Lettera a Draghi
"Dopo un giorno di riflessione, stamane ho mandato questa lettera al
nostro Presidente del Consiglio.
La stima, la riconoscenza e l'affetto per i nostri Hermanos de Cuba me lo
imponevano.
"Caro Presidente del Consiglio
Prof. Mario Draghi,
chi Le scrive è una sindaca di Provincia, che si spende per una comunità di
35mila persone e che può solo immaginare cosa significhi governare un Paese di
60milioni di abitanti, a maggior ragione in un momento così drammatico.
Tuttavia, come donna, come madre, come cittadina e, infine, come sindaca, sento
di dovere aggiungere un piccolo peso a quelli che già incombono sulla sua
figura, perché ritengo che il nostro Paese, pochi giorni fa, abbia violato in
modo grave codici di civiltà decisivi, come la riconoscenza, la lealtà, la
memoria, la solidarietà.
Un anno fa la Brigata Henry Reeve, con 52 medici ed infermieri cubani, è
arrivata in soccorso della mia città, Crema, della mia gente, del nostro
Ospedale, aggrediti e quasi piegati dalla prima ondata pandemica.
I sanitari cubani si sono presentati in una notte di marzo dalle
temperature rigidissime, in maniche di camicia, infreddoliti ma dignitosi.
Avevano attraversato l'Oceano per condividere un dramma che allora ci appariva
quasi senza rimedio e le giornate si consumavano in un clima di morte. Anche
oggi è così, ma dodici mesi fa il nemico era oscuro e sembrava onnipotente, la
scienza non aveva ancora trovato le contromisure. Oggi vediamo la luce, allora
eravamo in un racconto dall’esito incerto.
In una sola notte, grazie alla solidarietà dei cremaschi e delle cremasche,
li abbiamo vestiti ed equipaggiati. Da quel momento e per oltre due mesi si
sono sigillati in un Ospedale da campo, montato di fianco al nostro ospedale,
gomito a gomito coi nostri sanitari, per prestare cure e supporto alla
popolazione colpita dal virus, generando una risposta di coraggio nelle
persone, che in quei mesi si è rivelata decisiva. È stato quello il primo
vaccino per noi cremaschi!
E non appena la pressione sull'ospedale è diminuita, gli stessi amici
cubani si sono immediatamente convertiti all’intervento sul territorio. La
medicina a Cuba si fa casa per casa, una dimensione che noi abbiamo coltivato
poco, e le debolezze di questa scelta le abbiamo misurate tutte, durante la
pandemia, attraversando strade ostili e non presidiate.
È bastato il suggerimento della Associazione Italia-Cuba al Ministro
Roberto Speranza, perché partisse una richiesta di aiuto, e lo Stato di Cuba,
in una manciata di giorni, il 21 marzo del 2020, rispondeva inviando a Crema 52
operatori sanitari, mentre altri 39 sarebbero arrivati il 13 aprile successivo
a Torino, per svolgere la stessa missione umanitaria, riscrivendo la parola
solidarietà nelle vite di molti italiani, abbattendo ogni barriera e
depositando un lascito civile e pedagogico, per le nostre comunità ed i nostri
figli. Solo allora abbiamo capito che il virus avrebbe perso la sua battaglia,
e ancora oggi viviamo di quella rendita, per questo abbiamo meno paura.
Mi rendo conto che esistono “equilibri” internazionali e che vi sono
tradizionali posizioni "atlantiste" del nostro Paese, ma quando ci si
imbatte nello spirito umanitario dei cubani “situati”, che come ognuno di noi
ambiscono a una vita migliore, quando, superati i muri ideologici, ci si trova
di fronte ad un altro segmento di umanità, capace di guadagnarsi la gratitudine
e la riconoscenza di tanti italiani, si finisce per trovare inqualificabile la
posizione assunta dal nostro Paese in seno al Consiglio dei Diritti Umani delle
Nazioni Unite, laddove era in discussione una risoluzione che condannava
l'impatto sui diritti umani di sanzioni economiche unilaterali ad alcuni stati,
fra cui appunto Cuba.
"La nostra Patria è l'umanità", con queste parole ci avevano
salutato i nostri Hermanos de Cuba arrivando a Crema ed io le chiedo, caro
Presidente, qual è la nostra, di Patria, se l'opportunismo e la realpolitik ci
impediscono di rispondere in termini di reciprocità ai benefici ricevuti ed
alla solidarietà che un Popolo assai più umile, più povero e con molti meno
mezzi del nostro, ma ricco di dignità, umanità ed orgoglio, ci ha donato in uno
dei momenti più drammatici della nostra storia repubblicana.
Questa presa di posizione dei nostri rappresentanti alle Nazioni Unite,
peraltro su un atto dalla forte valenza simbolica, doveva essere diversa,
perché era necessario rispondere con maturità politica a un’azione gratuita e
generosa, che aveva salvato vite vere di italiani in carne ossa. Mi domando che
senso pedagogico e politico possa avere invece avuto il nostro voto contrario.
Non è così che si favorisce il cambiamento delle relazioni, persino di quelle
internazionali.
Era l’occasione giusta per reagire con un atto di lungimiranza, capace di
spezzare posizioni cristallizzate, vecchie di oltre mezzo secolo, proprio per
dimostrare il desiderio di affratellarsi con tutte le genti, in un Pianeta in
cui i confini e le ideologie appaiono ogni giorno più lontani dallo spirito
delle nuove generazioni.
Chiedo a lei, signor Presidente, di fare giungere un positivo gesto
istituzionale e un grazie ai nostri fratelli cubani, un atto che, dopo
l’improvvida presa di posizione, li rassicuri sul nostro affetto e la nostra
vicinanza, che apra la strada a un consolidamento dell’amicizia e che permetta
alla democrazia di guadagnarsi una possibilità.
Con stima,
Stefania Bonaldi
Sindaca di Crema
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