Le recenti restrizioni alla facoltà di voto di ampi settori della popolazione[1] comportano la necessità della difesa della democrazia negli Stati Uniti, ha recentemente commentato Harry Cleaver. Cleaver è ben noto per la sua critica radicale al capitalismo e alle sue espressioni nella società statunitense. Il suo archivio sul marxismo autonomista non ha rivali. Nel 2019 ha pubblicato una versione per le nuove generazioni della sua classica opera Reading Capital Politically (1979). Sembra strano che ora inviti a difendere ciò che ha sempre criticato.
Cleaver, in realtà, starebbe esprimendo una preoccupazione crescente tra
gli statunitensi per quella che molti considerano già una nuova versione della
guerra civile del XIX secolo. Trump non sarebbe stato la malattia,
ma il sintomo di gravi mali che hanno sempre afflitto la società statunitense e
che oggi si manifestano in un autoritarismo pericoloso e in espansione. Le
nuove restrizioni alla facoltà di voto si aggiungono ad estremi senza precedenti
nella riconfigurazione truffaldina dei collegi elettorali allo scopo di
favorire il Partito Repubblicano. La cosa più grave è l’ampliarsi delle fasce
“popolari” di un settore particolarmente aggressivo dell’estrema destra. Tutto
ciò darebbe sostegno giuridico e sociale a un regime atroce. L’attuale
lotta cercherebbe di impedirne l’installazione.
Forse questo è un buon momento per ricordare la natura di quel regime. I
federalisti che l’hanno concepito all’epoca hanno spiegato che nella nuova
nazione che avrebbe unito le 13 colonie il potere non poteva essere dato al
popolo, nel quadro di una vera democrazia, a causa dei rischi che ciò
comportava per il paese che volevano creare. Ecco perché hanno concepito una
repubblica, in cui il potere rimane sotto il controllo di un’élite, anche se
una parte di esso viene ceduta alla gente attraverso il voto. Questo
regime, del tutto compatibile con la monarchia, la schiavitù o il sistema delle
caste, e aperto a tutti i tipi di razzismo e di sessismo, è stato chiamato
democrazia solo quando la schiavitù è stata abolita dopo la guerra civile
statunitense. Sebbene la sua natura dispotica non sia stata modificata, è
diventato un modello universale di democrazia moderna.
Nel chiarire queste caratteristiche del regime dominante, si potrebbe anche
esaminare un’altra opzione. A causa delle condizioni in cui gli Stati
Uniti sono stati costituiti, ai suoi Stati e alle sue municipalità sono stati
concessi poteri molto ampi. Sono i poteri che il capitalismo elettorale utilizza
ora per smantellare il sistema elettorale esistente. Potrebbero anche
essere messi in gioco per il contrario: promuovere una vera forma di
democrazia, a livello di base, in cui i cittadini stessi possano occuparsi
delle questioni di governo, anziché rinunciare a tale potere attraverso il
regime della rappresentanza.
La lotta contro quello che è stato definito in modo equivoco “fascismo” non
deve concentrarsi tanto sugli Hitler, sui Mussolini, sui Trump, quanto sulle
persone che li seguono, spesso in modo fanatico e fondamentalista. Deve
concentrarsi, soprattutto, su quello che Foucault chiamava il fascista che
portiamo dentro, quello che ci fa amare il potere che ci opprime. E
non dobbiamo dimenticare che il fascismo degli anni ’30 si è dichiarato vicino al
programma socialista, sia in Italia che in Germania, cosa che non ha
equivalenti nella situazione attuale.
Il razzismo e il sessismo sempre più violenti che si manifestano oggi nella
società statunitense sono in realtà molto vecchi, caratteristiche che ha avuto
da quando è nata. Qualcosa di simile si può dire per ciò che sta
accadendo oggi in Messico. Non è una novità, ma gli estremi che ha
raggiunto lo rendono del tutto intollerabile. Assumere iniziative per
reagire è diventata una questione di sopravvivenza, di fronte a una realtà
atroce che tende a peggiorare.
Lo sforzo, qui e dovunque, dovrebbe concentrarsi su ciò che abbiamo a
portata di mano, sull’azione concreta in ogni luogo e contesto, per la
costruzione autonoma di un modo di vivere che vada al di là del patriarcato e
del capitalismo, il che costituisce la forma più efficace di resistenza. Questo
significa, naturalmente, intrecciarsi passo dopo passo con gruppi che portano
avanti la stessa ribellione, per imparare da loro e praticare solidarietà, come
stanno provando a fare oggi gli zapatisti in Europa.
L’enfasi su questa dimensione, tuttavia, non deve escludere iniziative ad
altri livelli. Le reazioni critiche suscitate dall’invito zapatista a
partecipare alla consultazione del 1° agosto [2] sono per lo meno strane. Si dice che contraddica la loro ben nota
posizione, cioè l’aver abbandonato da molti anni ogni speranza di cambiamento
nelle sfere governative.
Nessuno può dire seriamente in anticipo cosa accadrà dopo la consultazione, che
si tratti dell’esercizio di giustizia nella transizione che continua a chiedere
Javier Sicilia, oppure di un ulteriore gioco pirotecnico da parte dell’attuale
governo, oppure di qualche altra cosa ancora. Ma un’affluenza massiccia
al voto del 1° agosto, con un risultato importante del Sì, sarebbe di per sé un
giudizio storico delle vittime su ciò che hanno sofferto nell’ultimo mezzo
secolo a causa delle azioni o delle omissioni di un regime in agonia che
include l’attuale governo. Quel giudizio avrebbe di per sé un immenso
valore politico.
E in questo modo, forse, potremmo iniziare il nostro stesso viaggio.
Fonte: “Nuestra travesía”,
in La Jornada, 26/07/2021
Traduzione a cura di Camminardomandando.
[1] Ndt – Negli Usa, alcuni Stati del Sud stanno introducendo leggi che
restringono la platea degli aventi diritto al voto: cambiano le regole di
identificazione del votante, riducono le sedi dove votare (così che uno debba
fare anche 200 km per votare), aboliscono o limitano il voto postale. In uno
Stato hanno addirittura inserito una norma che proibisce la distribuzione di
acqua e viveri alle persone in coda per votare.
[2] Ndt – Si tratta di una consultazione nazionale a cui gli zapatisti
hanno invitato a partecipare, seppure in modo molto autonomo e originale, sulla
possibilità di rendere giustizia alle vittime dei massacri che prevede, tra le
altre opzioni, anche quella di processare gli ex-presidenti della Repubblica
per i loro misfatti.
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