giovedì 21 ottobre 2021

Due M contro l’abuso di pensiero - Anna Lombroso


Ma ve lo siete dimenticato il ritornello? bisogna sostenere i governi dei tecnici altrimenti si cade nelle mani – lorde di sangue, denaro sporco, indebitamento, leggi ad personam – della destra?

Per carità sarà casuale che una manifestazione che prendendo spunto dalla battaglia contro il green pass ha espresso  la sua opposizione al governo e alla gestione pandemica, sia sfociata in incidenti provocati dalla teppaglia fascista con una incursione nel tempio simbolico della rappresentanza degli sfruttati, ma, vedi la coincidenza, non sono passate 48 ore che l’amorevole coppietta allacciata con le due M intrecciate, Mario e Maurizio, ha subito reclamato il pugno duro contro le manifestazioni violente,  in modo che, val la pena di ricordarlo, i manovratori possano sedere indisturbati al tavolo del gioco delle tre carte, quella cabina di regia del Pnrr che, suo malgrado, suona come una pernacchia.

D’altra parte questa esimia manovalanza locale del racket ha i suoi problemi, più realista del re ha voluto strafare e adesso si trova impelagata in restrizioni e comandi ai quali il più avveduto Macron ha pensato bene di sottrarsi, mentre i padroni e gli strozzini carolingi reclamano dai peracottari nostrani le libbre di carne promesse sotto forma di oltre 520 condizioni capestro.

Eh certo ci volevano dei tecnici addestrati, dei competenti autorevoli per sottoscrivere la condanna a morte di un Paese ormai ridotto a espressione geografica e che non può più contare nemmeno su un destino di hotel diffuso o di parco tematico dove un popolino indolente svolga mansioni servili, essendosi svenduto beni e terre.  Ci volevano dei sacerdoti mandati dai papi neri che officiassero riti penitenziali per penalizzare la marmaglia, che ha voluto e goduto troppo, con una austerità severa e punitiva, come ogni giorno pretende qualche pensatore della cerchia progressista, che appunto è convinto che il progresso debba servire a semplificare la vita dei potenti e complicare quella degli straccioni, immeritevoli delle sue meraviglia e dei suoi doni.

E difatti da lungo tempo, ma con una recente recrudescenza c’è sempre qualcuno che si affaccia, il più autorevole  a ricordarci che dobbiamo morire e che l’unica proroga è concessa dalla puntura, gli altri a augurarci sofferenze redentive che ci conducano verso una vita virtuosa fatta di espiazione, sacrificio, fatica e obbedienza. Di solito gli apostoli dell’aggiornamento delle virtù cardinali, appartengono però alla categoria dei fortunati culialcaldo, che hanno limitato il cimento con le sfide augurate ai giovani d’oggi, viziati dalla promessa dell’opimo reddito di cittadinanza o di una carriera presso Amazon, alla comparsata alla Ruota delle Fortuna, a una brillante scalata nell’impresa familiare  dalla quale si sono dissociati al primo tintinnio delle catene del bagno penale.

Perlopiù l’invito a uno studio matto e disperatissimo che potrebbe consentire dopo laurea e svariati master di prodigarsi come pizzaiolo a Londra o per portare i caffè di Starbucks a Wall Street, proviene da soggetti che per nascita, appartenenza, fidelizzazione sono stati arruolati e premiati in qualità di geni precoci e enfant prodige e issati sul seggiolone di influenti media, prestigiose istituzioni e autorevoli organizzazioni, malgrado abbiano dimostrato una evidente avversione per titoli di studio e diplomi, non avendo bisogno di esibirli perché al posto dell’università della strada molto frequentata da profili social hanno sostituito l’insegnamento di vecchi marpioni, la benevolenza di maestri, con preferenza per quelli cattivi, la sottomissione a potenti in attesa di un tradimento emancipatore.

Ciononostante eccoli pontificare sui doveri, sulle responsabilità, sull’obbligo sociale e morale dello studio, loro che non sono riusciti a completare un liceo troppo occupati a diventare direttori, deputati, manager, imprenditori di se stessi, patacche ammirate e vezzeggiate dalla stampa, e sul dovere, a loro risparmiato, della fatica che comporterebbe, non avendo mai conosciuto e provato la soddisfazione del sapere, della conoscenza non finalizzata a tradurre l’arrivismo in  posti e rendite.

Ed ecco qua l’immarcescibile Walter Veltroni  che lamenta che  “la negazione dell’autorevolezza che nasce dallo studio, dalla fatica, dal sapere, che è stata messa in discussione dal principio in base al quale tutti potevamo dire tutto su tutto” altro non sarebbe che un veleno seminato  il cui “esito è questo: i professori non vanno bene, gli scienziati non vanno bene, i medici non vanno bene, ma così il paese rischia davvero molto”.

Eh si, bisogna porre rimedio a questa catastrofe sociale culturale e morale che permette a tutti di esprimere la propria opinione, proprio come può fare lui  che  non è professore, scienziato, medico e nemmeno diplomato e il cui talento risiede da sempre  in una duttile elasticità che resiste ai colpi conservando intatto  un vuoto che può a comando riempirsi di stereotipi utili a rendersi accettabile e gradito a chi sta ai vertici dell’oligarchia della quale intende far parte per sempre.

Grazie a gente come lui si è permesso che si configurasse come una naturale reazione alla loro occupazione del sistema,  la specializzazione del dilettantismo:  americanisti che non sanno l’inglese, costituzionalisti che conoscono solo la Carta igienica, registi che hanno maturato la loro competenza coi filmini dello smartphone, fino a celebrare il successo di soggetti di comprovata inesperienza, che rivendicavano la loro impreparazione come una virtù e la loro imperizia come la dimostrazione della estraneità ai vizi e alle contaminazione della combinazione tra malapolitica e malaffarismo.

Che poi anche sulla  competenza dei migliori, molto ci sarebbe da dire, a proposito della loro spocchia irriducibile e  incurante dell’inanellarsi di fallimenti accumulati,  scommettendo sull’UE, sulla “disciplina” dei conti, sull’austerità espansiva, sul rispetto dei trattati, sulla doverosa riduzione del debito, sulla bontà delle privatizzazioni, sull’adesione cieca all’atlantismo, sulla coltivazione irragionevole del primato dell’Occidente da salvaguardare dal meticciato e dalle mire espansive di nuovi attori incompatibili con la democrazia e la crescita sostenibile, sui licenziamenti come ricetta per promuovere occupazione.

Se la sociologia definisce la loro qualità come “incapacità addestrata”, riferendosi a quel paradosso secondo il quale a una maggiore competenza corrisponde una superiore incapacità di reagire a situazioni anomale e inattese, noi gente comune dovremmo averli messi alla prova nel passato e in questi due anni di test effettuati dai “custodi del tempio del sapere” intenti a mandarci in rovina, a farci fare da cavie delle sperimentazioni sanitarie e sociali, con l’unica finalità accertata di conservare il dominio e i beni e i privilegi che ne conseguono.

Eppure molti danno loro credito, molti si affidano come se la denominazione di migliori garantisse che agiscono nell’interesse generale, molti accettano le loro menzogne anche quando dimostrano quanto sia miserabile il loro servirsi della teppaglia della quale si sono accorti con sorpresa dopo che per anni è stata tollerate e vezzeggiata a dispetto delle leggi, per delegittimare protesta e opposizione ai soprusi, agli oltraggi e allo sfruttamento.

da qui

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