(Intervista di Massimiliano Virgilio, su Fanpage)
"Non
mi considero un negazionista, ma è arrivato il momento di denunciare le
mancanze della gestione del Covid-19. Non è possibile che le persone in fin di
vita per questa terribile malattia non abbiano diritto all'ultimo saluto dei
loro cari. Ad aprile gli abbiano negato i funerali, oggi non gli stiamo risparmiando
l'onta della totale mancanza di umanità nelle cure". Sin dai primi mesi di
quest'anno Franco Arminio è stata una delle voci più critiche rispetto alla
gestione della pandemia, oltre ad essere tra i più preoccupati su ciò che il
Coronavirus lascerà nel nostro DNA di umanità quando sarà finita. Adesso si
dichiara amareggiato per il modo in cui le disquisizioni di natura filosofica e
ideale della prima fase si sono trasformate in rabberciate valutazioni
sull'oggi, senza respiro, né condivisione di battaglie culturali. "È sotto
gli occhi di tutti il fatto che il Covid-19 possa avere esiti gravissimi e
mortali – dichiara lo scrittore e poeta irpino, autore dell'ultimo ‘La cura
dello sguardo, piccola farmacia poetica' (Bompiani) – Tuttavia cerco di sollecitare,
come cittadino e scrittore, alcune riflessioni. Nel nostro Paese si parla
continuamente di virus, ma quasi mai delle vittime. Ai morti, che definisco di
Stato, è stato dedicato un minuto di silenzio in una manifestazione dell'ANCI
passata completamente sotto silenzio. Invece andrebbero ricordati sempre, ogni
giorno."
Eppure consentire le visite ai parenti
dei malati potrebbe essere pericoloso in una situazione come quella attuale.
Tuttavia
in un ospedale a Pisa si è riuscito a permetterlo. Credo che, debitamente
preparati, siamo in grado di affrontare tutto. Non possiamo rinunciare alla
nostra umanità in ragione del fatto di non essere organizzati bene. E poi la
mia richiesta riguarda un altro aspetto in particolare.
Quale?
Garantire
l'ultimo saluto alle vittime del Covid-19. Dobbiamo fare uno sforzo per
organizzare gli ospedali in modo da consentire alle persone di non morire da
soli. Quando parliamo di cura discutiamo di tutte le strumentazioni mediche e
tecnologiche necessarie a salvare la vita fisica delle persone, ma è necessario
affrontare il tema di come risparmiare a persone – quasi sempre anziane – una
solitudine devastante, che può fare gravi danni e accelerare il decorso della
malattia verso la morte.
Secondo lei il sistema sanitario è in
grado di occuparsi di qualcosa che vada oltre le cure strettamente necessarie?
Non
mi pare che ci stia riuscendo granché. Nonostante le tante misure di prudenza
che come cittadini stiamo attuando, il numero di morti nel nostro Paese
continua ad essere molto alto. È evidente che nella nostra organizzazione
sanitaria qualcosa non funzioni. Siamo organizzati male. Lo eravamo prima e lo
siamo adesso. Ciò che mi insospettisce è vedere come gran parte della classe
politica continui a puntare l'attenzione sui comportamenti dei cittadini.
Ci spieghi.
Mi
pare evidente che spostare di continuo l'attenzione sui doveri dei cittadini è
una strategia per evitare di affrontare un'analisi seria su ciò di cui la
politica dovrebbe occuparsi. O di cui non si è occupata adeguatamente.
Invece di cosa dovrebbe occuparsi?
Innanzitutto,
affrontando il tema della salute in maniera globale. Per difendere le persone
dal virus – ormai è chiaro – hai bisogno di due dighe: medicina del territorio
e ospedali. La prima linea, rappresentata dai medici di famiglia, è invece
rimasta criminalmente sguarnita. Dopo la prima ondata in cui in molti si sono
ammalati, e purtroppo in tanti sono morti, abbiamo assistito al moltiplicarsi
di episodi in cui il paziente è rimasto solo, senza assistenza alcuna. E i
medici di famiglia spesso sono ridotti a passacarte, privi di quelle
strumentazioni tecnologiche che accompagnate da una necessaria carica affettiva
possono evitare molte ospedalizzazioni.
Qualcuno sostiene che nella seconda ondata
molti medici di famiglia hanno "disertato il fronte".
Invece
di dare forza all’assistenza, mi pare ci sia più premura di creare una
saldatura tra medicina e potere. Un saldatura fondata sull'arroganza di
entrambe. Medicina e politica vanno costantemente monitorate dal punto di vista
democratico, perché il rapporto tra dottore e paziente è unilaterale, un
rapporto dove quest'ultimo è totalmente dipendente dal primo, come lo è il
cittadino povero di fronte alla politica.
C'è l'ha col ministro Speranza?
Rappresenta
una visione della politica a me lontana, oltre ad avere un’efficienza più
rappresentata che reale. Penso, per esempio, all'assenza di un piano contro le
pandemia. E comunque non è che prima di lui abbiamo avuto ministri eccellenti.
Lui però è un l'architetto di questa saldatura tra potere e medicina di cui
segnalavo i pericoli. E poi ci sono cose piccole ma significative. Faccio un
esempio: perché gli OSS, gli operatori socio-sanitari interinali, che fanno un
lavoro enorme e sono ogni giorno a rischio, vengono pagati mille euro al mese e
lavorano in costante precarietà? Da un politico che si dichiara di sinistra mi
sarei aspettato che si occupasse di affrontare certe situazioni.
In generale ritiene che non stia facendo
abbastanza sull'umanizzazione delle cure?
Una
nazione che ha dato al mondo Leopardi e Foscolo, oggi non si può permettere
un'immagine come quella che abbiamo visto la settimana scorsa di una bara
all'interno di un deposito di immondizia. È inaccettabile.
È inaccettabile, ma si è trattato di un
episodio isolato.
Certo,
è un fatto isolato, ma il contesto generale è di degrado. Se il ministro Boccia
arriva a dire che non è un problema far nascere Gesù Cristo due ore prima della
mezzanotte, con tale cinismo e sprezzo di questioni che afferiscono a una sfera
che tocca da vicino milioni di persone, vuol dire che il contesto culturale è
degradato.
È credente?
No,
ma mi ritengo una creatura intensamente religiosa.
A proposito di cultura: cosa pensa della
chiusura di musei, teatri e cinema?
Ci
può stare, perché stiamo attraversando una pandemia e dobbiamo fare di tutto
per contrastarla, ma ci volevano delle compensazioni, per esempio portare più
cultura in tv. Ciò che non mi va è il silenzio attorno a questo tema. Trovo
ingiusto che, da un lato, si nega la vita culturale e ogni forma di
partecipazione allo spazio pubblico, mentre dall'altro si fa pagare il costo di
questa crisi ad alcune categorie di persone, mentre altre ci stanno persino
guadagnando.
I colossi dell'e-commerce?
Non
solo le aziende. Anche gli imprenditori della politica. Prenda Vincenzo De Luca
in Campania. Ha ottenuto una rielezione insperata a causa dello scompiglio
portato dal virus. Eppure la Campania non brilla di certo in termini di
capacità di cura.
De Luca è anche uno strenuo difensore
della chiusura delle scuole, almeno della didattica in presenza.
Un
tema serissimo derubricato a macchietta. Ci sono ragazzi che a scuola non ci
vanno da marzo scorso e non ci andranno probabilmente fino a Pasqua 2021. Non
mi sembra giusto. Invoco una dibattito pubblico su questi temi che invece non
c'è, partendo però da alcuni punti fermi.
Mi dica il più importante.
Il
malato è sacro. Tutta l'organizzazione sanitaria deve ruotare attorno alla
battaglia contro il dolore e al rispetto della persona umana. Rispetto a questo
principio universale, ogni cosa diventa secondaria. Anche la crisi economica.
Anche il PIL.
Se cala il PIL e la crisi economica
morde, ci saranno sempre meno risorse per curare i malati di cui parla.
Intanto,
nonostante il rallentamento delle attività economiche. il mondo non sembra al
collasso, le borse tengono, segno che forse, come sempre, è il Pil dei poveri a
cadere. In ogni caso, una comunità civile non può non trascurare il tema
dell'umanizzazione delle cure. Non c'è dimensione economica che tenga. Il fatto
è che siamo sempre in meno a parlarne.
Ritiene che gli scrittori stiano
mancando di senso critico in questa fase?
Sicuramente
sulla mia bacheca non è mai venuto nessuno a darmi man forte quando più volte
l’esercizio del pensiero critico si è scontrato col fanatismo di chi invoca il
rispetto delle regole senza nessun spazio per il buon senso e per il dubbio. La
questione è che, se ci sono, sono militanze sconnesse, come se ogni scrittore
parlasse in un vicoletto che non sfocia mai nella piazza di tutti. Comunque è
bene ricordare che da sempre la poesia e i poeti hanno avuto grande attenzione
al tema della morte, della fragilità, del culto degli assenti. La tragedia in
atto è lontana dalla fine, facciamo sempre in tempo a federare i fervori che ci
sono.
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