venerdì 18 dicembre 2020

“LA LETTERATURA, IN OGNI CASO, INIZIA CON UN MISTERO. LA PANDEMIA NON CAMBIERÀ GLI UOMINI: UNA POESIA PUÒ FARLO”. UN SAGGIO DI JOYCE CAROL OATES

La letteratura è un’espressione dello spirito umano, che si codifica e formalizza. Ha la sua origine nella cultura orale, nel momento in cui gli uomini hanno cominciato a pensare, a interrogarsi guardando le stelle, a investigare l’origine della vita. Probabilmente, si attribuiva l’origine dell’esistenza a qualche tipo di dio o di creatore: da quella tradizione orale la letteratura si è sviluppata in modo naturale, una meraviglia della natura umana.

Dall’epoca del libro e delle biblioteche siamo passati alla rivoluzione digitale: un’enorme quantità di informazioni è a disposizione di tutti. La testimonianza della nostra storia, il fascino riguardo alla nostra origine, ora è stabilita in maniera oggettiva. Ma tutto è cominciato con uomini che raccontavano una storia, diventata poi parte della nostra cultura.  

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Credo che l’espressione artistica dello spirito umano trasformi le persone, ed esprima una trasformazione. Le creazioni modificano e trasformano chi le attraversa. La poesia, la musica, la letteratura, hanno una influenza particolare sui singoli individui. Per raggiungere un gruppo più ampio, devi compiere una comunicazione più diretta: i discorsi politici in tivù o la pubblicità cercano di cambiare il comportamento delle persone nell’ambito della cultura del consumo. Ma l’arte trasforma l’individuo, singolarmente. Un poeta si attende un pubblico piuttosto piccolo, eppure molte persone possono esaltarsi leggendo, ad esempio, Neruda e Kavafis, Shakespeare, Tolstoj, Emily Dickinson. I libri che mi hanno cambiato la vita, ad esempio, sono stati Alice nel Paese delle Meraviglie Attraverso lo specchio. Avevo otto anni, me li regalò mia nonna. Sono cresciuta in una fattoria, sapevo leggere e quei libri mi hanno portato in un mondo affatto diverso dal mio. Ho divorato quei libri, gli ho letti molte volte, ne sono rimasta ipnotizzata. E ho iniziato anche un mio libro, cercando di imitare lo stile di Alice. La lezione che ho imparato è che immaginare può essere travolgente. Lewis Carroll era mirabile, divertente, diverso, ma anche molto cupo. E Alice, quella bambina di sette anni, è già piuttosto scettica rispetto al mondo degli adulti. Li guarda e pensa: “Non credo a quello che dicono”. Mi affascinava il ritratto di quella ragazzina così forte, in grado di resistere al mondo degli adulti. Non avevo mai incontrato una bambina come lei.

Al liceo ho scoperto Ernest Hemingway. Ho letto i primi racconti, piuttosto diversi dai romanzi che avrebbe scritto in seguito. Quelle storie, scritte quando aveva vent’anni, ti trasformano. Sono rimasta sbalordita da quello stile. Non tanto dai temi, ma dallo stile: la capacità narrativa, il linguaggio, quel minimalismo che è ancora molto importante per me.

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È la solitudine a dare origine alla letteratura, anche se a volte può essere un ostacolo. Nella vita ci capita di essere soli, anche se non lo siamo realmente: si è soli in una famiglia numerosa, oppure in un matrimonio, se non funziona. Se sei un artista, uno scrittore, devi passare inevitabilmente del tempo da solo. Se vivi in una famiglia rumorosa, numerosa e hai un lavoro, devi trovare il tempo per entrare in una stanza e chiudere la porta. Emily Dickinson dice: chiudere la porta alla fine del giorno. Durante il giorno non aveva possibilità di essere sola, viveva all’interno della famiglia. Ma di notte, quando andava in camera sua, si sedeva al tavolo, era mezzanotte, finalmente sola, per lavorare alla sua poesia.

Ogni forma d’arte implica sognare a occhi aperti. Magari sogni di notte, ti svegli e vivi lo stato della meraviglia. La letteratura, per me, in ogni caso, inizia con un mistero. Perché è accaduto questo? Chi è quella persona? Se incontri qualcuno che ti colpisce, investighi il suo mistero. Tolstoj ha scritto Guerra e pace perché era ossessionato da Napoleone. Se Napoleone non fosse stato la sua grande ossessione, non avrebbe scritto il suo grande romanzo. Penso che gli scrittori, in genere, siano morsi da una ossessione. Chi vive la guerra sente di doverne scrivere perché essa lo ha travolto. Chi ha vissuto il fallimento di un amore, che sembrava perfetto, vuole scriverne perché avverte che in esso giace un mistero.

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Molte cose sono cambiate nella cultura degli Stati Uniti. Il cambiamento più radicale si è avuto con il femminismo e con l’ascesa delle identità etniche. La storia della letteratura nera e afroamericana è cresciuta di importanza dalla seconda metà del XX secolo. Toni Morrison, che ha vinto il Nobel per la letteratura, ha richiamato l’attenzione su temi come la razza e il razzismo. Il movimento gay e lesbico ha creato, dalla fine del secolo, una letteratura indipendente, una cultura propria. Spiccano, anche, scrittori cino-americani come Amy Tan e indo-americani come Jhumpa Lahiri. Sono culture combinate e sovrapposte perché la letteratura, nel mio paese, è ricca e diversificata, ora.

Non credo però che queste novità abbiano influito nella mia opera: sono cresciuta in un mondo in cui gli uomini bianchi erano il mainstreamDonne ai margini come Eudora Welty, Flannery O’Connor, Edith Wharton, Elizabeth Bishop sono state importanti per me. L’Inghilterra ha avuto scrittrici magistrali come Jane Austen, George Eliot, Charlotte ed Emily Brontë. In Inghilterra, intendo, c’è sempre stata una tradizione di donne forti, non così negli Stati Uniti del XIX secolo. Ricordo Willa Cather, che scriveva modificando il nome in ‘Will’; era una figura di transizione, era donna e lesbica, ma non si occupava di questi temi nei suoi romanzi. Ha scritto di argomenti che erano di pertinenza maschile. In effetti, pur essendo donna è diventata un eccellente scrittore.

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L’esperienza della pandemia nel mio paese è molto disomogenea. Ci sono alcune regioni, soprattutto le zone rurali, che non sono state colpite. Le aree urbane più grandi sono state falciate dal virus. Gli Stati Uniti sono un paese enorme e il diverso livello economico determina la vita al tempo della pandemia. Le persone costrette a vivere in spazi ristretti, in aree urbane affollate, hanno molta più probabilità di infezione, è ovvio. Ed è ovvio che la loro vita dipenda dalla quantità di denaro di cui dispongono e questo è scandaloso. Nel mio paese sono i poveri, quelli che devono lavorare, a soffrire la pandemia. Quanto a me. Io ho scritto. Il mio lavoro, la mia opera, non sono cambiate. Sono una persona abituata a stare da sola – ora passo più tempo da sola.

Non credo che la società riuscirà a cambiare dopo la pandemia. La spagnola del 1918 non ha prodotto alcun cambiamento reale. Non credo che le persone siano cambiate. Penso che muterà la scienza, che gli scienziati impareranno qualcosa di più su epidemie e malattie infettive. Ma sfortunatamente le nazioni sono governate dai politici e a volte i politici si oppongono alla scienza.

Negli Stati Uniti vige una democrazia in cui milioni di persone votano ricevendo informazioni errate, per lo più dai social. È una cosa tipica del XXI secolo: la generazione delle informazioni errate per cittadini ed elettori. Una cosa che si colloca agli antipodi dell’istruzione, come io sono stata abituata a pensarla. Come si può risolvere questo fatto? Non lo so, non è alla portata di un romanziere capirlo.

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Penso – come tutti gli scrittori – che mi piaccia scrivere perché amo la lingua e mi piace leggere qualcosa che è scritto bene. Quando lavoro e mi accorgo, rileggendomi, di avere scritto qualcosa di buono, una scintilla di entusiasmo mi attraversa. Viviamo rari momenti di sorpresa e di felicità quando forgiamo un personaggio, una situazione, un dialogo, un finale sorprendente. Una preghiera. L’emozione, forse, riguarda qualcosa di più profondo. Un’opera può essere tragica, oscura, eppure stupirci per la sua magnificenza.

Credo che le nostre vite attraversino diverse mutazioni. La letteratura attraversa tutte le fasi della crescita. Il cambiamento, la mutazione, sono lo scheletro, la colonna vertebrale della letteratura.

 

*Si è trascritto il discorso che Joyce Carol Oates ha tenuto inaugurando l’edizione 2020 del Filba, Festival Internacional de Literatura de Buenos Aires

 

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