Sarebbe davvero interessante sapere a quale “antica amicizia” italo-libica stava pensando Mario Draghi mentre celebrava oggi, nel sobrio discorso da Tripoli, “il momento unico” per ricostruirla. Difficilmente a quella dei 40mila morti del tempo delle deportazioni nei campi di concentramento lungo la costa desertica della Sirte del generale Graziani, storia coloniale troppo antica e segnata da qualche eccesso. Più facile, al limite, per un’eccellenza economica del calibro di quella di Draghi, riferirsi ai 375 milioni di euro incassati dall’Italia, tra il 2005 e il 2012, per il commercio di armi prima con il colonnello Gheddafi e poi con i suoi carnefici. Ma le parole di ringraziamento sul “lavoro della Libia” attuale “per i salvataggi” dei migranti sfuggiti alle torture e agli stupri di campi che non sono più da tempo un segreto per nessuno non lasciano molti dubbi: l’antica amicizia ha sì radici molto profonde in cui affondano le vere ragioni e le “usanze” di molte delle tragedie attuali, ma non è poi così antica: è l’evidente continuità della più recente politica di finanziamento della caccia all’uomo da riconsegnare ai torturatori che porta la firma di Minniti e Salvini, due esponenti di grande rilevanza della coalizione politica che lo ha chiamato a guidare il governo. Perché stupirsene?
Che soddisfazione presidente Draghi! Le dichiarazioni rilasciate in
Libia dal Presidente del Consiglio Draghi lasciano davvero senza parole. Di
fronte a dati reali e testimonianze, anche di agenzie delle Nazioni Unite, che
parlano da anni di torture, morte, stupri, riduzione in schiavitù e violenze
diffuse, il capo del Governo italiano esprime soddisfazione per quello che fa
la Libia. Non solo. Si ostina a chiamare salvataggi i respingimenti
delegati alla cosiddetta guardia costiera libica, in continuità con quanto
fatto dai governi italiani dal 2017 a oggi, anno della firma del tristemente
noto Memorandum, senza apprezzabili differenze tra governi di orientamento
diverso.
In pratica al di là della citazione dei corridoi umanitari – imbarazzante
se guardiamo ai numeri (poche centinaia di persone a fronte di decine di
migliaia respinte) – Draghi continua a sostenere le tesi della coppia
Salvini Minniti, secondo le quali aver fornito strumentazione e
sostegno, diretto e indiretto, alle milizie che gestiscono in Libia luoghi di
tortura più o meno ufficiali, nonché le operazioni di cattura delle persone in
fuga in alto mare, continuando a chiamarli salvataggi, sia una iniziativa
umanitaria fatta nell’interesse dell’Italia e dell’UE.
Passi rappresentare l’interesse privato di aziende che operano in Libia
come interesse del Paese, ma rappresentare il sostegno a violenze e torture
come interesse pubblico è davvero insopportabile.
Le risorse impiegate in Libia, sia alla frontiera sud, citata dal
capo del nostro Governo, che per le motovedette della guardia costiera, sono
risorse utilizzate per sostenere quei trafficanti che si dichiara di voler
combattere e i movimenti xenofobi anti immigrati di tutta Europa, che hanno
costruito le loro fortune su queste tesi. Ossia si assecondano i
deliri razzisti degli Orban e dei Salvini con denaro pubblico.
Quante sono queste risorse?
Dal 2017 ad oggi, almeno 20 milioni sono stati trasferiti dai Ministeri
italiani verso la Libia, che si aggiungono ai 57,2 milioni del programma
europeo del Fondo fiduciario, spesi direttamente per formare, equipaggiare e
regalare almeno 46 mezzi navali alle guardie costiere libiche, di cui due
dovrebbero essere consegnate prossimamente, più 40 fuoristrada e minibus sempre
per impedire l’immigrazione. A questi si sommano le attività di coordinamento,
supporto e formazione nell’ambito delle altre missioni navali nel Mediterraneo
e missioni internazionali sia italiane che europee (780 milioni dal 2017).
A questi costi si aggiungono quelli in vite umane.
Nel 2017 le intercettazioni delle c.d. guardie costiere libiche sul numero
degli arrivi in Italia erano il 9%, mentre nel 2020 un profugo su due è
stato vittima di respingimento. Dal 2017 ad oggi sono oltre 55mila le persone
riportate in Libia tenendo conto che gli aggiornamenti arrivano al 27 marzo e,
negli ultimi giorni, oltre 500 persone sono state intercettate e riportate a
terra. Nel solo 2017, furono oltre 15mila persone. Sempre dall’anno della
firma del Memorandum hanno perso la vita, nel tentativo di attraversare il
Mediterraneo centrale, secondo le stime dell’OIM, oltre 6mila le persone
(6.649).
C’è davvero di che essere soddisfatti, presidente Draghi!
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