Chi pagherà in modo sproporzionato le misure di prevenzione sono sempre
gli stessi. Secondo un sondaggio aggiornato ad agosto dai ricercatori della
University of Southern California su quasi dieci mila soggetti, una famiglia su
cinque (18 per cento) considerava seriamente la possibilità di non mandare i
figli a scuola a causa dei timori del Covid-19. I numeri peggiorano ancora di
più quando il reddito familiare scende. Un terzo delle famiglie che guadagnano
meno di 25.000 dollari l’anno ha riferito di avere deciso di non iscriverli o
di avere seri dubbi, rispetto a solo il 4 per cento delle famiglie che
guadagnano più di 150.000 dollari.
Al solito la dispersione scolastica avviene prevalentemente in
determinate classi sociali, e anche le paure non sono equamente
distribuite. Tanti altri, preoccupati delle misure di prevenzione che rendono
la scuola più simile ad un ospedale che altro, si indirizzano verso l’istruzione
parentale, che è cresciuta enormemente con la pandemia. Ma non è che tutto
questo fa comodo? Il problema delle classi pollaio verrà magicamente risolto?
Per fortuna in questi giorni è intervenuto Gian Vincenzo Zuccotti,
preside della facoltà di Medicina e chirurgia della Statale di Milano,
responsabile del Pronto soccorso pediatrico dell’ospedale Sacco e dell’ospedale
dei Bambini Buzzi di Milano. Ha affermato che a questo punto bisogna andare
a normalizzare questa infezione, partendo proprio dai bambini:
«Cioè trattarlo come se fosse, almeno in età pediatrica nei bambini, come
una normale influenza: è sintomatico, sta poco bene, sta a casa, nel momento in
cui supera la sua fase influenzale, la sua fase acuta, ritorna a scuola ma
senza neanche il bisogno di eseguire nessun tipo di tampone».
«Oggi possiamo dire che questa infezione può essere trattata come altre che
colpiscono il bambino. Se si infettano è in forma leggera, a bassa carica
virale. Non solo, mantenendo in circolazione il virus aiutano a raggiungere
l’auspicata immunità di gregge, a rendere endemico il Covid. Quindi teniamo a
casa solo il bambino sintomatico, che sta male e torniamo alla normalità pre
pandemia».
E visto il contesto e il livello di copertura vaccinale, propone la svolta:
«C’è un’altra via – spiega ancora – si possono lasciar andare liberi i
bambini, abbiamo raggiunto coperture molto importanti, la Lombardia è all’82
per cento e i fragili sono in sicurezza. I bambini non sintomatici o
paucisintomatici, possiamo non considerarli un problema: se qualcuno sta male,
stia a casa, poi tornerà senza tampone, normalizziamo tutto, penso sia
opportuno…».
Pubblicato su Goccia
a goccia. A scavar pietre e nutrire arcobaleni (con il titolo completo Ancora DAD, quarantene, paure e dispersione
scolastica. Al terzo anno) e qui con il consenso dei responsabili della
pagina fb. Sara Gandini è epidemiologa biostatistica
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