Era l’anno di spargimento della poliomielite che ammazzava i bambini e se
non ci riusciva li azzoppava per sempre. La chiamavano paralisi infantile, era
diffusa in tutto il mondo già da prima. Il suo ammalato più famoso era stato il
presidente americano F.D. Roosevelt.
Andavo già a scuola e non tornammo in città, restammo a Ischia in autunno.
L’isola si era spopolata anche degli ultimi tedeschi che venivano a settembre e
per un po’ di ottobre. Le botteghe chiuse, tranne gli alimentari, case e
giardini in letargo. Passeggiavamo sentendo il rumore dei nostri passi, tornati
a calzare le scarpe.
Se scendevamo al mare vedevo ondate sconosciute che risalivano spiagge e
arrivavano in strada. Nessun battello usciva dal porto, le barche dei pescatori
tirate in secco fino alle case. Così l’isola era vera, un pezzo di terraferma
assediata. Desideravo starci.
La poliomielite imperversava nelle città, due cugini a Milano l’avevano
sofferta e ne erano usciti sciancati. Avevano lottato contro l’angelo come
Giacobbe al guado. Avevano guadagnato la vita e perso l’equilibrio, come il
patriarca di quelle scritture.
Restammo sull’isola fino a Natale. Tornammo ch’era arrivato un vaccino, il
Salk. Se ne assumevano dosi diverse, era intramuscolo e lasciava un segno sul
braccio. Poi nel 1963 l’Italia adottò il Sabin da prendere per bocca con
un quadratino di zucchero. Fu obbligatorio e la poliomielite fu sconfitta.
Ricordo un dettaglio: Sabin non brevettò il suo vaccino, lo offrì gratis al
mondo, che nessuno potesse farne lucro. “È il mio regalo ai bambini”. È morto
povero nel 1993.
Era nato nel 1906 nel ghetto ebraico di Byalistok, Polonia, emigrato nel 1921.
Il suo nome di origine era Abram Saperstein.
È una storia del 1900, di grandi spostamenti umani da un continente all’altro,
dove chi riceveva e raccoglieva, veniva poi immensamente rimborsato dalle
intelligenze.
Nessun commento:
Posta un commento