l'altro giorno ho letto un post di Giacinta, nel quale comunica che Giuliano è morto.
io lo conoscevo online, eravamo amici di blog, a volte commentavamo i post dell'altro.
il suo blog di cinema, per esempio, era un'utile enciclopedia, leggendo di qualsiasi film imparavi sempre qualcosa.
finché non cancelleranno i suoi blog, potremo continuare a leggere quello che ha scritto Giuliano.
(a seguire due ricordi di chi l'ha conosciuto, e i due ultimi post del clog di cinema di giuliano)
Giuliano
Ho conosciuto Giuliano nel 2011. Un giorno ho lasciato un commento in uno dei suoi raffinatissimi blog ed è nata un’amicizia che è continuata fino ad oggi e che la scomparsa improvvisa di Giuliano non interromperà. Giuliano è stato e rimarrà il mio amico migliore, la mia guida in ambito letterario, musicale, cinematografico. E’ grazie a lui che ho potuto accostarmi alla bellezza, alla complessità delle espressioni culturali nel modo più corretto e più onesto, quello che non prescinde dalla cura, dallo studio attento e rispettoso delle espressioni del genio umano. Anche Giuliano era un autore: i suoi blog costituiscono il frutto dell'intimo colloquio con ciò che leggeva, ascoltava, vedeva e sono felice che ciò che ha scritto sia ancora condivisibile e fruibile da me e da tutti. Ho avuto anche il piacere di leggere rime bellissime di Giuliano che, se riesco a superare questo incerto momento, e a capire cosa davvero a Giuliano sarebbe piaciuto diffondere, cercherò di condividere qui, in questo blog.
Ho
scritto queste righe perché so che Giuliano ha molti amici in rete, tanti
legami che si sono stabiliti attraverso questo e gli altri suoi blog ed è forse
opportuno che conoscano il motivo del suo silenzio. Un silenzio che non sarà assoluto
grazie ai suoi scritti che la rete continua a trattenere.
I blog di
Giuliano
giulianocinema Deladelmur L'OPERA AL CINEMA
Senza parole -
È così che sono rimasto, anche se un silenzio troppo
prolungato mi aveva fatto temere il peggio.
Giuliano, quel Giuliano che negli anni ha lasciato qui centinaia di commenti,
non c’è più.
Gli ho scritto lunedì scorso: di solito mi rispondeva subito, entro un giorno
al massimo.
Gli avevo scritto con timore perché avevo notato che non commentava più e non
mi scriveva in privato.
Ho cercato febbrilmente notizie su di lui e oggi, purtroppo, ho trovato quello
che in cuor mio sapevo già.
Era uno dei più grandi intenditori di cinema del nostro sfortunato paese, una
di quelle persone che di questi tempi non possono emergere: troppo colte,
troppo intelligenti, troppo sensibili, troppo riservate, troppo oneste.
E di lirica ne sapeva più di me, che passo per esperto.
A Giuliano non sarebbe piaciuto che si parlasse di lui, in alcun caso.
Insieme abbiamo condiviso molto, anche in Rete: con alti e bassi, come succede
normalmente nella vita.
Lo conobbi di persona tanti anni fa, a Milano, prima di un Don Giovanni.
Disse, a me che sono un omone di 1.85 per 95 kg: “Ti facevo più grande, un
Fafner. E pensavo a Betta come a una Brünnhilde.”
Ridemmo molto.
Volevo dedicargli una foto, ma tra le mie non ci sono di così belle da
ricordarlo degnamente.
Ciao, Giuliano.
Disagio
Questo blog si ferma qui, per la seconda volta dopo la precedente pausa durata sette anni; non so dire se e quando ricomincerò, perché le cose sono cambiate e di molto. In parte perché ho già scritto tanto, direi anche troppo, e l'età comincia a pesare; ma in gran parte mi fermo perché ho difficoltà ad andare avanti, e la convinzione che il cinema come lo abbiamo sempre pensato sia morto e sepolto si fa in me sempre più certa e profonda.
Leggo da una
ventina d'anni di entusiasmi per Tarantino, Kitano, Sorrentino, Garrone... non
sono mai riuscito a finire un loro film, e dopo un po' ho perso di interesse.
Per intenderci, di sparatorie e di divise naziste alla Tarantino ne ho già
viste fin troppe, e se nella sua maturità un regista sceglie un soggetto come
"Il giovane papa" mi cascano le braccia.
Lo stesso
discorso mi tocca fare per registi osannati come Christopher Nolan ( ho
esaurito il mio interesse per Batman fin dagli anni '60), o Paul Thomas
Anderson; e, dato che Batman e i fumetti Marvel non mi interessano, non so cosa
farmene nemmeno di "Joker" e dei super eroi. Non ci sono altri
soggetti, in giro? Il mondo non offre idee migliori, sia nel presente che nel
passato?
Non vado
meglio con i vecchi, quelli con cui sono cresciuto: gli ultimi film di Peter
Weir e di Jim Jarmusch mi sono sembrati cose da poco. Riguardo a Weir, autore
che ho amato moltissimo, se "Master and commander" poteva essere
considerato un ottimo esercizio di stile, non sono riuscito a riconoscere l'autore
che amavo in "The way back", che ho trovato molto simile, troppo
simile, a tanti altri film visti in passato. In "The way back" non ho
trovato nulla di quello che mi affascinava in Weir, è solo la storia di una
marcia nel freddo, con personaggi un po' troppo stereotipati.
Può darsi
che Weir torni a sorprendermi, ma vedo invece male Jim Jarmusch: se l'autore di
"Dead man" decide di girare prima un film sui vampiri e poi uno sugli
zombies, l'impressione che non abbia più niente da dire ma che stia comunque
cercando di rimanere nel giro diventa sempre più potente. Magari a voi questi
film sono piaciuti, io ho deciso di non fidarmi più. La stessa cosa mi era
capitata con l'ultimo film di Bernardo Bertolucci, "Io e te"; ero
rimasto molto deluso, sapevo che era probabilmente l'ultimo di un grande
regista, e che - potendo scegliere - abbia scelto proprio questo soggetto è
stata un'altra delusione profonda.
Allo stesso
modo, ho dovuto prendere le distanze da altri due autori che hanno segnato la
mia vita, e non solo come appassionato di cinema: Werner Herzog gira ancora dei
bei documentari, ma conosco documentaristi migliori di lui. Herzog si è
liberato del "furore di Dio" che gli covava dentro agli inizi di
carriera, e sono contento per lui se adesso sta meglio, ma i suoi ultimi film
non mi sono sembrati memorabili - lo so che è una cosa brutta da dire,
"eri meglio da giovane", ma non saprei cos'altro aggiungere. Più o
meno lo stesso discorso per Wim Wenders: ho trovato tempo fa una sua intervista
dove diceva che come docente di cinema pretende che i suoi studenti si
presentino con sceneggiature dettagliatissime, cioè tutto l'opposto dei suoi
film migliori. Forse la fortuna di Wenders, e di Herzog, è stata proprio quella
di non avere avuto docenti. Si può davvero insegnare a fare cinema? Ragionando
sulla storia del cinema (Chaplin, Capra, Fellini, Kubrick...), direi che dei
docenti e delle scuole di cinema si può fare tranquillamente a meno, a meno che
non si tratti di imparare nozioni tecniche pure e semplici. Per intenderci meglio,
sono convinto da tempo che le scuole di sceneggiatura siano responsabili
dell'appiattimento generale di ciò che vediamo oggi; queste scuole servono
soprattutto per farsi conoscere e magari cooptare nell'ambiente (lontani i
tempi in cui Luciano Vincenzoni, scrittore per molti film di Sergio Leone, si
presentava con i suoi soggetti da Dino de Laurentiis...), e anche per mantenere
un po' di "creativi" che altrimenti dovrebbero andare a lavorare.
Mi colpisce
poi vedere registi come Sam Mendes (non è il solo) che a un certo punto della
loro vita, quando sono già conosciuti e affermati, vanno a fare i film di James
Bond. Capisco che i soldi contano, nella nostra vita, ma il percorso giusto è
all'inverso: Sergio Leone comincia con "Il colosso di Rodi", Fellini
con "Luci del varietà", poi cominciano i loro film personali, quelli
d'autore, e con grande successo. La stessa cosa capita con Antonioni, che
inizia a farsi conoscere con i film nell'ambiente della moda, e anche a Stanley
Kubrick con "Spartacus". I tedeschi, Herzog Wenders Kluge, invece
fondarono una loro casa di produzione per essere liberi di realizzare i loro
progetti. Oggi invece si fanno i film personali all'esordio, poi si passa alla
cassa; chiedo venia, ma la cosa mi interessa sempre meno.
Mi rifiuto
di credere che non esistano più talenti come quelli con i quali sono cresciuto,
c'è sempre stato un ricambio generazionale ed è impossibile che non ci sia ora;
probabilmente la spiegazione della pochezza di oggi sta nei nuovi mezzi di
produzione, una specie di censura preventiva (di natura soprattutto
commerciale) che di fatto impedisce a chi ha una voce originale di esprimersi.
Quello che vedo, per esempio ogni volta che provo a guardare un film italiano,
è quasi sempre mediocrità: sia per la recitazione che per la scrittura che per
la regia. Spiace doverlo dire, ma è così; un abbraccio a chi ha ancora idee e
voglia di impegnarsi.
Delle serie
tv "belle come al cinema" ho già parlato pochi giorni fa, non voglio
ripetermi; quanto all'andare avanti con il blog, non posso non notare che le
novità di Blogger e degli altri "editori" on line vadano sempre di
più verso lo smartphone e verso altri mezzi, come Instagram, Facebook, Tiktok,
eccetera. Insomma, dovrei ripensare il blog a dimensione di telefonino, e non
me la sento proprio. La mia dimensione è questa, quella che avete visto fino ad
oggi, ed è più che probabile che il blog come l'abbiamo conosciuto fin qui sia
destinato a scomparire a breve, magari proprio cancellandone dal
"cloud" ogni traccia. Anche perché, ormai è sempre più evidente, c'è
il rischio di essere denunciati per furto d'immagine: non dagli eredi di
Fellini o di Tarkovskij ma da parte di qualcuno che ha messo il suo nome su
immagini di pubblico dominio. Perciò ribadisco: questo blog non ha fini di
lucro, caso mai ci ho rimesso del mio; e le immagini che ho messo servono per
far conoscere, per far ricordare, per non perdere la memoria dei capolavori.
Dei capolavori del passato, mi viene da dire; ed è proprio così, infatti, il
cinema è morto da tempo e del cinema bisogna abituarsi a parlare al passato.
Quello che state guardando adesso, quello che stanno girando adesso, è
tutt'altra cosa e bisognerebbe dargli un altro nome. (24 luglio 2020)
- Oggi però
le facce sono cambiate, tendono a omologarsi; Pasolini in "Lettere
luterane" diceva che in Italia è in atto una mutazione antropologica
visibile sulle facce della gente...
- Oggi hanno
tutti facce da merendine, si vede la differenza quando in televisione compaiono
le espressioni rubate alle persone dei cosiddetti paesi sottosviluppati, quelle
persone hanno volti straordinari mentre le nostre facce non hanno più identità.
(...)
(da "I
volti e le mani" a cura di Benedetta Tobagi, ed. Feltrinelli; pag.77,
intervista di Ermanno Olmi con Sergio Toffetti)
PS: questo è l'unico post senza immagini, mi sembra chiaro il perché.
http://giulianocinema.blogspot.com/2020/07/disagio.html
Io mi fermo qui
Che cosa è
la Zona? Lo spiega lo Stalker stesso, al minuto 59.
« La Zona è forse un sistema molto complesso di trabocchetti, e sono tutti
mortali. Non so cosa succeda qui in assenza dell’uomo, ma appena arriva qualcuno
tutto si comincia a muovere, le vecchie trappole scompaiono e ne appaiono di
nuove, posti prima sicuri diventano impraticabili, e il cammino si fa ora
semplice e facile ora intricato fino all’inverosimile. E’ la Zona...forse ad
alcuni può sembrare capricciosa, ma in ogni momento è proprio come l’abbiamo
creata noi, come il nostro stato d’animo. Non vi nascondo che vi sono stati
casi in cui la gente è dovuta tornare indietro a mani vuote. Alcuni sono anche
morti proprio sulla porta della Stanza; ma quello che succede non dipende dalla
Zona, dipende da noi.
- Fa passare i buoni, e ai cattivi taglia la testa?
- No... non lo so... a me sembra che faccia passare solo quelli che non hanno
più nessuna speranza...non i cattivi o i buoni ma...gli infelici. Ma anche il
più infelice morirebbe subito se non si comportasse come si deve. (rivolgendosi
allo scrittore) A lei è andata bene, io l’avevo avvertita, potevo
anche non farlo!
- (Il Professore) Sapete cosa vi dico? Io mi fermo qui. Mi
siedo e aspetto che voi torniate, magari felici. Ho da mangiare, da bere, non
mi manca niente; mi fermo qui.
- E’ impossibile. (...) Non si torna indietro per la strada fatta all’andata.»
Sembra un
discorso complicato, ma basta cambiare “la Zona” con “la Vita”, e tutto diventa
più semplice.
(dal mio
post su "Stalker" di Andrej Tarkovskij)
http://giulianocinema.blogspot.com/2020/07/io-mi-fermo-qui.html
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