martedì 5 dicembre 2023

Il contatore dei morti palestinesi gira, senza pietà

 

articoli, video, disegni di Alberto Negri, Scott Ritter, Alessandro Orsini, Miguel Martinez, Chris Hedges, Gianni Lixi, Davide Malacaria, Giacomo Gabellini, Paolo Barnard, Max Blumenthal, Amanda Gelender, Roberto Iannuzzi, Zena Al Tahhan, Alastair Crooke, Ted Rall, Jonathan Cook, Alessandra Ciattini, Raniero La Valle, Triestino Mariniello, Christian Elia, Francesca Albanese, Ilan Pappé, Chiara Cruciati, Carlos Latuff, Francesco Masala, Notangelo


Alberto Negri – Netanyahu non si ferma: c’era una volta Gaza

SECONDO ATTO. Deve finire presto, con un cessate il fuoco permanente, ma i nostri governi qui in Italia e in Europa (e tanto meno gli Usa) non hanno il coraggio di chiederlo

Ma che sorpresa… Alla fine spunta il documento che aspettavamo: come riportava ieri il New York Times il governo israeliano da oltre un anno sapeva dei piani di Hamas persino nei dettagli (40 pagine esaustive denominate “Muro di Gerico”). Ma li hanno ignorati.

È così particolareggiato da sembrare fabbricato ex post. In sintesi: la guerra ad Hamas Netanyahu poteva farla prima ma hanno lasciato che cominciassero gli altri. E ora, come ci informa il Wall Street Journal, inizierà anche la campagna all’estero per uccidere i leader di Hamas ospitati in Qatar, Libano, Turchia, così come sono stati eliminati in questi decenni leader dei palestinesi, dei libanesi Hezbollah e ufficiali dei pasdaran iraniani. Useranno tutti i mezzi, da quelli più sofisticati ad altri tradizionalmente insidiosi: nel 1997 il Mossad, ad Amman, tentò di far fuori con il veleno il capo Hamas Khaled Meshal. «Hanno i giorni contati», aveva avvisato il premier Netanyahu il 22 novembre riferendosi a loro e anche ai tre capi di Hamas a Gaza (Yahya Sinwar, Mohammed Deif e Marwari Issa).

Cosa significa questo? Che il futuro di Gaza e del Medio Oriente potrebbe essere ancora peggiore di questo tragico presente.

In mezzo alle tregue, l’offensiva israeliana ora riprende – « la guerra deve continuare», insiste il gabinetto di guerra a Tel Aviv – puntando decisamente su Gaza Sud dove sono affluiti capi e militanti di Hamas insieme a oltre un milione e mezzo di profughi dal Nord della Striscia.

Significa, scrive il Financial Times, citando fonti israeliane, che continueranno le operazioni militari – un eufemismo per dire i bombardamenti – almeno fino all’inizio del 2024, se non oltre.

Sarà una strategia «flessibile», sostengono i vertici militari di Tel Aviv, dettata da molteplici condizionamenti: l’andamento delle operazioni sul terreno, i negoziati per la liberazione degli ostaggi, le pressioni internazionali, soprattutto americane perché le altre contano ben poco.

E anche le pressioni di Washington sono accompagnate dalla usuale e mortale ambiguità: nelle ultime settimane il Pentagono ha inviato un flusso costante di armi e munizioni a Israele, cui la Casa Bianca ha promesso 14 miliardi di dollari di aiuti.

Insomma siamo alle solite: qui si prendono lupi per agnelli. «Niente ci fermerà», ha detto il premier Netanyahu, alle prese con i suoi guai giudiziari, nel suo ultimo incontro con il segretario di stato Usa Antony Blinken.

La guerra sarà lunga, secondo i generali israeliani, perché non sono stati raggiunti «neppure la metà degli obiettivi». Ma alla fine, tentano di rassicurare, arriverà una fase di «transizione e stabilizzazione» i cui obiettivi non sono ben chiari ma tra questi ci potrebbe essere anche una pulizia etnica di Gaza su larga scala, oltre allo sbandierato «sradicamento» di Hamas, un piano che l’ex capo del Mossad Efraim Halevy ha definito «mal consigliato» e che potrebbe ulteriormente radicalizzare Gaza e la Cisgiordania con scenari ancora peggiori degli attuali.

Mentre a Gaza Nord si prevede nei documenti israeliani una sorta di «fascia di sicurezza» senza entrate e uscite, lo «svuotamento» del sud della Striscia, almeno dei militanti e delle famiglie, dipende dai negoziati dietro le quinte con l’Egitto che finora ha respinto ufficialmente e con forza l’insediamento di una parte dei gazawi in Sinai…

da qui

 

 

Usa e Israele, nazioni gemelle – Francesco Masala *

Quando Israele fu creato dall’Onu il vero motivo, da parte di Usa e GB, era quello di avere un controllo su quel mare di petrolio che stava sotto i deserti del Medio Oriente (o Proche-Orient, come lo chiamano i francesi). Pensavano di controllare quello stato nato terrorista, cresciuto colonialista, invecchiato genocida, tutto il cursus honorum dell’Occidente concentrato in un unico stato, in così poco tempo.

In realtà, come dice Scott Ritter, sono gli (ebrei) israeliani quelli che controllano il parlamento degli Usa.

Quando gli Usa hanno imparato la lezione Israeliana, i sei milioni di morti della Shoah che gli davano il via libera per fare quello che avessero voluto, qualche Think Tank neocon avrà pensato che con le Torri gemelle in diretta tv in tutto il mondo avrebbero conquistato il diritto, al modico costo di tre o quattromila morti e due grattacieli, di conquistare il Mondo (poi le cose non sono andate al meglio, ma qualche milione di morti e qualche stato in macerie gli Usa e la Nato, i volenterosi per la libertà li hanno lasciati sul terreno), Adesso è stato il turno di Israele, con un’operazione stile Torri Gemelle, il Muro di Gerico l’hanno chiamato, al prezzo di qualche centinaio di civili israeliani ammazzati avrebbero conquistato il diritto di espellere tutti i Palestinesi da quella terra che il loro padrone aveva promesso ai loro antenati tremila anni prima, dicono loro.

Cossiga fra qualche anno ci avrebbe raccontato la verità, era sempre Kossiga, ma di Gladio, Ustica e delle Torri gemelle era stato lui a parlarne.

Ridateci Cossiga!

 

Alessandro Orsini – “L’Occidente non è un’orrenda civiltà razzista e criminale?”

Vorrei spiegare, precisamente, le ragioni per cui reputo che i media italiani siano stracorrotti e in che senso.

Ursula von der Leyen, Stoltenberg e Biden, che insieme prendono il nome di “blocco occidentale”, hanno causato la distruzione dell’Ucraina con le loro politiche sciagurate. Il numero degli ucraini morti inutilmente in guerra è spaventoso e la controffensiva è stata un fallimento colossale. Mi fa rabbia che il blocco occidentale si vanti delle sue politiche in Ucraina anziché scusarsi.

Penso che i media italiani siano stracorrotti perché dovrebbero svolgere una funzione di controllo e di critica del potere politico. Dovrebbero incalzare i potenti affinché si scusino per le loro politiche in Ucraina, ma non possono perché gli stessi media italiani le hanno promosse. Il che dà un’idea della compenetrazione tra potere politico e potere mediatico in Italia che produce tutta la corruzione del sistema dell’informazione. Quando utilizzo l’espressione “corruzione”, come ho spiegato nei miei articoli, mi riferisco non alle “bustarelle”, bensì al comportamento di una categoria professionale che viola le proprie regole di condotta etica. I conduttori televisivi e i direttori di giornali non dovrebbero parlare come se fossero un’agenzia della Nato diffondendo la sua propaganda, né dovrebbero distorcere i fatti per creare consensi intorno alle politiche mortifere del blocco occidentale. In questo senso affermo che il sistema dell’informazione in Italia è “corrotto”. A giudicare dal modo in cui stanno coprendo il massacro a Gaza – “coprendo” in tutti i sensi – direi che i media italiani sono diventati ancora più corrotti.

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Ostaggi di noi stessi

Scusate se non sono bravo a fare i calcoli. Mi pare che la vita di un uomo bianco occidentale valga la vita di circa 1000 palestinesi con la pelle più scura e musulmani. L’Occidente non è un’orrenda civiltà razzista e criminale?

Lo è, lo è.

Hitler è ancora tra noi.

I valori politici che hanno consentito l’ascesa del nazismo sono ancora vivi nell’Unione europea.

Un tempo i Paesi dell’Unione europea sterminavano gli ebrei.

Oggi sterminano i palestinesi.L’Europa passa da uno sterminio all’altro, ma non perde il vizio di sterminare i popoli.

*Post Facebook del 28 novembre 2023

da qui

 

 

“E i bambiniiii?!!!!” – Miguel Martinez

…In tutto il Medio Oriente, esiste un’unica Democrazia. E avrà pure qualcosa da insegnarci.

Qui vediamo uno Sfratto Esecutivo in corso in questi giorni a Gaza:

Tra la notifica di sfratto (peraltro comunicata impeccabilmente sui telefoni privati degli inquilini, mica con raccomandate che si perdono) e l’esecuzione, non passano i lunghi mesi, se non gli anni, cui siamo abituati in Italia.

Il calvario dei ricorsi, che fanno perdere anni di reddito a un aspirante affitta-Airbnb, si evita del tutto.

Poi guardate bene questa foto: vedete cartelli di protesta, gente che si mette provocatoriamente davanti ai poliziotti?

No.

Quando una Democrazia agisce con mano ferma, gli inquilini, anziché lamentarsi, partecipano attivamente al proprio sgombero.

E mentre in Italia, frignano subito “perché c’era un bambino“, nell’Unica Democrazia del Medio Oriente, i bambini li rimuovono gli stessi inquilini.

Vivi o morti.

Il ministro della cultura del nostro paese, Gennaro Sangiuliano, l’altro giorno, ha dichiarato:

“Israele è l’avamposto della democrazia e dell’Occidente, è la patria del meraviglioso popolo ebraico. Difendere Israele equivale a tutelare i nostri principi di civiltà.”

Facile applaudire a un paese in guerra, dalle retrovie dell’Occidente.

Vorremmo invece che il ministro iniziasse a seguire l’esempio dell’avamposto della democrazia, applicando i “nostri principi di civiltà” anche ai recalcitranti che non vogliono andarsene per fare posto alla Firenze del Futuro.

da qui


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