È necessario arrivare ad un punto di rottura perché la rottura si realizzi.
Dall'inizio della pandemia i popoli di tutto il mondo sono scesi in piazza
innumerevoli volte. Gli italiani sembravano sedati da una sorta di ipnosi. Con
il green pass il miracolo si è compiuto: le piazze italiane si sono riempite.
Ed è interessante notare che in piazza a contestare c'erano non solo i no-vax,
ma anche i vaccinati, che, per motivi di principio, protestano per tutelare le
libertà costituzionali.
Lo stesso concetto è ribadito da Cacciari nell'articolo di ieri: io mi sono
vaccinato, ma la democrazia è libertà di scelta e questa libertà di scelta va
difesa. Nel contesto del generale risveglio si pone il pezzo firmato
congiuntamente da Cacciari e di Agamben che, bisogna dargliene atto, è stato
l'unico ad intervenire dai primi giorni della pandemia con i suoi interventi
quotidiani su Quodlibet. Purtroppo la sua voce è stata isolata ed ascoltata
solo da minoranze. Per attirare l'attenzione di un numero sufficiente di
persone, bisognava esagerare. Ed si è esagerato.
La somministrazione dei vaccini è stata affidata all'esercito per
sottolineare il clima di emergenza, di protezione civile in cui ci troviamo. Ma
per chi ha la mia età l'idea di una scelta sanitaria imposta dall'esercito ha
qualcosa di inquietante come inquietanti suonano le minacce di mandare
l'esercito porta a porta a «stanare» i non vaccinati. Analogamente, per quelli
della mia generazione, la morte di De Donno evoca il fantasma di Pinelli. Per
la mia professione nella comunicazione il primo problema che ha attirato la mia
attenzione è stato da subito la mancanza di alternativa imposta al discorso
pandemico.
Democrazia significa tutela del parere delle minoranze. Questo parere è
stato sradicato in nome della scienza, chi lo professava è stato zittito ed
insultato nei dibattiti pubblici. Nell'articolo contro il green pass,
pubblicato dall'Istituto Italiano di Studi Filosofici di Napoli, Agamben e
Cacciari criticano il green pass affermando che «la discriminazione di una
categoria di persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B, è di
per sé un fatto gravissimo, le cui conseguenze possono essere drammatiche per
la vita democratica».
L'art. 3 della Costituzione italiana vieta esplicitamente ogni forma di
discriminazione. L'affermazione dei due filosofi dovrebbe quindi essere, in
qualche modo,ovvia. Invece il fatto stesso che il sito Dagospia definisca
l'articolo una «bomba» solo perché dissente dalla vulgata del «mainstream» è
una conferma di quanto gli autori espongono nell'articolo citato e cioè del
pericolo di una deriva totalitaria. Mi sembra di assoluta evidenza che
un'informazione che bandisce qualsiasi forma di dissenso, sia di per sé
sinonimo di propaganda.
E la propaganda ha poco di democratico. Da quando è iniziata la pandemia la
televisione ci ha abituati alla consuetudine del dibattito unanimistico. Ci
sono format e programmi come il talk show che hanno bisogno per esistere di un
contraddittorio. Dato che gli invitati sono tutti della stessa idea, essi non
sono tenuti a confrontarsi, ma fanno gara tra loro a superarsi in ortodossia ed
obbedienza ai vari Dcpm ed ora a Decreti Legge che hanno sostituito la
legislazione ordinaria. Mi si obietterà che tutto questo è fatto per il bene
comune, un bene comune che autorizza uno stato di eccezione, previsto però in
Italia, solo per lo stato di guerra (art. 78 della Costituzione).
Tutela cioè la collettività, ma anche l'individuo. E i trattamenti
sperimentali sono esclusi dal codice di Norimberga, dalla dichiarazione di
Helsinki, dalla convenzione di Oviedo. Il processo di Norimberga basta da solo
ad evocare il nazismo. Gli imputati si difesero sostenendo di aver obbedito
agli ordini. Per evitare che queste aberrazioni si ripresentassero fu stabilito
un codice a futura memoria. Tra l'altro esso prevede che la sperimentazione sia
ammessa solo se «il soggetto volontariamente dà il proprio consenso ad essere
sottoposto ad un esperimento».
Senza accettazione volontaria l'esperimento non può avere luogo. Il vaccino
è ancora in fase sperimentale. Cito dal bugiardino Pfizer e quindi faccio
parlare direttamente le case farmaceutiche produttrici, perché sia ben chiaro
che non sto riferendo il mio parere personale: «Per confermare l'efficacia e la
sicurezza di Comirnaty il titolare dell'autorizzazione alla emissione in
commercio deve fornire la relazione finale sullo studio clinico» e a lato
«Dicembre 2023».
Sino al 2023 il vaccino sarà una terapia sperimentale con esiti futuri
incerti. In questi giorni la senatrice Segre, sopravvissuta all'Olocausto, è
intervenuta dicendo che è folle paragonare vaccino e green pass alla Shoah. Ci
sarebbe una sproporzione tra le cose. Ma la senatrice sembra dimenticare che
c'è sempre un inizio e la discriminazione è quell'inizio. Per parlare di regime
autoritario non è necessario poi arrivare sino ai forni crematori. Basta che la
normale vita democratica ed i diritti dei cittadini subiscano delle
limitazioni.
In senso opposto va invece l'intervento di un'altra sopravvissuta
all'Olocausto che milita invece sul fronte opposto, la signora Vera Sharav.
«Conosco le conseguenze - dice la sopravvissuta - di essere stigmatizzati come
diffusori di malattie». Il suo calvario è incominciato a piccoli passi con la
segregazione ed il divieto sempre più esteso a partecipare alla vita sociale, a
entrare in determinati contesti, a viaggiare.
La cosa che più mi ha colpito nell'intervento di Vera Sharav è la lucidità
con cui collega il nazismo all'uso autoritario della medicina. In nome della
scienza - ci dice - viene cancellato ogni principio morale della società.
Questa affermazione mi fa ricordare il fondamentale intervento di Agamben
con la sua «Domanda» rivolta a tutti gli italiani. «Com' è potuto avvenire che
un intero Paese sia senza accorgersene eticamente e politicamente crollato di
fronte ad una malattia?». In nome della sopravvivenza e di quella che Agamben
chiama «nuda vita» (una vita privata di ogni valore che travalichi la
sopravvivenza biologica ), gli italiani hanno accettato di lasciar morire i
loro anziani in solitudine negli ospedali, hanno accettato di incenerire i
cadaveri senza sepoltura, hanno accettato la perdita di ogni principio morale.
Ed hanno rinunciato alla vita sociale.
E questa adesione acritica da parte dei cittadini è per certi versi più
inquietante dell'autoritarismo del governo. È un indice inequivocabile che i
meccanismi dell'autoritarismo sono già stati introiettati da tutti noi come
naturali e che appartengono ormai alla quotidianità e al nostro futuro.
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