Un
endorsement per Marwan
A dar conto
della “speranza” Barghouti è ora un articolo di Gideon Levy, l’icona vivente
del giornalismo “radical” israeliano. “Se fossi palestinese – esordisce Levy -
voterei per Marwan Barghouti come presidente dell'Autorità palestinese. Se
fossi un israeliano sionista che si ostina a credere nella soluzione dei due
stati, farei anche tutto il possibile per far eleggere Barghouti. E anche come
israeliano che non crede più nella soluzione dei due stati, sto sognando,
sognando sinceramente, il momento in cui quest'uomo lascerà finalmente la
prigione e diventerà il leader dei palestinesi. Egli è attualmente l'unica
possibilità di infondere nuova speranza nel morente popolo palestinese e nel
cadavere che giace all'esterno, il cadavere del processo di pace - che non è
mai stato un processo e non ha mai avuto l'intenzione di raggiungere la pace.
Non c'è
niente ora che possa suscitare emozioni, accendere l'immaginazione e accendere
la speranza più che immaginare la liberazione di Barghouti dalla prigione di
Hadarim, proprio come un combattente per la libertà più ammirato fu liberato
dalla prigione sudafricana di Victor Verster l'11 febbraio 1990. Nelson Mandela
fu liberato dopo 27 anni. Lui, come Barghouti, era stato condannato
all'ergastolo. Lui, come Barghouti, è stato condannato per terrorismo. Ma
l'opposto di Mandela era il coraggioso Frederik Willem de Klerk. Affrontare
Barghouti non è altro che incitamento israeliano, stupidità e codardia. Non c'è
prova più chiara del fatto che Israele non ha mai voluto raggiungere un accordo
che la sua infinita, idiota incarcerazione di Barghouti. Chiedete a qualsiasi
membro del servizio di sicurezza Shin Bet o a qualsiasi uomo di stato
israeliano ben informato sull'argomento e vi diranno che Barghouti è l'ultima
possibilità - l'ultima possibilità di unire i palestinesi e l'ultima
possibilità di fare la pace. Mandela è stato eletto presidente del suo paese;
Barghouti può candidarsi alla presidenza del suo popolo. Mandela l'ha fatto da
uomo libero; Barghouti lo farà da prigioniero che sta scontando una grottesca
sentenza di cinque ergastoli più altri 40 anni che, per carità, potrebbero non
finire mai.
Scrivo ‘in fin
dei conti’ perché Barghouti è veramente l'ultima possibilità. E non è che i
funzionari israeliani non lo sappiano. Piuttosto, è proprio perché lo sanno
meglio di me che non sarà mai rilasciato.
Tuttavia, la
fantasia di quest'uomo basso e iperattivo che porta un semplice orologio Casio,
con il suo sorriso accattivante e il suo ebraico unico - pronuncia kibush
(occupazione) come kivush e imma (madre) con l'accento sulla seconda sillaba
piuttosto che sulla prima - che viene liberato dalla prigione e diventa
presidente accende l'immaginazione. Quanto un piccolo passo possa cambiare così
tanto.
Ventiquattro
anni fa questa settimana, nella Giornata della Terra del 1997, mentre eravamo
nella sua auto tra i copertoni in fiamme delle manifestazioni a Ramallah, mi
disse: ‘Quello che temo di più è che perderemo la speranza"’ Quel momento
è arrivato. Solo Barghouti può ancora salvarci da esso. Chiunque voglia capire
cosa è successo ai palestinesi dovrebbe guardare cosa è successo a Barghouti.
Questo uomo di pace che è stato trasformato in un uomo del terrore è la prova
che i palestinesi hanno già provato tutto.
Cosa non ha
provato? Ha bussato alle porte dei comitati centrali dei partiti sionisti alla
fine degli anni '90, supplicandoli di fare qualcosa prima che tutto esplodesse.
Ma Israele non ha fatto nulla, ed è esploso tutto. Ha portato i suoi figli al
Ramat Gan Safari Park, e in un meraviglioso e indimenticabile viaggio
parlamentare in Europa ha fatto amicizia con membri della Knesset dei partiti
Likud e Shas e persino degli insediamenti. Era un fan della squadra di calcio
Hapoel Tel Aviv. Ed era un uomo di pace, forse il più determinato uomo di pace
palestinese di sempre. Solo quando si è reso conto che nulla avrebbe smosso
Israele dal suo atteggiamento arrogante e dal suo culto del potere, ha
realizzato la sua profezia che tutto sarebbe saltato e si è unito alla lotta
armata - proprio come Mandela, anche se il capitolo violento della sua lotta è
ora minimizzato. Barghouti è in prigione già da circa 20 anni. È stato
condannato per terrorismo contro uno stato la cui occupazione è il terrore
peggiore e più crudele tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. L'ultima
volta che l'ho visto indossava l'uniforme marrone dell'Israel Prison Service.
Era nell'aula del tribunale di Tel Aviv. Ora, sta pensando di candidarsi alle
elezioni palestinesi, un'elezione sotto occupazione. Se viene eletto
presidente, non saranno solo i palestinesi a beneficiarne. E se sarà eletto
presidente, l'occupazione registrerà un altro nuovo terribile nadir nella sua
storia - non solo un combattente per la libertà dietro le sbarre, ma un presidente
in manette”. Così Gideon Levy.
Elezioni in
bilico
Le prossime
elezioni, le prime dopo quindici anni, nascono con auspici migliori: Hamas ha
infatti condiviso questa scelta e ha salutato con favore i prossimi
appuntamenti alle urne nell’aspettativa che, come riporta il Guardian,
“l’elettorato possa esprimere il proprio volere senza restrizioni né
pressioni”. Questo clima positivo potrebbe creare le premesse per superare lo
scetticismo di Secondo un report di al Jazeera, in un incontro tra i capi dell'intelligence
giordana ed egiziana con Abbas circa un mese fa, hanno cercato di convincerlo a
fare la pace con Mohammed Dahlan - che Abbas ha rimosso da Fatah nel 2011 - in
modo che una lista unificata di Fatah corra contro Hamas. Abbas ha rifiutato.
Secondo un report di al Jazeera, in un incontro tra i capi dell'intelligence
giordana ed egiziana con Abbas circa un mese fa, hanno cercato di convincerlo a
fare la pace con Mohammed Dahlan - che Abbas ha rimosso da Fatah nel 2011 - in
modo che una lista unificata di Fatah corra contro Hamas. Abbas ha rifiutato.
Hamada Jaber, analista del Palestinian Center for Policy and Survey Research di
Ramallah, ha detto al Manifesto, come riportato in un articolo di Michele
Giorgio, che “l’Anp a punta a legittimarsi con le elezioni agli occhi
dell’Unione europea e dell’Amministrazione Biden con cui intende instaurare
rapporti di collaborazione dopo il gelo con gli Usa causato dalle politiche di
Donald Trump”. Poi, aggiunge Jaber, “si deve tenere presente che il mandato di
Abu Mazen è scaduto nel 2009. Il presidente è molto anziano (85 anni, ndr) e
una sua improvvisa uscita di scena troverebbe le istituzioni dell’Anp ferme. Il
Consiglio legislativo da molti anni è inattivo a causa dello scontro
Fatah-Hamas”.
Nei giorni
scorsi, il Premier dell’Autorità palestinese Mohammad Ibrahim Shtayyeh ha
rivolto un appello ad Hamas per la liberazione di 80 detenuti politici
imprigionati nelle carceri di Gaza. Il movimento islamista ha risposto che i
detenuti oggetto dell’appello di Shtayyeh sono condannati dalla magistratura
per reati attinenti alla sicurezza nazionale. Insomma, sia già in piena
campagna elettorale. Una campagna che risentirà sia dell’atteggiamento di
Israele che delle sollecitazioni esterne, sotto forma di finanziamenti e altro,
degli attori regionali che vorrebbero gestire in proprio la questione
palestinese: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Egitto, Turchia, in
primis. Il mandato del Consiglio legislativo palestinese è ufficialmente di
quattro anni, ma le ultime elezioni legislative palestinesi si sono svolte nel
lontano gennaio 2006. Le ultime elezioni presidenziali palestinesi si erano
svolte nel 2005. Recenti sondaggi danno Fatah al 38% e Hamas al 34%. Per le
presidenziali, il 50% dei palestinesi preferirebbe Ismail Haniyeh, il leader di
Hamas, alla guida del Paese, mentre il 43% rivoterebbe per Abu Mazen. In attesa
di sapere “cosa deciderà Marwan”.
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