Ma ve lo
siete dimenticato il ritornello? bisogna sostenere i governi dei tecnici
altrimenti si cade nelle mani – lorde di sangue, denaro sporco, indebitamento,
leggi ad personam – della destra?
Per carità
sarà casuale che una manifestazione che prendendo spunto dalla battaglia contro
il green pass ha espresso la sua opposizione al governo e alla gestione
pandemica, sia sfociata in incidenti provocati dalla teppaglia fascista con una
incursione nel tempio simbolico della rappresentanza degli sfruttati, ma, vedi
la coincidenza, non sono passate 48 ore che l’amorevole coppietta allacciata
con le due M intrecciate, Mario e Maurizio, ha subito reclamato il pugno duro
contro le manifestazioni violente, in modo che, val la pena di
ricordarlo, i manovratori possano sedere indisturbati al tavolo del gioco delle
tre carte, quella cabina di regia del Pnrr che, suo malgrado, suona come una
pernacchia.
D’altra
parte questa esimia manovalanza locale del racket ha i suoi problemi, più
realista del re ha voluto strafare e adesso si trova impelagata in restrizioni
e comandi ai quali il più avveduto Macron ha pensato bene di sottrarsi, mentre
i padroni e gli strozzini carolingi reclamano dai peracottari nostrani le
libbre di carne promesse sotto forma di oltre 520 condizioni capestro.
Eh certo ci
volevano dei tecnici addestrati, dei competenti autorevoli per sottoscrivere la
condanna a morte di un Paese ormai ridotto a espressione geografica e che non
può più contare nemmeno su un destino di hotel diffuso o di parco tematico dove
un popolino indolente svolga mansioni servili, essendosi svenduto beni e terre.
Ci volevano dei sacerdoti mandati dai papi neri che officiassero riti
penitenziali per penalizzare la marmaglia, che ha voluto e goduto troppo, con
una austerità severa e punitiva, come ogni giorno pretende qualche pensatore
della cerchia progressista, che appunto è convinto che il progresso debba
servire a semplificare la vita dei potenti e complicare quella degli
straccioni, immeritevoli delle sue meraviglia e dei suoi doni.
E difatti da
lungo tempo, ma con una recente recrudescenza c’è sempre qualcuno che si
affaccia, il più autorevole a ricordarci che dobbiamo morire e che
l’unica proroga è concessa dalla puntura, gli altri a augurarci sofferenze
redentive che ci conducano verso una vita virtuosa fatta di espiazione,
sacrificio, fatica e obbedienza. Di solito gli apostoli dell’aggiornamento
delle virtù cardinali, appartengono però alla categoria dei fortunati culialcaldo,
che hanno limitato il cimento con le sfide augurate ai giovani d’oggi, viziati
dalla promessa dell’opimo reddito di cittadinanza o di una carriera presso
Amazon, alla comparsata alla Ruota delle Fortuna, a una brillante scalata
nell’impresa familiare dalla quale si sono dissociati al primo tintinnio
delle catene del bagno penale.
Perlopiù
l’invito a uno studio matto e disperatissimo che potrebbe consentire dopo
laurea e svariati master di prodigarsi come pizzaiolo a Londra o per portare i
caffè di Starbucks a Wall Street, proviene da soggetti che per nascita,
appartenenza, fidelizzazione sono stati arruolati e premiati in qualità di geni
precoci e enfant prodige e issati sul seggiolone di influenti media,
prestigiose istituzioni e autorevoli organizzazioni, malgrado abbiano
dimostrato una evidente avversione per titoli di studio e diplomi, non avendo
bisogno di esibirli perché al posto dell’università della strada molto
frequentata da profili social hanno sostituito l’insegnamento di vecchi marpioni,
la benevolenza di maestri, con preferenza per quelli cattivi, la sottomissione
a potenti in attesa di un tradimento emancipatore.
Ciononostante
eccoli pontificare sui doveri, sulle responsabilità, sull’obbligo sociale e
morale dello studio, loro che non sono riusciti a completare un liceo troppo
occupati a diventare direttori, deputati, manager, imprenditori di se stessi,
patacche ammirate e vezzeggiate dalla stampa, e sul dovere, a loro risparmiato,
della fatica che comporterebbe, non avendo mai conosciuto e provato la
soddisfazione del sapere, della conoscenza non finalizzata a tradurre
l’arrivismo in posti e rendite.
Ed ecco qua
l’immarcescibile Walter Veltroni che lamenta che “la negazione dell’autorevolezza che nasce dallo studio, dalla
fatica, dal sapere, che è stata messa in discussione dal principio in base al
quale tutti potevamo dire tutto su tutto” altro non sarebbe che un
veleno seminato il cui “esito è questo: i professori
non vanno bene, gli scienziati non vanno bene, i medici non vanno bene, ma così
il paese rischia davvero molto”.
Eh si,
bisogna porre rimedio a questa catastrofe sociale culturale e morale che
permette a tutti di esprimere la propria opinione, proprio come può fare lui
che non è professore, scienziato, medico e nemmeno diplomato e il
cui talento risiede da sempre in una duttile elasticità che resiste ai
colpi conservando intatto un vuoto che può a comando riempirsi di
stereotipi utili a rendersi accettabile e gradito a chi sta ai vertici
dell’oligarchia della quale intende far parte per sempre.
Grazie a
gente come lui si è permesso che si configurasse come una naturale reazione
alla loro occupazione del sistema, la specializzazione del dilettantismo: americanisti che non sanno
l’inglese, costituzionalisti che conoscono solo la Carta igienica, registi che
hanno maturato la loro competenza coi filmini dello smartphone, fino a
celebrare il successo di soggetti di comprovata inesperienza, che rivendicavano
la loro impreparazione come una virtù e la loro imperizia come la dimostrazione
della estraneità ai vizi e alle contaminazione della combinazione tra
malapolitica e malaffarismo.
Che poi
anche sulla competenza dei migliori, molto ci sarebbe da dire, a
proposito della loro spocchia irriducibile e incurante dell’inanellarsi
di fallimenti accumulati, scommettendo sull’UE, sulla “disciplina” dei
conti, sull’austerità espansiva, sul rispetto dei trattati, sulla doverosa
riduzione del debito, sulla bontà delle privatizzazioni, sull’adesione cieca
all’atlantismo, sulla coltivazione irragionevole del primato dell’Occidente da
salvaguardare dal meticciato e dalle mire espansive di nuovi attori
incompatibili con la democrazia e la crescita sostenibile, sui licenziamenti
come ricetta per promuovere occupazione.
Se la
sociologia definisce la loro qualità come “incapacità addestrata”, riferendosi
a quel paradosso secondo il quale a una maggiore competenza corrisponde una
superiore incapacità di reagire a situazioni anomale e inattese, noi gente
comune dovremmo averli messi alla prova nel passato e in questi due anni di
test effettuati dai “custodi del tempio del sapere” intenti a mandarci in
rovina, a farci fare da cavie delle sperimentazioni sanitarie e sociali, con
l’unica finalità accertata di conservare il dominio e i beni e i privilegi che
ne conseguono.
Eppure molti
danno loro credito, molti si affidano come se la denominazione di migliori
garantisse che agiscono nell’interesse generale, molti accettano le loro
menzogne anche quando dimostrano quanto sia miserabile il loro servirsi della
teppaglia della quale si sono accorti con sorpresa dopo che per anni è stata
tollerate e vezzeggiata a dispetto delle leggi, per delegittimare protesta e
opposizione ai soprusi, agli oltraggi e allo sfruttamento.
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