lunedì 9 agosto 2021

2084. La fine del mondo - Boualem Sansal

in un libro ambientato in un futuro, già presente da qualche parte, esiste un mondo terribile e chiuso, tutto il mondo è in mano a una potenza politico-religiosa (che sembra l'Islam), in un regime oppressivo, la ribellione e anche solo il dubbio si pagano con la morte.

è un regime che ha creato la sua mitologia e la sua epica e il suo regno del terrore.

Abi sta in un sanatorio lontano, sulle montagne, e quando esce capisce un po' del funzionamento del mondo, e ne soffre, incontra uno come lui, e vanno in cerca di un uomo che sa qualcosa, è una ricerca fra le spie e la onnipresente polizia.

se qualcuno pensa a un romanzo a tesi sbaglia, se pensa a un romanzo politico ci azzecca (nel senso che anche 1984 è un romanzo politico), ma sopratutto è un romanzo romanzo.

Abi vuole conoscere altro, esiste un altro mondo, oltre quello totalitario (e totalizzante)?

alla fine la spinta verso la libertà e la conoscenza vince, fosse l'ultimo uomo della terra.

è una storia che ci riguarda, e parla di noi (come sempre fanno i libri).


 

 

 

 

Leggo prevalentemente narrativa ormai da circa quarant'anni e, per giudicare un romanzo, rimango fedele a pochi e incrollabili principi; il primo è che il valore deve stare dentro l'opera, non fuori. In altre parole: prima il mezzo, poi il messaggio. Se il primo è scadente, probabilmente lo è anche il secondo. Non si fa perciò un buon servizio a Sansal se si parla di 2084 solo in termini "politici", perché prima di tutto questo è un romanzo, ed è ben scritto, con squarci narrativi potentissimi, in uno stile, che procede a passo lento e coerente con ciò che dice, dal tono cupo e privo di speranza. Cede un po' solo nel finale (l'epilogo mi è parso forzato e ridondante), ma si tratta di pelo nell'uovo a fronte dell'evidente angoscia che anima l'autore nel lanciare questo disperato grido d'allarme per un possibile (probabile?) futuro in cui dignità umana e libertà saranno calpestate da una dittatura politico religiosa, di evidente assonanza con l'islam politico, i cui esponenti sono già tra noi. La speranza è che voci come quella di Sansal, persona coraggiosa e dal pensiero libero, non si spengano nell'indifferenza generale e finiscano per far capire i pericoli all'orizzonte. ...purtroppo, però, nessuno di mia conoscenza ha letto o anche solo sentito parlare di 2084, il che non mi pare un segnale incoraggiante.

da qui

 

La difficoltà di ogni romanzo ucronico sta nella capacità di creare un mondo e uno scenario credibili e coerenti. Boualem Sansal ci riesce benissimo. Grazie all’ausilio di una scrittura che sa essere enfatica, come è ogni lingua di ogni regime teocratico, senza mai essere pedante. Si parteggia per la solitudine di Abi e per la sua ricerca della verità, anche a costo della sua probabile sconfitta di fronte alla macchina repressiva. La critica all’uso della religione come arma del consenso è potentissima in questo romanzo visionario. Il più laico che abbia letto da molto tempo, non a caso scritto da un intellettuale che conosce le derive ideologiche del mondo arabo di questi anni. Perché è di oggi che si parla, come è ovvio, in questo romanzo ambientato in un futuro medievale, spaventosamente orwelliano. Sansaliano, anzi.

da qui

 

2084 – La fine del mondo è un testo potente, forte e molto difficile da mandare giù. La scrittura è ossessiva, si perde in un’infinita serie di descrittivi e di approfondimenti culturali che spesso rendono difficile andare avanti. Per essere un romanzo, bisogna ricordarselo durante la lettura, ci si trova spesso davanti a un muro culturale che l’autore rende (credo volutamente) difficile da superare. Ogni parola sembra scritta per instillare paura nel lettore, per perorare la battaglia al Fondamentalismo che Sansal combatte da trent’anni.

Sinceramente non so se consigliare un testo del genere. Non è 1984, siamo ben lontani sia come leggibilità che come struttura, eppure è molto attuale. Forse troppo, come la paura e il preconcetto che ne emerge ad ogni pagina. Rispetto a “Sottomissione” di Houellebecq, in cui c’era una maggiore moderazione, qui viene mostrato solo il terrore della dominazione teocratica. Non c’è spazio per il dialogo, non c’è possibilità di convivenza. C’è noi e la morte per tutti gli altri.

Se letto per quello che dovrebbe essere, un romanzo, potrei suggerirvelo. Ma, se visto con gli occhi di chi oggi ha paura, potrebbe gettare benzina sul fuoco. Non so cosa dirvi… Sta a voi sapere se vi sentite abbastanza aperti da leggerlo senza farvi influenzare. 1984 aveva generato non poche paure tra i lettori dei suoi tempi, 2084 per i messaggi che porta rischia di fare altrettanto.

da qui

 

"2084. La fine del mondo" sviluppa le premesse del radicalismo islamista presente in una parte della società musulmana odierna e ne trae le logiche conseguenze in un medioevo futuro dai toni apocalittici. Sulla falsariga del 1984 di Orwell, nell'imprecisato domani del romanzo di Sansal il mondo intero è sotto il giogo dell'impero dell'Abistan, teocrazia totalitaria che ha occupato non soltanto ogni spazio pubblico e privato della società, ma i cervelli stessi di un'umanità serenamente asservita ad una nuova religione, quella di Yölah e di Abi, il suo immortale Delegato in terra. Al pari degli struumenti tipici di una feroce dittatura quali il terrore la delazione e la tortura, l'apparato repressivo che opera in nome di Yölah e di Abi usa il linguaggio: l'abilng, l'unica consentita in tutto l'impero, è una versione a tal punto impoverita delle lingue preesistenti da non consentire più agli esseri umani di formulare pensieri d libertà. Un Nemico fantomatico, chiamato in ultimo DEMOC, si cela forse oltre confini la cui esistenza è alquanto dubbia in un mondo che potrebbe coincidere con l'impero: tutto pare concepito dal sistema stesso per inglobare le pur labili ipotesi di rivolta. Rivolta che non a caso germoglia in uno sperduto sanatorio di montagna nella mente di un uomo malato di tisi con un'unica evidente qualità, la curiosità verso qualcosa di ormai incomprensibile, il concetto di libertà. E va detto che questo romanzo cupo e profetico risuona infine e soprattutto come uno straordinario canto di libertà.

da qui



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