giovedì 8 aprile 2021

L’eterno ritorno del Ponte dei desideri (irrealizzabili) - Anna Donati, Stefano Lenzi

Con la definizione del PNRR alle porte si torna a parlare insistentemente dell’attraversamento stabile dello Stretto di Messina. Un’opera inutile e dannosa per i suoi costi esorbitanti, gli elevatissimi rischi ambientali, le difficoltà di finanziamento e realizzazione. Sono ben altre le priorità per il Sud.

Torna di moda l’attraversamento stabile sullo Stretto di Messina. Sono mesi che la grancassa si è rimessa in moto, e il Parlamento lo ha richiamato anche nel parere approvato negli scorsi giorni dall’Aula della Camera sul PNRR dell’ex Governo Conte, che nelle prossime settimane sarà rivisto dal Governo Draghi. Non era sfuggito agli ambientalisti, del resto, che anche nel Parere della Camera dei Deputati di ottobre 2020 sulle Linee Guida del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) fosse stato incluso un richiamo alla possibilità di inserire tra i progetti proprio quello dell’attraversamento stabile nello Stretto.

Il 31 marzo, nel corposo parere votato dall’Aula, si chiede che le “soluzioni tecniche ottimali contenute nello studio della commissione sull’attraversamento stabile e veloce dello Stretto di Messina”, istituita presso il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (l’ex MIT-Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), “siano trasmesse subito al Parlamento ai fini dell’approvazione del parere; rispetto agli scenari (ponte o tunnel) si valuti se e quali opere e interventi possano essere realizzati alle condizioni previste dal PNRR.” Con queste parole la maggioranza parlamentare vuole evidentemente fare pressione sul Governo Draghi e il Ministro Giovannini affinché, senza rigore e approfondimenti, decidano subito per l’attraversamento stabile tra Scilla e Cariddi.

Nell’estate 2020 si era riaperto il dibattito con la proposta (non nuova in verità) di realizzare un tunnel sottomarino, ovviamente considerato dai proponenti come facile, sicuro, rapido ed economico da realizzare. Anche la Saipem si era candidata a proporre subito una soluzione di attraversamento sottomarino dello Stretto di Messina tramite un tunnel galleggiante, sul modello degli oleodotti e dei gasdotti costruiti nel mondo. L’allora Ministra De Micheli, a seguito del dibattito che si era riaperto, aveva istituito ad agosto 2020 presso il MIT una commissione di esperti per valutare la fattibilità tra tunnel in alveo, tunnel flottante e ponte sullo Stretto di Messina.

Il 15 marzo scorso è trapelata poi la notizia che il nuovo Ministro Giovannini avrebbe chiesto alla Commissione sull’attraversamento stabile dello Stretto di Messina costituita dalla Ministra De Micheli di produrre un approfondimento anche sull’opzione zero, valutando l’alternativa alla costruzione del ponte rappresentata dal potenziamento dei servizi traghetti, porti e stazioni ferroviarie. Approfondimento che fa escludere che la proposta possa essere inserita tra i progetti del PNRR che devono essere definiti entro il prossimo aprile, secondo gli standard e il grado di dettaglio richiesti dalle Linee Guida e dal Regolamento per la redazione dei PNRR e nel rispetto del principio del “no significant harm” (nessun danno significativo).

Peraltro, del fatto che il Ponte non possa stare tra i progetti del PNRR, che ricordiamo vanno conclusi entro il 2026 secondo le regole europee, sembrano esserne consapevoli anche i sostenitori dell’attraversamento stabile, i quali hanno già cominciato a virare nelle dichiarazioni sulla necessità di utilizzare i fondi ordinati e quelli per il Mezzogiorno per la sua realizzazione.

Nel 2021 l’attraversamento stabile dello Stretto ha nuovi sostenitori inediti, come diversi esponenti del PD e del Movimento 5 Stelle, che si aggiungono ai tradizionali supporter di Lega, Italia Viva, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Una preoccupante e velleitaria maggioranza trasversale di fautori del progetto. Ma tornano a farsi sentire anche i comitati No Ponte e le associazioni ambientaliste.

 Il rilancio da parte di Webuild del progetto di ponte sullo Stretto

E nella partita entra anche Webuild (la grande azienda delle costruzioni nata nel 2014, già Salini-Impregilo, che ha avviato la fusione con Astaldi), che rilancia la sfida del ponte proprio quando il Governo Draghi si appresta a chiudere entro aprile il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, come richiesto dall’Europa, che deve essere corredato da progetti che siano in una fase avanzata di progettazione e, quindi, immediatamente cantierabili.

È Webuild a mettere online un filmato che finisce su YouTube a metà marzo. Scorrono le immagini del rendering animato del progetto del ponte sullo Stretto di Messina, opera essenziale per collegare l’Italia all’Europa (!) e sfida ingegneristica per rilanciare lo sviluppo del Sud Italia e per il futuro del Paese. La musica è ritmata e si vede un treno correre sulla corsia centrale del ponte ad unica campata a doppio impalcato (ferroviario e stradale), mentre il sottotesto richiama tutti i numeri della sfida ingegneristica che il nostro Paese non dovrebbe perdere: l’opera sarebbe lunga ben 3.300 metri e sostenuta da torri che arrivano a sfiorare i 400 metri di altezza. Si tratta sicuramente di una grande sfida visto che, allo stato delle attuali conoscenze tecniche, il ponte ad unica campata e a doppio impalcato più lungo esistente al mondo è il Minami Bisan-Seto in Giappone, di complessivi 1.400 metri di lunghezza.

Il progetto di Webuild non è altro che la riproposizione del progetto definitivo del 2010 di Eurolink (General Contractor allora capeggiato, non a caso, da Impregilo) che venne abbandonato nel 2013: lo hanno fatto notare in una loro lettera al Governo dieci associazioni di protezione ambientale (FAI-Fondo Ambiente Italiano, Federazione Pro Natura, Greenpeace Italia, Italia Nostra, Kyoto Club, Legambiente, Lipu-Birdlife Italia, TCI-Touring Club Italiano, T&E-Transport&Environment, WWF Italia). La lettera è stata inviata il 26 marzo scorso al Presidente del Consiglio Mario Draghi, al Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili Enrico Giovannini e al Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani.

Il fallimento e i problemi irrisolti del progetto del 2010

Nella lettera sopra richiamata le associazioni ricordano che il progetto definitivo del 2010 elaborato dal General Contractor Eurolink fu abbandonato dal Governo Monti nel 2012, evento a cui seguì nel 2013 la liquidazione della concessionaria Stretto di Messina SpA (ai sensi del Dpcm 15 aprile 2013), dopo che lo stesso Governo allora in carica (con il decreto-legge 187/2012) aveva chiesto ad Eurolink di produrre entro l’1 marzo 2013 approfondimenti tecnici ed economico-finanziari sul progetto definitivo che il General Contractor fece la scelta di non presentare entro il termine indicato, procedendo anche al recesso dal contratto firmato con Stretto di Messina SpA nel 2005.

Nella loro lettera le associazioni fanno notare come sia impensabile che il progetto definitivo del 2010 venga riproposto dopo che è stato motivatamente abbandonato, dapprima dallo stesso General Contractor e poi dallo Stato. Un progetto che già nel 2010 aveva un costo stimato tra i 7,5 e i 9 miliardi di euro, stima che non comprendeva l’aumento dei costi derivato dalle 35 prescrizioni di carattere tecnico e ambientale allora richieste nel parere di Valutazione di Impatto ambientale e dal CIPE. Le modifiche richieste erano sostanziali e, in alcuni casi, di una complessità senza precedenti per un’opera di queste dimensioni, da realizzare in una delle aree più complesse dal punto di vista del rischio sismico e idrogeologico.

Le associazioni richiamano nella lettera i principali problemi irrisolti del progetto del 2010. Oltre a quelli già ricordati sull’elevatissimo e sottostimato costo di realizzazione, dalle osservazioni fatte allora emergeva, tra l’altro, che: a) il ponte a regime sarebbe stato in perdita, e per ammissione degli stessi progettisti, perché il traffico ferroviario era assolutamente insufficiente e quello stradale stimato era solo l’11% rispetto alla capacità complessiva dell’infrastruttura, con il rischio che ai pendolari (la stragrande maggioranza degli utenti) fossero applicati pedaggi altissimi; b) il ponte ad unica campata sarebbe sorto in una delle aree a maggiore rischio sismico del Mediterraneo (come ricordato dal devastante terremoto del 1908 che rase al suolo Messina e Reggio Calabria) e tra le più dinamiche al mondo dal punto di vista geologico per l’incontro-scontro tra la placca africana e quella europea; c) con scavi per un ammontare di 6.800.000 metri cubi, che avrebbero inciso sul delicato equilibrio territoriale dei versanti calabrese e siciliano; d) non tenendo conto che l’opera sarebbe dovuta sorgere in una delle aree a più alta biodiversità del Mediterraneo, dove sono localizzati ben 12 siti delle Rete Natura 2000, tutelati dall’Europa ai sensi delle Direttive Habitat e Uccelli.

Il progetto non può essere inserito nel PNRR Next Generation Italia

Inoltre, le associazioni sostengono motivatamente che il progetto non potrebbe essere comunque incluso tra gli interventi previsti dal PNRR, che devono essere definiti ad un grado di dettaglio e secondo gli standard e i tempi stabiliti nelle Linee Guida della Commissione Europea del 22 gennaio 2021 sui PNRR degli Stati Membri e nel Regolamento (UE) 2021/241, del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF). Non solo, le regole europee sul PNRR stabiliscono che gli interventi debbano essere conclusi entro il 31 dicembre 2026 e, date la complessità e le difficoltà realizzative, è da escludere che il progetto del ponte possa essere definito e realizzato nei tempi indicati, anche solo grazie alla realizzazione di un lotto funzionale, trattandosi di opera unitaria non frammentabile.

Ben altri sono gli interventi utili al Sud Italia e alle relazioni tra Calabria e Sicilia. Nella lettera viene ricordato che si deve puntare a migliorare la logistica e le reti ferroviarie e stradali del nostro Meridione, favorendo intermodalità tra i diversi vettori e i collegamenti necessari con le infrastrutture portuali e aeroportuali, a cominciare dalla Sicilia e dalla Calabria e nell’area dello Stretto.

Come si può facilmente capire, riproporre il progetto del ponte sullo Stretto di Messina è un azzardo per il nostro Paese, ma lo è ancora di più se si considera che l’Italia è la maggiore beneficiaria in Europa dei fondi messi a disposizione dal meccanismo Next Generation EU, e quindi ha una grande responsabilità nei confronti della UE. La Commissione Europea chiede, infatti, a tutti i Paesi Membri dell’Unione progetti credibili e cantierabili: forzature come quella del ponte sullo Stretto di Messina sarebbero difficilmente comprese ed accettate. Basti ricordare che già negli anni 2000 quando il progetto era stato inserito tra le reti TEN-T europee del corridoio Berlino-Palermo, esso era stato comunque escluso dalla Commissione Europea, per il suo carattere non strategico, dalla possibilità di finanziamenti comunitari.

Continuano a ridursi i servizi di trasporto nell’area dello Stretto

In questi anni, dopo l’abbandono del progetto del Ponte del 2010, l’attenzione di Governo e Parlamento nei confronti dei collegamenti in questa area del Paese e dello stato delle infrastrutture è stata del tutto inadeguata. I collegamenti in traghetto e quelli ferroviari si sono infatti ridotti e non è stata posta alcuna attenzione a come rendere più semplici e veloci gli spostamenti integrando le diverse modalità. Inoltre, lo stato delle infrastrutture nell’area è peggiorato al punto che di recente sono state chiuse gallerie e viadotti autostradali dopo che si erano evidenziati problemi e lesioni nelle strutture.

Sul fatto che sia necessario porsi seriamente il problema di quale siano le priorità per il nostro Meridione, le associazioni, come riconoscono nella lettera, trovano nel Ministro Giovannini un alleato. Sono numerosi gli interventi per migliorare la logistica e le reti ferroviarie e stradali siciliane e calabresi, la mobilità urbana delle città, l’adeguamento e messa in sicurezza delle reti. In questi anni, in realtà, i servizi forniti dai traghetti e dalle ferrovie sono stati ridotti e c’è bisogno di interventi urgenti su infrastrutture che devono essere messe in sicurezza e adeguate (per carenze nella progettazione ed esecuzione dei lavori o per scarsa manutenzione), pensando nel contempo a velocizzare le relazioni e a favorire l’intermodalità a vantaggio di residenti, ospiti e turisti.

A questi interventi necessari e urgenti vanno dedicate le risorse. E, con esse, le energie progettuali e politiche per il rilancio e la rigenerazione del Mezzogiorno italiano.

da qui

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