Chi scrive questa breve
riflessione-provocazione è un uomo cis, trentenne, bianco, con cittadinanza italiana, relativamente
benestante, ad oggi in buono stato di salute
psicofisica, attualmente assunto presso un centro vaccinale in qualità
di infermiere e, per concludere l’elenco,
anarchico.
Tutta questa bio unicamente per
sgombrare il campo il più possibile da qualsiasi fraintendimento e per giocare a carte scoperte, coi miei privilegi in bella mostra.
La volontà di scrivere nasce da una
personale inquietudine, data dal periodo storico che stiamo vivendo, e dall’intento di portare un contributo alla
riflessione, non certo per
abbozzare un’analisi esaustiva, per la quale mi accorgo di non possedere strumenti sufficientemente adeguati e di
non essermi confrontato abbastanza con chi
mi circonda (e che non necessariamente frequenti ambienti con la A cerchiata in bella mostra).
Scelgo lo stile dell’elenco puntato e la
forma interrogativa per rendere il più possibile
fruibili e immediate le mie considerazioni e al contempo per esprimere il fatto
di avere a disposizione, allo stato dell’arte, molte più domande
che risposte.
·
Siamo
davvero cert* di aver elaborato analisi “a tutto tondo” del periodo storico attuale, nello specifico in
riferimento alla pandemia di Covid-19 che tutt*
ci troviamo ad affrontare? Ci si è concentrat* eccessivamente sulle misure repressive e coercitive portate
avanti dalle istituzioni nazionali ed internazionali?
Sono forse passate in secondo piano le ricadute sulla quotidianità di ciascun* di noi che, volente o nolente, è parte
integrante del tessuto sociale e come
tale ne è influenzato in un rapporto di interdipendenza (ricadute in termini
di salute psicofisica, reddito, relazioni, abitudini, ecc.)?
·
Cosa
significa fino in fondo e quali implicazioni può avere schierarsi “contro la scienza”? Cosa si intende davvero con
“dominio tecno-scientifico”? Non è forse
vero che proprio grazie al pensiero scientifico, al metodo empirico, al ragionamento induttivo e alla ricerca sul
campo si è aperta la Modernità, prendendo
le distanze da epoche in cui il modo dominante di spiegare il mondo era quello imposto dal tiranno di
turno o da istituzioni religiose? Quanto
è impregnata di scienza e tecnologia la nostra quotidianità? Potremmo realmente farne a meno? Quali
conseguenze comporterebbe? Ne saremmo colpit*
tutt* allo stesso modo?
Non usiamo forse farmaci per curarci,
ormoni per transizionare, chirurgia medica
per intervenire a più livelli sui nostri corpi? Il privilegio di non dover convivere ancora oggi con determinate
patologie non deriva forse da campagne di vaccinazione di massa?
Infine, non sono forse discipline
scientifiche anche botanica, antropologia, filosofia,
storia? Non provengono da scienziati e ricercatrici gli studi di cui ci serviamo per lottare, ad esempio, contro
progetti di “grandi opere” o per denunciare la catastrofe climatica
in corso?
È possibile mantenere un approccio
critico alla scienza e alle sue derive, senza
per questo buttare il bambino insieme
all’acqua sporca?
·
Siamo
d’accordo sul riconoscere che la specializzazione dei mestieri e delle professioni sia, insieme al pensiero
scientifico, un ulteriore elemento che ha permesso
il passaggio alla Modernità (e che poi si è mantenuto nella Post- Modernità)? Al netto dei rischi e delle
criticità legati alla notevole rilevanza della
figura dell’ “esperto” nell’epoca contemporanea, come si giustifica una sempre più diffusa diffidenza, se non
astio manifesto, nei confronti di chi si è
format* e specializzat* in una determinata branca del sapere, dedicando
allo studio e al lavoro sul campo la propria
esistenza?
Non ne ha forse beneficiato l’intera società e ciascun* di noi nel proprio vivere quotidiano?
Se è vero che in certi ambienti
anarchici la delega è percepita come il male
assoluto e, al contrario, il “Do It Yourself” un principio guida, non è
forse connaturata al vivere
collettivo una certa percentuale di delega e di fiducia? Possiamo davvero definirci competent* in ogni ambito del sapere
umano e perciò sentirci legittimat* a
formulare sempre e comunque un giudizio di merito?
È così negativo affidarsi a professionist* per la produzione di farmaci, la costruzione di una casa o di
un’infrastruttura, l’assistenza e la cura, l’insegnamento, la produzione di alimenti, la ricerca sul campo?
Non sta forse nella mutua solidarietà e nell’interdipendenza una delle
caratteristiche definenti del vivere in una comunità
umana?
· Oltre all’interdipendenza, mi preme sottolineare il concetto di “vulnerabilità”. È capitato anche a voi nei mesi scorsi di incontrare conoscenti che hanno manifestato sprezzo nei confronti del pericolo di contagiarsi/contagiare? Persone convinte di essere tanto sane e forti da non avere nulla da temere? O che addirittura hanno ironizzato/criticato chi optava per comportamenti diversi dai propri, talvolta bollandoli come espressioni di timore o paura ingiustificati.
Ci sentiamo davvero così invincibili??
Lo saremo anche in futuro? Abbiamo preso
in considerazione lo scenario della malattia e della morte per noi stess* e per le persone che amiamo?
Anche fosse la
paura a guidare i comportamenti di chi abbiamo di fronte, siamo ancora in grado di comprendere tali
sentimenti? Di entrarci in contatto creando una relazione empatica?
Nei nostri gruppi di affinità potrebbero
esserci persone immunodepresse, sieropositive,
con patologie e fragilità… tuteliamo anche loro? Se già ora hanno bisogno della scienza medica, gliela
negheremmo? Valgono meno di chi, almeno
per il momento, sceglie o può scegliere di non ricorrervi?
Il tanto abusato slogan “Si parte e si
torna insieme” può repentinamente trasformarsi nell’intramontabile “Si salvi
chi può”?!
·
Parallelamente
ad una spregiudicata e generica critica alla “tecno-scienza”, procede a passi svelti una altrettanto
generica esaltazione della “natura” e di tutto quanto venga percepito-definito “naturale”.
Qualcun*, di grazia, mi saprebbe fornire una definizione esaustiva di questi termini?? Una definizione utilizzabile nell’anno 2021, se possibile.
Non è quantomeno curioso che su questo
terreno così scivoloso e spesso anacronistico,
siano venute a coincidere posizioni un tempo apparentemente agli antipodi? Può essere ritenuto
esemplificativo il caso dello spazio “La piralide”
di Bergamo che tenta goffamente di sincronizzare le proprie battaglie con le peggio esternazioni
omotransfobiche di Arcilesbica o di gruppuscoli nazisti
d’Oltralpe?
Possiamo stare un poco più attent* ad
utilizzare spregiudicatamente il concetto
di “natura”, in particolare quando conduce a pericolosi cortocircuiti del pensiero e prese di posizione violentemente escludenti?
·
Un’ultima
riflessione sul linguaggio, i toni del dibattito-scontro in corso e sulle parole
e le espressioni che scegliamo di utilizzare.
Innanzitutto,
cosa ci fa essere tanti sicur* delle nostre opinioni e visioni del mondo da arrivare a denigrare ed
attaccare chiunque non le condivida per intero?
Perché mettere sempre e comunque in
dubbio le competenze, l’etica, l’intelligenza, l’attitudine altrui e mai (cristo!!) la propria?!
Sono automaticamente le/gli altr* gli infami, i servi, i paurosi, gli ignoranti, il “gregge di pecore” (espressione molto in voga e talvolta uscita pure dalla bocca e dalle tastiere di fantomatic* antispecist*)?
Ancora, perché utilizzare impropriamente
termini quali “dittatura”, “apartheid”,
“cavie”? Siamo forse palestinesi sotto occupazione israeliana? Viviamo in Corea del Nord? Siamo Uigur*
in Cina? Abbiamo vissuto sotto al Fascismo
italiano? Siamo allevati e sfruttati per i test pre-clinici di farmaci, additivi
e cosmetici?
Abbiamo mai sperimentato la condizione
di “senza documenti”/”clandestini” e
ciò che essa comporta nella vita quotidiana delle persone che la fronteggiano? Siamo sicur* di voler
paragonare un Green Pass ad un passaporto
o ad un permesso di soggiorno? Mettere sullo stesso piano un controllo di polizia rivolto ad un*
cittadin* italian* ed un rastrellamento su un
treno o un checkpoint
militare?
Mi sono dilungato
troppo? Probabilmente sì.
Com’è
probabile che sia stato superficiale e incompleto.
Non importa ora, lo siamo
tutt*.
Mi auguro di essere riuscito ad
esprimermi nella maniera migliore per essere
compreso e che i contenuti di questo testo non urtino troppo la
sensibilità di chi si prenderà
il tempo di leggerli.
Rimango a disposizione per proseguire
questo dibattito, meglio ancora se di persona.
ilmestieredelcorvo.blog
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