Lorena Di Lorenzo fa un appello, soprattutto ai giornalisti:
"Conoscere le storie è importante, ma dovete mettere le persone anche
nelle condizioni di prendere parola e di dirci qual è il loro pensiero"
Non fermarsi alle storie e ai traumi
personali, ma andare oltre. Ascoltando idee e proposte di persone che spesso
hanno “coscienza sociale” e “ricchezze” da condividere. È l’appello di Lorena Di Lorenzo, presidente di Binario 15, associazione nata dieci anni fa alla Stazione
Ostiense al fianco di famiglie e minori soli giunti a Roma dall’Afghanistan.
“Nel tempo ci sono
stati grandi cambiamenti sia nella migrazione afghana sia nel tessuto di questa
nostra città” la premessa dell’attivista, intervistata dall’agenzia
Dire alcune settimane dopo il ritiro delle forze della Nato e la
nascita a Kabul del governo degli ex guerriglieri talebani. “Chi è arrivato ora porterà nuove mutazioni: si tratta
spesso di persone che hanno collaborato con organizzazioni occidentali, hanno studiato, sono attiviste e attivisti, hanno
coscienza politica”. Secondo Di Lorenzo, sociologa, esperta di migrazioni come
gli altri volontari di Binario 15, i nuovi arrivi dall’Afghanistan
“sono conseguenza di una crisi umanitaria e di un’emergenza, ma ci possono comunque rendere più ricchi come
italiani perché riguardano esperienze dalle quali prendere ispirazione”.
Nell’intervista c’è anche l’appello che riguarda le “storie”, rivolto nello specifico ai giornalisti. “Non fermatevi
alle vicissitudini e ai traumi, che peraltro rievocano e risvegliano il dolore
in chi li racconta” dice Di Lorenzo. “Conoscere le storie è
importante, ma dovete mettere le persone anche nelle condizioni di prendere
parola e di dirci qual è il loro pensiero“. L’invito è allora a non
restare solo fruitori di storie, “quasi fossero un prodotto preconfezionato o
un film”.
L’altro tema è invece politico. Chiama in
causa le responsabilità dei governi, anche dell’Italia, uno dei Paesi della
Nato che ha partecipato all’intervento militare guidato dagli Stati Uniti con
la pretesa di “esportare la democrazia”. Secondo Di Lorenzo, a fronte dei
cambiamenti politici a Kabul, con la nascita di un governo islamista che
propone una sua versione della sharia dopo decenni di guerra, serviranno interventi
di tipo differente. “Si può partire dai corridoi umanitari, che sono la prima
risposta, ma è importante che si muovano i governi a
livello nazionale ed europeo” sottolinea la sociologa. Che però
avverte: “I problemi non si risolveranno comunque con i corridoi, che sono solo
un modo per tamponare nell’immediato, sempre nel rispetto della volontà dei
cittadini perché c’è chi vuole restare e chi invece vuole partire”.
Le responsabilità della politica, allora. Con il ruolo
delle società civili, anche a garanzia della libertà e del diritto di
spostarsi. Valido oggi come dieci anni fa, quando alla Stazione Ostiense
arrivavano in provenienza dall’Afghanistan tante famiglie e minori non
accompagnati. “Il nome di quest’associazione è la denuncia di un disagio
sociale” sottolinea Di Lorenzo. “Dieci anni fa Roma era
diventata una sorta di Lampedusa e la Stazione Ostiense la Kabul romana,
con le sue tendopoli”. Nei suoi primi cinque anni di attività, Binario 15 si è occupata soprattutto di bambini e adolescenti soli.
“Veri invisibili” ricorda la sociologa: “Non volevano
assolutamente essere visitati in ospedale, perché avevano paura che prendessero
loro le impronte digitali e che poi non potessero più partire verso il Nord
Europa a causa del Regolamento di Dublino”.
Anni dopo ci sono state nuove chiusure e
sono stati eretti muri, in particolare lungo la “rotta balcanica“. Il legame con chi è arrivato dall’Afghanistan è però rimasto con
la creazione di una rete di sostegno e solidarietà, formata da una cinquantina
di donne, tra le quali attiviste
e mediatrici, ormai da tempo in Italia. “In questi giorni – dice Di Lorenzo –
stiamo ragionando su come mettere in atto interventi per sostenere le famiglie
arrivate da poco, nell’emergenza e in modo duraturo”. Nei progetti di Binario
15 si intrecciano due piani, temporali e non solo. “Stiamo
già partecipando a iniziative a supporto del popolo afghano”
sottolinea Di Lorenzo. “In queste occasioni le volontarie della nostra
associazione si stanno ritagliando in maniera sempre più definita un ruolo di
rappresentanza pubblica della diaspora, andando oltre gli stereotipi
dell’immagine della donna afghana”.
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