L’inchiesta di Trapani sulle Ong svela una tecnica di intercettazioni a
strascico che coinvolge decine di giornalisti e un avvocato, tutti ascoltati su
dati sensibili e personali, assolutamente ultronei al procedimento. Il
racconto, raggelante, è contenuto nell’articolo pubblicato da Andrea Palladino
su “Il Domani” e parte dal “pedinamento” di Nancy Porsia, massima esperta di
Libia e tra i cronisti che con costanza seguono cosa sta accadendo nel
Mediterraneo nonché il lavoro delle Ong. Per questo era già finita finita
nel mirino di oscuri personaggi vicini al regime libico. La Porsia come
freelance salì sulla Iuventa per documentare i salvataggi e in generale
l’inferno che si crea in quel corridoio del Mediterraneo. Bastò quello perché
fosse inserita anche lei nel lungo elenco delle persone intercettate
nell’ambito dell’indagine di Trapani. L’informativa, di cui stanno venendo
fuori solo ora i dettagli, voleva dimostrare la complicità tra chi salva vite
umane e i trafficanti. Un filone caro ad alcuni partiti italiani, compresa la
Lega e il suo capo che di lì a poco diventerà Ministro dell’Interno. Si
cercavano, nel 2016, dati per corroborare quella tesi. E lo si è fatto con
metodi non formali, anzi palesemente illeciti come nel caso delle
intercettazioni a carico di Nancy Porsia, la quale non risulta indagata nel
fascicolo. Ciò nonostante viene ascoltata mentre parla con il suo legale,
l’avvocato Alessandra Ballerini. Viene registrato e riportato in atti di tutto:
dalle informazioni personali della Porsia agli spostamenti prossimi
dell’avvocato Ballerini in Egitto, Paese dove si dovrebbe recare per un altro
caso scottante che segue, quello della morte di Giulio Regeni. Informazioni
delicatissime. Chi le cercava davvero? E perché? Nelle telefonate si fa
riferimento anche al ruolo di “scorta mediatica” dell’Associazione Articolo 21
e a quello del Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana
Giuseppe Giulietti, che in effetti si sono sempre occupati del dramma dei
migranti e degli attacchi ai giornalisti che fanno un resoconto dettagliato dei
salvataggi. Non solo: Articolo 21 ha seguito le minacce ai giornalisti che
fanno una narrazione non condizionata politicamente dei naufragi nel
Mediterraneo e su questo punto specifico a settembre scorso ha consegnato un
dossier al Ministero dell’Interno, sollecitando approfondimenti. La cronaca dei
naufragi e del ruolo delle Ong è da tempo oggetto di scontro politico e
mediatico ma nessuno poteva immaginare che un’inchiesta giudiziaria potesse
intercettare i giornalisti che si occupano di immigrazione forse nel tentativo
di svelare le loro fonti. In quella “rete” illegale gettata sui cellulari dei
cronisti sono finiti indirettamente anche Nello Scavo di Avvenire, Sergio
Scandurra di Radio Radicale, Francesca Mannocchi de L’Espresso, Claudia Di
Pasquale, collaboratrice di Report, Fausto Biloslavo de Il Giornale. Cosa
stavano cercando gli investigatori? E’ davvero possibile pensare che si stesse
indagando su una “collaborazione” tra i giornalisti, i trafficanti e le Ong
sugli sbarchi? Oppure è stata semplicemente una prova di forza tra apparati
investigativi e diritto all’informazione in Italia? Questa inchiesta anziché
dare risposte al filone iniziale ha prodotto domande molto complicate e
rivelato il lato fragile della democrazia italiana, dove i giornalisti sono,
troppo spesso, un bersaglio.
La Libertà Non Sta Nello Scegliere Tra Bianco E Nero, Ma Nel Sottrarsi A Questa Scelta Prescritta. (Theodor W.Adorno)
domenica 4 aprile 2021
Decine di giornalisti e un avvocato intercettati illecitamente. Il lato oscuro dell’inchiesta sulle Ong - Graziella Di Mambro
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