mercoledì 21 aprile 2021

In India c’è una seconda ondata di Covid-19. E poi ci sono i numeri usati male – Marina Forti

 

L’India è “al collasso”, titolano giornali e telegiornali. La pandemia di Covid-19 è “inarrestabile”. Numeri a molte cifre: dall’inizio della pandemia sono ormai superati i 15 milioni di casi. Il virus dilaga. In un solo giorno, il 20 aprile, 294 mila nuovi casi di contagio e duemila morti.

L’India è nel pieno di una seconda ondata di Covid-19, e il suo sistema sanitario è in una crisi drammatica. Ma attenzione, non sono quei numeri a dirlo. Sono, piuttosto, gli ospedali che non riescono a far fronte, i malati che non ce la fanno, le folle sui treni e i bus che lasciano New Delhi (ora vedremo perché). Sono i segno di una crisi sociale terribile: e di fronte a questo i conteggi sono inadeguati. Quanto ai numeri , quelli riportati con scalpore in questi giorni dicono ben poco.

Ragioniamo. L’India è una nazione con un miliardo e 390 milioni di abitanti. Dunque i 294 mila nuovi contagi in un giorno vanno rapportati a quel totale: circa 210 casi per milione di abitanti. In proporzione sono molto di più i 12mila nuovi contagi registrati lo stesso giorno in Italia, su 60 milioni di abitanti.

Le cifre assolute portano a conclusioni ingannevoli. Il sito Worldometer, che raccoglie i dati ufficiali sul Covid-19 diffusi dai governi (gli stessi che la John Hopkins University usa per comporre il suo dashboard quotidiano), mostra in questa tabella  i nuovi casi e i decessi registrati ogni giorno, paese per paese, sia in cifre assolute che per milione di abitanti.

Questo era il 20 aprile. Nelle colonne sulla destra vediamo che l’India conta circa 11mila casi per milione di abitanti: in Italia sono 64 mila per milione. Ancora: l’India ha avuto 131 morti per milione di abitanti; l’Italia ne ha avuti quasi duemila.

Insomma: se dovessimo basarci su questi dati, dovremmo concluderne che la pandemia ha risparmiato l’Asia meridionale, almeno rispetto all’Europa o a molti paesi americani.

Invece la crisi sanitaria però c’è davvero, in India. La seconda ondata del Covid-19 è visibile nell’impennata dei nuovi casi, che raddoppiano ogni dieci giorni, e in quella dei decessi, che sono raddoppiati in sette giorni. La seconda ondata è cominciata alla fine di marzo; a metà aprile il conto quotidiano dei contagi e dei decessi ha nettamente superato il picco precedente, registrato a metà settembre 2020. (Qui un aggiornamento continuo dei dati).

Ci si può interrogare su quanto questi dati riflettano la realtà, e l’impressione è che la sottovalutino. Intanto perché i test effettuati sono 193 mila per milione di abitanti, un numero esiguo (l’Italia ne ha eseguiti 914 mila per milione, la Francia oltre un milione, il Regno unito 2 milioni per milione di abitanti). E poi, quanto è accurata la registrazione dei casi? I corrispondenti del Financial Times ad esempio hanno esaminato da vicino sei distretti e hanno trovato che il numero dei morti di Covid-19 registrati dai crematori sono più dei casi di contagio dichiarati – in alcuni casi parecchie volte di più.

Ma lasciamo da parte i numeri. Le cronache ci parlano di ospedali dove ogni posto letto ha decine di persone in attesa. La situazione è particolarmente grave a New Delhi, la capitale federale, oltre undici milioni di abitanti (che diventano 17 milioni nella Greater Delhi, il territorio dell’Unione che funziona come un mini stato). Il 20 aprile il governo di Delhi ha imposto la chiusura totale nel territorio per una settimana, di fronte all’impennata dei contagi. Quel giorno il chief minister Arvind Kejriwal avvertiva che la capitale aveva quasi esaurito i posti nei reparti di terapia intensiva e le riserve di ossigeno coprivano non più di 12 ore (il giorno dopo il governo centrale ha mandato rifornimenti, ma pare che basteranno per due giorni). Il capo del governo della Grande Delhi ha spiegato che voleva evitare un nuovo lockdown ma con gli ospedali pieni, non ha avuto alternativa.

Kejriwal ha fatto appello ai lavoratori migranti a restare in città. Perché tutti ricordano cosa accadde un anno fa, nel maggio 2020, quando il primo ministro Narendra Modi ha ordinato la chiusura totale in tutto il paese e l’ordine di restare nelle proprie case, annunciato con solo poche ore di preavviso: scatenando una gigantesca ondata di esodo interno, perché buona parte del lavoro di servizio e manuale nelle città indiane è garantito da persone emigrate dalle zone rurali: e di fronte all’improvviso lockdown milioni di persone rimaste senza lavoro, senza un tetto e senza un reddito sono tornati ai propri villaggi. Un trauma nazionale, milioni di persone ridotte alla povertà assoluta. (Per ironia, la vera prima ondata di pandemia in India è arrivata dopo quel lockdown, tra agosto e l’autunno, con un picco a metà settembre).

Nonostante l’appello del capo del governo di Delhi, nelle ultime ore le stazioni dei treni e degli autobus si sono riempite di folle in partenza.

Anche a Mumbai il parlamento dello stato del Maharashtra ha votato per un lockdown che potrebbe essere imminente. Anche qui i giornali parlano di ospedali che straboccano, famiglie costrette a pagare a caro prezzo per riempire le bombole di ossigeno che forse salveranno il proprio parente ricoverato.

La seconda ondata preoccupa perché il sistema sanitario non è meglio preparato della prima, e molti accusano il governo federale e il primo ministro Narendra Modi. Un autorevole quotidiano accusa: il governo non ha tratto nessuna lezione dalla prima ondata, non ha fatto il necessario per rifornire gli ospedali di ossigeno, farmaci, personale medico.

Solo due mesi fa il governo dichiarava sconfitto il virus e vantava “il successo dell’India”.  Oggi invece gli ospedali straboccano ed è emersa una nuova  variante del Covid-19: nota come B.1.617, la “variante indiana” è ampiamente diffusa nel paese ed è stata rintracciata anche nel Regno unito (che infatti ha chiuso i voli dall’India);  non è ancora possibile dire se e quanto sia più contagiosa o se possa eludere gli attuali vaccini, ma il timore è forte.

Infine, i vaccini: l’India è tra i maggiori produttori e in particolare rifornisce il sistema di distribuzione Covax, sponsorizzato dall’Onu. Di fronte alla nuova ondata di contagi il governo Modi ha però deciso che la priorità è vaccinare gli indiani (oggi poco più dell’1 per cento della popolazione ha ricevuto un vaccino), quindi ha bloccato buona parte delle esportazioni. Non per questo ha deciso di distribuire il vaccino gratuitamente; ieri è stato fissato il novo prezzo, differenziato per il sistema pubblico e per i privati. Chi paga sarà vaccinato.

Ecco tutto ciò che le cifre assolute non dicono.

https://www.terraterraonline.org/blog/in-india-ce-una-seconda-ondata-di-covid-19-e-poi-ci-sono-i-numeri-usati-male/

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