mercoledì 16 dicembre 2020

Quando lavoro è integrazione. Unhcr premia le aziende che impiegano i rifugiati - Valentina Furlanetto


Si chiamano «Welcome» e «We Welcome» i riconoscimenti dell’agenzia Onu alle imprese che inseriscono al loro interno i richiedenti asilo 

«Sono scappata dalla Nigeria e poi sono stata venduta in Libia». A raccontare è Precious Mbonu, nata la prima volta nel 1995 in Nigeria, rinata cinque anni fa in Italia, quando ha messo piede a Lampedusa. «Mi sono imbarcata, ma non sapevo dove saremmo sbarcati. Volevo solo scappare dalla Libia. Quando siamo scesi dalla barca non sapevo dove ero, ma queste persone ci hanno accolto, si sono prese cura di noi. Mi ricordo che mi hanno dato una coperta e un paio di scarpe. Mi pareva un sogno, perché quando sono scappata dalla Libia ho perso una scarpa, sono arrivata con una scarpa sola».

Storia di una ragazza «Preziosa»

Preciuos significa Preziosa. E lei lo è davvero, per suo marito, per sua figlia appena nata, per il suo datore di lavoro in Italia e per i suoi colleghi. Ma lei fino a poco tempo fa non sapeva di esserlo, preziosa. Era sempre stata trattata con disprezzo, era sempre stata sfruttata e abusata. «Ho deciso di andarmene dalla Nigeria perché venivo maltrattata dal mio datore di lavoro, mi molestava sessualmente e non ce la facevo più. Un’amica mi ha detto che c’era lavoro in Libia, ma non avevo capito che la situazione in Libia era addirittura più pericolosa che nel mio paese di origine. Ci sono bande di mafiosi che picchiano, violentano. Sono finita in carcere per un mese e qualche settimana. Quando ho capito cosa era la Libia era troppo tardi, non potevo tornare in Nigeria, il viaggio è molto lungo e molto costoso. Nel deserto le persone muoiono per la fame o perché viaggiano su bus pienissimi e se qualcuno cade dal pulmino l’autista non si ferma. Rimani lì e muori. Poi arrivi in Libia e devi pagare. E se non hai soldi ti comprano. Io sono stata venduta. Per fortuna una famiglia libica mi ha aiutato e sono scappata. Sapevo che era rischioso attraversare il mare, ma non potevo fare altro. Quando siamo partiti non sapevo dove la barca sarebbe arrivata, dicevano in Europa, ma non avevo idea di dove sarei arrivata».

Lo sbarco a Lampedusa

Nel 2015 Precious arriva a Lampedusa e viene accolta e ospitata nell’hotspot dell'isola. Ed è qui che mentre racconta le si rompe la voce, inizia a piangere perché questa storia non l’ha mai raccontata prima a nessuno. «Quando sono arrivata a Lampedusa ho trovato un’altra vita, per la prima volta sono riuscita a chiamare mia madre, che stava male perché non mi sentiva da tantissimi mesi». Precious aveva vent’anni quando ha attraversato tutto questo. Dopo qualche mese è stata trasferita a Milano, ha vissuto con altre richiedenti asilo in una struttura protetta, ha fatto la volontaria, ha studiato e ha passato l’esame di terza media. Nel 2018 ha sentito che cercavano lavoratori a Panino Giusto, una azienda di ristorazione milanese, e ha mandato il suo cv.

Il riscatto attraverso il lavoro

«Ho iniziato a lavorare il 14 febbraio 2018, ancora me lo ricordo. Lavoro in sala, mi piace da morire, mi piace molto stare con la gente». Adesso Preciuous è una dei rifugiati e richiedenti asilo che lavora stabilmente in Italia, con un contratto, con una busta paga. Per queste persone lavoro significa dignità, inserimento sociale, autonomia economica e mentale. Significa affittare un appartamento per sé, comprarsi i vestiti, fare la spesa, ma anche avere dei colleghi, sentirsi parte di un gruppo, sentirsi apprezzati. In una parola significa integrazione. Per questo l’Agenzia Onu per i rifugiati, Unhcr, ogni anno attribuisce un riconoscimento alle aziende che inseriscono al loro interno rifugiati e richiedenti asilo. Ben 142 hanno partecipato nel 2019 e fra le premiate ci sono moltissime piccole aziende, ma anche aziende conosciute come Barilla, Lavazza e Gucci.

I riconoscimenti Welcome e We Welcome

«Partecipare è semplice, - spiega Chiara Cardoletti, responsabile Unhcr per Italia, Santa Sede e San Marino - basta essere disposti a inserire rifugiati nel proprio ambito lavorativo. Il programma è esposto nel nostro sito. Ci sono due riconoscimenti: Welcome per le aziende e We Welcome per le cooperative». La domanda poi viene valutata da un board e i progetti che rispondono ai criteri vengono premiati ogni anno. «L’edizione 2019 – dice ancora Cardoletti - ha fatto registrare una partecipazione straordinaria, il 50% in più rispetto all’anno precedente». Una di queste aziende vincitrici è proprio Panino Giusto che, oltre a Precious, ha assunto altre nove persone. È stata Elena Riva, fondatrice e co-proprietaria, a pensare di partecipare dopo che aveva avviato da un po’ di tempo il progetto Cucinare per Ricominciare. «Qualche anno fa a Milano si sono riversati molti richiedenti asilo, ci è sembrato giusto e naturale fare qualcosa per aiutarli, così abbiamo deciso di creare questo progetto di formazione e introduzione al lavoro, Cucinare per ricominciare. E poi abbiamo partecipato a Welcome. La maggiore criticità che riscontriamo nell’inserimento dei rifugiati è la lingua, che non sempre conoscono bene, mentre il punto di forza di questa esperienza è quello umano. Queste persone hanno un grande orgoglio per il lavoro, entusiasmo e voglia di riscatto, questo lo trasmettono a tutti, è contagioso e positivo. E ci ricorda anche quanto siamo fortunati noi».

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