Fatti e antefatti dell’inesorabile declino dei principali sindacati italiani.
Le vicende
della CISL documentate dall’eccellente inchiesta di Report, andata qualche giorno fa su Rai3,
avrebbero fatto arrossire anche uno come Jimmi Hoffa, se fosse ancora vivo.
Ispezioni
pilotate, dimissioni forzate, opacità, omertà, violenze psicologiche, mobbing,
abusi, distrazione di fondi, arricchimenti illeciti ai danni degli iscritti et.
Tutto in un
quadro di omertà e di opacità assoluta in cui il dirigente apicale di turno,
pur di difendere il proprio ruolo di padrone assoluto del sindacato e pappone
alle spalle dei lavoratori, non va mai per il sottile quando si tratta di
bastonare duramente qualche dirigente periferico che abbia osato – anche solo
minimamente – criticare il suo sistema di potere personale ed i suoi enormi
privilegi.
Ma,
riassumiamole per sommi capi, le vicende raccontate da Report:
1.
SUPERSTIPENDI E PENSIONI D’ORO. Nel 2015, un ex dirigente della #CISL, Fausto Scandola, aveva denunciato
che alcuni dirigenti di quel sindacato avevano accumulato un lordo
previdenziale ben superiore a quanto stabilito dal regolamento dell’epoca. In
alcuni casi si arrivava anche al doppio, 200mila euro, quando il limite previsto
era ca. 87mila.
Poco dopo
Scandola viene espulso dai probiviri, una sorta di magistratura interna al
sindacato: l’accusa è aver leso l’onore della segretaria, Anna Maria Furlan.
Dopo poco Scandola muore. Non c’è più neppure la collega Nadia Toffa, che aveva
realizzato per “Le iene” un’inchiesta memorabile su questa vicenda, pur non
avendo ricevuto una risposta.
2. LA
COMMISTIONE TRA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E CISL. L’attuale vice-segretario della
CISL nazionale, Luigi Sbarra, dal 2000 al 2009 è stato segretario regionale
della Cisl Calabria. In quegli anni è stato anche assunto all’Anas. “Abbiamo
provato a chiedergli in che anno“, dice la giornalista di Report,
ma Sbarra non ha voluto rispondere.
3. SEMPRE
DUE PESI E DUE MISURE, ANCHE QUANDO RUBANO I SOLDI DEGLI ISCRITTI. L’ex segretaria della Cisl
Campania, Lina Lucci, oggi è sotto processo per una presunta appropriazione
indebita di 206 mila euro, ridotti a 77mila per avvenuta prescrizione. La Cisl
si è costituita parte civile.
Ma non lo ha
fatto nei confronti del funzionario amministrativo del sindacato Salvatore
Denza, tirandolo così fuori dal processo. Il Tribunale aveva rinviato a
giudizio anche lui per una presunta appropriazione indebita di 172 mila euro.
4. PORTE
GIREVOLI TRA PARTITI E CISL. A giugno del 2018 il sottosegretario all’economia Pierpaolo Baretta perde
l’incarico di sottosegretario, e subito la sua portavoce Stella Teodonio trova
casa nella Fim-Cisl, di cui Baretta in passato è stato segretario generale.
5. IL
SINDACALISTA CADE SEMPRE IN PIEDI. Tra il 2015 e il 2016, mentre fioccano i
licenziamenti, solo alcuni dipendenti IAL Sicilia (formazione professionale)
riescono a mantenere la continuità lavorativa e a passare ad altro ente di
formazione: quelli che avevano condotto la trattativa con la Regione.*
*Da Report,
Rai3, puntata del 14/12/2020
Insomma,
Furlan e soci prendono stipendi d’oro e percepiranno pensioni d’oro, come
quella dell’ex segretario CISL Bonanni (330mila euro annui). Per tutti gli
altri, stipendi e salari al limite – se non al di sotto – della soglia di
povertà e pensione a 67 anni (fino al prossimo scalino) o giù di lì, con
importi da fame nera. Oppure fai un’“Ape social” che ti costa come un mutuo
casa fino al trapasso, e alleluia.
Ma come
siamo arrivati a questo punto? E, sopratutto, che senso ha continuare a
trattenere migliaia di euro all’anno su salari e stipendi per fantomatici fini
previdenziali visto che, se permangono l’attuale sistema di calcolo
contributivo (legge Dini) e l’agganciamento dell’età pensionabile all’indice
della speranza di vita previsto dalla riforma Fornero, una pensione vera non la
vedrà quasi più nessuno?
Invece
“loro”, i vertici dei sindacati complici, continueranno ad andare in pensione
con un fantastico importo raggiunto mediante il vecchio calcolo retributivo e
parametrato sull’ultimo mese di stipendio percepito dal sindacato stesso.
E come
possono, solo loro? Possono eccome, grazie ad una legge del 1996 [1]: i trenta
denari (si fa per dire) per cui si sono vendute le pensioni di anzianità – guarda
un po’- proprio un anno prima, ovvero, nel 1995 [2] quando, CGIL CISL e UIL
concorsero attivamente alla stesura ed all’approvazione della Legge Dini che
abrogò le pensioni di anzianità, estese a tutti i lavoratori dipendenti il
famigerato metodo di calcolo contributivo ed introdusse la previdenza
complementare.
Il nuovo
metodo di calcolo non si basava più sugli ultimi stipendi o retribuzioni
percepite, come nel sistema retributivo, ma sui contributi effettivamente
versati nel corso dell’attività lavorativa, rivalutati e trasformati in rendita
da un coefficiente che aumenta all’aumentare dell’età pensionabile.
Una
controriforma a tutti gli effetti che decretò la fine del sistema previdenziale
basato sul principio di solidarietà ed su un minimo di equa redistribuzione dei
contributi versati da tutte le categorie, da quelle più fortunate a quelle meno
retribuite.
Ma perché
soppressero le pensioni di anzianità? Perché introdussero il calcolo
contributivo, che ti costringe a lavorare una vita per non prendere
una pensione da fame? Perché quella complicità di CGIL, CISL e UIL
nell’approvazione di una norma che faceva a pezzi uno dei pilastri principali
del nostro stato sociale?
Eppure si
trattava degli stessi sindacati che, il 12 novembre 1994, fermarono la riforma
delle pensioni di Berlusconi quando, sotto la guida di Cofferati, lanciarono
una manifestazione che rimane tutt’ora la più grande manifestazione sindacale
dell’Italia del dopoguerra.
Era una
protesta contro la finanziaria ’95 di Berlusconi, che riformava il sistema
pensionistico in modo quasi identico a quella che fu approvata da governo Dini
(che era stato ministro del Tesoro nel governo Berlusconi), appena un anno
dopo.
Ma allora
come fece Dini ad ottenere il consenso dei tre principali sindacati italiani?
Entrambi i
disegni di riforma prevedevano l’introduzione dei fondi pensione, che proprio
la drastica riduzione degli importi per effetto del nuovo calcolo contributivo
avrebbero dovuto agevolare. Ma mentre Berlusconi, co-proprietario di
Mediolanum, voleva i Consigli di Amministrazione dei fondi pensione aperti solo
“al mercato”, Dini concesse ai sindacati di inserirsi nei CdA chiusi dei
Fondi di previdenza complementare, previsti dalla legge (Dm 703/1996 e poi dal
D.Lgs. 252/2005).
Dunque,
anziché difendere le pensioni dei lavoratori, ne accettarono la distruzione per
compartecipare al passaggio al nuovo sistema articolato su due gambe: quella
pubblica (Inps, ecc, sempre più povera) e quella privata complementare offerta
dalla grandi compagnie assicurative (Unipol, Generali, Ras, ecc).
In ballo
c’era la grande torta dei trattamenti di fine rapporto (le vecchie
liquidazioni): quasi 20 miliardi. Mediante un incentivo si cercò di convincere
i lavoratori, pubblici e privati, a destinare il proprio TFR al pagamento della
quota di adesione ai vari fondi pensione.
Ma, grazie
ad una grande campagna di controinformazione imbastita dai sindacati di base,
molti lavoratori non caddero nella trappola e mantennero il Tfr nelle proprie
mani.
Ecco, era un
po’ di storia per capire come siamo arrivati alla costituzione di una casta di
sindacalisti di vertice che vanta stipendi stellari e superpensioni d’oro, alla
progressiva trasformazione delle sedi sindacali in agenzie assicurative e dei
delegati sindacali in procacciatori di ogni genere di polizza.
Tutto ciò
mentre i lavoratori italiani hanno il duplice record delle retribuzioni
più basse e dell’età pensionabile più alta di tutti i
paesi dell’aerea UE.
D’altronde,
dopo la demolizione dell’art.18 (contro cui la CGIL fece sole 2 ore di
sciopero, neanche la finta) recentemente Furlan, Landini e Barbagallo si sono
opposti fermamente sia al Reddito di Cittadinanza che al salario minimo.
Non fa una
piega: sono posizioni assolutamente coerenti con la storia che vi ho qui
raccontato e che ha raggiunto il suo acme con l’accordo firmato unitamente
dalla maggiore associazione padronale italiana, ovvero Confindustria, con CGIL,
CISL e UIL in cui si impegnano a “fare sistema”.
NOTE
[1] Legge n. 564/1996;
scritta nel 1996 da Tiziano Treu, prima commissario INPS poi Direttore del CNEL
di cui voleva però l’abrogazione. Si tratta di una norma che permette ai
sindacalisti apicali – segretari e cariche di vertice – di ottenere una
pensione d’oro dopo soltanto un mese di lavoro.
[2] Legge n. 335/1995,
meglio conosciuta come “Riforma Dini”, che ha introdotto il sistema di calcolo
contributivo per chi ha meno di 18 anni di anzianità lavorativa alla data di
entrata in vigore della norma ed un sistema progressivo di “finestre d’uscita”,
successivamente superato da vari interventi normativi ed infine dalla “Riforma
Fornero”.
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