L’India è “al collasso”, titolano giornali e telegiornali. La pandemia di Covid-19 è “inarrestabile”. Numeri a molte cifre: dall’inizio della pandemia sono ormai superati i 15 milioni di casi. Il virus dilaga. In un solo giorno, il 20 aprile, 294 mila nuovi casi di contagio e duemila morti.
L’India è
nel pieno di una seconda ondata di Covid-19, e il suo sistema sanitario è in
una crisi drammatica. Ma attenzione, non sono quei numeri a dirlo. Sono,
piuttosto, gli ospedali che non riescono a far fronte, i malati che non ce la
fanno, le folle sui treni e i bus che lasciano New Delhi (ora vedremo perché).
Sono i segno di una crisi sociale terribile: e di fronte a questo i conteggi
sono inadeguati. Quanto ai numeri , quelli riportati con scalpore in questi
giorni dicono ben poco.
Ragioniamo.
L’India è una nazione con un miliardo e 390 milioni di abitanti. Dunque i 294
mila nuovi contagi in un giorno vanno rapportati a quel totale: circa 210 casi
per milione di abitanti. In proporzione sono molto di più i 12mila nuovi
contagi registrati lo stesso giorno in Italia, su 60 milioni di abitanti.
Le cifre assolute portano a conclusioni ingannevoli. Il sito Worldometer, che raccoglie i dati ufficiali sul Covid-19 diffusi dai governi (gli stessi che la John Hopkins University usa per comporre il suo dashboard quotidiano), mostra in questa tabella i nuovi casi e i decessi registrati ogni giorno, paese per paese, sia in cifre assolute che per milione di abitanti.
Questo era
il 20 aprile. Nelle colonne sulla destra vediamo che l’India conta circa 11mila
casi per milione di abitanti: in Italia sono 64 mila per milione. Ancora:
l’India ha avuto 131 morti per milione di abitanti; l’Italia ne ha avuti quasi
duemila.
Insomma: se
dovessimo basarci su questi dati, dovremmo concluderne che la pandemia ha
risparmiato l’Asia meridionale, almeno rispetto all’Europa o a molti paesi
americani.
Invece la
crisi sanitaria però c’è davvero, in India. La seconda ondata del Covid-19 è
visibile nell’impennata dei nuovi casi, che raddoppiano ogni dieci giorni, e in
quella dei decessi, che sono raddoppiati in sette giorni. La seconda ondata è
cominciata alla fine di marzo; a metà aprile il conto quotidiano dei contagi e
dei decessi ha nettamente superato il picco precedente, registrato a metà
settembre 2020. (Qui un aggiornamento continuo dei dati).
Ci si può
interrogare su quanto questi dati riflettano la realtà, e l’impressione è che
la sottovalutino. Intanto perché i test effettuati sono 193 mila per milione di
abitanti, un numero esiguo (l’Italia ne ha eseguiti 914 mila per milione, la
Francia oltre un milione, il Regno unito 2 milioni per milione di abitanti). E
poi, quanto è accurata la registrazione dei casi? I corrispondenti del
Financial Times ad esempio hanno esaminato da vicino sei distretti e hanno trovato che il
numero dei morti di Covid-19 registrati dai crematori sono più dei casi di
contagio dichiarati – in alcuni casi parecchie volte di più.
Ma lasciamo
da parte i numeri. Le cronache ci parlano di ospedali dove ogni posto letto ha decine
di persone in attesa. La situazione è particolarmente grave a New Delhi, la
capitale federale, oltre undici milioni di abitanti (che diventano 17 milioni
nella Greater Delhi, il territorio dell’Unione che funziona come un mini
stato). Il 20 aprile il governo di Delhi ha imposto la chiusura totale nel
territorio per una settimana, di fronte all’impennata dei contagi. Quel giorno
il chief minister Arvind Kejriwal avvertiva che la capitale aveva quasi
esaurito i posti nei reparti di terapia intensiva e le riserve di ossigeno
coprivano non più di 12 ore (il giorno dopo il governo centrale ha mandato
rifornimenti, ma pare che basteranno per due giorni). Il capo del governo della
Grande Delhi ha spiegato che voleva evitare un nuovo lockdown ma con gli
ospedali pieni, non ha avuto alternativa.
Kejriwal ha
fatto appello ai lavoratori migranti a restare in città. Perché tutti ricordano
cosa accadde un anno fa, nel maggio 2020, quando il primo ministro Narendra
Modi ha ordinato la chiusura totale in tutto il paese e l’ordine di restare
nelle proprie case, annunciato con solo poche ore di preavviso: scatenando una
gigantesca ondata di esodo interno, perché buona parte del lavoro di servizio e
manuale nelle città indiane è garantito da persone emigrate dalle zone rurali:
e di fronte all’improvviso lockdown milioni di persone rimaste senza lavoro,
senza un tetto e senza un reddito sono tornati ai propri villaggi. Un trauma
nazionale, milioni di persone ridotte alla povertà assoluta. (Per ironia, la
vera prima ondata di pandemia in India è arrivata dopo quel lockdown, tra
agosto e l’autunno, con un picco a metà settembre).
Nonostante
l’appello del capo del governo di Delhi, nelle ultime ore le stazioni dei treni
e degli autobus si sono riempite di folle in partenza.
Anche a
Mumbai il parlamento dello stato del Maharashtra ha votato per un lockdown che
potrebbe essere imminente. Anche qui i giornali parlano di ospedali che
straboccano, famiglie costrette a pagare a caro prezzo per riempire le bombole
di ossigeno che forse salveranno il proprio parente ricoverato.
La seconda
ondata preoccupa perché il sistema sanitario non è meglio preparato della
prima, e molti accusano il governo federale e il primo ministro Narendra Modi.
Un autorevole quotidiano accusa: il governo non ha tratto nessuna lezione dalla prima
ondata, non ha fatto il necessario per rifornire gli ospedali di ossigeno,
farmaci, personale medico.
Solo due
mesi fa il governo dichiarava sconfitto il virus e vantava “il successo
dell’India”. Oggi invece gli ospedali straboccano ed è emersa una nuova
variante del Covid-19: nota come B.1.617, la “variante indiana” è
ampiamente diffusa nel paese ed è stata rintracciata anche nel Regno unito (che
infatti ha chiuso i voli dall’India); non è ancora possibile dire se e
quanto sia più contagiosa o se possa eludere gli attuali vaccini, ma il timore
è forte.
Infine, i
vaccini: l’India è tra i maggiori produttori e in particolare rifornisce il
sistema di distribuzione Covax, sponsorizzato dall’Onu. Di fronte alla nuova
ondata di contagi il governo Modi ha però deciso che la priorità è vaccinare
gli indiani (oggi poco più dell’1 per cento della popolazione ha ricevuto un
vaccino), quindi ha bloccato buona parte delle esportazioni. Non per questo ha
deciso di distribuire il vaccino gratuitamente; ieri è stato fissato il novo
prezzo, differenziato per il sistema pubblico e per i privati. Chi paga sarà
vaccinato.
Ecco tutto
ciò che le cifre assolute non dicono.
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