Un’altra domanda, ingenua, se permette: crede
ancora in qualche cosa?
Naturalmente. Credo in tutto ciò che non vedo, e credo poco in
quello che vedo. Per fare un esempio: credo che la terra sia abitata, anche
adesso, in modo invisibile. Credo negli spiriti dei boschi, delle montagne, dei deserti,
forse in piccoli demoni gentili (tutta la Natura è molto gentile). Credo anche
nei morti che non sono più morti (la morte è del giorno solare). Credo nelle
apparizioni. Credo nelle piante che sognano e si raccomandano di conservare
loro la pioggia. Nelle farfalle che ci osservano, improvvisando, quando
occorra, magnifici occhi sulle ali. Credo nel saluto degli uccelli, che sono
anime felici, e si sentono all’alba sopra le case… In tutto credo, come i
bambini. In una sola cosa non credo: nell’uomo e nella donna, che esistano
ancora. Posso sbagliarmi, ma essi mi sembrano ormai luoghi comuni, simulacri di
antichi modelli, canne vuote, dove, nelle notti d’inverno, fischia ancora,
piegandole, il vento dell’intelligenza, che li sedusse e distrusse.
A questo punto si può concludere, e mi dispiace, che lei non è più
a sinistra?
Ma no! Sono ancora e più grandemente a sinistra: ma dell’Antenato
e del Bambino, intendendo per Bambini tutti i perduti alla crescita e all’intelligenza. Sono anzi all’estrema sinistra di tutti i caduti sotto i colpi
dell’intelligenza. Sogno la resurrezione dei Padri morti, di tutti i morti
nell’ingiustizia. Penso talora, è strano, anche a Laika, la cagnetta che fu
mandata, dicono, nello Spazio Esterno (definizione di Milton per gli abissi
senza speranza che circondano l’Universo), e che forse avrà chiamato
infinitamente gli umani. Vorrei gridare: Laika! Siamo qui! Ti amiamo!
Torna indietro, Laika! Sì, sono questi i miei sogni: la resurrezione, il
ritorno di tutti i morti nell’ingiustizia. Già la morte è ingiustizia. Ma
l’ingiustizia, talora, come per Laika, è più ingiusta di ogni altra cosa
ingiusta. È del tutto il segno della disgrazia di Adamo, dice l’orrore della
intelligenza di cui si è fidato. Dice che non bisognerebbe più fidarsi di
questa guida. Tornare indietro!
Laika! Ormai è morta! Svanita tra le stelle, e per sempre.
Ma non per me.
Spiriti! Folletti! Spiriti di Padri morti, di Bambini perduti, di
piante che sognano, di farfalle che ci guardano! Di anime all’alba (gli
Uccelli) che ci salutano cantando… È questa, dunque, la sua patria?
Sì, è questa.
Stiamo per chiudere, mi perdoni se è solo curiosità. Ma cosa le fa
pensare che la Natura (figlia della Ragione, no?) sia viva
quanto l’Intelligenza?
Di più! Di più! Perché l’Intelligenza non ci guarda, non ci
interroga, la Natura ci interroga continuamente. La Natura ha occhi! Chi non ha
mai guardato negli occhi di un figlio o di una figlia della Natura, non ha mai
visto nulla di divino – per significare benevolenza, pace – per quanti possano
essere gli altari a cui si sarà inginocchiato.
Allude, penso, al suo incontro con la Tartarughina?
Appunto. Mi aiuta, dove sono – come sono -, mi aiuta anche il
ricordo della Tartarughina del Levante, una sera di dicembre freddo, dietro
un’oscura vetrina. Sì, guardava me, proprio me! Alzò i suoi occhi su quella
triste distanza. Penso sempre di tornare là, appoggiare la faccia sulla oscura
vetrina, parlarle. È lì la mia patria.
Mi sorprende questa parola, pronunciata così seriamente,
appassionatamente. Lei ama… amerebbe ancora, dunque, ciò che si dice… patria?
Naturalmente! Anzi, naturellement! (patria è parola francese). Ma la
mia idea di patria è modesta. Amo ciò che è piccolo, amo le cose e creature
infinitamente piccole, mute, che ci guardano con coraggio. Esse si appellano a
noi dal fondo della loro tristezza e innocenza… ecco la mia idea di patria: lo
sguardo mite e interrogante della Tartarughina del Levante, lo sguardo calmo
degli Ultimi. Ho lì la mia casa, i miei inni, le memorie, le fiammanti e lacere
– per tutti i venti dell’inverno – care Bandiere.
La conversazione è finita. Riprenderemo fra altri anni? Forse
ascolterò, coi lettori, parole meno severe sulla intelligenza?
Non da me. Non da luoghi di esilio.
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