Vedo scorrere le immagini tremende che arrivano da Gaza e mi vengono
lacrime agli occhi, mi sale la rabbia e provo vergogna.
Come si fa a non piangere di fronte alla ferocia
della guerra. Sì, certo, la guerra è feroce per sua definizione, ma è anche
vero che la narrazione tossica che ci pervade impedisce alle persone di capire
che a certi livelli di crudeltà non ci si può assuefare, sono inaccettabili. È
inaccettabile fare il tiro a segno su bambini inermi, è inaccettabile l’azione
brutale dell’esercito israeliano che rade al suolo palazzi, rastrella civili,
li denuda, uccide a sangue freddo giornalisti e testimoni, ammazza senza remore
fingendo che così deve essere. Nel silenzio di chi dovrebbe urlare.
Nel mondo muscolare e cinico regna l’ingiustizia come regola. L’ingiustizia
sociale nel nostro Paese è la base accettata di una democrazia sempre più
asimmetrica in cui la legalità affonda gli artigli nella difesa di questa
ingiustizia stratificata.
Come si fa a
non provare vergogna
Come si fa a non provare vergogna anche di fronte agli
sgomberi dei progetti sociali che nelle città cercano di dare risposte a
mancanze istituzionali ormai radicate.
Come si fa a non provare vergogna per la repressione che stanno
subendo i nostri giovani più coscienziosi, i ragazzi di Ultima generazione, che
disperatamente e sulla propria pelle cercano di riportare all’attenzione di
tutti il dramma dei cambiamenti climatici e le follie di chi ci governa e che
continua a distruggere bene comune a vantaggio di profitto privato, radendo a
zero col bene comune il futuro dei nostri figli.
Come si fa a non provare vergogna per la deriva fascistoide
securitaria che implica ottusità nella visione delle cose della vita,
mediaticamente rese banali, cancellando ogni pensiero critico e rendendo la
resa incondizionata come unica soluzione.
Come si fa ad accettare ogni prepotenza etica, ad assistere senza
vergognarsi a questa decadenza morale, culturale e poi politica che ci sta
riportando a un analfabetismo di massa.
Occorre rimboccarsi le maniche. Provare dolore e vergogna e non sentirsi
sopraffatti da tutto quello che ci affossa la coscienza. È giunto il tempo.
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