Una Relazione per l’Accademia,
Rapporto di Minoranza, Analisi e una Modesta proposta
(premetto che la mia esperienza è
solo di 35 anni, scuole superiori, istituti tecnici e professionali)
In tanti anni di insegnamento ho
visto cose che voi umani non insegnanti potete solo immaginare, se avete un
smisurata fantasia.
Da quando insegno ho cercato di
lavorare cercando di far crescere gli studenti, di elevarli rispetto al punto
di partenza.
Piano piano scopri che è una vita
difficile quella di insegnare per elevare gli studenti, te ne accorgi quando
sempre più i presidi (adesso dirigenti scolastici) ti chiedono perché dai
qualche insufficienza (e sempre più devi giustificarti), mai ho sentito un
dirigente chiedere come mai in certe materie tutti hanno voti non inferiori a
otto o nove. Il sottinteso è che se gli studenti sono bravi il merito è degli
studenti e, forse, dei professori, se un gruppo non va bene la colpa è sempre
del professore.
In questi anni sempre più si parla
di successo formativo, che nel concreto può significare che le scuole più
“brave” sono quelle con più promossi.
Mutatis mutandis, ho letto che
anche in certi ospedali i reparti dove i pazienti tornano a casa più in fretta,
o muoiono di meno in quel reparto sono i migliori. E anche che per raggiungere
certi obiettivi di efficienza a volte si manda a casa la gente più in fretta
del necessario, o i casi più gravi si spostano in altri reparti, ma non ci
voglio credere.
Non ho mai letto che i migliori
esaminatori per la patente siano quelli che promuovono più aspiranti patentati.
Gli obiettivi della scuola sono una
cosa strana, se un docente vuole 100 dai suoi alunni e mediamente si fermano a
70 ha raggiunto il 70% dell’obiettivo, se un docente, a parità di tutte le
condizioni, vuole solo 50, e non 100 come il primo, dai suoi alunni e
mediamente questi si fermano a 40 ha raggiunto l’80% dell’obiettivo; se si
abbassano gli obiettivi gli studenti diventano più bravi e così i loro
insegnanti.
Mutatis mutandis, se si cambiano i valori
obiettivo delle sostanze presenti nell’acqua, per magia questa può
trasformarsi da dannosa a potabile.
Un’altra cosa di cui si parla in
questi anni, sempre di più, è di quella parola magica che si chiama recupero,
quando uno studente in una parte del programma o in certe prove non va bene, si
deve recuperare, recuperare, recuperare. Molte volte si tratta di chi non ha
studiato, ma non si può dire per non passare per reazionario. A quale
insegnante non è capitato il caso di qualche studente che ti dice, a me non me
ne importa niente, vengo a scuola perché mi mandano?
Nello sport è diverso, se uno perde
una partita non deve rigiocare di nuovo quella partita, o rifare quella gara,
magari la prossima settimana o mese uno si allena di più e meglio, e magari
deve volerlo fare, di sicuro i suoi risultati saranno migliori. Se uno passa il
tempo senza neanche mettersi le scarpe sportive, in un angolo, giocando col
telefonino, chi darebbe la colpa all’allenatore? Pochi, forse. Se succede una
cosa simile a scuola quasi tutti attribuiscono la colpa all’insegnante.
E possiamo evitare di parlare delle
competenze, altra parola magica, che più uno la usa più sembra bravo? Da sempre
la scuola doveva trasmettere, fornire, insegnare le conoscenze, poi era
lasciata all'abilità dello studente (o della persona che imparava) farle
fruttare, in un ordine logico, fondazioni e piano terra le conoscenze, primo
piano le abilità. Da un po' di anni qualcuno ha introdotto le competenze
(leggi qui),
cosa buona e giusta, il secondo piano di una costruzione. Il problema è che si
è gettato fango, non tutti, non sempre, sulle conoscenze, equiparandole al
nozionismo. Il paradosso è che spesso a chi non ha conoscenze, o le ha
limitate, vengono riconosciute delle competenze sufficienti, perché
poverino/a... Ma si può costruire una casa senza fondazioni? Chi andrebbe da un
dentista che non sa i nomi dei denti? Chi cercherebbe un elettricista per un
lavoro se costui ignorasse cos'è l'elettricità? Diremmo che quelle conoscenze
sono nozionismo? A scuola sì.
E quest’anno è apparsa la ministra
Azzolina, con le sue parole, a marzo, “nessuno perderà l’anno” e poi la
didattica a distanza nella forma delle videolezioni, a me è venuta in mente una
canzone, so che è un sacrilegio, ma mi è venuta in mente quella canzone (L'anno
vecchio è finito ormai, Ma qualcosa ancora qui non va…Sarà tre volte Natale e
festa tutto il giorno…Anche i muti potranno parlare, Mentre i sordi già lo
fanno...).
E che dire della novità di
quest’anno, occorre l’unanimità dei voti dei docenti del consiglio di classe,
affinché uno studente non venga ammesso alla classe successiva.
Non stiamo parlando della sedia
elettrica, solo di ripetere un anno scolastico. E come non trovare un
insegnante che non sarà d’accordo per la bocciatura, dai, si trova, utilizzerà,
quell’insegnante, la formula “ma con me un sei l’ha preso” o una competenza ce
l'ha, o la parola magica, ”poverino/a”, per presunti studenti, che hanno l’età
per potersi drogare, per guidare un veicolo, per stare svegli fino alle cinque
di mattina col telefono cellulare, per poter prendere a parolacce i genitori,
per scegliere di entrare in coma etilico (capirete che eccedo, sono cose che
non succedono) ma non hanno la forza di volontà di togliere la polvere dai
libri.
Mi viene da pensare che c'è una
cosa peggiore dell'essere bocciati all'esame della patente ed è quella di
essere promossi senza saper guidare. Tutti si indignerebbero perchè se uno
guida e non sa guidare può uccidere chiunque,
è cosi che quell'indignazione diventa collettiva.
A scuola non funziona così,
purtroppo: chi viene promosso senza merito è un furbo, ed è impossibile che
l'indignazione di qualcuno, un compagno che ha dato l'anima per essere
promosso, per esempio, diventi collettiva,
E che dire dell’alternanza
scuola-lavoro, io pensavo a un mese in Sudafrica in miniera, trattato come un
nero, o, in alternativa, se non ci sono soldi per i viaggi in aereo, pensavo a
un mese nella raccolta dei pomodori, dall’alba al tramonto, con un litro
d’acqua, anche due, siamo generosi, per 25 euro al giorno,
Al ritorno tutti sarebbero
diventati migliori studenti, ringraziando ogni giorno la possibilità di andare
a scuola per studiare.
Una frase che si sente spesso a
scuola è “venire incontro agli studenti”, la traduzione è che se alla domanda
“quanto fa 2+2” uno risponde sei, l’insegnante dice quattro, con la risposta
cinque ci troviamo a metà strada, si è andati incontro agli studenti (1).
Passiamo alla videolezione, per
alcuni l'unica declinazione della didattica a distanza.
Quello che poteva e doveva essere
un dialogo educativo con moltissimi studenti diventa un monologo (educativo?,
purtroppo succede anche nella scuola vera) e un imbroglio, quando gli esercizi
e le domande, se un docente (con sprezzo del pericolo) prova a farle, e il
dialogo educativo (ormai estinto) si trasforma nell'aiuto da casa (se uno
ricorda il gioco televisivo "Chi vuol essere milionario" capisce
tutto).
E che dire dell'insistenza dei
genitori, che fanno stalking al docente, perchè la valutazione delle prove
dell'erede deve essere proporzionata al tempo che dedicano al figlio/a, al
costo delle inutili lezioni private, una specie di doping, che scade in fretta.
Come vorrei essere un allenatore di
boxe, stalkerato dal giovane pugile e dai suoi genitori per farlo combattere,
nonostante capacità e preparazione inadeguate, e mandarlo sul ring, e vedere
cosa ne resta.
È inimmaginabile lo squallore di
queste cose, beato chi non le prova.
E dopo l’analisi (parziale, naturalmente) vorrei
ipotizzare una modesta proposta.
A differenza del medico di
famiglia, che viene frequentato solo da chi sta male, la scuola viene
frequentata (parlo sempre per le scuole secondarie superiori) da chi non vuole
studiare, sempre più, da chi ha qualche difficoltà (a volte sono troppi, leggi qui e
qui, esiste
il virus della diagnosite), senza dimenticare i molti, sempre più, troppi
affetti da nomofobia, leggi qui)
e sempre meno da chi vuole studiare (all’inizio ne hanno voglia, ma poi visto
l’andazzo, per molti quella voglia scema).
Un enorme problema, sottovalutato
nella scuola, è quello di dedicare molto tempo e grandi energie alle prime
categorie di studenti, di cui solo una piccola parte non ce la fa e ha bisogno
d’aiuto (per questo esistono gli insegnanti di sostegno), e l’ultima categoria
di studenti viene trascurata, o, peggio, viene risucchiata nella mediocrità.
Per questo la proposta è
indirizzata a tutti, per risolvere il problema degli studenti (uso un
eufemismo) pigri.
C’è stato un periodo in cui,
ingiustamente, la scuola trascurava gli ultimi della classe, adesso,
ingiustamente, chi vuole studiare.
La modesta proposta (di
fantascuola, ma non troppo) è la seguente.
Lo Stato offra agli studenti della
scuola superiore la possibilità di frequentare cinque anni di scuola dalla
prima alla quinta.
Per coloro i quali non hanno
voglia, ma è necessario che vadano a scuola, sia per l’obbligo scolastico, sia
perché i genitori non vogliono lasciarli soli, visto che si deve andar a lavorare,
si rilascerà un certificato di frequenza, se vengono a scuola, e una votazione
finale all’esame, anche se non scriveranno niente, o non apriranno bocca, di
60/100 (già oggi quel voto viene attribuito a coloro i quali meriterebbero di
essere non promossi, ma per un malinteso senso di bontà vengono promossi, o
magari per amore delle belle statistiche).
Se chiunque prendesse il voto
minimo garantito ci sarebbe tempo e modo per provare a coltivare chi ha voglia
di studiare.
Diceva Antonio Gramsci
«Occorre persuadere molta gente che
anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio,
oltre che intellettuale, anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento,
è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza.»
Questo deve essere l’obiettivo per
ogni scuola, per ciascun docente, per ogni studente, ma se quello studente (o
studentessa) ha una botta di vita e solleva la testa poggiata sul banco, a
volte con un cappuccio, solo alla terza ora, perché si va a comprare il panino,
è giusto che l’attenzione del docente stia dietro quasi esclusivamente a chi ha
come unico interesse quello di mangiare il panino di ricreazione, o cerca, in
tutte le ore, con mille sotterfugi, di stare connesso a Tik Tok, Telegram,
Instagram o Merdagram?
E’ come se la scuola portasse una
classe al cinema a vedere un film, e molti passassero il tempo o in bagno, o
connessi al mondo esterno con lo smartphone; cosa si fa, si porta la classe di
nuovo a riguardare quel film?
Se la scuola pubblica offre cinque
anni gratuiti d’istruzione superiore, se uno non li sfrutta al meglio saranno
persi per sempre, non si recupera per tutto il tempo dell’anno scolastico.
D’estate si aprirebbero corsi per
il recupero, a scuola, ma non dieci ore (che danno l’illusione, altra finzione
didattica, a chi ci crede, che in dieci ore si recupera quello che non si è
fatto in, diciamo, sessanta ore), per lo stesso numero di ore trascurate
nell’anno (due materie che “valgono” 100 ore durante l’anno, vanno recuperate,
per 100 ore, d’estate, con frequenza obbligatoria).
Senza dimenticare l’alternanza
scuola-lavoro, quella della raccolta dei pomodori, da svolgersi
obbligatoriamente d’estate, come rinforzo verso lo studio.
Bisognerebbe essere responsabili,
per studenti e famiglie che giustificano a oltranza i loro figli, ma se lo si
facesse solo per convenienza andrebbe bene lo stesso, rendiamo conveniente
essere responsabili.
Un ottimo effetto collaterale è che
non si potranno più comprare gli anni nei diplomifici, che moriranno, senza
rimpianto, e pace all’anima loro, se le scuole dessero il 60 garantito (che
sarebbe come un’elemosina, ma non lo diciamo).
NOTA
(1) QUI potete vedere un bel cortometraggio "scolastico" (ci sono i sottotitoli in italiano)
AVVERTENZE
(1) QUI potete vedere un bel cortometraggio "scolastico" (ci sono i sottotitoli in italiano)
AVVERTENZE
(1) - Ogni riferimento a persone
esistenti o a fatti realmente accaduti è solo cronaca, e se uno si
riconosce è lui (o lei).
(2) – In queste pagine spesso si
dice, per esempio, studenti, è sottinteso che si parla di tutti, lo stesso vale
per insegnanti, genitori, professori, è da estendere a tutti i sessi, a scanso
di equivoci.
(3)ripropongo qui le parole della premessa, che - visto la posizione - sono una conclusione: la mia esperienza è solo di 35 anni, scuole superiori, istituti tecnici e professionali
BIBLIOGRAFIA
nel 2003 Paola Mastrocola ha scritto “Una barca nel bosco”, praticamente un libro dell’orrore della scuola, cercatelo e soffritene tutti.
APPENDICE
scriveva Antonio Gramsci in quinta elementare:
(3)ripropongo qui le parole della premessa, che - visto la posizione - sono una conclusione: la mia esperienza è solo di 35 anni, scuole superiori, istituti tecnici e professionali
BIBLIOGRAFIA
nel 2003 Paola Mastrocola ha scritto “Una barca nel bosco”, praticamente un libro dell’orrore della scuola, cercatelo e soffritene tutti.
APPENDICE
scriveva Antonio Gramsci in quinta elementare:
“Carissimo amico,
Poco fa ricevetti la tua carissima lettera, e molto mi rallegra il sapere che tu stai bene di salute. Un punto solo mi fa stupire di te; dici che non riprenderai più gli studi, perché ti sono venuti a noia. Come, tu che sei tanto intelligente, che, grazie a Dio, non ti manca il necessario, tu vuoi abbandonare gli studi? Dici a me di far lo stesso, perché è molto meglio scorrazzare per i campi, andare ai balli e ai pubblici ritrovi, anziché rinchiudersi per quattro ore al giorno in una camera, col maestro che ci predica sempre di studiare perché se no resteremo zucconi. Ma io, caro amico, non potrò mai abbandonare gli studi che sono la mia unica speranza di vivere onoratamente quando sarò adulto, perché come sai, la mia famiglia non è ricca di beni di fortuna. Quanti ragazzi poveri ti invidiano, loro che avrebbero voglia di studiare, ma a cui Dio non ha dato il necessario, non solo per studiare, ma molte volte, neanche per sfamarsi. Io li vedo dalla mia finestra, con che occhi guardano i ragazzi che passano con la cartella a tracolla, loro che non possono andare che alla scuola serale. Tu dici che sei ricco, che non avrai bisogno degli studi per camparti, ma bada al proverbio “l’ozio è il padre dei vizi”. Chi non studia in gioventù se ne pentirà amaramente nella vecchiaia. Un rovescio di fortuna, una lite perduta, possono portare alla miseria il più ricco degli uomini. Ricordati del signor Francesco; egli era figlio di una famiglia abbastanza ricca; passò una gioventù brillantissima, andava ai teatri, alle bische, e finì per rovinarsi completamente, ed ora fa lo scrivano presso un avvocato che gli da sessanta lire al mese, tanto per vivacchiare. Questi esempi dovrebbero bastare a farti dissuadere dal tuo proposito. Torna agli studi, caro Giovanni, e vi troverai tutti i beni possibili. Non pigliarti a male se ti parlo col cuore alla mano, perché ti voglio bene, e uso dire tutto in faccia, e non adularti come molti. Addio, saluta i tuoi genitori e ricevi un bacio dal tuo aff.mo amico Antonio.”
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