Il troglodita non era troglodita. Rispecchiava il livello della civiltà dell’epoca
(Stanislaw J. Lec)
Se uno ascolta la tv e legge i giornali più importanti riceve la velina che le forze di occupazione occidentali per una ventina d’anni stavano vincendo chiaramente la partita, poi la realtà, che non era sparita, solo era stata nascosta, scende in campo e il risultato è capovolto.
Si legge che Assange probabilmente sarà estradato negli Usa, magicamente adesso le carceri Usa diventano accoglienti per Julian, e magicamente i talebani, diventati potabili e civili, tratteranno le donne come esseri alla pari (sharia permettendo). Che magie, per chi ci crede (molti, troppi).
Fra i capi talebani più potenti ce ne sono alcuni liberati o fatti liberare negli ultimi anni dagli Usa, Baradar e Ruhani, per esempio, non sappiamo in cambio di cosa, a Guantanamo ci sono posti liberi, Assange lo ospiterebbero con sommo piacere, per non parlare di Snowden.
Ringraziamo tutti quelli che hanno provato ad abbattere il muro di gomma, inascoltati, da Julian Assange (che sta marcendo dove dovrebbero stare gli assassini che lui ha sempre denunciato), a tanti piccoli e scomodi grilli parlanti e voci fuori dal coro (Peacelink, per esempio).
fm
La debacle in Afghanistan
mostra che avremmo dovuto ascoltare, non criminalizzare, Julian Assange – Patrick
Boylan
Il fondatore di Wikileaks ci aveva da tempo avvertito che in
Afghanistan le truppe USA/NATO non stavano “guadagnando le menti e i cuori”
della popolazione; anzi, si stavano facendo odiare. Ma il messaggio non è stato
ascoltato e il messaggero è ora in prigione in attesa di giudizio.
Cosa spiega la disfatta USA/NATO
in Afghanistan? In gran parte è stata causata dall’odio del popolo afghano
contro gli occupanti occidentali, odio provocato anche dai crimini di guerra e dai crimini contro l’umanità commessi
dalle nostre truppe di occupazione. Alla repressione della NATO la maggior
parte della popolazione afghana (e persino molti dei loro militari) hanno
mostrato di preferire la repressione dei Talebani (il che è tutto dire).
Infatti, le scene di “fuga della popolazione davanti ai Talebani”, di cui i
telegiornali sono pieni, riguarda solo una piccolissima percentuale della
popolazione, gli afghani filo occidentali, prevalentemente a Kabul. Vedi
l’editoriale PeaceLink al riguardo: https://www.peacelink.it/editoriale/a/48688.html
Ora molti dei crimini che le
nostre truppe hanno commesso in questi 20 anni, il giornalista Julian Assange
li aveva già rivelati sul suo sito Wikileaks. Ma i politici e i mass media
occidentali non hanno voluto far conoscere le sue denunce. Anzi, hanno
preferito diffamare Assange e sostenere il tentativo, da parte delle autorità
statunitensi, di incarcerarlo per decenni (il che, visto le sue precarie
condizioni, vale una condanna a morte).
“Invece quante vite afghane – e
occidentali – avremmo potuto salvare se avessimo agito alla luce delle
rivelazioni di Assange!” dicono gli U.S. Citizens for Peace
& Justice – Rome, un gruppo di pacifisti statunitensi
abitanti la Capitale. “Bisogna perciò sfruttare il clamore della nostra
disfatta in Afghanistan per esigere la liberazione di chi ha cercato di farci
capire quello che le nostre truppe stavano facendo realmente laggiù per ben 20
anni. Bisogna tornare in piazza all’inizio di settembre con la parola d’ordine: Non uccidere il messaggero!”
Già si parla di manifestazioni
simili nel mese di settembre in molti altri paesi, per galvanizzare l’opinione
pubblica mondiale a favore di Assange prima dell’udienza che egli dovrà
affrontare in Gran Bretagna il prossimo 27 ottobre. L’Alto Tribunale della Gran
Bretagna dovrà rideliberare, infatti, sulla sua estradizione negli Stati Uniti,
momentaneamente bloccata. Questo perché la settimana scorsa (11 agosto), i
giudici britannici hanno consentito al governo americano di riaprire il caso
sulla base di obiezioni alla testimonianza chiave di uno psicologo, quella che
giustificò il blocco temporaneo.
Se le obiezioni statunitensi
verranno accolte in ottobre, Assange potrebbe essere immediatamente rispedito
negli Stati Uniti dove rischia una pena detentiva di 175 anni per rivelazioni
di documenti ufficiali riguardanti presunti crimini di guerra e crimini contro
l’umanità commessi da militari statunitensi — in Aghanistan e non solo.
Invece non è prevista nessuna
indagine, da parte del governo USA, su quei crimini e tanto meno l’imputazione
dei militari che li avrebbero commessi. Solo il messaggero va sottoposto a processo.
Estradizione di Assange, accolto il ricorso degli Stati Uniti
L’11 agosto si è svolta dinanzi
all’Alta Corte di Londra la prima udienza d’appello riguardo alla richiesta di
estradizione di Julian Assange avanzata dagli Stati Uniti. In gennaio la
giudice Vanessa Baraister aveva negato l’estradizione basando la sua decisione
sulle condizioni di salute mentale di Assange e sul rischio di suicidio, se avesse
dovuto affrontare il durissimo isolamento a cui sarebbe stato sottoposto negli
Stati Uniti.
I giudici incaricati di esaminare
il ricorso americano hanno accolto le argomentazioni presentate a nome delle
autorità di Washington e in particolare l’accusa rivolta alla giudice Baraister
di essersi lasciata sviare dalla perizia di un esperto, giudicata poco
attendibile e hanno fissato la decisione in merito al 27-28 ottobre.
Durante l’udienza i sostenitori
di Julian Assange hanno manifestato fuori dalla corte. Tra loro erano presenti
la compagna di Assange Stella Morris e Jeremy Corbyn, l’ex leader del Partito
Laburista britannico, con un cartello che affermava: “Il giornalismo non è un
crimine”.
Alla vigilia dell’udienza,
Amnesty International aveva rinnovato la sua richiesta al presidente Biden di
annullare le accuse.
“Il tentativo degli Usa di spingere il tribunale di Londra a
rovesciare la sua decisione, sulla base di nuove assicurazioni diplomatiche
fornite da Washington, non è altro che un trucco di prestigio legale. Dato che
il governo degli Usa si è riservato il diritto di tenere Assange in una
struttura detentiva di massima sicurezza e di sottoporlo a misure
amministrative speciali, su quelle assicurazioni non si può fare affidamento”, ha dichiarato Nils Muižnieks, direttore di Amnesty
International per l’Europa.
“Questo appello, presentato con malafede, dev’essere respinto e il
presidente Biden deve cogliere l’occasione per annullare accuse politicamente
motivate che mettono a rischio la libertà di stampa e la libertà d’espressione”, ha aggiunto Muižnieks.
“Il presidente Obama aveva aperto l’indagine su Assange, Trump ha
portato avanti le accuse e ora tocca a Biden fare la cosa giusta e porre fine a
questa farsesca persecuzione che non avrebbe mai dovuto iniziare”,
ha sottolineato Muižnieks.
Contro la guerra, Julian Assange: nuovo caso Dreyfus? – Vincenzo
Vita (dal quotidiano “il manifesto”, 19 agosto)
Kabul e non solo. Attenzione, la
rondine crudele rischia di fare primavera, se l’ex analista dell’intelligence
d’oltre oceano Daniel Hale è stato condannato in Virginia a 4 anni di
detenzione per aver dato notizia dei devastanti effetti dei droni in Yemen, in
Somalia e in Afghanistan. Alle scelte sbagliate si risponde con la repressione
di chi le racconta?
Nel vedere le immagini tragiche
dell’Afghanistan riconquistato dai talebani – con esercito regolare dissolto e
americani con alleati in fuga- il pensiero corre a Julian Assange. Sembra
doveroso, oltre che inevitabile, rimettere in ordine gli addendi di una vicenda
davvero incresciosa. Sembra proprio un nuovo caso Dreyfus, il capitano francese
accusato ingiustamente di spionaggio a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Accusa ingiusta, ma lentissima riabilitazione. La questione era diventata,
infatti, assai scottante per l’ordine costituito.
Le disavventure drammatiche
vissute dal co-fondatore di WikiKeaks appaiono a questo punto quasi surreali,
oltre che assurde. Dopo l’ammissione quasi spavalda dei disastri compiuti da
parte dei conquistatori senza ritegno e senza gloria, il giornalista di origine
australiana meriterebbe un riconoscimento, non certamente un’eventuale condanna
a 175 anni di carcere.
Il rischio è reale, visto che gli
Stati Uniti hanno fatto ricorso in appello contro la decisione di sospensione
temporanea – per il preoccupante quadro psicofisico dell’inquisito –
dell’estradizione, assunta dalla Corte londinese dove è in corso il
procedimento. E di che si tratta? I reati ruoterebbero attorno alle rivelazioni
dei misfatti connessi alle guerre in Iraq e in Afghanistan, a partire dall’uccisione
di civili e dai bombardamenti massivi. Insomma, WikiLeaks (grazie ad Assange e
ai collaboratori: l’analista della Central Intelligence Agency (Cia) Edward
Snowden e il personaggio shakespeariano Chelsea Maning) ha da molto tempo
squarciato il velo di silenzio attorno ad un ventennio di misfatti criminosi.
Anzi.
La precipitosa fuga da Kabul
spiega perché non si poteva e non si doveva sapere. La violenza di Stati che si
ergevano a salvatori, ottenendo l’effetto opposto di ringalluzzire terrore e
fondamentalismi, non andava resa pubblica. L’ideologia delle guerre contiene
sempre la componente del segreto, funzionale per evitare opposizioni e
critiche.
Ora che il Re è nudo, e mentre lo
stesso presidente Biden è costretto a simulare il successo dell’insuccesso, è
lecito chiedersi se una maggiore e diversa consapevolezza collettiva – al di là
degli informati per mestiere o per collocazione – non sarebbe stata già un
contropotere. La premessa per una presa di coscienza attiva.
Si capisce, dunque, il motivo
profondo per cui Assange è dannato. L’uomo che sa troppo, ci ammonì Hitchcock,
passa parecchi guai. Ma poi se la cava bene, magari. I cattivi non sono eterni
e il troppo è troppo. Attenzione, la rondine crudele rischia di fare primavera,
se l’ex analista dell’intelligence d’oltre oceano Daniel Hale è stato
condannato in Virginia a 4 anni di detenzione per aver dato notizia dei
devastanti effetti dei droni in Yemen, in Somalia e in Afghanistan. Alle scelte
sbagliate si risponde con la repressione di chi le racconta?
Il ministro degli esteri Luigi Di
Maio è stato richiesto di un’informativa presso il parlamento su ciò che sta
avvenendo in quell’area del mondo e sulla posizione italiana. Non è il momento,
allora, di mettere finalmente all’ordine del giorno la mozione presentata da un
gruppo di deputati (primo firmatario Pino Cabras) proprio sul caso Assange? Ed
è importante prendere spunto dal convegno tenutosi lo scorso giugno al senato
su iniziativa del Premio Mimmo Càndito e del presidente della biblioteca del senato
medesimo Gianni Marilotti. Quest’ultimo, tra l’altro, parteciperà alla
delegazione italiana che si recherà il prossimo ottobre a Londra per la ripresa
del processo. Il senso di tali iniziative è chiaro: controscrivere una storia,
nella quale l’accusatore è diventato accusato e chi ha perpetrato le atrocità
discetta tranquillamente di errori o difetti di strategia.
L'Afghanistan che non ci hanno raccontato - Alessandro
Marescotti
Il presidente del Tribunale di appello della Corte penale internazionale,
nel marzo dell'anno scorso, aveva dato mandato di indagare sui crimini di
guerra e contro l’umanità in Afghanistan. Ma il Dipartimento di Stato USA
l'aveva definita "un’azione scioccante" opponendosi a ogni indagine.
Come mai i
cosiddetti "talebani" stanno riconquistando l'Afghanistan senza
neppure combattere?
C'è una
scomoda verità che in queste ore non emerge. Ed è questa: le truppe che
dovevano portare la libertà e la democrazia in Afghanistan in questi venti anni
si sono fatte odiare. Non solo erano percepite come truppe d'occupazione, ma
hanno agito con la tipica insensibilità e brutalità delle truppe di
occupazione. Tanto che sono in corso le indagini della Corte Penale
Internazionale.
Qualcosa non
ci hanno raccontato, altrimenti non comprenderemmo la fine ingloriosa di venti
anni di missione militare e la rovinosa attuale fuga degli americani che
assomiglia a quella dal Vietnam del 1975.
Ma andiamo
per ordine e vediamo che cosa è la Corte penale internazionale (International
Criminal Court, ICC). E' un tribunale per crimini
internazionali che ha sede a l'Aia e ha competenza per i crimini
di guerra. Piotr Hofmanski, presidente del
Tribunale di appello della Corte penale internazionale, lo scorso anno ha
dichiarato: "La procuratrice è autorizzata a iniziare un'inchiesta sui
presunti crimini compiuti sul territorio afghano a partire dall’1 maggio 2003,
così come su altri presunti crimini legati al conflitto armato in Afghanistan".
La Corte
penale internazionale può intervenire se e solo se gli Stati non possono (o non
vogliono) agire per punire crimini internazionali.
La risposta
del Dipartimento di Stato Usa non è stata per nulla positiva e ha definito
questa iniziativa come "un’azione scioccante presa da un’istituzione
politica mascherata da organismo giuridico".
Ma se
le truppe americane portavano la libertà e la democrazia perché tanta paura di
queste indagini?...
Afghanistan:
morti più soldati americani per suicidio (30.177) che in combattimento (2.312)
- Redazione PeaceLink
Negli Stati Uniti è aumentato negli ultimi anni il
numero di chi dice: "Non saremmo mai dovuti andare in Afghanistan".
Era il 49% nel 2014 per salire al 69% quest'anno.
Le vittime dell'attentato delle Torri gemelle, l'11 settembre
2001, furono 2977.
Ecco i numeri di venti anni di guerra in Afghanistan nata in
risposta all'attentato dell'11 settembre:
·
2261 i miliardi di dollari spesi dagli Stati Uniti nella missione
militare e civile;
·
2.312 i soldati americani uccisi nel conflitto;
·
7057 quelli che hanno perso la vita tra Afghanistan e Iraq.
Si legge sul Corriere della Sera di oggi: "Ma c’è un
numero che gira poco: 30.177. È il totale dei veterani che si sono suicidati durante
questa guerra al terrore".
Sono morti più soldati americani per suicidio (30.177) che per
combattimento (2.312): tredici volte di più…
Le bugie
sull'Afghanistan che il PD conosceva benissimo - Alessandro
Marescotti
Durante la missione militare USA-NATO cresceva la
mortalità infantile e la povertà, mentre diminuiva l'alfabetizzazione e
l'aspettativa di vita in Afghanistan. Ma nell'opinione pubblica si è radicata
un'altra verità e ancora oggi la gente non capisce perché abbiano vinto i
talebani.
"L’approccio
seguito finora dagli USA e dalla NATO per sconfiggere l’insurgency e
ricostruire il paese è sbagliato. Sicurezza e condizioni di vita dei cittadini
afghani continuano a deteriorarsi. La coalizione viene sempre più percepita
come una forza di occupazione".
Lo scriveva
Pino Arlacchi il 16 gennaio 2011 sull'Unità, e il suo articolo è allegato a
questa pagina web.
Ciò che
colpisce sono i dati netti che Arlacchi, allora europarlamentare del PD,
snocciolava con precisione. Leggete qui: "Dall’ottobre 2001 in poi, le
operazioni militari sono costate oltre 300 miliardi di euro e decine di
migliaia di vite umane. Dal lato civile, ne sono stati spesi almeno altri 30.
In totale, si tratta di una cifra astronomica, pari a 30 volte il PIL
dell’Afghanistan. Ciononostante, questo paese è ancora il principale produttore
di narcotici del mondo, ed è rimasto uno dei più poveri del pianeta".
E quali
progressi erano stati fatti sul piano civile dal 2002 al 2010? Nessuno, anzi,
la guerra aveva fatto regredire gli indicatori statistici più delicati relativi
alla speranza di vita e alla scuola: "L’aspettativa di vita è scesa da
46,6 a 44,6 anni. L’alfabetizzazione è diminuita dal 36 al 28%".
In crescita
gli indicatori negativi: "La mortalità infantile è aumentata del 4,6% tra
il 2002 e il 2010. Tra il 2002 e il 2009 la popolazione sotto la soglia di
povertà è cresciuta dal 23 al 36%".
Arlacchi
aggiungeva la fonte di questi dati: "Chi non crede a queste cifre può
verificarle di persona nello stesso luogo da cui le ho tratte: il sito della
CIA sulle nazioni del pianeta"…
Orrore in
Afghanistan, uccisi 39 civili dalle forze speciali australiane - Redazione PeaceLink
Ma a finire sotto accusa è per ora
l'avvocato militare David William McBride che ha rivelato i crimini di guerra.
Dopo aver provato invano a smuovere i vertici militari, ha fornito le prove
alla TV australiana.
Dopo un'intensa attività di denuncia dell'avvocato
militare David William McBride,
il generale Angus Campbell, capo delle forze armate australiane, lo scorso 19
novembre ha ammesso che uomini dei reparti del reggimento
speciale (SAS) hanno “ucciso illegalmente” 39 civili in Afghanistan.
Nessuno dei crimini è stato commesso durante i combattimenti.
Cosa è successo nel SAS australiano?
I militari
più anziani ed alti in grado imponevano ai più giovani di uccidere i civili per
dimostrare di poter commettere il loro “primo omicidio”.
Fra le testate che denunciano tutto ciò c'è Fanpage che
racconta: "Civili afgani inermi sono stati sgozzati e i corpi utilizzati
alla stregua di "trofei di caccia", coi quali fotografarsi con gli
smartphone per vantarsi poi coi commilitoni".
Tutto ciò
non è un caso isolato o una deviazione fortuita. Militari del SAS sono finiti
sui giornali anche per aver sventolato la bandiera nazista.
Ma a finire sotto accusa in Australia è per ora solo l'avvocato
David William McBride, che ha rivelato i crimini di guerra…
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