La cultura altra e
l’intellettuale rovesciato / prima parte - Fiorenzo Angoscini
Gianni Bosio nasce ad Acquanegra sul Chiese, nella provincia mantovana, il
23 ottobre 1923. Primogenito di Lorenzo Barbato Bosio e Ida Pellegrini, Gianni
frequenta le scuole elementari nel paese d’origine. I primi anni delle scuole
di avviamento li compie invece a Brescia e Cremona. Successivamente si
‘trasferisce’ al Liceo Scientifico ma, quando viene estromesso dal Convitto
Arcivescovile di Cremona, per incompatibilità ideologica, è costretto a
‘migrare’ a Bergamo presso il Liceo Classico ‘Paolo Sarpi’, dove conseguirà la
maturità. Nello stesso anno della maturità (1943) si iscrive all’Università di
Padova: facoltà di Lettere e Filosofia.
A Padova completa il piano di studi sino all’inizio del quarto anno
allorché si trasferisce alla Statale di Milano. Proprio a Milano, e in seguito
ai contatti con Antonio Banfi, accresce il proprio interesse per la
storiografia. A 23 anni, con tutti gli esami superati e la tesi di laurea
preparata (“Storia del marxismo in Italia sino al 1862”), decide di non
discutere la tesi e non conseguire la laurea. Nel corso della propria attività,
Bosio ha dato vita e collaborato a numerose pubblicazioni. Anche durante “l’era
fascista”. Sono di quel periodo ‘Noi Giovani’- organo dell’omonimo gruppo
clandestino di Acquanegra; ‘Chiaroscuri’ – Bergamo ’40; ‘Eccoci’-Cremona ’43;
per l’Editrice «Terra nostra» di Mantova pubblica “Il Manifesto dei comunisti”.
L’attività politico-culturale
Nel dopoguerra collabora a: ‘Terra Nostra’, settimanale del Socialismo
mantovano, all’edizione milanese de “L’Avanti!”, all’organo della federazione
milanese del Psi ‘Il Proletario’. Nei primi mesi del ’46 è redattore di “Quarto
Stato”, pubblicazione fondata e diretta da Lelio Basso. Nell’inverno ’49
‘fonda’ “Movimento Operaio”. Nel ’62, dopo aver ridato fiato alle Edizioni
Avanti!, riesce ad ottenere, per le stesse, una autonomia formale ed
economico-amministrativa dal Psi.
Al momento della scissione (1964) del Psi, e conseguente nascita del Psiup,
aumenta gli sforzi per ottenere totale autonomia dal partito di Nenni; ciò gli
riesce e con i colleghi delle Edizioni Avanti!, che proseguiranno la loro
attività con il nuovo nome di “Edizioni del Gallo”, approfondisce e riconduce
nell’alveo della cultura proletaria nuovi filoni di ricerca.
Per raggiungere tali obiettivi fonda l’”Istituo Ernesto de Martino per la
conoscenza critica e la presenza alternativa del mondo popolare e proletario” e
parallelamente ad esso si esibisce con il “Nuovo Canzoniere Italiano”.
Bosio cercò di coniugare alcune delle sue feconde intuizioni con la realtà concreta del movimento d’opposizione antagonista: “Il lavoro culturale non può che trasformarsi in lotta politica”, afferma Bosio. E la cultura è soprattutto quella del popolo: le mascherate, i maggi, ma anche e più semplicemente, il gioco della morra o i canti in osteria con il solo accompagnamento di fisarmoniche e posate da cucina; oppure ancora il ‘fischio della beverata’ attuato dai paesani durante le lotte agrarie condotte cascina per cascina, nella Padania verso la fine degli anni quaranta, e altre iniziative attuate in anni più recenti dagli operai in lotta: l’occupazione delle fabbriche, lo sciopero selvaggio o il ‘salto della scocca’.
Bosio cercò di coniugare alcune delle sue feconde intuizioni con la realtà concreta del movimento d’opposizione antagonista: “Il lavoro culturale non può che trasformarsi in lotta politica”, afferma Bosio. E la cultura è soprattutto quella del popolo: le mascherate, i maggi, ma anche e più semplicemente, il gioco della morra o i canti in osteria con il solo accompagnamento di fisarmoniche e posate da cucina; oppure ancora il ‘fischio della beverata’ attuato dai paesani durante le lotte agrarie condotte cascina per cascina, nella Padania verso la fine degli anni quaranta, e altre iniziative attuate in anni più recenti dagli operai in lotta: l’occupazione delle fabbriche, lo sciopero selvaggio o il ‘salto della scocca’.
L’attività di scandaglio di Bosio è ancorata alla metropoli, alla città,
alla classe operaia; questo perché egli partiva dall’assunto che il capitalismo
perseguiva ”con coerenza spietata lo spopolamento delle nostre campagne”.
Questa teorizzazione trova più chiara esplicazione in un suo scritto del 1966:
“Le ricerche e gli studi sul mondo popolare si muovono all’interno
del mondo contadino; un mondo destinato a perire in quanto autonomo e
determinante della società italiana […] L’egemonia della città sulla campagna,
come forma adatta di dominio e di espansione del capitalismo contemporaneo,
pone questi studi di fronte ad una scelta: o si riducono a disciplina
tradizionale, cioè si atrofizzano, o si trasformano in mezzo per la conoscenza
della società contemporanea […] La campagna, dissolta, può servire a far capire
la città: ma la città fa giustizia della campagna. La città è dominata, diretta
e organizzata dal profitto”.1
Bosio è il precursore – insieme, ma in maniera diversa e distinta, a Danilo
Montaldi –2 della ‘ricerca sul campo’, dell’ inserimento
della ‘storia orale’, del recupero e riproposizione dei canti popolari (quelli
di piazza/strada e d’osteria) operai-contadini, politici e sociali, tra gli
strumenti di lotta, sviluppo e progresso, delle classi subalterne.
Nonostante il lavoro politico-culturale del mantovano Bosio e del cremonese
Montaldi partisse da presupposti simili, alcuni individuano e colgono nella
diversa interpretazione dello stile di lavoro da applicare (non solo pratico ed
organizzativo, ma anche politico, metodologico e filologico) le divergenze tra
i due ‘intellettuali di campagna’ (questa definizione non vuole essere
dispregiativa, nemmeno riduttiva, bensì solo territoriale per indicare i
principali luoghi di ricerca: inizialmente Acquanegra sul Chiese, Piadena, Calvatone,
Persico Dosimo, Rivarolo del Re, Persichello, Pescarolo, poi il Salento, gli
Abruzzi, il Lazio, le zone agricole del nord e sud Italia, per Bosio e
collaboratori; tutta la provincia cremonese, ma anche Milano e le città operaie
del settentrione per Montaldi).
Così, ad esempio, in maniera molto ‘educata’ Stefano Merli in “L’altra
storia”3 coglie e fa notare le diversità e le divergenze
tra i due ‘irregolari’ della ortodossia PSI-PCI. “…la critica di Montaldi ha
ragione in molti punti, si preclude però la comprensione generale del lavoro di
Bosio”. In maniera più ‘volgare’, sia come stile e metodo, la
rivista ‘Ombre Rosse’, diretta da Goffredo Fofi, nel suo numero 13, febbraio
1976, sferra un violento attacco a Bosio, utilizzando uno scritto di Danilo
Montaldi dell’ autunno 1973 e non destinato alla pubblicazione “Esperienza
operaia o spontaneità”.4
Proprio in questa occasione, rispondendo ai rilievi sollevati da Stefano
Merli, Cesare Bermani non nasconde o censura le divergenze fra i Compagni
padani Bosio e Montaldi, precisando che i rapporti tra i due “… furono aleatori . Montaldi collaborò solo di sfuggita alla rubrica
‘Questioni del Socialismo’ ma nel 1959 si ebbero tra Bosio e Montaldi un paio
di incontri e una intensa ma breve corrispondenza epistolare. Dopo di allora i
due si ignorarono a vicenda e non si videro più. E’ lo stesso Montaldi a
ricordare l’occasione di quegli incontri e l’impressione negativa che ne
riportò e che lo spinse a troncare ogni rapporto con Bosio”.
E proprio attraverso le argomentazioni di Bermani si evidenziano le
notevoli diversità di vedute dei due organizzatori di culture.
Così, Montaldi, parte dall’inizio: “…si rifece (Bosio, nda) al lavoro svolto da ‘Movimento Operaio’ per illustrare il concetto stesso di cultura delle classi subalterne. In realtà io ero abbastanza critico nei riguardi di ‘Movimento Operaio’: mi era parso che tutti quei ricercatori si fossero buttati a indagare nel passato appunto per non scontrarsi con i dirigenti politici sul presente…Si spinse, allora, in una critica della sociologia a tutto profitto della letteratura e del ‘documento in sé’, rivelando la sua anima assai tradizionale di fronte a questi temi. Che fosse possibile un uso marxista della sociologia nemmeno gli sfiorava la mente (assai diversamente, come è noto, da Panzieri)…” per finire col bollarlo, poi, come “…un crociano di ritorno”.
Così, Montaldi, parte dall’inizio: “…si rifece (Bosio, nda) al lavoro svolto da ‘Movimento Operaio’ per illustrare il concetto stesso di cultura delle classi subalterne. In realtà io ero abbastanza critico nei riguardi di ‘Movimento Operaio’: mi era parso che tutti quei ricercatori si fossero buttati a indagare nel passato appunto per non scontrarsi con i dirigenti politici sul presente…Si spinse, allora, in una critica della sociologia a tutto profitto della letteratura e del ‘documento in sé’, rivelando la sua anima assai tradizionale di fronte a questi temi. Che fosse possibile un uso marxista della sociologia nemmeno gli sfiorava la mente (assai diversamente, come è noto, da Panzieri)…” per finire col bollarlo, poi, come “…un crociano di ritorno”.
La rottura definitiva, e finale, si consuma con la mancata (più per scelta
di Montaldi che non per volontà comune) pubblicazione, da parte delle Edizioni
Avanti!, di “Autobiografie della leggera”.
“Dopo di allora, ignorando reciprocamente ciò che facevano, Montaldi continuò a ricercare come se il marxismo fosse un sistema di conoscenza sociologica, Bosio come se il marxismo fosse la concezione materialistica della storia”.
“Dopo di allora, ignorando reciprocamente ciò che facevano, Montaldi continuò a ricercare come se il marxismo fosse un sistema di conoscenza sociologica, Bosio come se il marxismo fosse la concezione materialistica della storia”.
Militante politico5 organizzatore di cultura, dopo essere stato consigliere
delegato delle Edizioni Avanti!6 animatore di case editrici non ortodosse
(Edizioni del Gallo, Edizioni Bella Ciao), direttore di riviste ‘socialiste’
(Quarto Stato, Il Labriola, Mondo Operaio) poco allineate con la linea
ufficiale del Psi, collaboratore di “La Classe” e “Quaderni Rossi”, produttore
de “I Dischi del Sole” (il primo disco, DS 1, esce nel 1963) e di spettacoli
(all”Umanitaria’ di Milano si allestisce, nel 1962, la prima rappresentazione
di “L’altra Italia. Canti del Popolo italiano” curata da Roberto Leydi e Tullio
Savi, con Fausto Amodei, Sandra Mantovani e Michele Luciano Straniero. Anche se
il più famoso, ed importante, sarà ‘Bella Ciao’, presentato al Festival dei due
Mondi di Spoleto nel 1964, e di cui parleremo più diffusamente) musicali e
teatrali; fondatore, con Roberto Leydi, del Nuovo Canzoniere Italiano: inteso
come rivista (il primo numero è del luglio 1962) e strutturazione di più
‘individui’ e gruppi musicali-teatrali; con il contributo anche di Alberto
Mario Cirese,7 dell’Istituto Ernesto de Martino (1967),
promotore delle Leghe di Cultura8 .
Nel quaderno si ricorda che “L’aggregazione di questi gruppi
ed il loro modo di intervenire sulle realtà di classe locali erano stati
suggeriti da Gianni Bosio, con la sua proposta delle ‘Leghe di Cultura’…”.
Oltre alla Lega di Acquanegra sul Chiese (Mn) e Piadena (Cr), al Movimento
Culturale Giovanile di Calvatone (Cr), al Gruppo Operai-Studenti-Braccianti di
Rivarolo del Re (Cr), al Gruppo Lavoratori Studenti di Persico Dosimo (Cr), si
segnalano le “Esperienze di ricerca e intervento del Circolo ‘Gianni Bosio’ a
Roma e nel Lazio”: “…per un raffronto fra le finalità, la ricerca
e l’attività di un circolo che opera in una realtà urbana, anche se periferica,
di una grande città e le leghe e i gruppi di una zona ad economia agricola
quali sono le provincie di Cremona e Mantova”.9.
Oltre ai molti articoli e collaborazioni con quotidiani, settimanali,
riviste con periodicità variabile, è autore di pubblicazioni significative,
ormai difficilmente reperibili: “Giornale di un organizzatore di cultura” (27
giugno 1955- 27 dicembre 1955) del 1962; “Elogio del magnetofono. Chiarimento
alla descrizione dei materiali su nastro del Fondo Ida Pellegrini” (1966) forse
il suo saggio più importante riguardante la cultura orale e una chiave di
lettura indispensabile ai 655 nastri del suo fondo di registrazioni, che aveva
chiamato con il nome della madre10 ; “L’intellettuale rovesciato. Interventi e
ricerche sulla emergenza d’interesse verso le forme di espressione e di
organizzazione ‘spontanee’ nel mondo popolare e proletario” che viene
pubblicato in primo conio dalla Lega di Cultura di Piadena, come ‘quaderno n.
3-maggio 1967’. Ed è un ciclostilato di 183 pagine. La seconda edizione (che,
però, è indicata come prima edizione del novembre 1975) è pubblicata-con una nota
introduttiva di Cesare Bermani e Clara Longhini Bosio – nella collana
‘Strumenti della cultura di classe’ dalle Edizioni Bella Ciao di Milano, a
cura, si precisa, dell’Istituto Ernesto de Martino per la Conoscenza Critica e
la Presenza Alternativa del Mondo Popolare e Proletario fondato da Gianni
Bosio. Il titolo è identico a quello scelto anche per il ‘quaderno’ della Lega
di Piadena, con la sola aggiunta: gennaio 1963-agosto 1971, mese e anno della
sua morte. Una terza edizione, a cura di Cesare Bermani, è stampata nel 1998
dall’Editoriale Jaca Book di Milano.
“Il trattore ad Acquanegra. Piccola e grande storia in una comunità
contadina” 11 è l’opera postuma, ed incompiuta, ritenuta “…il primo lavoro che Bosio concepì con l’uso di testimonianze
orali e poi di narrazioni orali…era quanto ci voleva per tentare di fare
‘storiografia marxista attraverso la ricerca metodica, lo spirito critico, cioè
opponendo il fare, la produzione, alla polemica, all’intenzione’”12 . Bermani è stato, oltre che curatore, anche uno
dei più stretti collaboratori di Bosio, ha raccolto, riordinato, sistemato gli
scritti sparsi lasciati dall’autore e che coprono un periodo molto lungo, dal
1962 sino alla scomparsa (1971) e li ha organizzati per questa pubblicazione.
Sempre Bermani ha curato un’ altra pubblicazione postuma di Bosio: Scritti del 1942 al 1948. Da «Noi giovani» a «Quarto Stato».13 L’attività di ricerca, e le pubblicazioni di
quello che può essere definito il ‘biografo ufficiale’ di Gianni Bosio, sono
numerose ed abbracciano un ampio terreno d’indagine, per questo si rimanda alla
biografia e bibliografia completa riportata nel suo sito web.14 Voglio, soltanto a
titolo illustrativo dei vasti interessi di Bermani, ricordare alcuni suoi
lavori ‘esemplari’. Il monumentale,15 Pagine di Guerriglia.
L’esperienza dei garibaldini nella Val Sesia.16
Anche la ricostruzione storico-politica delle vicende relative alla
‘Volante Rossa’, effettuata tramite i resoconti di quotidiani e periodici
dell’epoca ma, e soprattutto, grazie alle testimonianze orali dei protagonisti
di quelle vicende, è un’altro esempio di ‘storia militante’. Una prima bozza di
lavoro con il titolo La Volante Rossa (estate
1945-febbraio 1949) è stata pubblicata sul n. 9/10, inverno 77/78, della
rivista Primo Maggio. Ampliata e più strutturata diventa un libro nel 1996,17 con una ristampa nel 2009.18
Un altro argomento di scottante realtà storica e storiografica è quello
che, Bermani, affronta in Al lavoro nella Germania di
Hitler. Racconti e memorie dell’emigrazione italiana 1937-1945. La vita
quotidiana degli emigrati italiani nella Germania nazista. Titolo
e sottotitoli chiariscono e spiegano già tutto19 . Sempre in ambito strettamente politico sono
anche queste due pubblicazioni: Gramsci raccontato,
testimonianze raccolte da Cesare Bermani, Gianni Bosio e Mimma Paulesu
Quercioli,20 e una sorta di riedizione, molto ampliata sia
nei testi che nelle testimonianze audio-sonore (due cd allegati) è Gramsci gli intellettuali e la cultura proletaria21 con nuove testimonianze.
Completamente diversa rispetto a quelle appena ricordate è la segnalazione relativa ad una ricerca particolare. Si tratta di “Il bambino è servito. Leggende metropolitane in Italia”22 .
Completamente diversa rispetto a quelle appena ricordate è la segnalazione relativa ad una ricerca particolare. Si tratta di “Il bambino è servito. Leggende metropolitane in Italia”22 .
L’ultimo rimando è relativo ad un vero e proprio manuale
pratico-teorico-ideologico di cos’è, e come si conduce, ‘la ricerca orale’:
“Introduzione alla storia orale”23 . Due volumi in cui, oltre ad indicare qual’è la
metodologia da utilizzare, si dimostra che “…la stragrande maggioranza
della popolazione mondiale è colta per mezzo della comunicazione orale…la
comunicazione orale resa permanente dal disco è ‘di più’ della cultura scritta…”.24
I compagni e collaboratori di Bosio furono numerosi. Con alcuni percorse un
tratto di strada, poi le vedute e i ragionamenti si divaricarono. Purtroppo non
è possibile dedicare attenzione a tutti loro. Oltre a Bermani, i più stretti e
fedeli, sicuramente da ricordare, sono Luciano Della Mea, da sempre e per
sempre al suo fianco, Franco Coggiola, autore di numerose ricerche a quattro
mani condotte proprio con il virtuoso del magnetofono. Le più interessanti e
significative sono quelle relative ai ‘Maggi’: “L’avvento della primavera,
della stagione che apre un nuovo anno di vita per la campagna e i suoi lavori,
è festeggiato nel mondo contadino in vari modi, tutti sostanzialmente pagani e
laici: riti di propiziazione, di iniziazione, di fertilità (della terra e della
donna) che hanno in comune, nonostante le notevoli differenze, la denominazione
di “Maggi”.25
Un altro compagno-collaboratore, ma anche amico e, quasi, compaesano è
Giuseppe Morandi (in realtà, Morandi è di Piadena (Cr) e Bosio di Acquanegra
(Mn) ma i due piccoli paesi confinano, le abitudini e tradizioni si mischiano,
inoltre sono avvicinati da due corsi d’acqua: il fiume Chiese che scorre in
territorio mantovano, e proprio a metà strada tra i due centri abitati, si
getta nell’Oglio, fiume che, in quel tratto, scorre nel territorio cremonese di
Piadena) che, insieme a Gianfranco ‘Miciu’ Azzali (di Voltido-Cr) e Mauro
Cesini, costituisce ufficialmente (14 aprile 1967) la Lega di Cultura di
Piadena.26 La più longeva,
tutt’ora operativa e che ha all’attivo numerosi ‘quaderni’, quasi tutti
realizzati tramite interviste, testimonianze e racconti ‘orali’. Nel nucleo
fondatore sono da annoverare anche Pierino Azzali ed Eugenia Genia Arnoldi in
Azzali. Quest’ultima, attrice in Novecento di Bertolucci dove si esibisce in
una struggente ‘Quando Bandiera Rossa si cantava’ .27
Giuseppe Morandi è anche autore di “Spoleto 1964, Bella Ciao. Il diario”,28 in cui, puntualmente, si raccontano le vicende e
le polemiche relative allo spettacolo che aveva come sottotitolo “Un programma
di canzoni popolari italiane”, presentato, quell’anno, dal Nuovo Canzoniere
Italiano al Festival dei due Mondi. Lo ‘scandalo’ scoppia quando Michele
Luciano Straniero, interprete di “O Gorizia tu sei maledetta”,29 canta queste strofe: “Traditori signori ufficiali/che la guerra l’avete voluta/scannatori
di carne venduta/e rovina della gioventù”.
Altro cooperatore del ‘socialista anomalo’, decentrato (solo
geograficamente) rispetto ai precedenti, è Alessandro Portelli. Quando Bosio lo
introduce nei suoi ambiti organizzati, lo presenta così: “E’ romano, ma è serio”. Un complimento che, forse, è
anche una critica. Non a lui, ma a certi ambienti della capitale. Portelli è
autore di una minuziosa ricostruzione storico-documentale delle atrocità
commesse dai nazi-fascisti a Roma con la strage delle Fosse Ardeatine (335
trucidati il 24 marzo 1944) e conseguente smascheramento della mistificazione
tentata ed orchestrata, e a tutt’oggi non ancora esaurita, da nazisti,
fascisti, reazionari e revisionisti vari, di attribuire la responsabilità
politico e morale dell’eccidio al Gap di Roma (Rosario Bentivegna, Carla
Capponi, Franco Calamandrei, Carlo Salinari, Gianfranco Mattei, Marisa Musu,
Luigi Pintor) autore di un’azione di Resistenza armata (atto di guerra) contro
una divisione di SS italiane, l’11ª Compagnia del III Battaglione del
Polizeiregiment ‘Bozen’ appartenente alla Ordungspolizei (polizia d’ordine) e
composto da reclute altoatesine, compiuto in via Rasella il 23 marzo, in cui
persero la vita 33 militi nazi-fascisti. Con questo documento storico, L’ordine è già stato eseguito30 in cui già dal titolo si capisce la sostanza e
dimostra come le due cose non siano collegate.
Portelli, con Giovanna Marini, Paolo Pietrangeli, il Canzoniere del Lazio,
fonda a Roma, nel 1972, il ‘Circolo Gianni Bosio’. Animatore e direttore della
rivista “I Giorni Cantati. Storia-Memoria-Immaginario”, bollettino di
informazione e ricerca sulla cultura operaia e contadina.
E’ stato lasciato per ultimo colui che si può definire il ‘pupillo’ di Bosio, l’allievo preferito: Ivan Della Mea. Sicuramente, Della Mea considera Bosio il suo mentore prediletto. Con il quale litiga ma poi, come un figliol prodigo laico, torna alla pratica tratteggiata da Bosio e alla fruttuosa collaborazione-contaminazione.
Coggiola e Della Mea sono stati direttori della creatura più importante del ricercatore mantovano, l’Istituto Ernesto de Martino.
E’ stato lasciato per ultimo colui che si può definire il ‘pupillo’ di Bosio, l’allievo preferito: Ivan Della Mea. Sicuramente, Della Mea considera Bosio il suo mentore prediletto. Con il quale litiga ma poi, come un figliol prodigo laico, torna alla pratica tratteggiata da Bosio e alla fruttuosa collaborazione-contaminazione.
Coggiola e Della Mea sono stati direttori della creatura più importante del ricercatore mantovano, l’Istituto Ernesto de Martino.
Storici, politici, militanti e anche i collaboratori più vicini,
attribuiscono a Gianni Bosio la qualifica di ‘marxista critico’, formato e
cresciuto, cioè, nel solco teorico tracciato e sviluppato da Rosa Luxemburg e
Karl Korsch. Ma questa collocazione è abbastanza strana e stride con quanto
Bosio scrive e teorizza già nel gennaio 1948. Così, dopo aver ribadito che “Oggi è la classe che, come classe dirigente, deve imparare a
pensare in termini di massa…Deve agire in termini di massa se vuole trasferire
la democrazia su un terreno nuovo, sostanziale oltre che formale, sociale oltre
che politico” .31 Bermani, in
‘Attualità di Gianni Bosio’,32 a proposito di questo ‘pensiero’, chiarisce: “Un moderno partito marxista-leninista cioè, basato sul centralismo
democratico, che alle sezioni territoriali affianca organizzazioni capillari
(nuclei di strada, nuclei di fabbrica)”. Quanto di più ortodosso e
in linea con la teoria e la pratica della maggior parte dei Partiti Comunisti,
non solo ‘occidentali’.
Anche Emanuele Gino Tortoreto (Milano, 1928-2012), esponente milanese
socialista, ricorda: “La sua produzione intellettuale […] e la sua
attività politica […] credo che si siano manifestate anche nel richiamo
ossessivo al partito (…) al partito e alla sua funzione…”.33
1.
Gianni Bosio, L’intellettuale rovesciato, introduzione di Cesare Bermani e
Clara Longhini Bosio-collana ‘Strumenti della cultura di classe’-a cura
dell’Istituto Ernesto de Martino per la Conoscenza Critica e la Presenza
Alternativa del Mondo Popolare e Proletario fondato da Gianni Bosio, Edizioni
Bella Ciao, Milano,
novembre 1975
novembre 1975
2.
Cremona 1° luglio 1929-Val Roia (Im) 27 aprile 1975. Autore, con Franco
Alasia, della prima ‘scandalosa’ ricerca sugli immigrati (meridionali) in
Italia, Franco Alasia, Danilo Montaldi, Milano, Corea. Inchiesta sugli
immigrati. Prefazione di Danilo Dolci, Feltrinelli, Milano, marzo 1960; D.
Montaldi, Autobiografie della leggera. Vagabondi, ex carcerati, ladri,
prostitute raccontano la loro vita, Einaudi, Torino, dicembre 1961; D. Montaldi,
Militanti Politici di base. Testimonianze di vita politica nella Bassa padana,
dalle origini del socialismo a oggi, Einaudi, Torino, aprile 1971; D. Montaldi,
Saggio sulla politica comunista in Italia 1919-1970 (postumo), Edizioni
‘Quaderni Piacentini’, Piacenza, dicembre 1976, ristampato, per conto del
Centro d’Iniziativa Luca Rossi di Milano, dalla Cooperativa Colibrì, Paderno
Dugnano (Mi), marzo 2016. Per la cronologia completa della vita e delle opere,
nonché bibliografia, vedi D. Montaldi, Bisogna sognare. Scritti 1952-1975,
edito, per conto dell’Associazione Culturale Centro d’Iniziativa Luca
Rossi-Milano, dalla Cooperativa Colibrì, Paderno Dugnano (Mi), luglio 1994
3.
Stefano Merli, L’altra storia. Bosio, Montaldi e le origini della nuova
sinistra, Opuscoli marxisti, Feltrinelli, Milano, aprile 1977
4.
Cesare Bermani (a cura di) Bosio oggi: rilettura di una esperienza.
Testimonianze di Gaetanò Arfè, Cesare Bermani, Eugenio Camerlenghi, Alberto
Mario Cirese, Luciano Della Mea, Roberto Leydi, Stefano Merli, Tullio Savi, con
un’appendice di scritti di Gianni Bosio, Provincia di Mantova, Biblioteca
archivio, Casa del Mantegna, Istituto Ernesto de Martino, Mantova, dicembre
1986. Atti del convegno tenuto al Teatro Accademico del Bibbiena di Mantova, il
3-5 ottobre 1975.
5.
Cesare Bermani (a cura di), Cronologia della vita e opere, Istituto Ernesto
de Martino,
http://www.iedm.it/istituto/gianni-bosio-cronologia-della-vita-e-delle-opere/
6.
Paolo Mencarelli, Libro e mondo popolare. Le Edizioni Avanti! di Gianni
Bosio 1953-1964, Biblion Edizioni, Milano, novembre 2011
7.
Antropologo che scriveva per ‘L’Avanti!’, ‘Paese Sera’, ‘Calendario del
Popolo’, ‘Mondo Operaio’, e insieme al padre Eugenio aveva curato la
pubblicazione di “La Lapa (‘come l’ape quand’è primavera’)
Argomenti di storia e cultura popolare” e svolge attività di assistente
volontario presso la cattedra di Etnologia, per la quale collabora anche con
Ernesto de Martino
8.
La Lega. Dieci anni di attività delle leghe di cultura e dei gruppi del
cremonese e del mantovano, Quaderni della lega di Cultura di Piadena (Cr),
serie terza, a cura di Gianfranco Azzali, Enio Camerlenghi, Gioietta Dallò,
Giuseppe Morandi, Silvio Uggeri, n. 5-luglio 1976-ciclostilato in proprio
9.
Premessa a La Lega, Quaderno n. 5 della Lega di Cultura di Piadena, cit;
10. C. Bermani, Cronologia
della vita e delle opere, cit;
11. Gianni Bosio, Il
trattore ad Acquanegra. Piccola e grande storia in una comunità contadina, Associazione
Postumia Centro Studi e Ricerche di Scienze Lettere Arti, Gazoldo degli
Ippoliti (Mn), Quaderni di Postumia 1, stampato da Publi Paolini in Mantova,
aprile 2016 – Prima edizione a cura di Cesare Bermani, De Donato, Bari,
settembre 1981
12. C. Bermani, Gli inizi di
una nuova storiografia sociale, in E Gianni Bosio disse, Il de Martino. Rivista
dell’Istituto de Martino, n. 19-20, Firenze, marzo 2009
13. Cesare Bermani (a cura
di), Scritti del 1942 al 1948. Da «Noi giovani» a «Quarto Stato», Mantova-Gianluigi
Arcari editore Piàdena-Lega di Cultura, ottobre 1981
14. http://www.omegna.net/bermani/
15. 1.614 pagine di
documenti e testimonianze dirette, raccolte con il magnetofono, distribuite in
tre volumi, più 108 pagine (4° volume) di fonti ed indici, e controverso per le
polemiche che ha alimentato, tanto che il secondo volume è uscito a distanza di
un quarto di secolo rispetto al primo
16. Cesare Bermani, Pagine
di guerriglia. L’esperienza dei garibaldini nella Val Sesia, volume I (Cap.
I-XXXV) Sapere Edizioni, Milano, dicembre 1971; volume II (Cap. XXXVI-LII)
Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea in
provincia di Vercelli ‘Cino Moscatelli’, Vercelli, aprile 1995; volume III
(Cap. LIII-LXXIV) Istituto per la Storia della Resistenza e della Società
contemporanea in provincia di Biella e Vercelli ‘Cino Moscatelli’, Vercelli,
dicembre 1996; Volume IV, Fonti e indici, Istituto per la Storia della
Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Biella e Vercelli
‘Cino Moscatelli’, Vercelli, aprile 2000
17. Cesare Bermani, Storia e
mito della Volante rossa, con una testimonianza di Eligio Trincheri, prefazione
di Giorgio Galli, Nuove Edizioni Internazionali, Milano, ottobre 1996
18. C.Bermani, La Volante
Rossa. Storia e mito di un ‘gruppo di bravi ragazzi’, Archivio Primo
Moroni-Edizioni Colibrì, Paderno Dugnano (Mi), maggio 2009
19. Cesare Bermani, Al
lavoro nella Germania di Hitler. Racconti e memorie dell’emigrazione italiana
1937-1945. La vita quotidiana degli emigrati italiani nella Germania nazista,
Bollati Boringhieri, Torino, giugno 1998
20. C. Bermani (a cura di),
Gramsci raccontato, Istituto Ernesto de Martino, Edizioni Associate, Roma,
novembre 1987
21. C. Bermani, Gramsci gli
intellettuali e la cultura proletaria, Archivio Primo Moroni e Centro
d’Iniziativa Luca Rossi (Milano) edito da Cooperativa Colibrì, Paderno Dugnano
(Mi), dicembre 2007
22. Cesare Bermani, Il
bambino è servito. Leggende metropolitane in Italia, Edizioni Dedalo, Bari,
novembre 1991
23. Cesare Bermani (a cura
di), Introduzione alla storia orale, vol. I, Storia, conservazione delle fonti
e problemi di merito, Odradek, Roma, novembre 1999 ; vol. II, Esperienze di
ricerca, Odradek, Roma, giugno 2001
24. G. Bosio, L’Italia nelle
canzoni, Catalogo I Dischi del Sole prodotti dalle Edizioni del Gallo, Milano,
maggio 1968
25. Franco Coggiola, in Ivan
Della Mea, Se qualcuno ti fa morto -DS 1009/11, libretto allegato al disco
omonimo, marzo 1972
26. La Lega, cit.;
http://legadicultura.it/
27. Quando “Bandiera rossa”
si cantava, trenta lire al giorno si ciapava e adesso che si canta “Giovinesa”
si crepa dalla fame e dala debolessa
28. Giuseppe Morandi,
Spoleto 64, Bella Ciao, n. 20 dei Quaderni della Biblioteca Popolare di
Piadena, Piadena, gennaio 1965; G. Morandi, Spoleto 1964. Bella Ciao. Il
diario, Il de Martino, supplemento al n. 21/2012, Istituto Ernesto de Martino,
Il Nuovo Canzoniere Italiano, Lega di Cultura di Piadena, Firenze, febbraio
2012
29. https://www.carmillaonline.com/2016/08/06/gorizia-lattuale/
30. Alessandro Portelli,
L’ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria, Donzelli,
Roma, febbraio 1999
31. G. Bosio, Scritti dal
1942 al 1948, cit.;
32. Bosio oggi: rilettura di
una esperienza, cit.;
33. Emanuele Tortoreto,
Gianni Bosio: democrazia di base e tradizione socialista, in Socialismo di
sinistra. Sei contributi nella storia italiana ed europea, Milano, Quaderni del
Centro Rosa Luxemburg, n. 1, 1983
La cultura altra e
l’intellettuale rovesciato / seconda parte - Fiorenzo Angoscini
Il Nuovo Canzoniere Italiano e l’Istituto Ernesto de
Martino
Come organizzatore di cultura, Bosio, ha promosso, proposto e realizzato
molti progetti. Sicuramente, i due più significativi, tra loro collegati e
interdipendenti, conseguenti con tutte le iniziative ‘pensate’ in precedenza,
sono il “Nuovo Canzoniere Italiano”, che non è stato solo il nome di una
rivista, e l’ “Istituto Ernesto de Martino per la conoscenza critica e la
presenza alternativa del mondo popolare e proletario”.
Il ‘Canzoniere’ è stato un agglomerato di solisti: Ivan Della Mea, Giovanna
Marini, Paolo Pietrangeli, Alfredo Bandelli, Luisa Ronchini, Pino Masi, Rosa
Balistreri, Gualtiero Bertelli, la mondina Giovanna Daffini e suo marito
Vittorio Carpi (suonatore ambulante di violino), reggiani di Santa Vittoria di
Gualtieri, Caterina Bueno, Ciccio Busacca, Sandra e Mimmo Boninelli1 , gli ex Cantacronache2 Fausto Amodei-Michele Luciano Straniero-Emilio
Jona-Sergio Liberovici-‘Margot’, Alberto D’amico, Giorgio Gaslini, Sandra
Mantovani ; mentre nella fase iniziale d’attività anche Dario Fò ed Enzo
Jannacci sono stati canzonieri militanti e gruppi musicali (Canzoniere del
Lazio, Nuovo Canzoniere Bresciano, Canzoniere Popolare Veneto, Gruppo Padano di
Piadena, Canzoniere Pisano, I Giorni Cantati di Calvatone e Piadena, Canzoniere
di Rimini, Canzoniere Popolare di Bergamo, Canzoniere Popolare della Brianza,
Canzoniere Popolare Romano, Canzoniere Popolare Modenese) hanno raccontato,
affiancato, sostenuto, con ballate, lettere musicali, racconti orali, canzoni,
rappresentazioni teatrali, la vita, le lotte, le storie della classi
subalterne. Anche Franco Fortini e Umberto Eco sono stati ispiratori pratici di
questo progetto. Oltre ai protagonisti, anche alcune delle loro realizzazioni-rappresentazioni
hanno inciso sul tessuto socio culturale di quest’Italia. Si sono già ricordati
gli allestimenti di ‘Bella Ciao. Un programma di canzoni popolari italiane’ e
‘L’altra Italia. Prima rassegna italiana della canzone popolare e di protesta
vecchia e nuova’. Altrettanto importanti sono stati ‘Pietà le morta. La
Resistenza nelle canzoni 1919-1964 ‘, ‘Ci ragiono e canto’ (Rappresentazione
popolare in due tempi su materiale originale curata da Cesare Bermani e Franco
Coggiola) e’La grande paura. Settembre 1920. L’occupazione delle fabbriche’
(Rappresentazione teatrale in due tempi su materiale raccolto da Cesare
Bermani, Gianni Bosio, Franco Coggiola con allestimento, testo e
interpretazione del Collettivo Teatrale di Parma). Infine, ‘Il bosco degli
alberi. La storia d’Italia dall’ Unità a oggi attraverso il giudizio delle
classi popolari’ (Rappresentazione in due tempi a cura di Gianni Bosio e Franco
Coggiola).
Già sul finire degli anni cinquanta (1957) Gianni Bosio e Alberto Mario
Cirese, pensavano di costituire una struttura stabile e polifunzionale dove far
convergere, organizzare, raccogliere e conservare tutto il diverso materiale
(libri, riviste, pubblicazioni sparse, dischi, manifesti, spettacoli
teatrali-musicali, fotografie e filmati) frutto del lavoro già compiuto e di
quello futuro ancora da svolgere. Il “Centro di documentazione e studio delle
arti e tradizioni popolari” è stato (anche se solo in bozza) il precursore ed
anticipatore dell’ Istituto Ernesto de Martino.
Bosio e Cirese costituiscono ‘legalmente’ l’Istituto il primo gennaio 1966,
convenendo di affidare la direzione a Roberto Leydi.3 Divergenze di opinioni e metodologie distinte
portano al distacco di Leydi dai due promotori del progetto e rallentano
l’inizio delle attività dell’Istituo, che slitta al primo luglio dello stesso
anno. Nel 1965 era morto Ernesto de Martino 4 antropologo,5 etnologo,6 storico delle religioni, studioso, professore
universitario, uomo di cultura nel senso più ampio del termine. Tra lui e
Cesare Pavese intercorre un corposo carteggio relativo a come impostare e
gestire la mitica Collana Viola dell’ editore Einaudi (poi passata a Bollati
Boringhieri) “collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici”7 . La ‘viola’, riuscì a far appassionare lettori
ed esperti, veicolando nel paese scienze fino ad allora semi-sconosciute:
etnologia e storia delle religioni, conferendo tagli ed impostazioni disciplinari
particolari: psicologia religiosa e studio dei dislivelli culturali.
Ma de Martino è stato anche un militante politico che affrontava rilevanti
questioni teoriche e ne discuteva con, ad esempio, Pietro Secchia8 , il ‘rivoluzionario eretico’ che dialogava con
molti, nonostante gli sciocchi appellativi con cui veniva etichettato: l’ uomo
che sognava la lotta armata, l’ultimo stalinista, l’amico di Giangiacomo
Feltrinelli (sottinteso in odore di guerriglia).
Gli uomini, le donne, i collettivi citati non sono tutti i protagonisti di
questo viaggio culturale-umano-storico-musicale-teatrale-letterario e politico.
Ci sono stati abbandoni, distacchi e, in alcuni casi, ritorni. Alcuni hanno
compiuto solo un breve tratto di strada comune, altri un tragitto più lungo, i
più convinti il percorso completo. Così come non è stato ‘ricostruito’, in
maniera totale, tutto il ‘movimento’ che, partito dalle
intuizioni-elaborazioni-realizzazioni di Gianni Bosio si è organizzato attorno
a lui. Si è voluto, però, offrire un panorama il più rappresentativo possibile.
Oggi, l’Istituto, è un insieme di “…gruppi collegati: dalla Lega di Cultura di Piadena, al Circolo Gianni Bosio di Roma, alla Società di Mutuo Soccorso Ernesto de Martino di Venezia, ad altre nate negli ultimi anni come gli Archivi della Resistenza di Fosdinovo o la recentissima L’altra Cultura di Orta San Giulio”9
Di seguito, per completezza parziale, alcuni esempi di ‘eredi’ non diretti, esperienze cioè che, con il lavoro dell’innovatore culturale mantovano, hanno tratti comuni. Ad esso, sostanzialmente, si richiamano o ispirano. Oppure compiono una traiettoria simile.
Oggi, l’Istituto, è un insieme di “…gruppi collegati: dalla Lega di Cultura di Piadena, al Circolo Gianni Bosio di Roma, alla Società di Mutuo Soccorso Ernesto de Martino di Venezia, ad altre nate negli ultimi anni come gli Archivi della Resistenza di Fosdinovo o la recentissima L’altra Cultura di Orta San Giulio”9
Di seguito, per completezza parziale, alcuni esempi di ‘eredi’ non diretti, esperienze cioè che, con il lavoro dell’innovatore culturale mantovano, hanno tratti comuni. Ad esso, sostanzialmente, si richiamano o ispirano. Oppure compiono una traiettoria simile.
Eredi ‘paralleli’
Nel dicembre 1963 nasce a Reggio Emilia con un primo numero ciclostilato ‘Il Cantastorie. Rivista di tradizioni popolari’, come
continuazione di un saggio monografico di Giorgio Vezzani, fondatore e attuale
direttore, dedicato ai cantastorie allora numerosi e presenti sul territorio
emiliano. Con l’anno successivo la rivista viene stampata in tipografia e
continua fino ad oggi con periodicità semestrale.10
Dopo il 2000 si sono formate, oltre alla direzione centrale di Reggio
Emilia, altre due redazioni a Milano e a Roma. Il 2013 segna la chiusura
definitiva della storica Rivista per decisione del suo fondatore che continua
la sua attività di ricerca. I cinquantanni di attività sono certificati con un
convegno. “I cinquant’anni della rivista ‘Il Cantastorie’ (1963-2012)” i cui
atti e relazioni sono stati raccolti e pubblicati nel 2012, come quaderno n.
13, da “Il Giorno di Giovanna”.
Ed inizia la pubblicazione di ‘Foglio Volante’ nuovo strumento ‘elettronico’ informativo della rivista di tradizioni popolari “Il Cantastorie on line”11 che continua tutt’oggi. Ultimo numero diffuso è il 13 dell’aprile 2017.
Ed inizia la pubblicazione di ‘Foglio Volante’ nuovo strumento ‘elettronico’ informativo della rivista di tradizioni popolari “Il Cantastorie on line”11 che continua tutt’oggi. Ultimo numero diffuso è il 13 dell’aprile 2017.
A Montecchio Emilia, paese reggiano al confine con la provincia Parmense,
Bruno Grulli stampa, nel maggio1979, il numero 1 di “La Piva
dal carner. Foglio volutamente rudimentale di cultura popolare,
ricerca, comunicazione e dintorni a 361°”. La prima serie prosegue fino al n.
74 dell’ottobre 2012 che pubblica la ricerca sulle 18 pive emiliane superstiti
e che di fatto avviava il nuovo corso della PdC. Nell’aprile del 2013 viene
pubblicato il primo numero della nuova serie e viene leggermente modificato il
sottotitolo: ‘Foglio rudimentale di comunicazione a 361°’. In questo n. 1 si
segnala un saggio di Gianpaolo Borghi: “Due recenti studi sui cori delle
mondine”. Nel n. 7 (ottobre 2014) Franco Piccinini, in ‘Non solo folk’,
racconta la storia di Ferruccio Reggiani, migrante per reato di antifascismo, e
del suo salone da parrucchiere in rue Faubourg St. Denis a Parigi: “Un covo di
antifascisti, boxeurs, magnaccia e prostitute”.
Sul n. 8 del gennaio 2015, un contributo di Stefania Colafranceschi racconta di “Sant’ Antuone, Sant’ Antuone, lu nemiche de lu demonie”. “La copertina è dedicata a Sant’Antonio Abate, santo col quale la PdC intrattiene uno speciale rapporto nella ricorrenza del 17 gennaio consumando il “tradizionale” ZAMPETTO che quest’anno raggiunge la 30^ seduta. Lo zampetto è connesso con la pratica della macellazione del suino che culmina in questo periodo secondo l’ operatività di una cultura materiale antichissima. «Tradizionale» è una parola della quale andrebbe chiarito il significato. Gli attribuiamo semplicemente il valore «…che avviene calendarialmente e regolarmente da tanto tempo…». Oggi però si inseriscono nel tradizionale anche cose di recente origine, prive di un reale retroterra e fissate da esigenze commerciali o ludiche e pertanto ci chiediamo quale veramente sia la portata di quella parola. Optiamo dunque per una distinzione tra ciò che deriva dalla «cultura popolare operativa» e ciò che è «qualcosa d’ altro». Le feste patronali, i balli antichi, la fiaba, ecc. a quale categoria appartengono?” E’ quanto chiariscono in presentazione d’opuscolo, GianPaolo Borghi e il direttore di testata Bruno Grulli. Il n. 9 (aprile 2015) titola: “Cantar bisogna. Canto sociale e canzoni partigiane a Reggio Emilia”. Sull’ultimo numero, luglio 2017, Riccardo Varini ricorda cosa si fa “Nelle ultime osterie del medio Appennino Reggiano”.
Sul n. 8 del gennaio 2015, un contributo di Stefania Colafranceschi racconta di “Sant’ Antuone, Sant’ Antuone, lu nemiche de lu demonie”. “La copertina è dedicata a Sant’Antonio Abate, santo col quale la PdC intrattiene uno speciale rapporto nella ricorrenza del 17 gennaio consumando il “tradizionale” ZAMPETTO che quest’anno raggiunge la 30^ seduta. Lo zampetto è connesso con la pratica della macellazione del suino che culmina in questo periodo secondo l’ operatività di una cultura materiale antichissima. «Tradizionale» è una parola della quale andrebbe chiarito il significato. Gli attribuiamo semplicemente il valore «…che avviene calendarialmente e regolarmente da tanto tempo…». Oggi però si inseriscono nel tradizionale anche cose di recente origine, prive di un reale retroterra e fissate da esigenze commerciali o ludiche e pertanto ci chiediamo quale veramente sia la portata di quella parola. Optiamo dunque per una distinzione tra ciò che deriva dalla «cultura popolare operativa» e ciò che è «qualcosa d’ altro». Le feste patronali, i balli antichi, la fiaba, ecc. a quale categoria appartengono?” E’ quanto chiariscono in presentazione d’opuscolo, GianPaolo Borghi e il direttore di testata Bruno Grulli. Il n. 9 (aprile 2015) titola: “Cantar bisogna. Canto sociale e canzoni partigiane a Reggio Emilia”. Sull’ultimo numero, luglio 2017, Riccardo Varini ricorda cosa si fa “Nelle ultime osterie del medio Appennino Reggiano”.
Nel 1984, Saverio Tutino, giornalista, ex inviato de ‘L’Unità’ e di altra
stampa comunista, ha l’idea di fondare a Pieve Santo Stefano (Ar) un luogo in
cui accogliere le scritture autobiografiche degli italiani, per concedere il
diritto di parola ai ‘senzastoria’. Lo chiama Fondazione Archivio Diaristico
Nazionale12 ed istituisce il Premio letterario ‘Pieve’. “Cercate nelle soffitte e nei cassetti i carteggi d’amore dei
nonni, le lettere d’emigrazione, i taccuini dalle trincee di guerra, il diario
di un vecchio antenato, inviateci le pagine personali che avete scritto durante
la vostra vita, le memorie autobiografiche di eventi passati, ma anche i vostri
diari intimi giovanili: raccoglieremo questo materiale in una sede pubblica e
lo metteremo a disposizione delle generazioni future. Naturalmente cerchiamo
documenti autentici, non rielaborati né corretti da altri”.13 Il premio si svolge dal 1986, ed è giunto alla
33° edizione. Dall’edizione 2012 è diventato Premio Pieve Saverio
Tutino-Diritto di memoria, in omaggio al suo fondatore, scomparso nel novembre
2011. L’autore vincitore, viene premiato ogni anno con la pubblicazione del
‘diario’ prescelto. L’efficace motto che accompagna il ‘Premio’ è: ‘sostieni la
causa della memoria’.
‘La ricerca folklorica, contributi allo studio della
cultura delle classi popolari’, è la rivista trimestrale che La Grafo Edizioni
di Brescia, con direttore responsabile Glauco Sanga, inizia a pubblicare
dall’aprile 1980. Il n.1, dedicato a ‘La cultura popolare’, contiene contributi
dello stesso Sanga, ‘Due note sulla cultura contadina’, di Diego Carpitella,
‘Comunicazione e mentalità orale’ e Bruno Pianta, ‘Ricerca sul campo e
riflessioni sul metodo’. Collaborano a questo primo numero anche, ma non solo,
Umberto Cerroni, Alberto Mario Cirese, Roberto Leydi. Il n° 70 (2015) è l’
ultimo numero rintracciato. Dal numero 41 (aprile 2000) ha modificato
denominazione, grafica e ‘testata’: non più il precedente titolo per esteso,
bensì le iniziali ‘pronunciate’ di R(icerca) e F(olklorica). Ed è diventata
‘ErreEffe’.
A Motteggiana (Mn) dal 1994 si svolgono gli incontri denominati “Il Giorno di Giovanna”, dedicati alla
mondina-cantastorie mantovana Giovanna Daffini. Nata, il 22 aprile 1914,
esattamente a Villa Saviola frazione di Motteggiana, anche se, dal 1936, dopo
essersi sposata con il violinista di strada Vittorio Carpi, si stabilisce a
Gualtieri (Re) dove muore il 7 luglio 1969. Contemporaneamente agli incontri,
vengono consegnati i premi ai vincitori del ‘Concorso nazionale Giovanna
Daffini per testi inediti da cantastorie’. I premiati andrebbero ricodati
tutti, purtroppo per esigenze di spazio, e notorietà, citiamo i ‘conosciuti’:
Franco Trincale, nel 1997 con ‘La Resistenza’, Sandra Boninelli, nel 2004 per
‘Con te’ e nel 2011 con ‘O rondinella se passi di qua’. Nel 2016 lo speciale
premio della giuria è stato conferito a Mehta Jagjit Rai (amico-collaboratore
della Lega di Cultura di Piadena) per “melismi di altre terre che
narrano il dramma degli emigranti” . Il 4 giugno 2017, durante il
23° Concorso Nazionale sono stati attribuiti questi riconoscimenti. Premio
speciale fuori concorso a ‘Lega di Cultura di Piadena’ “nel 50° della sua fondazione”; a ‘I Giorni Cantati’ il
“premio continuità e tradizione”. Ancora a Meha Jagjit
Rai il 1° premio per “Nessuni mi ha detto spegni la luna’ “tra
memoria e ironia”.
Dal 2001, il Comune di Motteggiana-Archivio Nazionale “Giovanna Daffini”,
in occasione de “Il Giorno di Giovanna”, diffonde un quaderno monografico con,
oltre al programma della giornata, nomi dei vincitori e loro composizioni e
contributi e notizie varie sul mondo dei cantastorie e degli ‘ambulanti’ delle
note.
Dei ‘quaderni’, giunti al 17 numero (tutti preziosi e dal n. 7, del 2007, con allegato Cd contenente l’esecuzione, da parte degli autori stessi, dei brani vincitori) si segnalano il n. 14 del 2014: “Giovanna Daffini: celebrando il centenario della sua nascita nel ventennale del suo giorno” e il ‘fuori collana’, “Giovanna Daffini. L’amata Genitrice. Le canzoni di Giovanna Daffini dall’archivio di Roberto Leydi (1963-1965)” con Cd allegato. Ristampa della precedente edizione storica registrata da “I Dischi del Mulo”.
Dei ‘quaderni’, giunti al 17 numero (tutti preziosi e dal n. 7, del 2007, con allegato Cd contenente l’esecuzione, da parte degli autori stessi, dei brani vincitori) si segnalano il n. 14 del 2014: “Giovanna Daffini: celebrando il centenario della sua nascita nel ventennale del suo giorno” e il ‘fuori collana’, “Giovanna Daffini. L’amata Genitrice. Le canzoni di Giovanna Daffini dall’archivio di Roberto Leydi (1963-1965)” con Cd allegato. Ristampa della precedente edizione storica registrata da “I Dischi del Mulo”.
L’ultimo richiamo, forse atipico, è riservato ad un gruppo musicale di
‘combat-rock’, i Gang dei fratelli Severini14. Amici e collaboratori di Alessandro Portelli ed
Ambrogio Sparagna si rifanno a “Quella scuola cha ha radici nei
lavori di De Martino, di Carpitella, di Alan Lomax, di Gianni Bosio fino
appunto a ‘I Giorni Cantati’ (la rivista, nda). Portelli è stato e resta il guru dei Gang, una guida spirituale e
scientifica”. 15
Del resto “sono solo dei vecchi Comunisti”.
Del resto “sono solo dei vecchi Comunisti”.
Io e Bosio
“Saranno circa vent’anni, forse meno/e proprio a casa mia/c’era il
Gianni Bosio/che io chiamavo Giuan/gli occhiali sul naso/gli scivolavano
via/fumava e chiaccherava/il Bosio, il mio Giuan/E io per fare il
grande/restavo lì a guardare/e mi rompevo le palle/di tutto quel gran
parlare/tra il Gianni e mio fratello/e gli altri che erano lì/ma quello che
loro dicevano/non potevo capire”.
Così, nella primavera del ’72 (non ancora diciottenne) ad un anno dalla sua morte, ho conosciuto Gianni Bosio. Attraverso quelle ballate che Ivan Della Mea aveva raccolto e inciso nel disco “Se qualcuno ti fa morto”. Dopo averlo ascoltato, e riascoltato, mi sono detto: “non ho capito nulla”. Della Mea era, per me, colui che aveva scritto e cantato “Cara moglie” e proprio non riuscivo a capire quel suo poetare e mischiare Giuan con i socialisti, i Maggi di Costabona e Che Guevara. Ma è stato proprio da lì, dalla prima volta che ho sentito parlare di quell’ animale strano che ho imparato a conoscerlo.
Così, nella primavera del ’72 (non ancora diciottenne) ad un anno dalla sua morte, ho conosciuto Gianni Bosio. Attraverso quelle ballate che Ivan Della Mea aveva raccolto e inciso nel disco “Se qualcuno ti fa morto”. Dopo averlo ascoltato, e riascoltato, mi sono detto: “non ho capito nulla”. Della Mea era, per me, colui che aveva scritto e cantato “Cara moglie” e proprio non riuscivo a capire quel suo poetare e mischiare Giuan con i socialisti, i Maggi di Costabona e Che Guevara. Ma è stato proprio da lì, dalla prima volta che ho sentito parlare di quell’ animale strano che ho imparato a conoscerlo.
Gianni Bosio, me l’hanno insegnato : Ivan, attraverso le sue canzoni e
scritti, Cesare Bermani, il curatore privilegiato della pubblicazione dei suoi
scritti postumi, gli animatori della Lega di Cultura di Piadena, con cui
collabora strettamente. Per un’altra realtà di base piadanese, il Gruppo
Padano, cura la pubblicazione in vinile di “I Giorni Cantati”. Un disco in cui
sono raccolte canzoni e comportamenti delle genti che abitano quella porzione
di terra racchiusa fra due fiumi, il Chiese e l’Oglio, “paesi come Calvatone, Piadena, Voltido, San Paolo, Canneto, Vho,
Bizzolano, Acquanegra con tante osterie, differenti situazioni di lavoro e
uomini incerti tra l’antica fatica dei campi e la pressione che viene dai nuovi
insediamenti industriali”.
E’ ancora Ivan Della Mea che, pochi mesi dopo (maggio 1972) aver cantato
“Se qualcuno ti fa morto”, riprende e prosegue, per me, il dialogo ‘a distanza’
con Gianni. Con lui ripercorre idealmente gli anni immediatamente successivi
alla fine della seconda guerra, quelli della ricostruzione, i bei tempi di
buriana (bufera) che contraddistinsero il ’48, gli anni del Fronte Popolare,
dell’illusione della sinistra (PCI-PSI) al potere e dell’effige di Giuseppe
Garibaldi che, soprattutto nella Padania lombarda ed emiliana, campeggiava
ovunque: edifici di città, baite di montagna, cascine, fienili. Con ‘Sent un po’, Giuan te se ricordet…‘ racconta otto anni
della nostra storia (‘dalla parte del torto’) dal 1948 al 1956 , e canta le
speranze dei giovani che, in qualsiasi occasione e situazione, abbracciati, cantavano
Bandiera Rossa ed esternavano le loro aspirazioni. Ma anche allora e proprio in
quel mese primaverile “han vint i pret cont i bali e i orazion”.
Questo, d’altronde, era stato l’epilogo del 18 aprile 1948.
Il 14 luglio sparano a Togliatti in parlamento. Si è, forse, sull’orlo
della guerra civile. Ma a Parigi Bartali taglia per primo il traguardo. Si
aggiudica il Giro di Francia e così il vicino di casa che il pomeriggio
caldeggiava l’occupazione delle piazze, la sera, ascoltata la radio, urla Viva
Bartali! Come ricorda Della Mea, “i democristi han vinciu i
elezion”.
Poi, ancora, il ’50, Anno Santo, con Pacelli (Papa Pio XII) che dispensa scomuniche e anatemi anticomunisti, e la statua della Madonna Pellegrina vaga in lungo e in largo per la penisola. Ma il ’50 è anche un anno maledetto : il 29 agosto, in un albergo di Torino, Cesare Pavese muore suicida. Pone così fine al suo difficile ‘mestiere di vivere‘.
Poi, ancora, il ’50, Anno Santo, con Pacelli (Papa Pio XII) che dispensa scomuniche e anatemi anticomunisti, e la statua della Madonna Pellegrina vaga in lungo e in largo per la penisola. Ma il ’50 è anche un anno maledetto : il 29 agosto, in un albergo di Torino, Cesare Pavese muore suicida. Pone così fine al suo difficile ‘mestiere di vivere‘.
Dopo i fatti politici gli eventi ‘naturali‘.
Nell’inverno a cavallo tra il ’51 e il ’52 la grande alluvione nel Polesine. Il
fiume Po straripa e allaga mezza pianura del basso Veneto. “Case allagate dispersi a centinaia. E poi le foto, Giuan, ti
ricordi? Galline e cani e vacche nella fanga, la gente acquattata sui tetti, è
un grande silenzio di acqua e di dolore”.
Lo stesso silenzio che abbiamo sentito nel Vajont (9 ottobre 1963).
Lo stesso silenzio che abbiamo sentito nel Vajont (9 ottobre 1963).
Ancora la politica nel ’53, con la ‘Legge Truffa’, e sempre in quegli anni,
agosto ’56, un’altra tragedia della fame e del lavoro, che in Italia non c’è. A
Marcinelle,16 in una miniera del Belgio, perdono la vita 262
lavoratori, 136 sono italiani. Vittime della miniera, dell’emigrazione, della
miseria.
Gianni Bosio muore, Mantova, il 21 agosto del 1971. I Compagni che lo accompagnano, ricoprono la sua bara con una bandiera rossa, senza nessun simbolo o marchio di partito.
“L’Unità” ne da solo un laconico annuncio tramite un trafiletto anonimo nell’edizione del giorno successivo. Ivan Della Mea, sempre su “L’Unità”, ma di sabato 17 agosto 1985, sostiene:“Gianni Bosio misconosciuto in vita. Misconosciuto dopo la sua morte. Non dovrebbe succedere, ma succede”.17
Gianni Bosio muore, Mantova, il 21 agosto del 1971. I Compagni che lo accompagnano, ricoprono la sua bara con una bandiera rossa, senza nessun simbolo o marchio di partito.
“L’Unità” ne da solo un laconico annuncio tramite un trafiletto anonimo nell’edizione del giorno successivo. Ivan Della Mea, sempre su “L’Unità”, ma di sabato 17 agosto 1985, sostiene:“Gianni Bosio misconosciuto in vita. Misconosciuto dopo la sua morte. Non dovrebbe succedere, ma succede”.17
1.
Il Nuovo Canzoniere Italiano dal 1962 al 1968 reprint, con prefazione di
Cesare Bermani, Istituto Ernesto de Martino-Gabriele Mazzotta Editore, Milano,
novembre 1978; Cesare Bermani, Una storia cantata. 1962-1997. Trentacinque anni
di attività del Nuovo Canzoniere Italiano/Istituto Ernesto de Martino, Jaca
Book-Istituto Ernesto de Martino, Milano, marzo 1997
2.
Emilio Jona e Michele Luciano Straniero (a cura di) Cantacronache. Un’avventura
politico-musicale degli anni cinquanta, Scriptorium & Ddt Associati,
Torino, novembre 1995 – Giovanni Straniero-Carlo Rovetto, Cantacronache. I 50
anni della canzone ribelle. L’eredità di Michele L. Straniero, Editrice Zona,
Civitella in Val di Chiana (Ar) maggio 2008
3.
Ivrea (To) 1928-Milano 2003, cultore di musica contemporanea e jazz, poi
ricercatore di musica popolare, nella più ampia accezione del termine. Dal 1973
docente di etnomusicologia al DAMS di Bologna
4.
Napoli 1908-Roma 1965, nel 1948 pubblica ‘Mondo magico’, testo fondamentale
delle sue esperienze e convinzioni. Iscritto al Psi, è segretario di
federazione in Puglia, lì approfondisce le ricerche ed indirizza i suoi
interessi verso lo studio etnografico delle comunità contadine del meridione
d’Italia. Di questa fase sono le sue opere più conosciute: “Morte e pianto
rituale”, “Sud e magia”, “La terra del rimorso” incentrata, quest’ultima, sul
fenomeno del tarantismo e realizzata con ricerche sul campo in Salento, la
collaborazione di Giovanni Jervis (psichiatra), Letizia Comba Jervis
(psicologa), Amalia Signorelli (antropologa culturale) Diego Carpitella
(etnomusicologo), Franco Pinna (fotografo) e la consulenza di S. Bettini,
medico. Nel 1950 aderisce al Partito Comunista Italiano. Nel 1962 pubblica
“Furore Simbolo Valore”, forse il suo contributo più importante alla
comprensione degli ‘episodi di costume dell’Europa contemporanea‘
5.
Amalia Signorelli, Ernesto de Martino, Teoria antropologica e metodologia
della ricerca, L’Asino d’oro edizioni, Roma, maggio 2015
6.
Clara Gallini e Francesco Faeta (a cura di) I viaggi nel sud di Ernesto De
Martino, fotografie di Arturo Zavattini, Franco Pinna e Ando Gilardi, Bollati
Boringhieri, Torino, maggio 1999
7.
Pietro Angelini (a cura di) Cesare Pavese-Ernesto De Martino, La collana
viola. Lettere 1945-1950. Storia di una battaglia culturale, Bollati
Boringhieri, Torino, gennaio 1991
8.
Riccardo Di Donato (a cura di) Compagni e amici, Lettere di Ernesto De
Martino e Pietro Secchia, La Nuova Italia, Firenze, dicembre 1993
9.
Istituto Ernesto de Martino, Un laboratorio sul mondo oppresso e
antagonista, Gli uomini, le opere, i giorni, Il de Martino. Rivista
dell’Istituto n. 25 del 2015
10. https://www.rivistailcantastorie.it/pagina-iniziale/
11. https://www.rivistailcantastorie.it/
12. http://www.archiviodiari.org/index.php/home.html
14. Marino e Sandro Severini
(The Gang), Banditi senza tempo, prefazione di Alessandro Portelli, Selene
Edizioni, Milano, settembre 2003
15. Lorenzo ‘Lerry’ Arabia e
Gianluca Morozzi (a cura di), Le Radici e le Ali. La storia dei Gang,
Associazione Culturale Musica e Idee – Ferenandel, Ravenna, aprile 2008
16. https://www.carmillaonline.com/2016/08/08/marcinelle-8-agosto-1956-carbone-cambio-vite-umane/
17. Maurice Mariani (F.A.),
L’intellettuale rovesciato, BresciaOggi, 21 agosto 1985
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