martedì 5 ottobre 2021

11 settembre e Stati Uniti: dal governo mondiale all’estorsione mafiosa - Pino Arlacchi

 

La coincidenza tra il ritiro delle truppe dall’ Afghanistan e il ventennale dell’11 settembre fa intuire che si è concluso un ciclo. Molti lo identificano come il ciclo dell’impero americano e delle sue fondamenta capitalistiche. Caratteristica di fondo del capitalismo americano è la necessità di creare o inflazionare minacce allo scopo di espandersi all’ estero, aprendo nuovi mercati e nuove opportunità di investimento per i suoi centri industriali e finanziari.

L’egemonia USA sul “mondo libero” fu stabilita dopo il 1945 e si basò sulla capacità degli Stati Uniti di fornire ai suoi alleati un bene di importanza suprema, la protezione. La principale minaccia esterna, l’espansionismo dell’Unione sovietica, era vistosamente gonfiata, e serviva solo a legittimare la pretesa di un Governo mondiale americano.

Il “mistero” delle origini della Guerra Fredda, cioè di una ostilità radicale tra due paesi che avevano combattuto assieme una guerra devastante, e che avrebbero potuto trovare un accordo soddisfacente di convivenza, non è difficile da spiegare.

Lo squilibrio di potere tra USA e Russia era troppo pronunciato perché il governo americano non cedesse alla sua congenita inclinazione espansionista.

Gli Stati Uniti erano perfettamente coscienti della propria superiorità strategica, e dopo il 1945 rifiutarono di negoziare qualsiasi proposta, sia interna che di parte russa, di sistemazione complessiva delle questioni controverse. I governanti americani erano ben al corrente della debolezza della Russia e sapevano che muovendole contro non avrebbero rischiato una nuova guerra.

Quasi tutti i 45 anni della Guerra Fredda si sono svolti in un clima di crescita degli armamenti americani ed occidentali stimolata da una minaccia largamente esagerata, costruita per creare un nemico cui attribuire una tendenza espansionista nutrita invece in proprio.

Un esame anche sommario della dottrina sovietica del tempo avrebbe facilmente concluso che non esisteva alcuna intenzione di provocare un a grande guerra né con gli USA né con l’Europa. I piani sovietici di un’invasione a freddo, non provocata, dell’Europa occidentale non si sono mai trovati, neppure dopo il crollo del comunismo, l’apertura degli archivi russi e la moltiplicazione delle testimonianze di ex-esponenti del regime.

Ciononostante, il Grande Nemico, la minaccia esistenziale all’Occidente, fu creato. Nel senso che gli Stati Uniti avevano creato sia il pericolo che la proposta di protezione.

Alla base di questa proposta c’era anche il prezzo imbattibile del servizio offerto. Ai clienti non veniva chiesto altro che di agganciarsi al carro americano in politica estera, adottare il dollaro come valuta di riferimento e fornire ospitalità alle infrastrutture militari USA.

Nessun paese era in grado di fornire sicurezza a un prezzo così basso.

La Pax americana non era esente da costi. Ma si trattava di costi non materiali. La pretesa di Governo mondiale implicava una pretesa di mantenimento non solo della pace internazionale ma anche dell’ “ordine pubblico” interno alle province governate. E gli Stati Uniti non si sono sottratti a questo compito, combattendo senza tentennamenti ogni tentativo di cambiamento politico interno alla loro giurisdizione. I loro apparati di intelligence divennero una specie di polizia politica imperiale che si arrogo’ il diritto di operare direttamente nell’intero spazio del” mondo libero”.

Come ben sappiamo noi italiani a proposito del caso Moro, che fu solo uno dei vari episodi di ristabilimento dell’ordine imperiale accaduti durante la Guerra Fredda.

Il governo di Washington è intervenuto decine di volte all’ estero, sostenendo e rovesciando governi, finanziando e organizzando colpi di Stato ed assassini politici.

L’ esercizio della funzione coercitiva comportò continue violazioni della sovranità degli alleati, ma l’imbarazzo e l’ostilità per queste trasgressioni finirono con l’essere controbilanciati in molti paesi dalla percezione che gli Stati Uniti, in fin dei conti, agivano come uno Stato sovranazionale che forniva ai suoi membri i beni pubblici cruciali della sicurezza e della pace.

Ma l’offerta USA finì con l’essere accettata anche perché in Europa il pericolo sovietico diventò progressivamente una profezia che si autoavvera. L’ Unione Sovietica aveva colto al volo la mega-intimidazione rappresentata dalla bomba di Hiroscima, ed aveva accelerato i suoi programmi nucleari. La prima atomica russa esplose già nel 1949.

Assieme alla ricostruzione delle infrastrutture e della macchina produttiva del paese, L’ URSS si imbarcò in un processo di riarmo pesantissimo, che dagli anni ’50 in poi arrivò ad assorbire fino al 15% del suo PIL. Alla fine degli anni ’50 la risposta sovietica all’ attacco americano aveva prodotto un esercito di 4,3 milioni di uomini e un grande arsenale nucleare, parte del quale rivolto contro l’Europa.

Poco importò che il riarmo russo fosse un effetto e non una causa della Guerra fredda. Una distinzione di questo genere finì col perdere qualunque significato per chi nel continente si trovasse collocato nel raggio di azione dei missili sovietici.

Per quanto amplificata e distorta, la minaccia da cui dipendeva il servizio di protezione a stelle e strisce non era più campata in aria. La profezia si era in larga parte autoadempiuta. I paesi europei parteciparono così di buon grado alla costituzione di una forza armata internazionale a guida americana, la NATO, collocata in zone strategiche dell’Europa occidentale.

La protezione dello Zio Sam fu legittimata.

La situazione iniziò a cambiare con la sconfitta del Vietnam e con una serie di episodi che dimostrarono l’erosione della forza militare degli Stati Uniti. L’amministrazione Reagan divenne consapevole di non poter prevalere nei conflitti asimmetrici del Libano, del Nicaragua, dell’Angola, dell’Afghanistan e della Cambogia, evitò con cura ogni confronto militare sul campo ed agì tramite intermediari.

Alla perdita di credibilità del potere militare USA si aggiunsero le conseguenze del crollo del sistema di Bretton Woods causato dalla dichiarazione di non convertibilità del dollaro in oro del 1971, e la perdita del controllo politico dell’Assemblea generale del’ ONU, divenuta una cassa di risonanza delle insoddisfazioni del Terzo Mondo.

L’ egemonia americana cominciò a scricchiolare, quindi, sia dal lato della pax americana e del suo servizio di protezione, sia dal lato del suo pilastro commerciale e finanziario.

Queste sono le premesse della svolta radicale costituita dal collasso improvviso del comunismo nel 1989. Si profilò allora un grave problema. Scomparso il Grande Nemico, come giustificare il proseguimento della protezione americana, e del blocco di potere da essa partorito, cioè il complesso militare-industriale-politico che oggi viene chiamato “Stato profondo”?

Dal 1989 all’ 11 settembre 2001, Governo mondiale e Stato profondo hanno attraversato una crisi di sopravvivenza. Era chiaro che prima o poi, sconfitto l’avversario epocale, il momento della verità sul taglio delle spese militari sarebbe arrivato.

La Belle Epoque clintoniana trascorse alla ricerca di un nuovo nemico. Si elaborò la concezione delle “sorgenti multiple di minaccia”. Ucciso il grande drago comunista, c’erano al suo posto tanti serpenti e serpentelli da decapitare: le mafie, i signori della droga, l’ “asse del male” degli Stati cosiddetti delinquenti.

Ma questi serpentelli non erano molto convincenti come minacce esistenziali alla sicurezza dell’America e del pianeta. Non si potevano considerare pericoli da fronteggiare con il classico armamentario militare. Per tenerli sotto controllo, potevano bastare qualche decina di miliardi di dollari di intelligence, satelliti e corpi speciali.

Per colmo di sfortuna, anche un bel po’ di questi pericoli cominciarono a scarseggiare negli anni ’90. La criminalità sia ordinaria che organizzata iniziò a diminuire, la distensione internazionale favorì i negoziati con Iran Libia e Corea del Nord, e gli attentati terroristici si misero a declinare di un quasi incredibile 83% dal 1991 al 2000. Sotto Clinton, il budget militare degli Stati Uniti diminuì del 45% e il complesso che domina Washington iniziò a temere di avere i giorni contati.

Vista questa situazione, non è esagerato affermare che lo sceicco Bin Laden ha salvato lo Stato profondo USA da un pericolo letale. L’immenso contraccolpo di rabbia e di paura provocato dall’11 settembre ha generato le disastrose guerre in Medioriente e il grande riarmo degli Stati Uniti che dura fino ad oggi.

Questo riarmo, tuttavia, non è stato sostenuto dall’entrata in scena di alcuna reale nuova minaccia. Al di là della retorica dell’antiterrorismo, nessuno degli alleati, e in primo luogo l’Europa, ha seguito gli USA nell’ aumento delle spese militari e nelle strategie militari di contrasto al terrorismo.

La ragione di fondo della protezione americana è così venuta meno. Nessun partner degli Stati Uniti si sente oggi minacciato nella sua esistenza o nei suoi interessi vitali da alcun nemico irriducibile. Neppure dalla Cina e neppure dalla Russia.

La parvenza di protezione legittima del passato si è trasformata, allora, in una tipica estorsione mafiosa, dove chi offre il servizio è anche il soggetto che crea la minaccia.

Consapevolmente o meno, gli Stati Uniti hanno creato negli ultimi decenni i pericoli contro i quali pretendono di offrire oggi la loro protezione.

da qui

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