Da qualche parte stanno stampando il mio nuovo romanzo, non so dove, ma ci
sono buone probabilità che lo stiano facendo alla Grafica Veneta, è il più
grosso service nel ramo della stampa, di lì ci passano la gran parte degli
editori e dei libri, persino Harry Potter, e l'idea che a stamparlo siano degli
schiavi mi fa schifo.
Vallo a sapere, magari sono stati degli schiavi a stampare tutti quanti i
miei romanzi; le mie storie così colme di aneliti libertari, così madide di
empatia per gli ultimi, per i senza voce, sono finite tra le mani delle brave
persone che le hanno volute leggere perché a farne degli oggetti acquistabili
sono stati degli umani violati, picchiati, derubati e privati di ogni dignità
perché fosse contenuto al minimo possibile il prezzo di copertina.
Ho schifo, sì, ma tanto per cominciare ho schifo di me stesso. Di me che
non ho avuto mai cura di chiedermi chi li avesse materialmente fatti i miei libri,
di chi fossero le mani e le vite di quelle mani, vite di lavoratori. Ho schifo
di me, che sono così attento al Dop all'Igp, al Doc, di me che guardo bene le
etichette di scarpe e camicie onde arrivare alla quasi certezza che non si
tratti di opera di bambini, di me che coltivo io stesso i pomodori e con grande
orgoglio in casa si fa la conserva, così che non ci sia alcun dubbio
sull'estraneità allo sfruttamento della manodopera agricola, altri schiavi.
Ecco, sto attento a quasi tutto, mi è solo mancato l'interesse per ciò che
più mi dovrebbe riguardare, come se non sapessi che il mio lavoro, perché
questo mi vanto di essere, un onesto lavoratore, è parte di una catena, e posso
anche vantarmi di vendere la mia opera d'ingegno e non le mie mani, ma nella
catena niente mi autorizza a distinguermi da un altro lavoratore, niente mi
autorizza a stare sopra, o distinto, o ignaro.
Ho iniziato la mia carriera di rivoluzionario occupando la mia scuola
nell'inverno del '68, una cosa piuttosto dura, al portone non c'erano le mamme
ma il battaglione della Celere, a portarci cibo e coperte, a discutere con noi
e cercare di farci ragionare un filo più concretamente del vogliamo tutto,
vennero gli operai dei cantieri navali e dell'arsenale militare; pareva a loro
che, così differenti come eravamo, non ci fosse distanza e estraneità tra ciò
che chiedevano nelle loro lotte sindacali e ciò che noi non sapevamo che
sognare e pretendere, eravamo alla vigilia del contratto unico, delle grandi
riforme sociali, vigilia di grandi vittorie.
Io vengo da lì, quello che sono è da lì che è cominciato ad essere, e ora
che siamo ai postumi delle grandi sconfitte, e a parte i pochi privilegiati
come me, il lavoro è per la massima parte venduto al peggior offerente alle
peggiori condizioni semplicemente perché non ce n'è di migliori, come ricambio
le coperte, il cibo e le parole, la generosa fraternità di un tempo? Posso dire
che non ho controllo della catena, che l'ignoranza del suo funzionamento ne è
addirittura parte essenziale, e è vero, come è vero che neppure il mio editore
e i suoi colleghi, i lettori e i librai non hanno strumenti per sapere.
Ecco, forse è venuto il momento di smetterla di non sapere, se non ci sono
strumenti cercarli, smetterla di aspettare di farci dire come stanno le cose
dai giudici e dai carabinieri, come se fossero gli unici a poter vedere. Io non
so che parlare per me, e per me posso solo dire che, ringraziando Iddio, ho
smesso da un bel pezzo di firmare appelli, risparmiandomi almeno questa
ipocrita inanità a costo zero; ma come onesto lavoratore non ho mosso un dito
per gli altri onesti lavoratori, e ho ben ragione di farmi un po' schifo.
Se poi dovessi pensare che questo che ho appena scritto basta a poter dire
che ho fatto la mia parte, allora non mi guadagno nemmeno lo schifo. Parlo per
me, ma mi permetto di porre la seguente domanda ai miei colleghi venditori di
opere di ingegno, come all'art. 53, 2° c. lett. b) DPR 917/86, testo unico
Imposta diretta: val la pena di scrivere bei libri pieni di buoni pensieri e
storie avvincenti e finali struggenti, se poi per farli leggere abbiamo bisogno
del lavoro degli schiavi?
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