui letti cambiano in continuazione e mentre voi leggete, già adesso il numero di letti che ho indicato può essere cambiato, modificato da una compravendita o da un’ipoteca di un lotto di ospiti lungodegenti. Per esempio, Four Season è passato di mano dall’hedge fund Terra Firma del finanziere della City Guy Hands all’hedge fund statunitense H/2 Capital Partners che ha venduto parte dei suoi assets (degenti) per ripianare i debiti accumulati per la sua acquisizione.
La girandola di fusioni, acquisizioni, vendite, scorporamenti è ancora più
vorticosa negli Usa dove accelerò nel 2007 quando il più grande operatore di
case di riposo, Genesis Healthcare, fu comprato per 2 miliardi di dollari da
Formation Capital, hedge fund basato ad Atlanta, prima di essere rimesso sul
mercato sette anni più tardi. Sempre nel 2007 il secondo operatore statunitense
di case di riposo, HCR Manor, fu comprato per 4,9 miliardi dal fondo di private
equity Carlyle Group che era interessato soprattutto al suo patrimonio
immobiliare (edifici delle homes e terreni circostanti), che infatti rivendette
nel 2010 a un trust immobiliare per 6,1 miliardi di dollari: nel 2018 HCM Manor
dichiarò fallimento.
Naturalmente in Europa c’è il mercato comune dei vecchi lungodegenti e la
libera circolazione dei posti letto: ci sono gruppi transnazionali, come Korian
che possiede 25.000 letti in Francia, 5.000 in Italia e residenze in Germania,
Spagna, Olanda e Belgio, per un totale di 71.500 letti e un fatturato totale di
poco meno di 3 miliardi di euro. Un gruppo interessante è quello della famiglia
italiana De Benedetti, fino al 2020 proprietaria del gruppo editoriale GEDI
(giornali “progressisti” come Repubblica, Espresso, più
svariati quotidiani locali), la cui holding Cir controlla il gruppo Kos che
gestisce 92 strutture, oltre a 48 residenze in Germania, con un totale di
12.800 letti.
Che le case di riposo siano al centro delle manovre speculative della
grande finanza internazionale potevamo tranquillamente sospettarlo, ma è lo
stesso sorprendente vedere fino a che punto l’incontinenza senile non solo si
rivela centrale nel sistema capitalistico (negli Usa il suo giro d’affari è di
129,8 miliardi di dollari per 15.600 strutture con 1,7 milioni di posti letto e
1,4 milioni di pazienti accolti), ma diventa fonte di guadagno persino per la
cosiddetta “borghesia illuminata”, come sarebbe in Italia la famiglia De
Benedetti.
Ma non è solo per la finanza e il capitalismo internazionale che lo
sfruttamento della senilità debilitata si rivela centrale. Le case di risposo
sono un dispositivo essenziale per tutta la struttura produttiva moderna. Senza
di esse l’intero assetto sociale che conosciamo sarebbe impossibile. Gli
alloggi in cui le famiglie vivono non potrebbero essere piccoli come sono: gli
appartamenti in cui vive la maggior parte di noi non potrebbero accogliere la
generazione dei nonni senza provocare un insopportabile affollamento. Ma la
ridotta dimensione degli alloggi è la conditio sine qua non per
la struttura delle città e della vita metropolitana. Non solo, senza un luogo
dove “parcheggiare”, “immagazzinare” i vecchi nell’ultima fase del loro
soggiorno terrestre, la mobilità professionale e geografica sarebbe
impraticabile. I giovani (i figli) e gli adulti non potrebbero andare a vivere
in città lontane e/o non potrebbero cambiare lavoro (residenza). La tanto
osannata “flessibilità” esige uno sganciamento dalle strutture, uno
smantellamento della famiglia allargata, un’individualizzazione, una “solitarizzazione”
della vita.
Quelle strutture che chiamiamo nursing homes nei paesi
anglosassoni, Pflegeheimen in Germania, maisons de
retraite in Francia (in cui la sigla burocratica è Ehpad:
Établisssements d’hébergement pour personnes âgées dépendantes), case
di riposo in Italia (sigla Rsa: Residenze sanitarie assistenziali) si
rivelano perciò essere un dispositivo nevralgico per consentire il
funzionamento di tutti gli altri settori della vita delle persone. Soprattutto,
si rivelano essenziali per gestire quel numero crescente di esseri umani che
non è morto ma non vive: perché uno degli aspetti più trascurati del tanto
celebrato allungamento della speranza di vita, o allungamento della vita media,
è che ad essere stato allungato non è solo il vivere, ma anche il morire. Una
specificità del moderno è che la morte si è stiracchiata a dismisura, ormai
l’agonia dura non giorni, ma mesi, e spesso anni. Per parafrasare quel che
diceva Sinclair Lewis dei mattatoi di Chicago, nelle residenze per anziani ti
sembra di ascoltare il rantolo dell’universo.
Le nursing homes, Pflegenheimen, Ehpad, Rsa, sono
quindi un’istituzione chiave della biopolitica. Sono la biopolitica fatta
pannolone.
Perciò, è sconcertante il silenzio che si è abbattuto su di loro dopo la
prima ondata della pandemia, dopo la fuggevole commozione, dopo le
insopportabili lacrime di coccodrillo che sono state versate per la “strage”
che il Covid vi ha provocato. Tanto più che la mattanza non si è fermata nella
seconda ondata, anzi, è stata ancora più letale. Ma nessun ne parla più, o – al
massimo – vi accenna. Insomma, le case di riposo sono state compiante, forse
deprecate, in qualche caso denunciate come lager, ma mai affrontate come
un problema da risolvere. Problema difficilissimo perché, come abbiamo visto,
estraendo questo piccolo tassello dal mosaico, tutto il puzzle sociale va a
remengo.
Un problema, sì. Perché le case per anziani sono le discendenti dirette
degli ospizi, delle almhouses la cui origine viene fatta
risalire all’alto Medioevo. Ma gli ospizi sono sempre stati un incubo,
riservato ai più miseri tra i miseri, le abominevoli workhouses per
gli ‘impotent poor’ per dirla con l’Old Poor Law di Elisabetta I nel 1601:
finire all’ospizio era il destino più inumano e infelice. L’ospizio era sinonimo
di carità: ancora nel 1899 Giuseppe Verdi si sentì in dovere di fondare a
Milano la Casa di riposo per Musicisti per i suoi colleghi
meno fortunati. Era l’epoca degli hospices ‘mouroir’ per dirla
con una quasi intraducibile espressione francese coniata nell’800: gli ospizi
‘moritoi’ (mouroir è coniato sulla falsa riga di fumoir o boudoir).
Mai sarebbe venuto in mente di spedire un proprio genitore in ospizio a un
membro, non dico della borghesia, ma dei ceti popolari non in povertà. Se oggi
guardiamo invece il costo medio della degenza in una nursing home
negli Stati uniti, restiamo allibiti: è di 245 dollari al giorno (quasi 90.000
dollari l’anno), con punte pazzesche come i 963 dollari al giorno (351.000
dollari l’anno) in Alaska. Sembra avvenire per gli ospizi quel che Robert
Castel riscontrava per il lavoro salariato: “Si era salariati quando non si era
nulla e non si aveva nulla da scambiare, tranne la forza delle proprie braccia.
Qualcuno cadeva nel salariato quando il suo stato si degradava: l’artigiano
rovinato, il possidente che la terra non nutriva più…” Ancora nel 1922 il
Partito radicale francese si proponeva “l’abolizione del salariato, residuo
della schiavitù”. Ma dopo di allora il salariato, cioè un rapporto di lavoro a
tempo pieno e indeterminato, sembrava destinato a diventare la condizione
stessa della modernità, con tutte le protezioni a esso associate. (Les
metamorphoses de la question sociale. Une chronique du salariat, Fayard,
Paris 1995, pp. 11-12). Un tempo il lavoro salariato era l’inferno, oggi,
l’inferno è essere espulsi dal salariato. Un tempo finire all’ospizio era la
caduta all’inferno, oggi è un destino quasi ineluttabile anche tra i ceti
abbienti.
Come è successo che, rispetto alla metà dell’800, poco più di un secolo
dopo i “mouroirs”, il ricovero in case specializzate per anziani è diventato la
normalità non solo per la piccola, ma anche per la media, e a volte, per l’alta
borghesia? Sono essenzialmente successe due cose. La prima l’abbiamo già vista:
la società (cioè la struttura urbana, il mercato del lavoro, la configurazione
della famiglia) si è trasformata a tal punto, il numero degli anziani è
talmente aumentato, la vita inattiva si è allungata per tanti anni da rendere
inevitabile una sorta di “deposito” degli anziani, dove appunto depositarli,
garantendogli spazi e assistenza che a casa diventavano impossibili. Le
famiglie, anche agiate, che prima spendevano nel prendersi cura a casa dei
propri vegliardi, spendono le stesse somme, o anche di più per “accasarli” in queste
residenze attrezzate.
Ma il secondo, decisivo fattore è stato il Welfare State. Sono le leggi di
protezione della vecchiaia e i finanziamenti per la sua assistenza che hanno
moltiplicato a dismisura le case di riposo, che le hanno finanziate e hanno creato
il loro mercato. Lo si è visto dal boom speculativo all’inizio degli anni ‘70
del secolo scorso negli Stati Uniti, dopo che nel 1965 furono creati i
programmi di assistenza sanitaria per gli anziani sopra i 65 anni (Medicare) e
per i bisognosi (Medicaid): tra il 1960 e il 1975 negli Usa le case di riposo
aumentarono del 140%, i loro posti letto del 302% e i loro introiti del 2000%.
Quindi nelle case di riposo assistiamo al sovrapporsi della logica
burocratica dell’amministrazione pubblica alla logica del profitto (taglio dei
costi, riduzione delle prestazioni, aumento delle rette) delle imprese private.
Così in Francia e in Germania sono stabiliti diversi livelli di assistenza, a
seconda di quanto (poco) siano indipendenti i vecchi, con parametri come i sei
Gir (groupes iso-ressource) in Francia, dal Gir 1 (dipendenza totale
mentale e corporale) al Gir 6 (nessuna dipendenza significativa), o i cinque PG
(Pflegegrad) in Germania, dal PG 1 (lieve compromissione
dell’indipendenza) al PG 5 (più grave compromissione dell’indipendenza). Questi
livelli determinano p. es. il rapporto tra degenti e personale (p. es. la
Baviera esige un infermiere ogni 6,7 pazienti PG1, contro un infermiere per
1,78 degenti PG5).
Ma, come è avvenuto anche in altri campi, la quasi totalità dei fondi
pubblici destinati alla cura degli anziani è andata, e va, ai privati: già nel
1980 l’80% degli anziani “istituzionalizzati” risiedevano in stabilimenti
commerciali. Oggi le società a scopo di lucro possiedono 381.524 (83,6%) dei
456.545 letti delle case di riposo inglesi; negli Stati uniti il 68 % delle
case di riposo sono di privati a scopo di lucro, il 22% di privati no-profit
(per esempio l’Evangelical Lutheran Good Samaritan Society controlla 9.340
letti, Ascension Living 4.562) e il 6% in mano al pubblico; in Germania il 70%
degli 858.000 letti nelle Pflegeheimen appartiene a società
for-profit. (La Francia è in controtendenza, con il 44% delle Ehpad controllato
dal settore pubblico, il 31 % dai privati no-profit e il 25 % da privati
for-profit.)
Ma la dipendenza dai finanziamenti statali rende vulnerabili le compagnie
di nursing per gli anziani: i progressivi tagli alla spesa pubblica sono il
motivo per cui negli anni 2000 le compagnie si sono sempre più indebitate fino
a farsi fagocitare dagli hedge funds: dove lo stato “frugale” manda in rovina i
privati, per chiudere il cerchio.
Le case di riposo: facili a dirsi, difficili a pensare. Affrontare il loro
problema ci costringerebbe a smetterla di schivare le elusioni e le rimozioni
degli aspetti più contraddittori e inestricabili del nostro convivere sociale,
cui il bisogno di galleggiamento nell’esistente ci costringe, per semplicemente
poter continuare a vivere. Siamo come l’Angelus Novus di Benjamin, solo questa
volta in prima persona biologica e non come civiltà generica: voltiamo
ostinatamente le spalle al futuro in casa di riposo verso cui siamo spinti e a
cui siamo destinati. Per concludere con un sorriso, e per mostrare
l’inestricabile intreccio del moderno, anche per le case di riposo inglesi è
stato creato un sito sul modello di trip.advisor, che classifica i vari
stabilimenti a seconda delle prestazioni e del rapporto tra qualità dei servizi
e prezzo. Niente in confronto a quella straordinaria guida turistica degli
stabilimenti carcerari britannici che è il Prisons Handbook edito
dalla Pluto Press (ultima edizione aggiornata, 2020).
(articolo ripreso da “Sidecar”, blog della New Left Review).
Nessun commento:
Posta un commento