(intervista di Vincenzo Iurillo)
“Il disegno di legge in materia
di sicurezza pubblica contiene una serie di norme tecnicamente
da stato autoritario”. La tocca piano il pm di Napoli Fabrizio Vanorio,
esponente di Magistratura Democratica, dieci anni in
Direzione distrettuale antimafia, già inquirente di inchieste e processi sul
clan dei Casalesi e sui loro referenti politici, su Silvio
Berlusconi e su Massimo D’Alema, ora in
servizio alla sezione pubblica amministrazione dell’ufficio guidato da Nicola Gratteri.
Vanorio queste cose le ha dette in un seminario all’Università di Napoli
davanti ai docenti dell’Ateneo e ai vertici della classe forense napoletana. E
le ribadisce in questa intervista.
Dottor Vanorio, cosa non le piace della bozza di ddl in discussione?
Farei prima a dire cosa mi piace.
Parliamo del resto invece.
Con franchezza: l’impianto complessivo dell’articolato che è circolato, che è
stato pubblicato sulla rivista ‘Ristretti Orizzonti’ dopo un comunicato della
presidenza del Consiglio, e che quindi possiamo ritenere ufficiale, fa emergere
un quadro estremamente preoccupante.
Perché?
Il ddl vuole punire queste categorie di persone ritenute evidentemente
‘pericolosissime’: i ladri come tipi d’autore, da criminalizzare a vita; i
dissenzienti, perché torna in vigore la normativa Scelba sul blocco stradale; i
poveri; i migranti. Persino le detenute madri di bambini sotto i tre anni.
Faccia qualche esempio.
Emblematica è la norma contro lo sfruttamento dei minori. Due genitori poveri,
spesso extracomunitari ma ce ne sono anche italiani, che insieme rimediano in
nero 1000-1200 euro e non ce la fanno, e mandano il loro figlio 15enne a fare
elemosina o a vendere fazzoletti agli incroci, in Italia farebbero scattare un
reato punito addirittura fino a nove anni di carcere. La corruzione propria ne
prevede dieci. Per questo governo due genitori poveri srilankesi e il grande
imprenditore che paga una enorme tangente per strappare un appalto miliardario
sono uguali.
Lei prima accennava anche alla punizione del dissenso.
Si alzano le pene per la resistenza a pubblico ufficiale. Reato serio, per
carità. Ma già ora si prevedono pene serie. Farle arrivare a sette anni è ai
limiti del reato di rapina, dell’induzione indebita, la concussione più lieve.
E la triplicazione delle pene per i ‘pericolosissimi’ giovani armati di
bombolette spray, che imbrattano i muri. Possono arrivare sino a tre anni. Poi
c’è la norma più vergognosa di tutte, un obbrobrio giuridico.
Quale?
È quella contro i migranti, studiata per reprimere gli atti di resistenza
passiva dei migranti. Le faccio questo racconto: arrivi in Italia per scappare
dalla guerra, dalla miseria, sei solo povero, non hai torto un capello a
nessuno. Vieni rinchiuso in un Cpt, che magari non ha acqua calda o i bagni a
norma o fa troppo caldo o troppo freddo o il cibo è scadente. Protesti, fai
rumore, gridi, batti le pentole e qualcuno si associa. Ecco, contro gli
organizzatori di questa ‘resistenza passiva’ di tipo gandhiano si prevedono
sino a sei anni di reclusione. Possono scattare le intercettazioni, gli
arresti: non si è mai vista in un paese civile l’incriminazione della
resistenza pacifica. Al secondo posto tra le norme autoritarie c’è il ritorno
della normativa Scelba sul blocco stradale. Un capolavoro.
Perché è così duro?
Si reprime il dissenso puro e semplice della gente per bene. Chi va in piazza
oggi? Chi è vittima di tagli, dello stop al reddito di cittadinanza, di licenziamenti
collettivi. Persone oneste che soffrono. Che se organizzano una protesta o uno
sciopero e comunicano in anticipo i luoghi, vengono ignorati dai mass media,
che non possono seguire tutto. E allora che fanno? Bloccano una autostrada, per
avere attenzione.
Fanno bene?
No, non fanno bene. Però dico che sinora il blocco prevedeva una sanzione
amministrativa pesante da 1000 a 4000 euro, quindi le sanzioni già c’erano. Ora
fanno tornare Scelba al comma 1-bis, inseriscono anche le proteste sulle strade
ferrate, e si arriva a una pena sino a due anni. Si sporca la fedina penale di
cittadini che non sono criminali, ai quali si creeranno problemi ulteriori sul
lavoro, che forse non troveranno più, non potranno fare concorsi pubblici. E
magari prima o poi trovi un giudice troppo rigoroso che non ti dà la
sospensione della pena e vai in carcere. Senza considerare l’intasamento degli
uffici dei pm per seguire questi fascicoli. Saremo costretti a sfornare
centinaia di decreti penali inutili, destinati alle scontate opposizioni degli
avvocati d’ufficio. Non mi pare il caso di usare i carabinieri e la polizia per
inseguire i mendicanti e i disoccupati che protestano, distraendoli dai reati
gravi.
Qual è la sintesi del tutto, secondo lei?
Il disegno di fondo, che un certo tipo di destra ha sempre avuto, è quello di
arrestare il povero e il dissidente. Prevedendo innalzamenti di pene e
l’eliminazione delle attenuanti per reati già puniti seriamente, come la
resistenza a pubblico ufficiale, che è un reato commesso non dai colletti
bianchi o dai politici, ma da giovani, poveri, ubriachi e tossicodipendenti.
Eppure prima c’erano sanzioni amministrative serie, che creavano risorse
pubbliche, invece adesso vi saranno ulteriori processi e ulteriore
sovraffollamento in carcere. Tutto questo in un paese dove i penitenziari sono
oltre i limiti di capienza, dove si sta in dieci extracomunitari in una cella a
Poggioreale. E come spieghiamo ai cittadini che questo governo con la mano
destra vuole mettere in carcere i poveri e con la mano sinistra vuole abrogare
l’abuso d’ufficio, proteggendo il docente universitario che trucca un concorso,
il sindaco che affida illegalmente un appalto a un amico, il magistrato che
avvantaggia illegittimamente una parte processuale?
Lei al seminario ha parlato di “norme liberticide, tecnicamente fasciste”.
La democrazia ovviamente è solida e non è in pericolo. Ma queste norme sono
tecnicamente fasciste perché fanno rivivere in parte quelle del codice Rocco.
Se questo disegno di legge passasse, si tornerebbe a un diritto penale
autoritario simile a quello degli anni di Mussolini, o per fare un esempio più
moderno, a quello dell’Ungheria di Orban. Ed infine inasprire le pene contro
gli straccioni e i mendicanti ricorda ‘la ley de vagos y maleantes’ inasprita
in Spagna da Francisco Franco.
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