domenica 27 dicembre 2020

L'ombra minacciosa della Chiesa sull'educazione civica

L’Educazione civica terreno di conquista degli insegnanti di religione? - UAAR


L’insegnamento di Educazione civica – introdotto da quest’anno scolastico – rischia di trasformarsi in un’ora di religione cattolica obbligatoria.

È questa la denuncia dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar) che, a seguito di segnalazioni in tal senso, ha scritto oggi alla ministra Azzolina affinché sia scongiurato il rischio che l’insegnamento dell’Educazione civica sia impartito dagli insegnanti di religione cattolica.

«L’attacco all’ora di Educazione civica (introdotta dalla legge 20 agosto 2019, n. 92) è preparato da lontano», spiega Roberto Grendene. «È da tempo infatti che si cerca di far passare il messaggio che l’Insegnamento della religione cattolica (Irc) abbia le carte in regola per concorrere ad arricchire le consapevolezze degli allievi su molti temi dell’educazione sociale e civica. Ora che l’Educazione civica è stata inserita nell’offerta formativa si è passati dalle parole ai fatti: gli insegnanti di religione stanno cominciando a sostenere la propria legittimità a insegnare educazione civica e a impartire l’insegnamento. Uno scenario pericolosissimo per scongiurare il quale abbiamo scritto oggi alla ministra affinché intervenga opportunamente».

«Il dirigente scolastico ci ha informati che nelle prime settimane di scuola gli insegnanti di religione cattolica avrebbero “accorpato” le ore di Cittadinanza e Costituzione e che quindi nostra figlia (che non si avvale dell’Irc) sarebbe dovuta rimanere in classe durante tali ore», denuncia una madre che si è rivolta all’Uaar per far valere i diritti della figlia, studentessa del Liceo Statale “Pilo Albertelli” di Roma: «In seguito alla nostra protesta (non si può negare il diritto costituzionale a una scuola laica con la scusa di insegnare la Costituzione: in questo modo si aggrediscono a un tempo sia la laicità sia la Costituzione!) siamo stati ricevuti dal dirigente e mentre parlavamo con lui un’insegnante di religione è piombata in presidenza con un mucchio di libri di educazione civica in braccio per dimostrare la propria preparazione e affermare che gli insegnanti di Irc hanno le competenze per insegnare questa materia. Anzi: gli insegnanti di Irc si sarebbero addirittura offerti di fare i coordinatori dell’educazione civica. Dopo le prime lezioni in cui non le hanno consentito di uscire dalla classe e in cui l’insegnante di religione ha affrontato il tema della laicità (!) spiegando perché nelle aule scolastiche debba esserci il crocifisso, nostra figlia non ha frequentato le lezioni “di educazione civica” dell’insegnante di Irc perché siamo andati a prenderla a scuola, riportandola poi all’ora successiva; la prima volta chi era in portineria non sapeva se fosse permesso farla rientrare, ma quando ho chiesto di parlare con il dirigente si è presentata un’altra insegnante di religione (per la seconda volta le insegnanti di Irc della scuola si intromettevano nelle nostre scelte!) informandomi che lei non stava insegnando religione cattolica ma educazione civica e che a conclusione di queste ore avrebbe anche fatto sostenere una verifica scritta a tutti gli alunni».

«Tutto ciò è inaccettabile», prosegue Grendene: «Prima di tutto, dovendo l’Educazione civica essere svolta nell’ambito del monte orario obbligatorio, non può essere svolta all’interno di una materia non obbligatoria come l’Insegnamento della religione cattolica. Non è inoltre in alcun modo accettabile che venga imposta la partecipazione dei non avvalentesi alle lezioni tenute dal docente di religione cattolica, anche se quest’ultimo dichiara di svolgere insegnamento di educazione civica. Alle violazioni del diritto all’istruzione si aggiungerebbe un’evidente violazione dell’esercizio della libertà religiosa. È inoltre palese la non opportunità di tale scelta, non fosse altro che per il fatto che gli insegnanti di religione cattolica sono sì pagati dallo Stato ma scelti dal vescovo. L’educazione civica si configurerebbe come un’ora di religione, per di più obbligatoria e imposta dunque anche a chi all’ora di religione ha detto no, come dimostra il caso del Pilo Albertelli».

 

Maggiori informazioni:

Pec inviata al dirigente scolastico del Liceo Statale “Pilo Albertelli”.

Pec inviata alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina.

Comunicato stampa


da qui

 

 

Scuola, le mire dei vescovi sull’educazione civica – Checchino Antonini


Scuola, il rischio che la Costituzione possa appaltata ai docenti di religione. Nella classifica sulla libertà di pensiero Italia al 101° posto

«Il dirigente scolastico ci ha informati che nelle prime settimane di scuola gli insegnanti di religione cattolica avrebbero “accorpato” le ore di Cittadinanza e Costituzione e che quindi nostra figlia (che non si avvale dell’Irc) sarebbe dovuta rimanere in classe durante tali ore», denuncia una madre che si è rivolta all’Uaar per far valere i diritti della figlia, studentessa del Liceo Statale “Pilo Albertelli” di Roma: «In seguito alla nostra protesta (non si può negare il diritto costituzionale a una scuola laica con la scusa di insegnare la Costituzione: in questo modo si aggrediscono a un tempo sia la laicità sia la Costituzione!) siamo stati ricevuti dal dirigente e mentre parlavamo con lui un’insegnante di religione è piombata in presidenza con un mucchio di libri di educazione civica in braccio per dimostrare la propria preparazione e affermare che gli insegnanti di Irc hanno le competenze per insegnare questa materia. Anzi: gli insegnanti di Irc si sarebbero addirittura offerti di fare i coordinatori dell’educazione civica. Dopo le prime lezioni in cui non le hanno consentito di uscire dalla classe e in cui l’insegnante di religione ha affrontato il tema della laicità (!) spiegando perché nelle aule scolastiche debba esserci il crocifisso, nostra figlia non ha frequentato le lezioni “di educazione civica” dell’insegnante di Irc perché siamo andati a prenderla a scuola, riportandola poi all’ora successiva; la prima volta chi era in portineria non sapeva se fosse permesso farla rientrare, ma quando ho chiesto di parlare con il dirigente si è presentata un’altra insegnante di religione (per la seconda volta le insegnanti di Irc della scuola si intromettevano nelle nostre scelte!) informandomi che lei non stava insegnando religione cattolica ma educazione civica e che a conclusione di queste ore avrebbe anche fatto sostenere una verifica scritta a tutti gli alunni».

L’insegnamento di Educazione civica – introdotto da quest’anno scolastico – rischia di trasformarsi in un’ora di religione cattolica obbligatoria. Lo denuncia l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar) che, a seguito di segnalazioni in tal senso, ha scritto oggi alla ministra Azzolina affinché sia scongiurato il rischio che l’insegnamento dell’Educazione civica sia impartito dagli insegnanti di religione cattolica. «L’attacco all’ora di Educazione civica (introdotta dalla legge 20 agosto 2019, n. 92) è preparato da lontano», spiega Roberto Grendene. «È da tempo infatti che si cerca di far passare il messaggio che l’Insegnamento della religione cattolica (Irc) abbia le carte in regola per concorrere ad arricchire le consapevolezze degli allievi su molti temi dell’educazione sociale e civica. Ora che l’Educazione civica è stata inserita nell’offerta formativa si è passati dalle parole ai fatti: gli insegnanti di religione stanno cominciando a sostenere la propria legittimità a insegnare educazione civica e a impartire l’insegnamento. Uno scenario pericolosissimo per scongiurare il quale abbiamo scritto oggi alla ministra affinché intervenga opportunamente».

«Tutto ciò è inaccettabile», prosegue Grendene: «Prima di tutto, dovendo l’Educazione civica essere svolta nell’ambito del monte orario obbligatorio, non può essere svolta all’interno di una materia non obbligatoria come l’Insegnamento della religione cattolica. Non è inoltre in alcun modo accettabile che venga imposta la partecipazione dei non avvalentesi alle lezioni tenute dal docente di religione cattolica, anche se quest’ultimo dichiara di svolgere insegnamento di educazione civica. Alle violazioni del diritto all’istruzione si aggiungerebbe un’evidente violazione dell’esercizio della libertà religiosa. È inoltre palese la non opportunità di tale scelta, non fosse altro che per il fatto che gli insegnanti di religione cattolica sono sì pagati dallo Stato ma scelti dal vescovo. L’educazione civica si configurerebbe come un’ora di religione, per di più obbligatoria e imposta dunque anche a chi all’ora di religione ha detto no, come dimostra il caso del Pilo Albertelli».

 

Tutto ciò si intreccia con un’altra notizia uscita nei giorni scorsi. Non solo i credenti, ma anche i non credenti subiscono discriminazioni nel mondo. Atei e agnostici sono discriminati in 106 paesi: in almeno 10 l’apostasia è punibile con la morte; in 68 la blasfemia è un reato; in 35 la legislazione statale deriva in tutto o in parte da norme religiose; in 48 a dirimere questioni familiari o morali sono tribunali religiosi; in 26 è in vigore il divieto per i non religiosi di ricoprire alcune cariche; in 34 è prevista istruzione religiosa obbligatoria nelle scuole statali; in 15 è difficile o addirittura illegale gestire un’organizzazione apertamente umanista; in 12 politici o agenzie statali emarginano e/o molestano i non religiosi quando non incitano apertamente all’odio e/o alla violenza contro di essi. E’ il quadro che emerge dalla nuova edizione, diffusa il 10 dicembre, del Rapporto sulla libertà di pensiero nel mondo promosso dall’Humanists International (di cui l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti fa parte). E c’è di più. Come mostra il Rapporto, la pandemia ha esacerbato la situazione: in alcuni paesi atei e agnostici sono stati additati come capro espiatorio della pandemia; sono aumentate le disuguaglianze preesistenti; e inoltre la Covid-19 è stata utilizzata per imporre restrizioni eccessive sulle libertà di espressione e riunione. Nell’edizione 2020 della classifica stilata dall’Humanists International, tra gli ultimi dieci paesi in materia di libertà di pensiero, si piazzano Mauritania e Pakistan in compagnia di Arabia Saudita, Iran, Afghanistan, Maldive, Emirati Arabi Uniti, Malaysia, Brunei e Yemen. L’Europa non sfugge del tutto alle critiche, anche se si tratta di casi di ben diversa gravità. Si distinguono in particolare l’Italia (101/o posto della classifica globale: paese dell’Unione europea che si piazza peggio), la Polonia (97/o), la Germania (92/o), il Regno Unito (84/o). Ai primi cinque posti: Belgio, Olanda, Taiwan, Ecuador e Nauru.

«Nonostante le difficoltà – ha dichiarato Andrew Copson, presidente dell’Humanists International – siamo lieti di poter segnalare due buone notizie: il rilascio, dopo una campagna durata sei anni, di Mohamed Cheikh Mkhaitir in Mauritania e l’arrivo dell’attivista pakistana Gulalai Ismail negli Stati Uniti, dove ora vive con la sua famiglia». Mkhaitir ha passato sei anni in carcere per un articolo in cui si esprimeva contro il sistema di schiavitù in vigore in Mauritania. Ismail, fondatrice di Aware Girls, un’organizzazione impegnata a fianco delle donne, è stata per anni nella exit control list del Pakistan, non potendo dunque lasciare il paese. «La sezione del Rapporto dedicata all’Italia – sottolinea Roberto Grendene, segretario dell’Uaar – delinea un nutrito elenco di problemi, da sempre denunciati dall’Uaar. L’aspetto più critico messo in luce dal Rapporto di quest’anno riguarda il fatto che le autorità di governo tendono a promuovere un’agenda politica di stampo conservatore, ispirata alla religione cattolica. Un elemento che riscontriamo ogni giorno e che si riflette in qualsiasi ambito sociale, come dimostra il fatto che permangano nel nostro paese l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, con insegnanti scelti dalla Chiesa ma pagati dallo Stato, il sistema dell’8 per mille, il finanziamento pubblico alle scuole cattoliche, la straripante presenza della Chiesa cattolica nel palinsesto televisivo, i ministri di culto pagati dallo Stato per assistenza religiosa in ospedali, caserme, carceri. E l’elenco, sfortunatamente, potrebbe continuare». «L’aggiornamento di quest’anno – aggiunge Giorgio Maone, responsabile relazioni internazionali dell’Uaar – pone un’attenzione particolare sulla gestione della pandemia. Per l’Italia abbiamo segnalato i privilegi accordati alle confessioni religiose, e in particolare alla Chiesa cattolica, rispetto alle (necessarie) limitazioni imposte alla libertà di riunione di cittadini e associazioni non confessionali. Nonostante le ‘criticità ineliminabilì sotto il profilo igienico-sanitario evidenziate nelle cerimonie eucaristiche dal Comitato Tecnico Scientifico, ancora oggi, in piena seconda ondata e con migliaia di morti a settimana, le chiese rimangono aperte, a differenza di teatri e musei, e si discute di come rendere l’orario delle messe di Natale compatibile con il coprifuoco, invece che dell’assoluta inopportunità e pericolosità di tali occasioni di assembramento».


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