In Italia non ci sono
mai state abbastanza dosi per vaccinare tutti, ma i riflettori sono tutti sul
nemico immaginario, i noVax.
Meglio parlare di noVax che altro…
È davvero stucchevole, ai limiti della sopportazione questa continua
litania contro i noVax, descritti da molti come un esercito
minaccioso che metterebbe a rischio la salute collettiva.
Dai dati che abbiamo a disposizione si evince che il 97% delle dosi
giunte in Italia sono state inoculate. Si tratta di un trend costante: gli
italiani si stanno vaccinando, anche se ovviamente nei limiti delle dosi
disponibili.
Poi, certo, esistono delle minoranze che rifiutano il vaccino, che
protestano o che non possono, o che solo si interrogano sugli effetti che può
avere l’inoculazione su di loro.
Tra questi c’è anche chi è solo, vive in realtà poco urbanizzate, non
dispone di internet e ha difficoltà non solo a prenotarsi, ma anche
semplicemente a dover mettere in conto, per ragioni di lavoro o dell’assenza di
assistenza familiare, un eventuale periodo di malattia dovuto agli effetti del
vaccino.
Nel nostro paese c’è chi non può permettersi di assentarsi nemmeno un
giorno dal lavoro. C’è chi non ha l’assistenza di nessuno e che per una
semplice febbre prova terrore e smarrimento. C’è poi chi, dati i numerosi
pasticci nella comunicazione, ha paura, semplicemente paura. Ma questo non
importa a nessuno.
Eppure torme di indignati pontificano e negano qualsiasi ragione, qualsiasi
diritto di cittadinanza alle argomentazioni a chi ancora non si è vaccinato.
Tutto viene posto sotto l’etichetta del noVax, che poi non è altro che
l’evoluzione di vecchie etichette (il sovranista, il terrapiattista, il
credente alle scie chimiche…) che hanno la funzione di creare l’illusione di
una barriera fra un dentro – civile, moderno, scolarizzato – e un fuori
barbaro.
Chi pone qualche questione – persino io che ho completato il ciclo – è
sospetto, fa storcere il naso e provoca la domanda, “è dei nostri?”.
In questa guerra tra civili e barbari resta fuori il discorso del capitale. In Italia non ci
sono mai state abbastanza dosi per vaccinare tutti, ma gli occhi sono puntati a
un piccolo gruppo di renitenti.
I pontificatori si comportano come se ci fosse abbondanza di dosi, come se
bastasse la volontà. Ancora oggi invece c’è una forte penuria di vaccino.
L’Italia si rifornisce da poche aziende, in particolare da Pfizer.
Con un insensato taglio dei finanziamenti ha rinunciato a sviluppare un
proprio vaccino e dunque a rendersi un po’ più autonoma dalla casa
tedesco-americana, che dal canto suo sta registrando guadagni migliardari
epocali, sebbene la ricerca sul suo vaccino abbia ottenuto un finanziamento
pubblico.
Il sospetto, ma è più che un sospetto, è che l’Italia abbia
rinunciato a fare un proprio vaccino su pressioni esterne e per la
minaccia di ritorsioni, le stesse che ci impediscono di attingere
dall’industria farmaceutica dei pesi non allineati: Cuba, Cina, Russia.
Certo, vedere le immagini delle manifestazioni noVax, per quanto frequentate
da sparute minoranze, mi mette tristezza. Ma trovo ben più angosciante che si
taccia sul mancato sviluppo di un vaccino tutto italiano, gestito dalla mano
pubblica che bada non agli interessi degli speculatori, ma al bene collettivo.
Non ho dunque nulla a che spartire con i noVax, sulla cui esistenza
occorrerebbe tuttavia interrogarsi con meno protervia, meno saccenteria,
chiedendosi anche se, in fondo, la loro protesta non sia quella di chi non ha
altre parole per manifestare il proprio disagio in un mondo complesso che li ha
tagliati fuori da tutto e gli ha pure negato un più sofisticato vocabolario
politico.
Allo stesso modo ho molto poco in comune con chi partecipa all’insensata
crociata che è stata lanciata contro un nemico marginale, spesso anche
immaginario; una crociata peraltro tutta mediatica, consolatoria, ma
politicamente ipocrita perché occulta i temi del profitto e dei rapporti di
forza geopolitici alla base delle contraddizioni dell’attuale vaccinazione.
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