In diverse occasioni abbiamo citato la tormenta sistemica e il collasso di civiltà a cui si sta per
affacciare l’umanità nel prossimo futuro. È stato uno dei nuclei della
discussione promossa dall’EZLN nel 2015, nel seminario “Il pensiero critico di
fronte all’Idra capitalista“.
In un testo di quello stesso anno, “La tempesta, la sentinella e la sindrome della vedetta“, il subcomandante
Galeano ci chiedeva: “Cosa stiamo guardando? Perché? Verso dove? Da dove? A
quale scopo?”. Poi aggiungeva: “A chi lavora con il pensiero analitico tocca il
turno di guardia al posto di vedetta”. E si soffermava sulla cosiddetta
“sindrome della vedetta”, coè sulla stanchezza che porta la sentinella a
credere che non ci siano cambiamenti o che le continuità siano più importanti
delle novità.
Quel testo assicura che “sta arrivando una catastrofe in ogni senso“,
nonostante molti assicurino che tutto rimanga uguale o che ci siano solo piccole
variazioni. E continua: “Vediamo che arriva qualcosa di terribile, ancora più
distruttivo, se possibile”.
Tra le perplessità dello zapatismo, e di quelli di noi che continuano ad
essere anticapitalisti, la maggior parte della sinistra e dei movimenti
“continua a far ricorso alle stesse forme di lotta”. Come se nulla fosse
cambiato, si continua con cortei, elezioni, con strategie e tattiche che,
tutt’al più, potrebbero essere state utili in altri periodi.
Questa breve citazione di un testo che è consigliabile leggere tutto serve
a guardare la realtà in cui viviamo, in piena pandemia, ma partendo dall’esatta
previsione zapatista di sei anni fa nell’anticipare una tormenta distruttiva
contro i popoli.
È esattamente questo il primo punto. Va riconosciuto che molto pochi furono
in grado di comprendere cosa bisognasse guardare, come e da dove guardare, per
capire cosa stesse arrivando. La pandemia è solo un’anteprima di ciò
che può accadere. Guardiamo ancora: incendi e inondazioni, cambiamenti
drammatici perfino nella Corrente del Golfo, che si sta indebolendo e potrebbe
collassare conducendo il pianeta a una crisi molto grave, lo scioglimento del
permafrost e della banchisa polare, tra le altre distruzioni in corso, come
quella della foresta amazzonica.
Uno dei problemi centrali posti dallo zapatismo è da dove guardare. Se lo
facciamo dal basso, dai settori popolari del continente (americano, ndt), dalla zona del “non-essere” di cui parla Fanon, appaiono
tendenze temibili alle quali dobbiamo prestare la massima attenzione,
perché non colpiranno allo stesso modo l’intera società.
Nell’affrontare la crisi ambientale in corso, dobbiamo capire che le
conseguenze non saranno paritarie. Oggi i quartieri che devono essere riforniti
di acqua dalle cisterne pagano quel liquido più caro di chiunque altro, oltre
alla portata della vulnerabilità che quella dipendenza rappresenta.
Il secondo problema è che non ci sarà alcun ritorno alla normalità. La normalità
d’ora in poi sarà quella che abbiamo vissuto nei mesi peggiori della pandemia.
Qui la “sindrome della vedetta” si manifesta nel considerare la pandemia come
una parentesi dopo la quale tutto torna di nuovo uguale. Se
consideriamo la pandemia come un problema della salute, non capiremo le ragioni
per le quali le classi dominanti impongono certe misure che limitano solo la
mobilità di chi sta in basso, perché chi sta in alto non ha mai cessato di
muoversi liberamente.
Coloro che hanno studiato la cosiddetta “guerra al narcotraffico” e il
paramilitarismo, strettamente correlati tra loro, assicurano che uno degli
obiettivi centrali è proprio quello di ridurre la mobilità dei settori popolari. Durante la pandemia,
questa è stata una delle politiche centrali degli Stati: confinare, impedire la
libera mobilità, come un modo per affermare il dominio.
Si potrebbe riscrivere la celebre
affermazione di Michel Foucault sul potere del sovrano, che
si esercita attraverso il “lasciar vivere” e il “far morire”: permettere di
muoversi o impedire di muoversi. Perché su quel punto si fonda, in buona
misura, quello che è successo in questi mesi. Adesso si comincia a restringere
anche l’accesso alle attività pubbliche a chi non possiede determinati
requisiti.
Il terzo problema è che la pandemia accelera non solo il collasso/tormenta,
ma in particolare l’offensiva dell’1 per cento della popolazione contro
l’umanità. Non è che la classe dirigente abbia pianificato la pandemia, ma ne
approfitta per accelerare i processi di dominazione, espropriazione e
immobilizzazione che già stava promuovendo.
Il dominio totale della finanza e delle banche sulla vita, che porta
all’eliminazione del denaro fisico, è solo una delle tendenze in atto, esso
tende a rompere l’autonomia del tianguis e
di altre forme di economia popolare. Tutto mira a strangolare la vita
quotidiana di chi sta abajo, in basso, in modo che il capitale
possa colonizzare tutti gli aspetti della società.
Sta a noi impedirlo. Sapendo che non ci sono vie d’uscita
individuali e, soprattutto, che sarà sempre più arduo impedire
l’avanzata dei potenti, che giorno dopo giorno mostrano un profilo più
aggressivo e sono pronti a tutto pur di continuare a restare arriba,
in alto.
Fonte in spagnolo: Desinformémonos
Traduzione per Comune-info: marco calabria
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