venerdì 15 maggio 2020

Silvia scusaci - Gianni Lixi




L’articolo 661 del codice penale condanna chi abusa della credulità popolare. Credo che sia un articolo non applicato quanto dovrebbe. Gli stessi che ora lanciano strali, parole scomposte ed aimè anche atteggiamenti minacciosi, contro Silvia Romano, sono gli stessi che brandiscono rosari, presepi, processioni, messe, nell’ intento di accattivarsi la simpatia di persone fragili e senza un grande background culturale, abusando della loro credulità perché possibili elettori. Ora usano l’islam, una delle religioni più diffuse del pianeta per aizzare l’odio e guadagnare consensi, l’altro giorno erano i migranti.
Sono per il superamento delle religioni. Sono uno strumento che tutti i poteri politici usano per dividere anziché per unire. Un bel paradosso: quello che dovrebbe affratellarci viene utilizzato per dividere. E d’altra parte le religioni tutte si prestano a questo. Quale uomo che aderisce ad una religione pensa che la sua non sia la migliore? Hanno in se un elemento divisivo dalla nascita. Non si diventa fratelli con le religioni. Ci si deve sforzare di diventare fratelli, come tutti gli incontri interconfessionali (più che benvenuti) che si promuovono in questo senso dimostrano.
Capisco però che il trasporto che un individuo ha di aderire a questa o a quella religione nasce, quando non è una adesione automatica come può accadere quando si aderisce ad una religione egemonica nel tuo ambito culturale (la religione cattolica in Italia, altre religioni in altri paesi) da una esigenza di spiritualità. Questa è una componente che non credo sia dissociabile dalla natura umana. La spiritualità si può vivere in tanti modi, non solo religiosi, anzi direi che le religioni sono in questi ultimi decenni in fase di decadenza. La spiritualità per la terra, per i suoi frutti, per l’uomo stesso, senza intermediazioni religiose. Sia come sia, la scelta deliberata e non automatica di una religione ha alla base la ricerca di spiritualità. Questo è un fatto molto intimo e trovo pornografico che ci sia qualcuno che spogli questa intimità. Tanti, troppi giornalisti non solo nelle testate di destra ma anche nelle testate meno reazionarie (micromega per esempio) hanno sentito un irrefrenabile impulso di cercare di interpretare (in genere sminuendolo) questo delicato, imperscrutabile ed intimo passo fatto da Silvia.
Durante la prigionia di Silvia ogni tanto mi scendevano le lacrime a pensarla. Forse perché al posto suo ci sarebbe potuta essere mia figlia che lavora nel campo dei diritti umani e che ha lavorato in Africa. Mi succedeva la stessa cosa pensando a Giulio Regeni. Forse perché un altro figlio faceva in quegli anni un percorso simile al suo. E se penso a Patrick Zaky è lo stesso.
Da padre, e da cittadino del mondo, gioisco per il ritorno di Silvia anche se mi angoscia la gogna mediatica a cui è costretta, e continuo a piangere Giulio che non è ritornato.

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