L’Austria
(e non solo, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia sono con l’Austria) oggi dice che la strada giusta sono i mutui non i contributi e gli
aiuti vanno restituiti (qui)
Fra
il 1948 e il 1951 l’Austria ricevette con il piano Marshall 468 milioni di
dollari, dice wikipedia.
Fra
il 1948 e il 1951 i Paesi Bassi ricevettero con il piano Marshall 1128 milioni
di dollari.
Fra
il 1948 e il 1951 la Danimarca ricevette con il piano Marshall 385 milioni di
dollari.
Fra
il 1948 e il 1951 la Svezia ricevette con il piano Marshall 347 milioni di
dollari.
Non
risulta finora nessun documento di qualche partito, impresa o cittadino
di quei paesi che abbia detto o scritto, a proposito degli aiuti del piano Marshall, con
vibrante protesta, la strada giusta sono i mutui non i contributi e gli
aiuti vanno restituiti.
E se esiste qualche documento che lo diceva allora
dev’essere molto segreto.
È veramente schifoso e squallido che quando hai
bisogno di aiuto lo pretendi e quando puoi darlo giri la faccia dall’altra
parte o, peggio, inventi motivi morali e/o economici per non darlo.
Per Covid-19 nei Paesi Bassi ci sono stati finora
5800 morti, in Svezia ci sono stati finora 3800 morti, in Austria ci sono stati
finora 5800 morti, in Danimarca ci sono
stati finora 550 morti
Una domanda ipotetica, se in quei 4 paesi i morti
fossero 10, 20 o 30 volte di più (senza augurarglielo, per carità), direbbero le stesse cose? La risposta non la
sapremo mai.
Non ci sono troppe cose da dire, se non le parole che Thomas Bernhard ha rivolto agli austriaci.
Non ci sono troppe cose da dire, se non le parole che Thomas Bernhard ha rivolto agli austriaci.
Discorso in occasione del conferimento del Premio di Stato austriaco per la
letteratura, 1968 – Thomas Bernhard
Pregiatissimo
signor ministro,
pregiatissimi presenti,
pregiatissimi presenti,
nulla è da
lodare, nulla da maledire, nulla da accusare, ma il più è risibile;
tutto è risibile, quando si pensa alla morte.
Si procede lungo la vita, turbati, non turbati, attraverso la scena, tutto è permutabile, nello stato-palcoscenico meglio o peggio ammaestrati: un errore! Si comprende:
un popolo ignaro, un paese stupendo – padri morti o coscienziosamente senza coscienza, uomini con la semplicità e la viltà, con la povertà dei loro bisogni… È tutto un antefatto in sommo grado filosofico e insopportabile.
Le ere della storia sono frenasteniche, il demonico in noi un incessante carcere patriottico in cui gli elementi della stupidità e dell’intransigenza sono divenuti bisogno quotidiano. Lo stato è una creazione ineluttabilmente condannata al fallimento, il popolo una creazione infallibilmente condannata all’infamia e alla stupidità. La vita di-sperazione, a cui le filosofie si appoggiano, in cui tutto, in fondo, deve impazzire.
Noi siamo austriaci, noi siamo apatici; siamo la vita come volgare disinteresse alla vita, siamo il senso della megalomania come futuro nel processo della natura.
Nulla abbiamo da narrare, se non la nostra miseria, travolti dall’immaginativa di una monotonia filosofico-economico-meccanica.
Strumenti al servizio della fine, creature dell’agonia, tutto a noi si rivela, nulla comprendiamo. Popoliamo un trauma, temiamo noi stessi, abbiamo il diritto di temerci, già contempliamo, sia pur distintamente, lo sfondo:
i giganti dell’angoscia.
Quel che pensiamo è già pensato, quel che sentiamo è caotico, quel che siamo non è chiaro.
Non dobbiamo vergognarci, ma non siamo nulla e null’altro meritiamo che il caos.
Ringrazio a mio nome e a nome dei premiati questa giuria, ed espressamente tutti i presenti.
Si procede lungo la vita, turbati, non turbati, attraverso la scena, tutto è permutabile, nello stato-palcoscenico meglio o peggio ammaestrati: un errore! Si comprende:
un popolo ignaro, un paese stupendo – padri morti o coscienziosamente senza coscienza, uomini con la semplicità e la viltà, con la povertà dei loro bisogni… È tutto un antefatto in sommo grado filosofico e insopportabile.
Le ere della storia sono frenasteniche, il demonico in noi un incessante carcere patriottico in cui gli elementi della stupidità e dell’intransigenza sono divenuti bisogno quotidiano. Lo stato è una creazione ineluttabilmente condannata al fallimento, il popolo una creazione infallibilmente condannata all’infamia e alla stupidità. La vita di-sperazione, a cui le filosofie si appoggiano, in cui tutto, in fondo, deve impazzire.
Noi siamo austriaci, noi siamo apatici; siamo la vita come volgare disinteresse alla vita, siamo il senso della megalomania come futuro nel processo della natura.
Nulla abbiamo da narrare, se non la nostra miseria, travolti dall’immaginativa di una monotonia filosofico-economico-meccanica.
Strumenti al servizio della fine, creature dell’agonia, tutto a noi si rivela, nulla comprendiamo. Popoliamo un trauma, temiamo noi stessi, abbiamo il diritto di temerci, già contempliamo, sia pur distintamente, lo sfondo:
i giganti dell’angoscia.
Quel che pensiamo è già pensato, quel che sentiamo è caotico, quel che siamo non è chiaro.
Non dobbiamo vergognarci, ma non siamo nulla e null’altro meritiamo che il caos.
Ringrazio a mio nome e a nome dei premiati questa giuria, ed espressamente tutti i presenti.
Thomas
Bernhard
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