(vignetta di Benigno Moi)
Meno armi, più
ospedali - Giulio Marcon
Nel 2019 sono stati spesi nel mondo quasi 2mila
miliardi di dollari in armi, mentre il bilancio dell’Oms è di poco più di due.
In Italia aumentano le spese militari e, nel pieno dell’emergenza Covid-19, si
conferma il programma d’acquisto degli F-35 ed è in arrivo una legge da 6
miliardi di euro in armamenti.
Il nuovo Rapporto annuale del SIPRI, il prestigioso
istituto svedese di ricerca sulla pace e il disarmo, ci dice che nel 2019 sono
stati spesi 1.917 miliardi di dollari per le armi e la difesa. Nello stesso
tempo il bilancio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) è di poco
superiore ai due miliardi di dollari, lo 0,11% di quanto si spende per le armi.
Si è paragonata – sbagliando – la pandemia del
coronavirus a una guerra. Sta di fatto che per le guerre vere o inesistenti si
spendono migliaia di miliardi di dollari e per difenderci a livello globale da
una pandemia che sta causando centinaia di migliaia di morti si danno
all’organismo globale che dovrebbe coordinarci e intervenire solo le briciole.
Il bilancio dell’Oms è basato su contributi volontari e in parte sono privati:
il secondo finanziatore dell’Organizzazione è la Fondazione Bill e Melinda
Gates.
Intanto, che cosa fa il governo del nostro paese? Con
il decreto Cura Italia sta mettendo un po’ di risorse sulla sanità, ma dal 2008
gli esecutivi che si sono succeduti in questi anni hanno definanziato il
servizio sanitario nazionale. Lo certifica in queste ore l’Istat. Negli stessi
anni sono aumentate le spese militari.
Nella conferenza stampa online tenutasi il 27 aprile
scorso, Sbilanciamoci!, la Rete Disarmo e la Rete della Pace hanno chiesto al
governo di bloccare l’imminente “legge terrestre” (6 miliardi di euro per carri
armati, blindo, ecc.) e di fermare gli ulteriori investimenti per gli F-35. Il
Movimento 5 Stelle ha ripreso la proposta e una cinquantina di parlamentari si
sono attivati in questa direzione.
Il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini e il PD hanno
fatto muro, sbandierando “accordi internazionali vincolanti” (non è vero) e inesistenti “penali” se si
dovesse fermare il programma dei cacciabombardieri. E nei provvedimenti di
queste settimane – mentre gran parte delle aziende si sono dovute fermare – si
è consentito alle aziende militari di continuare a produrre, senza che fossero
produzioni essenziali o strategiche. Anche durante un’emergenza così grave le
scelte del governo sono piegate agli interessi dell’industria bellica.
Non sarebbe ora di invertire le scelte? Come propone
Sbilanciamoci!, da tempo possiamo recuperare almeno dieci miliardi di risorse
dalla riduzione delle spese militari e dei nuovi sistemi d’arma. Come viene
scritto nel documento-appello In salute, giusta, sostenibile. L’Italia che vogliamo,
le spese per la difesa non devono superare l’1% del Pil.
Si deve bloccare il programma F-35, evitando di
spendere altri 12 miliardi nei prossimi anni. Si deve fermare una legge che ci
farebbe spendere 6 miliardi di euro in carri armati e mitragliatrici. Oggi le
urgenze sono quelle di un servizio sanitario nazionale pubblico che funzioni,
di un welfare che dia diritti a tutti, di una scuola che non cada a pezzi.
Queste sono le vere priorità del paese.
Difesa e
sanità, due modelli da rivedere - Giorgio
Beretta
Che il nostro Paese non fosse preparato a fronteggiare questa emergenza
sanitaria è ormai evidente. Come noto, per sopperire alle mancanze del sistema
sanitario e della Protezione Civile è stato chiesto l’intervento delle
Forze Armate. Sistema della difesa e sistema sanitario sono accomunati da due
rilevanti caratteristiche: entrambi sono chiamati a tutelare dei diritti
fondamentali dei cittadini italiani (sicurezza e salute) e, pertanto, devono
essere in grado di rispondere alle emergenze che costituiscono una parte
essenziale della loro attività. Un confronto tra questi due sistemi può essere
fatto esaminando quattro ambiti (produzione, controllo, investimenti e
pianificazione).
Una analisi dei dati tra la produzione militare e quella medico-sanitaria
fa emergere innanzitutto un primo elemento: mentre l’Italia produce gran parte dei
sistemi militari necessari alla Difesa tanto da poter essere sostanzialmente
autosufficiente, è invece ampiamente dipendente dall’estero per quanto riguarda
diverse tipologie di apparecchiature medico-sanitarie. I dati ufficiali degli
ultimi tre anni mostrano infatti un saldo ampiamente positivo per le
esportazioni di sistemi militari (2,5 miliardi di euro di esportazioni annuali
a fronte di 500 milioni di importazioni) e positivo anche per gli apparecchi
medico-sanitari (7,4 miliardi di euro di esportazioni annuali a fronte di 7
miliardi di importazioni), ma con un’evidente dipendenza dall’estero per le apparecchiature
mediche.
In entrambi gli ambiti si registra un forte sbilanciamento sul versante
dell’esportazione. Ma, anche a questo riguardo emerge una sostanziale
differenza: mentre le esportazioni di sistemi militari comportano il grave
rischio del sostegno militare a governi di Paesi illiberali, spesso coinvolti
in conflitti armati in violazione del diritto internazionale e dei diritti
umani fondamentali (più del 60% dell’esportazione militare italiana è diretta a Paesi extra Nato-Ue, in gran parte
nell’aera mediorientale), le esportazioni di tipo medico-sanitario servono a
curare la popolazione. Non tutelare adeguatamente la produzione medico-sanitaria
e incentivare – come da alcuni anni stanno facendo i governi del nostro Paese –
le esportazioni di armamenti non solo non favorisce lo sviluppo sostenibile, ma
rischia di compromettere gravemente la sicurezza internazionale e il benessere
delle popolazioni.
Questo è un primo e fondamentale elemento che richiede una profonda
revisione nella direzione della riconversione a fini civili di quella parte
dell’industria militare ormai obsoleta e di una razionalizzazione
programmatica dei settori industriali militari nel contesto di un rinnovato e
diverso Piano di difesa europeo. Si tratta di un
indirizzo già presente nella normativa vigente, purtroppo ampiamente inattuata,
che prevede che lo Stato predisponga «misure idonee ad assecondare la graduale
differenziazione produttiva e la conversione a fini civili delle industrie nel
settore della difesa» (L. 185/1990, art. 1, c. 3). Occorrerà inoltre
rivedere e differenziare la produzione di tipo medico-sanitario per garantire
la disponibilità di quelle apparecchiature mediche di cui oggi l’Italia è
dipendente dall’estero.
Questi dati esplicitano un’evidenza poco nota. Lo Stato italiano è il
principale azionista di tutte le maggiori aziende di produzione militare, come
il gruppo Leonardo e Fincantieri. Non solo: attraverso il “golden power” lo Stato esercita un controllo
fondamentale anche sulle imprese private «operanti in ambiti ritenuti
strategici e di interesse nazionale». Tra queste aziende figurano tutte quelle
nei settori dell’energia, dei trasporti, delle comunicazioni e anche tutte
quelle del settore militare e degli armamenti, ma non quelle del settore
medico-sanitario. Considerare strategica e di interesse nazionale l’industria
militare e non quella medico-sanitaria manifesta un grave problema di
comprensione e di definizione non solo della tutela del diritto alla salute, ma
anche della sicurezza che lo Stato deve garantire ai cittadini.
L’impatto dell’epidemia ha inoltre evidenziato diverse carenze del nostro
sistema sanitario. Ciò è dovuto al costante indebolimento del Sistema Sanitario
Nazionale a fronte di una ininterrotta crescita di fondi a favore delle spese
militari. Lo hanno segnalato la Rete italiana per il disarmo e la Rete
per la pace in un comunicato congiunto. «Mentre la spesa sanitaria
ha subito una contrazione complessiva rispetto al Pil passando da oltre il 7% a
circa il 6,5% previsto dal 2020 in poi, la spesa militare ha sperimentato un
balzo in avanti negli ultimi 15 anni passando dall’1,25% rispetto al Pil del
2006 fino a circa l’1,40% raggiunto ormai stabilmente negli ultimi anni».
L’Italia, dunque, investe sempre più per la difesa armata e
sempre meno in cure sanitarie. Non solo: mentre il personale militare è tuttora
ampiamente sovradimensionato rispetto alle reali esigenze del Paese, il
Servizio Sanitario nazionale dal 2009 al 2017 ha perso 46 mila addetti. Mentre al per
la sanità è stata applicata la “spending review” non altrettanto può dirsi per
il settore militare e in particolare per il “procurement militare”,
cioè per l’acquisto di armamenti, la cui spesa negli ultimi bilanci dello Stato
si è sempre aggirata tra i 5 e i 6 miliardi di euro annuali.
Non è, però, solo una questione di stanziamenti, di mezzi e personale. Il
problema è soprattutto di modello e di pianificazione. Lo evidenzia l’ultimo rapporto della
Fondazione Gimbe dal quale emerge la «mancanza di un disegno politico di lungo
termine per preservare e potenziare la sanità pubblica» e la necessità di
«aumentare le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni nel rispetto
delle loro autonomie». Come noto, a seguito della riforma del Titolo V della
Costituzione, il “Piano sanitario nazionale” viene predisposto dal Governo, ma
la sua adozione spetta, nel concreto, alle Regioni sulla base dei propri Piani
sanitari regionali: una differenza fondamentale rispetto al “modello di difesa”
che, invece, è definito a livello nazionale dal Ministero della Difesa. Così,
mentre esiste un “Libro Bianco della Difesa” allo scopo di
«affrontare con razionalità, metodo e lungimiranza il problema della sicurezza
e della difesa del Paese, non limitandosi alla pur doverosa gestione degli
eventi improvvisi», non esiste invece a livello nazionale un simile “Libro
Bianco della Sanità” (l’ultima edizione è del 2008) e lo stesso “Piano sanitario nazionale” di fatto risale al 2006.
Di pari passo, la gestione delle emergenze nel settore della difesa,
pianificata in ambito Nato, è ampiamente prevista nel “Libro Bianco della
Difesa” che a tal fine prevede, tra l’altro, forme specifiche di addestramento
ed esercitazioni. Non altrettanto può dirsi per quanto riguarda il
settore della sanità che da un lato rinvia al quadro delle decisioni assunte a livello europeo, dall’altro
rimanda alle funzioni di competenza della Protezione Civile.
In particolare appare carente, per entrambi i settori, la predisposizione
di specifici piani per affrontare emergenze che implicano un ampio e diretto
coinvolgimento della popolazione come, ad esempio, i piani di evacuazione in
caso di attacco terroristico o di terremoti, di incidenti a impianti
petroliferi e a rigassificatori o ad unità a propulsione nucleare di cui
dovrebbero essere dotate almeno tutte
le città portuali o, come si sta verificando in questo giorni,
per gestire una prolungata quarantena della popolazione. Anche la gestione e il
contrasto alle minacce in campo chimico, batteriologico, radiologico e nucleare
(Cbrn) non si possono affrontare solo con le conoscenze e l’approccio di
esperti, delle aziende militari e di qualche istituzione sanitaria, come sta
invece facendo il Cluster CBRN-P3. Il problema non consiste, infatti, solo
nell’intensificare i livelli di sinergia e di cooperazione tra settore
sanitario, Protezione Civile e Forze Armate: si tratta, invece, di pianificare,
prepararsi e gestire le emergenze con la diretta partecipazione delle associazioni
della società civile.
I capisaldi della convivenza tra i cittadini e gli ambiti dell’azione delle
strutture pubbliche sono ben definiti dalla Costituzione, in particolare da due
articoli. Innanzitutto l’articolo 32 stabilisce che «La Repubblica tutela la
salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività,
e garantisce cure gratuite agli indigenti» e – per quanto riguarda la difesa –
l’articolo 52 esplicita che «La difesa della Patria è sacro dovere del
cittadino». L’articolo in questione non si riferisce solo ed esclusivamente
alla “difesa armata”, cioè alla difesa attraverso lo strumento militare:
diverse deliberazioni della Corte Costituzionale, del Consiglio di Stato e della
Cassazione hanno riconosciuto e parificato le forme di difesa armata a
quella civile e nonviolenta.
È in questa direzione, di pieno coinvolgimento della società civile e delle
sue associazioni che dovrebbe essere ripensato sia il “modello di difesa” che
deve comprendere a pieno titolo e con eguale dignità e valore la difesa civile
e nonviolenta (si veda la Proposta di Legge di iniziativa popolare per
la difesa civile, non armata e nonviolenta), sia la ridefinizione del Piano
Sanitario Nazionale e della gestione delle emergenze. L’attuale pandemia ha
mostrato chiaramente che l’emergenza non è solo di tipo sanitario, economico o
di ordine pubblico: è innanzitutto una crisi umana e sociale e come tale va
affrontata. Proprio per questo le questioni attinenti alla sanità, alla
sicurezza e alla difesa non dovrebbero essere il monopolio delle rappresentanze
politiche e neppure dei soli specialisti del settore.
L’Italia ha un ampio bacino di associazioni e di competenze nella società
civile (dal volontariato alla cooperazione internazionale, dalle associazioni
educative a quelle impegnate nel campo della tutela dell’ambiente, della
solidarietà e del disarmo) che possono e devono rappresentare il vero valore
aggiunto del nostro Paese anche nella fase di progettazione e non solo
assistenziale.
Diverse misure che vengono adottate in questi giorni (dall’impiego delle
Forze Armate alla quarantena obbligatoria, dal dispiegamento di militari nelle
strade alle restrizioni per le aziende fino alle possibili modalità di
tracciamento degli spostamenti individuali) possono collocarsi sul crinale tra
uno Stato democratico e forme autoritarie di controllo sociale. La differenza
non sta solo nell’approvazione parlamentare o nel consenso popolare più o meno
generalizzato verso queste misure, ma anche nella partecipazione della società
civile e delle sue associazioni. Torna utile ricordarlo sin da ora, per poter
valutare e programmare meglio appena l’emergenza sanitaria sarà passata.
La pandemia minaccia il mondo ma il mondo aumenta la spesa per gli armamenti – Francesco Lenci
L’International Peace Research Institute (SIPRI, qui il sito ) è un istituto internazionale indipendente dedicato alla ricerca su conflitti, corsa agli armamenti, controllo degli armamenti e disarmo. Fondato nel 1966, SIPRI fornisce dati, analisi e raccomandazioni, basate su fonti aperte, a responsabili delle politiche, ricercatori, media e pubblico interessato. Con sede a Stoccolma, l’Istituto è regolarmente classificato tra i think tank più rispettati in tutto il mondo.
La missione di SIPRI è di intraprendere ricerche e attività in materia di sicurezza, conflitti e pace; fornire analisi e raccomandazioni politiche, facilitare il dialogo e promuovere misure di fiducia reciproca e trasparenza, fornire informazioni autorevoli al pubblico interessato.
La missione di SIPRI è di intraprendere ricerche e attività in materia di sicurezza, conflitti e pace; fornire analisi e raccomandazioni politiche, facilitare il dialogo e promuovere misure di fiducia reciproca e trasparenza, fornire informazioni autorevoli al pubblico interessato.
Da cinquant’anni, tutti gli anni, il SIPRI pubblica un Annuario (SIPRI Yearbook) che è un rigoroso e dettagliato compendio di dati ed analisi nelle aree dei conflitti armati e della loro gestione, delle spese militari e per l’ammodernamento dei sistemi d’arma, della non-proliferazione nucleare, del controllo degli armamenti e del disarmo. Per tutti gli studiosi di problemi di controllo degli armamenti e di disarmo il SIPRI Yearbook è una fonte preziosa di informazioni e di elementi di discussione (per approfondire vai qui ).
Il SIPRI Yearbook 2019 offre una serie di dati originali relativi a spesa militare mondiale, produzione e trasferimenti internazionali di armi, forze nucleari, conflitti armati e operazioni multilaterali di pace, nonché analisi aggiornate su aspetti importanti circa il controllo delle armi, della pace e della sicurezza internazionale (leggi il rapporto ).
Come risulta chiaramente dal SIPRI Yearbook, e come da più autorevoli voci sottolineato da lungo tempo, il regime di controllo degli armamenti è profondamente in crisi e i rischi di guerra nucleare sono più alti di sempre: il 23 gennaio scorso l’Orologio del Bulletin ha fissato a 100 secondi (un minuto e quaranta secondi) il tempo che ci separa dall’inizio dell’apocalisse. Il 3 aprile 2020, l’alto rappresentante per le questioni di disarmo del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Izumi Nakamitsu, che è l’autorità dell’Onu di più alto livello nel campo del controllo degli armamenti, ha dichiarato che “la pandemia è arrivata mentre le nostre strutture per prevenire il confronto catastrofico si stanno sgretolando. I paesi stanno costruendo armi nucleari più veloci e accurate, sviluppando nuove tecnologie per le armi con implicazioni imprevedibili e riversando più risorse militari rispetto a qualsiasi momento nei passati decenni”.
Le spese militari globali aumentano vertiginosamente
Qualche anno fa Carlo Bernardini, a proposito degli arsenali nucleari scriveva: “Quando una cosa che incombe è gigantesca, la gente non la vede più (come la storia dell’omino che non vede l’elefante se sta proprio sotto la sua pancia)”. Mi sembra che ancora una volta Carlo Bernardini sia stato profetico.
Particolare preoccupazione e sdegno nascono dall’esame delle spese militari mondiali per il 2019 (leggi qui i dati ): le spese militari globali totali sono salite a 1917 miliardi di Dollari USA nel 2019. Il totale per il 2019 rappresenta un aumento del 3,6 per cento rispetto al 2018 e la più grande crescita annuale delle spese dal 2010. I cinque maggiori investitori nel 2019, che rappresentano il 62 per cento delle spese, sono Stati Uniti, Cina, India, Russia e Arabia Saudita.
Particolare preoccupazione e sdegno nascono dall’esame delle spese militari mondiali per il 2019 (leggi qui i dati ): le spese militari globali totali sono salite a 1917 miliardi di Dollari USA nel 2019. Il totale per il 2019 rappresenta un aumento del 3,6 per cento rispetto al 2018 e la più grande crescita annuale delle spese dal 2010. I cinque maggiori investitori nel 2019, che rappresentano il 62 per cento delle spese, sono Stati Uniti, Cina, India, Russia e Arabia Saudita.
Nella attuale gravissima situazione sanitaria di tutto il mondo, nella quale già sopravvivono a stento migliaia di esseri umani in fuga da guerre, carestie, fame, povertà, nessun accenno alla possibilità di ridurre gli investimenti in armi. Più di sempre credo sia da riflettere sulla conclusione della Nobel Lecture di Mohamed ElBaradei, già Direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, Premio Nobel per la Pace nel 2005 (qui il testo): “Immaginate cosa accadrebbe se le nazioni del mondo spendessero tanto nello sviluppo quanto spendono nella costruzione delle macchine da guerra. Immaginate un mondo in cui ogni essere umano potesse vivere libero e in maniera dignitosa. Immaginate un mondo in cui si versassero le stesse lacrime quando un bambino muore nel Darfur o a Vancouver………”. E sulla conclusione del Manifesto Russell-Einstein: “Ci attende, se lo vogliamo, un futuro di continuo progresso in termini di felicità, conoscenza e saggezza. Vogliamo invece scegliere la morte solo perché non siamo capaci di dimenticare le nostre contese? Ci appelliamo, in quanto esseri umani, ad altri esseri umani: ricordate la vostra umanità, e dimenticate il resto. Se ci riuscirete, si aprirà la strada verso un nuovo Paradiso; altrimenti, vi troverete davanti al rischio di un’estinzione totale”
Nuova
guerra fredda su Sarscov2 - Alfonso Navarra
Sia
Nature Medicine sia il Bullettin of Atomic Scientists non escludono che il
virus - sicuramente non bio-ingegnerizzato andando ad esaminare il suo genoma -
possa anche, come ipotesi secondaria, essere nato dalle evoluzioni
spontanee di colture in vitro dei laboratori di Wuhan.
Ma non
hanno - lo asseriscono chiaramente - nessun elemento fattuale che possa
suffragare l’ipotesi dell'incidente come causa della diffusione di
SARSCOV2.
(Lo
studio di Nature con le sue conclusioni l’avevo già citato in un mio precedente
articolo su questo argomento che si può trovare sul sito dei Disarmisti
esigenti:
http://www.disarmistiesigenti.org/…/nuovo-virus-non-nasce-…/).
http://www.disarmistiesigenti.org/…/nuovo-virus-non-nasce-…/).
Ora
arriva la smentita dell’OMS alle accuse di Mike Pompeo (vedi articolo sotto
riportato del Fatto Quotidiano e tratto dal sito Raiawadunia), che sembrano
ripercorrere la strada delle armi chimiche attribuite dal generale Powell a
Saddam Hussein.
Allora
- nel febbraio del 2003 - una sceneggiata all’ONU giustifico’ la guerra di Bush
junior contro l’Iraq; oggi dall’impero militarmente più forte (ma in declino
economico) si lancia ufficialmente una “nuova guerra fredda” contro la Cina
anche perché, al di la’ delle ragioni di fondo della competizione di potenza,
Trump ritiene utile per la sua rielezione il prossimo novembre fare di essa il
capro espiatorio di tutte le contraddizioni ed i gravi problemi nella gestione
americana della pandemia.
Personalmente,
da eco pacifista scafato e avvertito, ritengo che la vera domanda che bisogna
farsi è sul senso profondo di queste ricerche che fanno cinesi, americani,
russi e quanti altri sugli OGM: sono davvero necessarie in via preventiva per
trovarsi più attrezzati con i vaccini? O nascondono inconfessabili legami con
le ricerche sulle armi biologiche?
E’ questa domanda che - ad avviso dello scrivente - colloca sul binario giusto la riflessione e la discussione da sviluppare. Una ricerca scientifica opaca, con legami opachi con i settori militari, è anche essa un aspetto di quella hubrys che caratterizza il rapporto tra la specie umana e la Terra che la ha originata.
E’ questa domanda che - ad avviso dello scrivente - colloca sul binario giusto la riflessione e la discussione da sviluppare. Una ricerca scientifica opaca, con legami opachi con i settori militari, è anche essa un aspetto di quella hubrys che caratterizza il rapporto tra la specie umana e la Terra che la ha originata.
Dobbiamo
fare la pace tra la società umana universale e la Natura sostituendo le attuali
Élites dell’1% al comando: questo è il compito che dobbiamo assolutamente
fissare come prioritario e pare che abbiamo solo una decina di anni per
sbrigarlo, costi quel che costi, pena, ad essere fortunati, la ricaduta nella barbarie…
Da
questo punto di vista la nuova guerra fredda tra statunitensi e cinesi è
l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno…
Spese
militari italiane in forte crescita: superati i 26 miliardi di euro su base
annua - Francesco
Vignarca
Questa scheda elaborata dall’Osservatorio Mil€x sulla spesa militare
italiana intende fornire la valutazione più precisa e approfondita
possibile degli investimenti militari dello Stato italiano nel 2020 con la
documentazione attualmente a disposizione.
Risulta doverosa una premessa di natura metodologica riguardante le spese
militari in generale e quelle relative all’Italia in particolare. Valutare in
maniera compiuta la spesa militare è un compito arduo, perché mentre alcuni
costi sono evidentemente di questa natura per altri è più difficile andare a
stabilire precisamente che tipo di funzione abbiano all’interno dell’apparato
statale.
Come criterio scientifico di riferimento l’Osservatorio Mil€x usa
come standard la definizione di spesa militare dell’istituto di ricerca SIPRI di Stoccolma,
globalmente considerato tra i più affidabili e rigorosi, eppure va notato che
nonostante questa convergenza le stime riguardanti l’Italia possono essere
anche decisamente differenti. Ciò avviene da un lato perché di norma il SIPRI
considera stime di consuntivo, mentre la scheda specifica che avete fra le mani
si concentra sul bilancio previsionale, dall’altro perché esiste ovviamente un
diverso grado di accesso a documenti e cifre ufficiali del Bilancio dello
Stato. In tal senso si può considerare più affidabile e precisa la stima di
Mil€x in quanto è più semplice e diretto l’accesso a documentazione anche in
lingua originale senza necessità di mediazione dei dipartimenti e uffici
pubblici preposti.
Inoltre l’Osservatorio Mil€x non solo ha sviluppato in questi anni una capacità di analisi diretta affidabile delle documentazioni della Legge di Bilancio, ma è stato anche in grado elaborare alcuni meccanismi di conteggio per valutare parti della spesa militare che si possono desumere solamente per via indiretta (costi pensionistici, presenza di basi straniere sul territorio italiano, etc).
Inoltre l’Osservatorio Mil€x non solo ha sviluppato in questi anni una capacità di analisi diretta affidabile delle documentazioni della Legge di Bilancio, ma è stato anche in grado elaborare alcuni meccanismi di conteggio per valutare parti della spesa militare che si possono desumere solamente per via indiretta (costi pensionistici, presenza di basi straniere sul territorio italiano, etc).
L’ultima sottolineatura importante prima di passare all’analisi dei dati è
la già ricordata natura previsionale di questa stima, in quanto basata sulla documentazione
della Legge di Bilancio votata dal Parlamento a fine 2019 e i cui capitoli e le
cui allocazioni potrebbero quindi essere oggetto di variazioni da parte del
Governo in corso d’anno. Ciò significa che la spesa militare reale del 2020
potrà, alla fine, anche differire di molto rispetto alle stime fornite con
questo documento, ed anzi di norma è quello che succede: quasi sempre si
riscontrano dei consuntivi più alti rispetto ai bilanci previsionali. Ciò
sembrerebbe togliere valori ai dati che vengono qui forniti, che al contrario
possiedono un interesse ed una rilevanza per nulla intaccati dalle
considerazioni appena svolte. Ciò perché uno degli aspetti più importanti delle
analisi che si conducono sulla spesa militare è anche la dinamica tendenziale,
perché è in grado di fornire indicazioni sulle scelte politiche dei vari
governi sul tema richiamando paragoni chiari fra vari bilanci. Riteniamo dunque
opportuno continuare a fornire una valutazione approfondita della spesa
militare previsionale, con una metodologia consolidata che la rende
direttamente e pienamente comparabile con quella degli anni precedenti.
La stima della spesa militare italiana per il 2020
Ricordiamo che la metodologia
di conteggio elaborata dall’Osservatorio Mil€x e derivante dalla
già ricordata definizione SIPRI di spesa militare prevede che al
Bilancio proprio del Ministero della Difesa vadano aggiunti anche capitoli di
natura militare presenti in altri Ministeri, oltre che sottratti (totalmente o
in parte) costi rientranti nello stesso Dicastero ma evidentemente con funzioni
di natura non militare.
Nella Tabella seguente vengono quindi fornite le cifre di comparazione tra
le previsioni per il 2019 e le previsioni per il 2020 delle voci di spesa
selezionate secondo il criterio appena esposto. Vengono riportate in colore
rosso le cifre che non sono ricomprese (in tutto o in parte) nella stima
conteggiata da Mil€x.
Come si può notare con tutta evidenza la spesa militare
previsionale 2020 registra un fortissimo aumento di oltre 1,5 miliardi di euro
pari ad oltre il 6% in più su base annua, sia per la crescita diretta del
bilancio proprio del Ministero della Difesa sia per il mantenimento di alti
livelli di spesa di natura militare anche su altri Dicasteri. Continua ad
essere in crescita la quota di investimento per nuovi sistemi d’arma
proveniente dal Ministero per lo Sviluppo Economico (ormai arrivata a quasi tre
miliardi) ma è soprattutto la decisa risalita degli investimenti
per armi allocati sul bilancio della Difesa (circa 2,8 miliardi con un +40%
rispetto al 2019) a portare i fondi a disposizione per acquisti di
nuove armi ad un livello forse record di quasi 6 miliardi.
È importante notare che per carenza al momento di documentazione e dettagli
affidabili sui trasferimenti pensionistici e la difficoltà insita
nell’elaborazione di stime sulla specifica voce relativa alle basi
internazionali presenti nel territorio italiano tali cifre specifiche sono
state considerate come invarianti rispetto all’anno precedente. Una scelta di
approssimazione che comunque permette di avere una stima realistica complessiva
e non falsare il paragone di trend tra un anno e l’altro poiché si tratta di
voci non sottoposte a variazioni repentine in quanto scelte e conseguenze di
medio-lungo periodo.
Sono invece ancora da definire, e dunque non sono stati considerati in
questa scheda di approfondimento, gli impatti sia su quest’anno che a livello
pluriennale di alcuni programmi di investimento per sistemi d’arma annunciati
in anni recenti, all’interno di Fondi più ampi predisposti dalla Presidenza del
Consiglio dei ministri o di Fondi concertati tra il Ministero della Difesa e il
Ministero per lo Sviluppo Economico. Rimandiamo a schede ed analisi successive
la valutazione approfondita di questi specifici aspetti.
Infine, come pista di lavoro e conferma della già sottolineata tendenza ad
avere una spesa consuntiva molto più alta del bilancio previsionale, è
opportuno notare che la stesa documentazione ufficiale della Legge di Bilancio
rileva su questo esercizio la presenza di residui presunti per il Ministero
della Difesa pari a 1.007 milioni di euro. Che comportano poi autorizzazioni di
cassa per 23.296 milioni e una cifra complessiva spendibile (residui
più competenza) per il 2020 di 23.977 milioni. Cioè circa un miliardo tondo in
più di quanto evidenziato nelle previsioni sopra riportate (ma che non
è possibile attribuire “in toto” alla spesa militare perché potrebbe riguardare
residui relativi ad esempio alle funzioni di polizia e controllo del territorio
dei Carabinieri).
Coronavirus vs. deterrenza nucleare
- Roberto Del Bianco
Dal sito ufficiale del PNND, ecco qualche
"Good News". Al tempo della pandemia, c'è chi riflette (e cerca di far
riflettere). Sarà il caso di cambiare destinazione alle ingenti somme destinate
al mantenimento della flotta sottomarina britannica?
Ieri 1° aprile 2020, tre ex comandanti della Royal Navy hanno inviato una lettera a tutti i
membri del Parlamento, mettendo in discussione la politica di mantenimento di
un deterrente nucleare permanente in mare. Il costo di 2 miliardi di sterline
all'anno sarebbero adesso ingiustificabili, tanto più che i costi
economici della pandemia di coronavirus vanno aumentando e che oltretutto non
sembra esserci alcuna minaccia di un attacco nucleare contro il Regno Unito.
"È assolutamente inaccettabile che il Regno Unito
continui a spendere miliardi di sterline per distribuire e modernizzare
il sistema di armi nucleari
Trident di fronte alle minacce alla salute, ai cambiamenti
climatici e alle economie mondiali che il Coronavirus pone", ha affermato Robert Forsyth, ex comandante di sommergibili nucleari,
firmatario della lettera e sostenitore della campagna "Move the Nuclear Weapons Money".
Mentre ha dichiarato Tom Unterrainer,
direttore della Bertrand Russell Peace
Foundation: "Questa pandemia e
l'incapacità del governo britannico di prepararsi o rispondere efficacemente a
una minaccia così immediata alla vita dimostrano le priorità contorte al centro
della spesa per le armi nucleari. Piuttosto che lavorare per garantire la vera
sicurezza, questo governo privilegia l'acquisizione e lo spiegamento di armi di
omicidio di massa"
La lettera, sostenuta da numerosi parlamentari, accademici e attivisti per
la pace, è stata inviata dalla Bertrand Russell Peace
Foundation a tutti i membri della Camera dei Comuni britannica,
della Camera dei Lord britannica, del Parlamento scozzese, dell'Assemblea
nazionale per il Galles e dell'Assemblea nordirlandese.
La lettera è stata supportata dalla copresidente della PNND, la baronessa Sue Miller (UK House of Lords) e da Bill Kidd (Parlamento scozzese).
La lettera è stata supportata dalla copresidente della PNND, la baronessa Sue Miller (UK House of Lords) e da Bill Kidd (Parlamento scozzese).
Bill Kidd afferma: "Tutte le potenze delle armi nucleari, e quegli stati che le
supportano, stanno sprecando preziose risorse come i Trident contro i desideri
dei loro popoli, quando dovrebbero rivolgersi al nemico reale e mortale, il
COVID19".
"Il Covid-19 ci sta dimostrando che le peggiori
minacce, pandemie e cambiamenti climatici dell'umanità sono condivise a livello
globale", ha affermato la baronessa Sue Miller. "Non dovremmo sprecare risorse per rinnovare le armi nucleari
poiché dovremmo utilizzare tutte le risorse che possiamo per affrontare questi
problemi fin troppo reali."
I firmatari della lettera sperano che i loro sforzi per mettere in
discussione il "deterrente permanente in mare" incoraggino i politici
e i cittadini a iniziare a porre in questione la moralità e la fattibilità
delle armi nucleari.
I firmatari della
lettera:
·
Commander Robert Forsyth RN (Ret’d). 2nd in
Command Polaris submarine, commanded two other submarines and the Commanding
Officer’s Qualifying Course.
·
Commander Robert Green RN (Ret’d). Former
nuclear-armed aircraft bombardier-navigator, Staff Officer (Intelligence) to
CINFLEET in Falklands War
·
Commander Colin Tabeart RN (Ret’d). Former
Senior Engineer Officer, Polaris submarine
Note:
The war is over - Phil Ochs
Silent Soldiers on a silver screen
Framed in fantasies and dragged in dream
Unpaid actors of the mystery
The mad director knows that freedom will not make you free
And what's this got to do with me
I declare the war is over
It's over, it's over
Drums are drizzling on a grain of sand
Fading rhythms of a fading land
Prove your courage in the proud parade
Trust your leaders where mistakes are almost never made
And they're afraid that I'm afraid
I'm afraid the war is over
It's over, it's over
Angry artists painting angry signs
Use their vision just to blind the blind
Poisoned players of a grizzly game
One is guilty and the other gets the point to blame
Pardon me if I refrain
I declare the war is over
It's over, it's over
So do your duty, boys, and join with pride
Serve your country in her suicide
Find the flags so you can wave goodbye
But just before the end even treason might be worth a try
This country is too young to die
I declare the war is over
It's over, it's over
One-legged veterans will greet the dawn
And they're whistling marches as they mow the lawn
And the gargoyles only sit and grieve
The gypsy fortune teller told me that we'd been deceived
You only are what you believe
I believe the war is over
It's over, it's over
Framed in fantasies and dragged in dream
Unpaid actors of the mystery
The mad director knows that freedom will not make you free
And what's this got to do with me
I declare the war is over
It's over, it's over
Drums are drizzling on a grain of sand
Fading rhythms of a fading land
Prove your courage in the proud parade
Trust your leaders where mistakes are almost never made
And they're afraid that I'm afraid
I'm afraid the war is over
It's over, it's over
Angry artists painting angry signs
Use their vision just to blind the blind
Poisoned players of a grizzly game
One is guilty and the other gets the point to blame
Pardon me if I refrain
I declare the war is over
It's over, it's over
So do your duty, boys, and join with pride
Serve your country in her suicide
Find the flags so you can wave goodbye
But just before the end even treason might be worth a try
This country is too young to die
I declare the war is over
It's over, it's over
One-legged veterans will greet the dawn
And they're whistling marches as they mow the lawn
And the gargoyles only sit and grieve
The gypsy fortune teller told me that we'd been deceived
You only are what you believe
I believe the war is over
It's over, it's over
Versione italiana di Riccardo Venturi
LA GUERRA È FINITA
Soldati in silenzio su uno schermo grigio
persi in fantasie e trascinati nel sogno
attori a gratis del mistero
il regista pazzo sa che la libertà non ti renderà libero
e la guerra, cosa ha a che fare con me
Io dichiaro che la guerra è finita
è finita, è finita
Tamburi piovigginano su un chicco di sabbia
ritmi appassenti di una terra appassita
prova il tuo coraggio nella fiera parada
fìdati dei tuoi capi se non si fanno quasi mai errori
e loro hanno paura che io abbia paura
Che abbia paura che la guerra è finita
è finita, è finita
Artisti arrabbiati dipingono segni arrabbiati
usa la loro visione per acciecare i ciechi
giocatori avvelenati ad un gioco grigio
uno è colpevole, e l’altro ne approfitta per biasimare
e perdonatemi se insisto
a dichiarare che la guerra è finita
è finita, è finita
Quindi fate il vostro dovere, ragazzi, e arruolatevi con orgoglio
servite il vostro paese nel suo suicidio
trovate le bandiere, così potete sventolare un addio
ma giusto prima della fine, non sarebbe male provare anche il tradimento
questo paese è troppo giovane per morire
Io dichiaro che la guerra è finita
è finita, è finita
Reduci mutilati di una gamba saluteranno l’alba
fischiettando marce mentre rasano il prato
e i gargoyles altro non fanno che star lì a lamentarsi
l’indovino zingaro mi aveva detto che saremmo stati imbrogliati
tu sei soltanto ciò che credi
E io credo che la guerra è finita,
è finita, è finita.
Soldati in silenzio su uno schermo grigio
persi in fantasie e trascinati nel sogno
attori a gratis del mistero
il regista pazzo sa che la libertà non ti renderà libero
e la guerra, cosa ha a che fare con me
Io dichiaro che la guerra è finita
è finita, è finita
Tamburi piovigginano su un chicco di sabbia
ritmi appassenti di una terra appassita
prova il tuo coraggio nella fiera parada
fìdati dei tuoi capi se non si fanno quasi mai errori
e loro hanno paura che io abbia paura
Che abbia paura che la guerra è finita
è finita, è finita
Artisti arrabbiati dipingono segni arrabbiati
usa la loro visione per acciecare i ciechi
giocatori avvelenati ad un gioco grigio
uno è colpevole, e l’altro ne approfitta per biasimare
e perdonatemi se insisto
a dichiarare che la guerra è finita
è finita, è finita
Quindi fate il vostro dovere, ragazzi, e arruolatevi con orgoglio
servite il vostro paese nel suo suicidio
trovate le bandiere, così potete sventolare un addio
ma giusto prima della fine, non sarebbe male provare anche il tradimento
questo paese è troppo giovane per morire
Io dichiaro che la guerra è finita
è finita, è finita
Reduci mutilati di una gamba saluteranno l’alba
fischiettando marce mentre rasano il prato
e i gargoyles altro non fanno che star lì a lamentarsi
l’indovino zingaro mi aveva detto che saremmo stati imbrogliati
tu sei soltanto ciò che credi
E io credo che la guerra è finita,
è finita, è finita.
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