sabato 23 ottobre 2021

Sono morto come un vietcong. Leucemie di guerra - Giulia Spada

c'era una volta, e c'è ancora, un posto dove morire è più facile che altrove, per malattie lunghe e dolorose, e non per cause naturali.

Giulia Spada racconta una storia nella quale il protagonista e prima un amico si fanno delle domande e scrivono quello che è successo e succede, affinché nessuno potrà dire che non è mai accaduto.

di tratta di basi militari, occupazioni di terre, in Sardegna, morte in cambio di uno stipendio, come succede anche in altre parti del mondo.

un libro importante, leggete e soffritene tutti.



 

 

 

Sono morto come un vietcong è un viaggio nella Sardegna contemporanea militarizzata e colonizzata da eserciti di tutto il mondo, che scelgono i suoi Poligoni per testare le armi utilizzate nei vari teatri di guerra della Terra. La voce narrante è il padre dell’autrice, un professore di scuola media in un piccolo centro nel sud dell’Isola, che racconta capitolo dopo capitolo ciò che accade intorno a lui: persone che muoiono di leucemie e tumori, animali che nascono deformi, l’attività della base militare vicina al paese. L’autrice sceglie la forma del racconto per sollecitare una parola sociale intorno agli orrori della guerra in casa nostra, e nello specifico per offrire un ribaltamento di sguardo e riflettere sul fatto che in questi luoghi non si muore solo di leucemie o tumori, ma di guerra, e che dunque chi rimane sono orfani, orfane, vedovi e vedove di guerra.

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Quello di Giulia Spada è il racconto di un’immane tragedia, pubblica e personale. Ed è tenerissimo e struggente il rapporto che traspare, pur discreto, discretissimo, fra padre e figlia.
Ho ascoltato la voce di Giulia, durante l’incontro in cui eravamo tutti a festeggiare i trent’anni di ‘Sensibili alle foglie’. Ha parlato del suo libro e di questa terribile guerra che non si vuole vedere. Ha levato il respiro a tutti con il suo volto, le sue parole… che hanno la stessa forza garbata e intensa della sua scrittura, che mai cede alla retorica o al pianto (anche se io, devo dirvi la verità, su alcune pagine ho poi pianto). E’ la scrittura di chi conosce il dolore, ne fa arma di battaglia e il suo è un libro che tutti dovremmo leggere. Che andrebbe adottato nelle scuole. Perché è cronaca del nostro tempo cattivo…

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Bella figura quella del professore, piena di umanità, attento alle storie dei suoi ex studenti, soprattutto di quelli che sono finiti intrappolati nella Base militare – dove il lavoro si scambia inconsapevolmente con la salute – con le evidenze di morte a denunciare l’incompatibilità fra le attività della popolazione e le continue attività di guerra che nel Poligono si svolgono.

Con orrore, il professore scopre che la sua scuola è fiorita sopra fusti di napalm interrato e non riesce a rassegnarsi all’omertà che circonda la malattia diffusa.

«Le donne del paese preparano caffè con napalm e acqua. Le famiglie impastano il pane con farina e acqua e napalm. I pastori hanno le ossa fluorescenti, gli agnelli hanno due teste, le persone muoiono di leucemia perché respirano uranio e calpestano napalm»…

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