Dall’insediamento del nuovo governo, sostenuto anche dalla Lega, sono
ripresi contemporaneamente gli attacchi mediatici e le iniziative
giudiziarie o amministrative contro chiunque opera soccorsi in mare,
nel Mediterraneo centrale. Mentre in Libia rimane disperata la
situazione dei migranti intrappolati nei centri di detenzione di diverso
tipo gestiti dalle milizie, variamente colluse con i gruppi criminali, si
sono ripetuti i naufragi di imbarcazioni cariche di persone in fuga
da quel paese, senza che le autorità statali riuscissero a soccorrere e a
garantire un porto di sbarco sicuro.
Sull’onda di nuove iniziative giudiziarie, in particolare a Trapani e
a Ragusa, contro le ONG, “colpevoli” forse di avere soccorso troppi
naufraghi in mare, salvando vite che l’assenza di mezzi statali avrebbe
sicuramente sacrificato, si è scatenata una campagna mediatica che sta
cercando di utilizzare i processi alla solidarietà per infangare gli operatori
umanitari e coprire le responsabilità dell’ex ministro dell’Interno,
che deve difendersi nei tribunali sui casi Gregoretti e Open Arms.
Da ultimo si è ripreso a utilizzare la prassi dei fermi
amministrativi per bloccare in porto con rilievi
pretestuosi navi certificate dai loro paesi di bandiera, che da anni
operano soccorsi nel Mediterraneo centrale, in attività di ricerca e
salvataggio coordinate anche dalla Guardia Costiera italiana. Come se non avessero
alcun rilievo le sentenze del Tribunale amministrativo per la Sicilia e
della Corte di Cassazione, che hanno ritenuto legittimo l’operato
delle imbarcazioni inviate dalla società civile per monitorare e, se
necessario, soccorrere persone in difficoltà nel Mediterraneo centrale,
lungo la rotta migratoria più pericolosa del mondo.
È tale il clima d’odio che è stato suscitato attorno ai soccorsi
umanitari che, nel quadro di una campagna di stampa abilmente
orchestrata, si assiste alla costituzione come parte civile di cittadini di
Lampedusa contro alcune organizzazioni non governative inquisite da oltre tre
anni a Trapani per avere salvato la vita a centinaia di naufraghi abbandonati
in alto mare, evitando che fossero riportati in Libia. In
particolare, nel caso del procedimento contro le ONG Jugend Rettet, Save
the Children e Medici Senza Frontiere, si nasconde che le
attività di soccorso svolte nel 2017 da queste organizzazioni non si
concludevano neppure con lo sbarco a Lampedusa, a meno che non vi fossero
ordini specifici da parte delle autorità marittime italiane ((Mrcc)
che ne coordinavano tutte le attività. Proprio da quando la maggior parte delle
navi delle ONG sono state bloccate sono aumentati invece i cosiddetti “sbarchi
autonomi” e per effetto delle scelte del governo si è verificato a più
riprese un grave affollamento nel centro “hotspot” di Contrada
Imbriacola, malgrado il ricorso a costose “navi quarantena” sulle quali
peraltro si sono verificati nel tempo abusi e ritardi.
Stiamo assistendo a un completo sovvertimento del rapporto tra realtà e
falsità, tra sistemi normativi e arbitrio politico, con il prevalere
di una narrazione tossica che, ricorrendo sovente a dati
falsati, cerca di legittimare la prevalenza della politica di
“difesa dei confini”,alimentando anche il sospetto contro i migranti, se
accolti a terra, ritenendoli a torto un pericolo per la salute pubblica, a
scapito del principio di legalità e della salvaguardia della vita umana in
mare e della dignità della persona, da riconoscere quale che sia il suo stato
giuridico e il luogo in cui si trovi.
Riteniamo pertanto necessario costituire un Comitato per garantire una
corretta informazione sui soccorsi in mare e sui processi
alla solidarietà. Seguiremo tutti i procedimenti penali e amministrativi relativi ad
attività di soccorso in mare. Vogliamo reagire a un clima di odio sociale e di
mistificazione dei fatti, in difesa dei principi costituzionali della
solidarietà, del diritto di asilo, della tutela giurisdizionale della
libertà personale, della libertà di informazione, del diritto alla
salute. Si tratta di diritti e libertà che corrispondono a
valori indivisibili, che se vengono negati a un gruppo di
persone, possono essere negati a tutti i cittadini. Su questi diritti si
gioca la democrazia in un paese.
Il Comitato INFOSOL (Informiamo sulla solidarietà) si impegna a promuovere
iniziative e campagne di sostegno per tutte le attività di
soccorso umanitario e per garantire una corretta informazione sui
procedimenti penali e amministrativi nei confronti delle organizzazioni
non governative e delle autorità politiche e amministrative che, nel
contrastare con tutti i mezzi i soccorsi in mare, dopo gli accordi
bilaterali e l’invenzione di una zona SAR “libica”, si sono opposte al
rispetto delle norme giuridiche e dei principi che in uno stato
democratico sono sanciti a salvaguardia del diritto alla vita,
dell’adempimento degli obblighi imprescindibili di ricerca e salvataggio
(SAR), e del rispetto della dignità di qualsiasi
persona, ovunque si trovi, da qualunque paese arrivi…
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